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Autore: RicksIlsa    28/03/2012    1 recensioni
Emma batté le palpebre e reclinò il capo, confusa.
« Mi ha chiamata nel bel mezzo della notte solo per farsi dare un passaggio? »
Lui annuì, sfregando le mani insieme.
« Perché io? »
Continuò a fissarsi le mani mentre chiedeva: « Chi altri sarebbe venuto? »

{ Gold/Emma, post 'Skin Deep' - TEMPORANEAMENTE SOSPESA }
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emma Swan, Signor Gold/Tremotino
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Lonely

Chapter One

 

 

 

 

Il signor Gold era seduto sui gradini d’ingresso del suo negozio quando Emma arrivò. Fu la vetrina distrutta a spiegarle perché avesse insistito a farla venire qui nel cuore della notte.

La fredda aria notturna mordeva la pelle e lei si tirò la sciarpa sul naso, in un vano tentativo di tenerlo al caldo.

« Bene, con chi se l’è presa stavolta? » chiese, quasi scherzosamente, ma boccheggiò quando lui alzò lo sguardo su di lei.

Uno squarcio insanguinato gli attraversava la fronte e la tempia sinistra. La fissava con occhi vitrei; poteva sentire il rumore dei suoi denti che battevano.

« Cos’è successo? » domandò, lasciandosi cadere in ginocchio di fronte a lui.

Sembrò cercare di risponderle, ma era come se non riuscisse ad allentare la stretta della mascella. Fu allora che si accorse che non aveva il cappotto.

« Non importa. Andiamo. Entri in macchina e si scaldi » disse, aiutandolo ad alzarsi.

Il suo bastone non si vedeva da nessuna parte, e dovette appoggiarsi pesantemente a lei lungo quel breve tragitto.

Per fortuna la macchina non ci mise molto a riscaldarsi, e Gold bevve con gratitudine dal thermos di cioccolata ancora calda che Mary Margaret aveva cacciato in mano a Emma prima che uscisse.

« Allora, può dirmi cos’è successo? »

Rimase in silenzio per un lungo istante, limitandosi a fissare fuori dal finestrino, verso il negozio.

« P-può semplicemente portarmi a casa? »

Tremava in tutto il corpo, così impercettibilmente che Emma non se ne accorse prima di sentirlo parlare.

« Cosa? Signor Gold, chi le ha fatto questo? Non ha intenzione di sporgere denuncia? »

Era snervante vederlo così vulnerabile.

« No, voglio tornare a casa. »

Le parole stavolta furono più ferme, ma le mani tremavano ancora.

« Non andremo da nessuna parte finché non mi dirà... »

« Moe French è stato dimesso dall’ospedale. »

Emma sospirò e si accigliò.

« Avrebbero dovuto informarmene prima... Mi dispiace. »

Lui non rispose.

« Quindi, questa è stata la sua vendetta? »

Di nuovo non rispose, ma si voltò a guardarla, e lei fu di nuovo colpita da quanto sembrasse... indifeso.

« La prego, mi porti a casa » ripeté.

Emma spostò lo sguardo verso la vetrina rotta del negozio e poi di nuovo su di lui.

« Non dovrei prima occuparmi delle prove? Voglio dire, mi ha fatta venire qui perché potesse sporgere denuncia, no? »

Scosse la testa.

« No. Voglio solo tornare a casa. »

Emma batté le palpebre e reclinò il capo, confusa.

« Mi ha chiamata nel bel mezzo della notte solo per farsi dare un passaggio? »

Lui annuì, sfregando le mani insieme.

« Perché io? »

Continuò a fissarsi le mani mentre chiedeva: « Chi altri sarebbe venuto? »

Senza parole, Emma mise in moto e si avviò verso la sua abitazione. Lui rimase silenzioso, nel sedile accanto, ma le sue parole le risuonavano ancora nella mente.

P-può semplicemente portarmi a casa?

Voglio tornare a casa.

Chi altri sarebbe venuto?

