Forse le emozioni sono davvero come la melma: vischiose, dense. Una fanghiglia che si sedimenta laggiù, sul fondo di quel fiume di sensazioni e percezioni che tentano di spezzare l’involucro.
E quante emozioni riesce ancora a provare La Spenta.
Felicità, per la pioggia.
E poi quel suo riuscire a sentirsi affascinata dal cielo notturno. Ma ad affascinarla era davvero quel cielo (rosa, coperto, striato) oppure ad affascinarla era la notte, il ruolo della notte? La notte perché non era il giorno. Perché il giorno è angustiato da sensi di colpa e inettitudine. E invece la notte non era il giorno ma, anzi, segnava la fine del giorno.
Persino la polvere, danzando divertita, riusciva ad avere la meglio sulla Spenta. Era proprio una fallita. Provò a spolverare più forte ma quella danza non poteva essere interrotta, il senso di inettitudine decuplicato dalla caduta del soprammobile. Tutto quel peggio a cui si condannava, forse lo meritava davvero. Caddero anche un vasetto e un posacenere ma a nulla importava: era solo ciarpame, oggetti indesiderati, mai nemmeno utilizzati. Nient’altro che qualche coccio in più che andava a incastonarsi in quel pavimento lastricato di vergogna.
Ed ecco un'altra emozione: la rabbia. E La Spenta si sente pazza. Perché è una rabbia incontenibile e spossante, tanto da renderla molle come un biscotto imbevuto troppo a lungo nel tè bollente.
Ma ecco che arrivano loro. Anche se La Spenta non avesse aperto la porta, loro sarebbero entrati comunque. E con il loro arrivo, un’altra emozione: il terrore. Si rendeva necessario un confronto di cui La Spenta avrebbe voluto fare a meno. Che senso aveva parlare, promettere, tentare, sforzarsi, quando ci si sentiva così impercettibili e tristi? La Spenta non era un centrino e nemmeno l’uomo vestito d’organza sarebbe riuscito a ridonarle l’antico splendore. Forse. E, soprattutto, aveva mai avuto un antico splendore, lei? Ne dubitava. Ma forse il problema era proprio questa sua rassegnazione, questa sua tristezza che faceva venire voglia a chiunque di stringerla ed amarla, senza il coraggio di saperne il motivo. E La Spenta aveva bisogno di essere amata per un motivo, aveva bisogno che ci fosse un motivo per amarla perché così, magari, sarebbe riuscita ad amarsi un po’ anche lei. Ma non voleva la pietà di nessuno, l’avrebbe fatta solo sentire peggio. O forse no, forse questa specie di moto d’orgoglio era solo un bluff: forse avrebbe preferito accontentarsi e lasciare che loro continuassero a venirla a trovare.
Il dolore era ormai così saldo dentro di lei da traboccare e impedire alle lacrime di uscire. No, non è che non ha più lacrime, questa è una cosa che si dice ma che non è vera per nessuno. È che per La Spenta le lacrime sarebbero state troppe, ecco perché non uscivano più.
Niente. Nulla. Eppure, un vuoto così pieno.
Meglio allontanarli, anche se allontanarli equivale ad ammettere di volerli lì, con lei. Ma perché trattenerli? Meglio scacciarli e farli andare via ora, tanto, prima o poi, se ne sarebbero andati comunque, andarsene è una cosa che imparano sempre tutti. La Spenta stessa vorrebbe riuscire ad allontanarsi da sé stessa ma non può. Lei rimane perché non ha scelta. Gli altri una scelta ce l’hanno, ed è meglio se quella scelta la compie La Spenta adesso, al posto loro, piuttosto che aspettare e illudersi. Il silenzio è una condanna ma La Spenta non era una vittima: avrebbe affrontato questa condanna da sola, non aveva bisogno della pietà di nessuno.
Eppure la chiave era lì. E loro sembravano avere voglia di esserci. E se davvero era così, La Spenta era commossa - l’ennesima emozione.
Aveva davvero importanza chi andava e chi restava? In fondo, anche se La Spenta non avesse aperto la porta, loro sarebbero entrati comunque. Alla fine ciò che davvero contava era la voglia di esserci. E questo valeva soprattutto per La Spenta: è lei la prima che deve trovare la voglia di restare. Riesce ancora a provare troppe emozioni perchè possa restarsene catatonica, sul divano. Sarebbe troppo uno spreco, non trovi?
Scusa per questo... eh, cos'è quello che ho scritto? Di certo non un commento e men che meno una recensione. Perciò ti chiedo doppiamente scusa per questa divagazione delirantemente sconclusionata.
Ma grazie. Per aver scritto quel che hai scritto. E per averlo scritto in quel modo e... niente, semplicemente grazie. |