Recensioni per
Il giorno in cui l'infanzia è caduta dalla Mensola del Tempo
di _Il colore del vento_

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano

Okay, bene. Aiuto.
La premessa che sai è che non ho mai recensito una cosa tua.
L’altra premessa è che mi trovo in uno stato di “voglio fare qualcosa ma qualsiasi cosa non mi va”, di quelle volte che ci sarebbe veramente da spararsi in fronte per quanto poco mi sopporto da sola.
Insomma, non sarebbe il momento migliore per iniziare una recensione, so già che non sarà il massimo. Poi, a recensire una cosa tua, comincio proprio da questa cosa qui… be’, è in arrivo un fallimento abbastanza scontato.
E comunque mi ci metto lo stesso, perché questa cosa qui mi ha acceso tantissimo la curiosità, e so già che dirò un sacco di cose improbabili e farò considerazioni sciocche (spero non fuori luogo), ma almeno mi hai dato qualcosa che ammazzi la mia Noia Mortale e mi faccia tornare nel mondo dei vivi. Grazie, quindi, prima di tutto.
Non raggiungerò nemmeno lontanamente i livelli di analisi che hai tu, che ci azzecchi alla grande e hai sempre ragione su tutta la linea, oltre che una grandissima calma e pazienza. Farò quel che posso…
Le prime figure che hai utilizzato sono state per me le più ostiche, non credo di essermi avvicinata affatto a capirle. L’infanzia che cade e si rompe dalla mensola del tempo è la fase della vita che si è conclusa, l’orologio è il tempo inesorabile, e tu stai cercando di rimettere i pezzi insieme. Mi viene da pensare che la fine dell’infanzia sia quando si assume consapevolezza di sé: ci dev’essere un punto imprecisato nella nostra vita in cui a un certo punto ci accorgiamo della nostra esistenza, dell’immagine che ha o può avere nel mondo, e della responsabilità delle nostre azioni, capaci di modificare questa immagine. Mi viene da pensare che si stia parlando di questo – ed ecco perché sono così maledettamente attratta da questi versi. La fretta con cui cerchi di raccogliere i cocci e di rimetterli insieme, fa proprio pensare al desiderio (quasi disperato) di voler tornare indietro, di dire “no, no, non è così, non sono ancora cresciuta, vedete? È tutto apposto”. Ma l’orologio sa che non si può tornare indietro. Il tappeto è un’altra figura bellissima, per me è la metafora della dimenticanza dei ricordi, che inevitabilmente spariscono dalla nostra memoria – gran parte dell’infanzia fa questa fine.
Ed ecco qui tutte le figure a me misteriose: fiori secchi come una schiera di ragazzi ubriachi, una boccia dei pesci senza pesci ma con una sirena senza voce. Il pianoforte scordato, che non è in funzione da un po’ o che non suona come dovrebbe, fa pensare a una infanzia non molto felice, e queste figure in generale potrebbero simboleggiare persone della tua vita. Be’, più che in generale, mi viene da pensare a persone che erano troppo prese da se stesse e dagli impegni per ignorare il fatto che stavi crescendo… mi sento da doverti delle scuse per fare delle supposizioni che, a parte sbagliate, potrebbero essere anche molto inopportuni. Ma penso che il mistero di queste figure che hai scelto sia proprio nel loro essere legate a esperienze di vita, nel loro potere personale, per cui sono difficili da riconoscere in senso universale.
E la Casa è cambiata, e il fatto che qualcuno “se ne sia accorto” e abbia fatto cambiare la casa, e che non sia stata tu stessa, mi sembra sottolinei molto l’aspetto passivo, l’aver subìto questo cambiamento, che tu non volevi. E nel subire non c’è poi molto di positivo, infatti la descrizione del resto della casa ricalca una serie di sentimenti negativi che si provano da adulti e non da bambini, tipicamente.
Credo che tu abbia voluto sottolineare gli aspetti peggiori dell’esser grandi e consapevoli, o dell’essere costretti a esser grandi. Cioè, questi sono i significati che potrei cogliere perché mi appaiono come messaggi universali. Non so, invece, se ci sia stata da parte tua l’intenzione di voler dire di più di personale: certi elementi sembrano avere un particolare significato, che è tuo e basta.