Le lacrime le pungevano gli occhi mentre guidava. Perché era così turbata? Non era certo colpa sua se quell’uomo era un tale emarginato che nessuno sarebbe mai voluto venirgli in soccorso. E lei non aveva niente a che fare con le decisioni sbagliate e talvolta assolutamente crudeli che lui aveva preso. Eppure...

Emma pensò ad Ashley e all’accordo che aveva stretto con lui riguardo la sua bambina non ancora nata. Aveva pensato che il signor Gold fosse una persona orribile per non aver lasciato che quella povera ragazza cambiasse idea. Ma poi, lui aveva ceduto così facilmente, quando Emma gli aveva promesso un favore, che si era chiesta se non fosse questo che avesse aspettato per tutto il tempo.

Pensò a come l’avesse manipolata per costringerla ad affrontarlo di fronte a tutta la città. L’aveva fatta vincere alle elezioni, anche se non nel modo che voleva lei. Emma si era tanto concentrata nel suo voler dimostrare a Henry che non serve giocare sporco per vincere, che aveva perso di vista il vero motivo per cui vincere era importante. Ma il signor Gold no. Lui si era sporcato le mani al posto suo.

Chiaramente, per quanto lo riguardava, quell’uomo aveva dei piani tutti suoi, ma con lei non era mai stato crudele. Di fatto, dopo la morte di Graham, le aveva consegnato volentieri alcuni degli effetti personali del precedente sceriffo. Aveva mai fatto qualcosa di simile per qualcun altro?

E ora, stanotte, le aveva chiesto aiuto perché lei era l’unica che l’avrebbe fatto. Aveva... Aveva pensato che era sua amica?

Emma lo sbirciò con la coda dell’occhio e si allarmò al vedere che il taglio aveva ricominciato a sanguinare.

« Gold, probabilmente dovrei portarla in ospedale » disse, e stava già per cambiare direzione quando lui le posò una mano sul braccio.

« No. »

Sembrava quasi... spaventato.

« Perché no? »

« Ho tutto l’occorrente per occuparmene, a casa. »

Emma lanciò un’occhiata alla sua mano sul proprio braccio, e lui la ritrasse.

« Non mi piacciono gli ospedali. C’è qualcosa... E ultimamente le suore fanno molto volontariato lì » aggiunse, voltandosi di nuovo a guardare fuori dal finestrino.

Aveva pronunciato la parola ‘suore’ come se fossero le peggiori persone immaginabili.

« Ha un problema con le suore? » gli chiese, cercando di reprimere un sorrisetto.

« Solo con quelle di Storybrooke » si stizzì.

 

 

 

Fermò l’auto di fronte all’edificio e spense il motore.

« C’è un altro bastone accanto alla scrivania nel mio studio » le disse Gold, porgendole una chiave.

Sollevata dal non doverlo trascinare fin dentro casa, scese e corse dentro a prendere il bastone.

Era una dimora grande e fredda. Non era la prima volta che vi entrava, però non l’aveva mai vista di notte. I tacchi dei suoi stivali ticchettavano sui pavimenti di legno duro ed echeggiavano in tutta la casa, facendola assomigliare a una caverna vuota.

A Emma era sempre piaciuto vivere sola, ma a tornare ogni sera in questa casa ci si doveva sentire molto soli. Non era mai stata tanto grata a Mary Margaret come in quel momento. Per quanto piccola, la sua casa era sempre calda e allegra. Anche quando l’amica non c’era.

Il piccolo morso che si sentiva nel petto al pensare al signor Gold divenne un dolore vero.

Emma afferrò velocemente il bastone e tornò di corsa da lui.

Era fuori dalla macchina, appoggiato allo sportello chiuso.

Gli passò il bastone, quindi gli circondò le spalle con il braccio sinistro. Ci vollero diversi minuti, ma alla fine riuscirono a entrare. Ebbero una breve discussione su dove lei dovesse lasciarlo. Lui voleva che lo accompagnasse fino a una poltrona e poi se ne andasse. Ma Emma insisteva che sarebbe stato meglio andare fino in fondo e portarlo direttamente in camera. Non voleva permettergli di arrampicarsi su per le scale da solo, e quella notte aveva certamente bisogno di dormire in un letto vero.

Riluttante, lui acconsentì, e lentamente si diressero al piano di sopra.

