Finalmente eccomi qua!
Avevo salvato la storia nella lista di quelle da recensire senza nemmeno leggerla, certissima che avrei trovato il modo di dedicarle il tempo che meritava, e dunque eccomi arrivata in questo spaccato introspettivo sul mio personaggio preferito di tutto lo show - secondo, forse, solo a Lady Violet.
Dopo sei anni dalla prima visione della serie questo lasso di tempo tra lo speciale di Natale e la prima puntata della quarta stagione fa ancora malissimo. Fa male vedere Mary così apatica e così provata; fa male vedere l'atteggiamento degli altri, di quella che è la sua famiglia che non riesce a intercettare il suo dolore, né prova più di tanto nell'impresa; fa male realizzare insieme a Mary che Matthew non tornerà più, che sarà soltanto un ricordo, un nome pronunciato di tanto in tanto per amor di realismo soprattutto da chi l'ha amato di più. Fa male, e secondo me tu hai reso benissimo tutto questo, lo hai fatto diventare palpabile, ancora più reale perché filtrato dal mezzo della scrittura e dalla lente della seconda persona singolare, che rende tutto più profondo.
Mary qui esce fuori in tutta la sua depressione e ti fa stringere il cuore. L'hai colta in un momento estremamente buio del lutto, quando il dolore per la perdita di qualcuno lascia spazio a quel niente che occupa tutto, che riempie la mente e il tempo (il tempo che la prende in giro, che la inganna e la illude più che guarirla), e che senza un vero, concreto supporto non fa altro che scavare sempre di più in profondità, rendendo la persona che lo subisce progressivamente meno raggiungibile agli occhi e alle parole degli altri.
Vederla non presa sul serio, con tutti che le dànno o pietà o sufficienza è stato desolante, ma purtroppo realistico. E' quello che vediamo nella serie: c'è bisogno di Violet per scalfirla, per farla uscire dal suo prezioso niente, dal suo desiderio di sparire. Violet che, superando il tabù che la famiglia - soprattutto Robert - ha costruito intorno alla morte di Matthew e alla reazione autodistruttiva di Mary, la incontra a metà strada con il linguaggio dell'affetto, ricordandole che c'è ancora amore intorno a lei, anche se non riesce a vederlo, e che può contare su di loro. Anzi, deve, ma stavolta l'imperativo non avrebbe più il sapore delle cose necessarie, come accade invece qui, quando Mary tocca il fondo. Stavolta avrebbe il sapore dei sentimenti e delle emozioni, anche quelle che Matthew le ha fatto provare e che tu hai riassunto benissimo in poche efficaci righe. Dentro di lei c'è ancora amore - per la vita, per le persone, per sé stessa. Deve solo riscoprirlo sepolto sotto quel niente con cui immagina di proteggersi, ma che in realtà non fa altro che separarla sempre di più da tutto ciò che la permea, dentro e fuori di sé.
Sono contenta che tu abbia scelto di chiudere la flash con quella citazione. Mi ha fatto piacere perché, nonostante l'inevitabile malinconia che porta con sé, viene da un momento della vita di Mary in cui lei è risollevata, in cui non c'è più quel vuoto dentro e in cui lei può effettivamente dire di aver superato - non per questo dimenticato - il dramma a cui è andata incontro con la morte di Matthew. Questa frase mi ha dato modo di visualizzare Mary oltre il dolore e ha creato un bel contrasto con tutto il resto della flash, dando quel tocco di speranza che era comparso solo in chiusura del paragrafo precedente.
Concludo facendoti tantissimi complimenti e ringraziandoti per aver scritto questo focus introspettivo. Davvero ottimo lavoro!
Un abbraccio,
Menade Danzante |