Il corridoio è diventato “lungo e senza finestre” – e non so perché sia diventato così. So solo che sembra perfetto per un film dell’orrore. Ci vedo paura, irrequietezza a passare da una stanza all’altra, o anche una prigione, una monotonia e una noia. La donna che osservava paesaggi invisibili è la cosa più personale, credo – un altro modo per dirti che non so bene cosa possa rappresentare, allora come scusa mi dico che è una cosa tua, solo e soltanto tua. Il fatto che questa donna ti abbia aiutato a render positivo il tempo della tua infanzia pur sapendo, nella sua “cecità”, cosa ti aspettava, è un qualcosa di estremamente struggente. La cosa triste è che è il tempo di questa donna è finito insieme alla tua infanzia, come se, finché c’era qualcuno da ingannare con la fantasia – una bambina – si poteva ancora avere un’esistenza degna, e invece poi, quando il tempo della fantasia è finito, allora per la donna non c’è stato più motivo d’essere. È semplicemente scomparsa. Insomma, questa donna mi sembra un fantasma molto triste. Ma è tanto complessa, e sono sicurissima che per te rappresenta molto di più di quello che ho pensato – che forse è anche sbagliato.
L’annegato. Come l’ho letto ho avuto da subito la sensazione di averlo già visto, credo di conoscerlo anch’io. Soprattutto quella sensazione di voler tornare sul fondale a fargli compagnia, a cercar riparo, a far finta che niente esista, per annullare, svuotare – o meglio, annullarsi, svuotarsi, e non soffrire... Il mio fondale è sotto a un oceano, con metri e metri di profondità; il tuo stagno, con l’acqua torbida, non è poi tanto diverso.
Il pagliaccio è una cosa estremamente triste e inquietante insieme, è una figura preziosissima e ben riuscita. Tutta la parte sull’incontro con lui è scritta molto bene, e fa sentire impotenti, e viene voglia di scappare. Potrebbe simboleggiare il dover trovare un posto nel mondo che vada bene agli altri e accettarlo, subirlo, essere costretti a essere chi non siamo; potrebbe anche significare l’essere fraintesi continuamente. In ogni caso tu non hai voce in capitolo, è sempre il pagliaccio che pianifica per te, e la sua frenesia allegra è angosciante. “Un po’ mi sono offesa, perché avrei preferito, piuttosto, che mi domandasse chi volevo essere” è una frase piena di significato. E poi il fatto di dover “recitare” delle parti, e non essere mai se stessi… in pochissimi versi hai condensato così tante immagini spettacolari. Sei un genio!
Il fabbro nella veranda è la terza figura che ho apprezzato tantissimo. Si affaccia sul tramonto e incide una lapide, è la condanna della vita e cerca di riassumere la tua essenza in poche parole, quelle definitive. Chi sei tu? Ma noi siamo in crescita, è perfettamente normale non sapere come definirci, e soprattutto non è una cosa da poter fare in poche parole che siano bastevoli. Ci vedo anche l’ansia di doversi realizzare, di combinare qualcosa di buono nella vita, così da poter scrivere una lapide che vada bene, che non sia patetica, qualcosa di cui andare fieri, o quanto meno qualcosa che non faccia ridere il fabbro… ma non so se sto vedendo troppo, e so sto vedendo in quello che hai scritto solo cose che ci voglio vedere io.
So che con questa poesia hai toccato tantissime tematiche tutte importantissime per me, volendo o no, e per questo ti ringrazio. Non è un nonsense, è un plurisense :D
Quella considerazione sul fatto che la Casa, il mondo, non sembra più fatto apposta per te, non sembra più accoglierti, ma è un diventato un estraneo e anche un tuo nemico a tratti, mi sembra un’altra metafora della crescita (ma più che il mondo, con la Casa forse intendi te stessa). Da piccoli ci sentiamo sicuri e protetti, al punto che nemmeno ce ne accorgiamo. Da grandi è diverso, sì.
Ripeto: non so quante sciocchezze ho scritto nel cercare di interpretare e vedere il tuo punto di vista. Sappi però che hai acceso tantissime lampadine nella mia testa.
Spero che la Casa possa trasformarsi in un posto più luminoso e accogliente,
Un bacio <3

Recensore Junior

Mia cara Ele, eccomi qui finalmente <3
Ti confesso che questa storia - diciamo meglio poesia perché è così che è arrivata a me e non solo per la formattazione - mi incuteva un po' di timore. Solo il titolo mi ha impedito per un paio di volte di procedere, perché solo il suo contenuto era bastato a far riemergere sensazioni e ricordi della mia, di infanzia, e in questi ultimi giorni erano proprio alcuni ricordi della mia infanzia che cercavo di evitare, perché troppo dolorosi. Alla fine ce l'ho fatta e sono davvero felice di averla letta perché è davvero qualcosa di superlativo, rispetto a ciò che hai scritto finora. Alcuni mesi fa se non sbaglio, avevi pubblicato un'altra poesia ma forse l'hai cancellata perché non la ritrovo più, spero davvero che non cancellerai questa perché si merita uno spazio qui, dove altri occhi possano leggerla e vederci cose che parlano di te ma anche di loro. Sei riuscita a partire da immagini oniriche così particolari, così vivide come pennellate di un quadro impressionista, e hai raggiunto sensazioni ed emozioni che tutti abbiamo vissuto, chi in modi simili chi in modi del tutto diversi. Ho sentito mia la sensazione di straniamento, quasi traumatica, che arriva quando qualcosa finisce - in questo caso l'infanzia - e tutto, la casa, le strade, le città, cambiano. Quando hai scritto "la Casa è cambiata" ho risentito quella delusione, quell'amaro in bocca che avevo sentito quando mi ero resa conto che da piccoli sembra tutto più grande, una dimensione quasi senza fine che quando cresci torna alla normalità, noiosissima. 
Questa poesia che hai contrassegnato come "nonsense" per me ha dei motivi tutt'altro che senza senso. In alcune immagini, quella dell'Annegato soprattutto, ma anche in quella del fabbro, o dello stesso orologio ho ritrovato alcune vicinanze con l'horror. Non so se hai letto/visto the Haunting of Hill House (anche se il libro è del tutto diverso dalla serie tv), qui ci sono molte cose che me lo hanno ricordato; per cominciare, la Casa che tu scrivi giustamente in maiuscolo e che qui sembra provare emozioni contrastanti, cangianti forse dipendenti dallo stato d'animo di chi la abita, ma che una volta al di fuori dalle persone sembrano assumere sfumature del tutto personali, di lei soltanto. 
L'annegato mi ha fatto pensare a The Haunting of Bly Manor, serie tv sempre dello stesso regista di Hill House, le sue sfumature che si perdono a contatto con l'acqua, volersi allontanare dal dolore, e quindi dalla vita, da cui consegue l'annegamento stesso che porta pace seppur per brevi istanti, e l'acqua, i pesci, nel loro moto incessante ricordano metaforicamente i movimenti oscillanti della memoria.
Per non parlare del pagliaccio che ci aspettava per farci prendere parte a qualcosa che forse non è chiaro nemmeno a lui, che cerca di rivestirci ed essere qualcuno solo per il fuori, in netta dissonanza con ciò che invece c'è dentro e che risponderebbe alla vera domanda, chi vogliamo essere? E chi, se non noi stessi? 
Bellissima, sono davvero senza parole, forse di nonsense c'è solo questa recensione :D
I miei complimenti Ele, ormai non so più come dirtelo che sei brava brava brava brava.
un abbraccio e spero a presto <333

 
(Recensione modificata il 06/05/2022 - 09:37 pm)
(Recensione modificata il 06/05/2022 - 09:37 pm)

Nuovo recensore

Heylà, è la prima recensione che sento il bisogno di scrivere, e sì che non sono una che commenta poi tanto nelle storie altrui.
Mi sono fiondata a leggere questa oneshot perché mi ha incuriosito un sacco il titolo. Sono facilmente impressionabile da cose introspettive, parallelismi e cose di questo genere. Ho trovato molti significati possibili in questa storia che hai scritto, mi è piaciuta moltissimo per questo. Di certo scuote e fa riflettere, molte parti mi hanno fatta trattenere il respiro dallo splendido uso delle parole e dal possibile significato che potevano trasmettere.
Sono una patita di simbologie e queste futili cose arcane, quindi la scena dei pastelli gialli vicini all'essere del tutto consumati mi ha fatto stravedere per il tuo stile. Il giallo è uno dei pochi colori che non possiede tanti aspetti negativi nella sua simbologia (almeno da quanto ne so io), mentre il grigio e il nero rappresentano tristezza o il male. Quella scena, secondo me, rappresenta perfettamente com'è crescere. La gioia finisce e il mondo adulto ti accoglie con regole, obblighi e molta altra roba che ti immobilizza.
La scena del fabbro con la lapide che chiede tutti i giorni il nome alla protagonista mi ha inquietata enormemente. Ma dopotutto la vita da adulti viene vissuta quasi costantemente con la paura della morte e della fine in generale, l'ho trovata una similitudine davvero azzeccata, mi ha fatto venire la pelle d'oca.
Il pagliaccio che chiede "chi puoi essere?" alla protagonista mi ha invece riportata alla realtà. Non sempre si può essere chi si vuole ed è una cosa importante da sapere nel mondo adulto.

Insomma, non voglio stare qui a spiegarti il tuo stesso scritto, ma davvero mi ha scossa positivamente nel profondo. Presto o tardi leggerò altre tue opere perché questa l'ho enormemente apprezzata in ogni sua parte. Continua a scrivere perché sei davvero una maga in questo ^^

Nuovo recensore

Come promesso, ho sfruttato il primo momento utile per gettarmi nella lettura di una delle tue storie…e c’era solo l’imbarazzo della scelta. Alla fine, ho deciso di affidarmi al buon saggio metodo “quale titolo è più bello”? E dunque, stilando una classifica sulla cui professionalità ti intimo di non dire nulla, ho aperto questa piccola MERAVIGLIA.
Sarà che mi era mancato leggerti, sarà che quello che ho letto mi ha fatto salire un brivido su per la schiena, sarà che arrivata alla fine ho scrollato lo schermo con il dito e speravo ci fossero altre duecentomila-e-un-numero-che-vuoi-tu-basta-sia-infinto parole, sarà che ho letto tutto daccapo due volte di fila…non lo so perché, so solo che è stata un’esperienza di lettura davvero, davvero bella. E dunque, grazie.
Non sapevo se la malinconia e le lacrime che permeavano le tue storie un po’ di tempo fa si fossero esaurite, ma sono stata schifosamente felice di sapere che non è andata così. Ok, in realtà se ci pensi bene è un discorso leggermente inquietante e disturbante, dal momento che, essendo già la vita così pesante di suo, forse sarebbe meglio dedicarsi alla lettura di qualcosa di leggero e spensierato nel “tempo libero”. Però, le cose tristi mi affascinano troppo e quando si va a scavare a fondo nelle esperienze più dolorose dell’esistenza…mi hai presa all’amo. Ecco, con una premessa del genere sono subito rientrata nel target di questa storia. (Vabbè, se poi volessi scrivere una roba super comica sappi che, già solo per il fatto di essere uscita dalla tua tastiera, io la leggerei e amerei sicuramente).
Forse dovrei inserire la storia tra le preferite e aspettare domani, a mente fresca, per fare una recensione più seria, mettendo in ordine i pensieri e le parole, ma sono ancora troppo stregata da ciò che hai scritto e boh, sento che non potrei farcela a rimandare di ventiquattro ore. Quindi, perdona questa cosa in stile flusso di coscienza che James Joyce levate proprio.
 
Inizierò con il dire che, molto probabilmente, ho interpretato il testo in modo sbagliato o meglio, magari non nel modo che intendevi tu. Affermazione strana, te lo concedo, ma credo che abbia un suo senso. Infatti, una storia come quella che hai scritto, con i sottotesti e le cose dette e non dette e gli accenni a situazioni ed eventi, si presta per natura a interpretazioni diverse rispetto a quelle dell’autore. Poi non so, magari non è affatto vero, tutto questo discorso è inutile e siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Ma mi sembrava corretto fare una piccola premessa del genere, dicendoti che quando questo accade per me è sempre bello. Cioè, per me come autore, quando scrivo qualcosa e chi la legge ne ricava emozioni e significati a cui non avevo neppure pensato, è una cosa che mi piace; sono riuscita a entrare nel cuore di qualcuno con parole in cui si è trovato alla perfezione anche se per me volevano significare altro. È tutto molto contorto, ne sono pienamente consapevole, ma ti avevo già avvertita di una tale eventualità e spero lo stesso che il nocciolo del discorso sia arrivato, almeno un poco.
 
Tornando al testo, la tua è una scrittura che ti afferra e ti costringe a guardare e leggere. Ti tiene incatenato alla pagina, insomma, fino alla fine. In questo caso, poi, l’andamento delle frasi con questo poetico ha aggiunto un pizzico di vera magia. Quasi come se si trattasse di una canzone in sottofondo alle scene che venivano presentate, di volta in volta.
 
Scene che ho adorato tutte, sul serio. Se dovessi scegliere la mia preferita dire la prima. O forse quella con il Pagliaccio (ed è subito stato: Pirandello, ci sei anche tu?). O forse quella con il Fabbro. O forse l’ultima. Ahhhh, che scelta difficile. Faccio prima a evitare la scelta, ho capito. Perché sceglierne una sola quando puoi averle tutte?
A parte questo, la parte finale mi ha colpita molto, con questo tempo che scorre inesorabile e la volontà di recuperare dalla memoria le Sfumature Delicate del Sole. Davvero, non avresti potuto scrivere una fine migliore, dopo esserti soffermata tanto nella prima parte su qui colori dalla punta gialla che stanno ormai per finire, mettendo in campo un artificio da narratrice provetta, non c’è che dire.
Riportarti, azione per azione, quello che ho provato e pensato leggendo credo sia inutile. Non resta che inchinarsi davanti alla tua bravura perché le parole che hai usato tu sono quelle che bastano, sono sufficienti e precise e aggiungerne altre (chiamate anche riflessioni) sarebbe del tutto dimenticabile.
 
Quindi niente, aggiungo solo BRAVA, BRAVISSIMA.
Tornare sul tuo profilo è stato bellissimo.
Giudizio: promossa a pieni voti.
 
A presto!