Sembrava esausto quando infine crollò sul letto.

Emma rabbrividì e si guardò intorno in quella stanza fredda e scura. L’enorme baldacchino era piuttosto stravagante, ma da lui non si sarebbe aspettata niente di meno. La camera era piena di quelli che erano probabilmente mobili molto costosi. Una credenza in mogano occupava tutta una parete, esibendo sugli scaffali vari ninnoli di cristallo, porcellana, vetro. Tappeti persiani sul pavimento, qualche libreria contro un’altra parete, e una grande poltrona in pelle accanto a un gigantesco caminetto.

Fu felice di vedere una cesta piena di ceppi nel focolare, decidendo che la prima necessità era quella di scaldare l’ambiente.

« Va bene se accendo un fuoco? » chiese, voltandosi a guardarlo.

Lui la fissò per un lunghissimo istante prima di annuire piano.

« Ecco, così va meglio » disse lei ad alta voce pochi minuti dopo.

Il calore e la luce dorata del fuoco resero la stanza molto più accogliente. Emma si sfilò il cappotto, lo drappeggiò sul braccio della poltrona, entrò spedita in una stanza da bagno attigua e cominciò a rovistare negli armadietti.

« Che cosa sta facendo? Torni a casa » borbottò Gold, con voce poco più forte di un sussurro rauco.

Emma lo ignorò e uscì pochi minuti dopo con tutto l’occorrente per la sua ferita.

Lui grugnì, tirandosi in posizione seduta e tendendo la mano per strapparle il panno umido, ma lei lo respinse.

« Stia fermo, e lasci che l’aiuti. »

La guardò male, ma era chiaramente troppo stanco per metterci della vera malignità.

Gli pulì scrupolosamente la ferita, moderando i movimenti ogni volta che lui sibilava o sobbalzava dal dolore.

Ben presto il taglio fu disinfettato e bendato. Emma si ritrasse per studiarlo.

« I suoi occhi sono così scuri... È difficile a dirsi, ma potrebbero essere dilatati. »

Reclinò il capo nella sua direzione.

« Non ho una commozione cerebrale. »

« Non può saperlo. Le fa male da qualche altra parte? »

Scosse la testa con una smorfia.

Lei sospirò, ben sapendo che probabilmente mentiva, ma incerta su come comportarsi.

« Ho visto solo aspirine nel suo armadietto. Non ha del Tylenol? » chiese, consapevole che l’aspirina era l’ultima cosa da somministrare a una persona con una possibile commozione.

« No. »

Cominciò a sfilarsi la giacca e fece un’altra smorfia. Emma si mosse immediatamente per aiutarlo, ma Gold la fermò.

« Voglio farlo da solo » insisté, voltandosi.

« Non faccia lo stupido, lasci che l’aiu... »

La interruppe con un’occhiataccia.

« Non mi tocchi. »

Lei batté le palpebre, allontanandosi come se si rendesse conto solo ora che per lui doveva essere molto spiacevole vederla lì. Si domandò se fosse perché non si fidava di lei o se semplicemente non fosse abituato a fare affidamento su qualcun altro.

Annuì e guardò il pavimento.

« Penso di avere del Tylenol nella mia borsa. È in macchina, vado a prenderlo. »

 

 

 

Emma tornò nella sua camera da letto qualche minuto dopo, con il Tylenol e un bicchiere d’acqua.

L’abito, le scarpe e le calze di Gold erano a terra. Lui era a letto, le coperte tirate fin sotto il mento.

Gli portò l’acqua e il medicinale.

« Può lasciarlo e andarsene » disse senza guardarla.

Emma sospirò.

« No, signor Gold. Non posso andarmene finché non sarò sicura che non ha una commozione » insisté.

« Io non... »

Questa volta fu l’occhiataccia di Emma a interrompere lui.

Sospirò e poi si alzò a sedere a fatica.

Emma tese una mano per aiutarlo, ma lui s’irrigidì e scosse la testa.

Quando finalmente fu seduto gli passò l’acqua e le pillole. La lasciò fare, ma non ne sembrava felice.

« Non sono qui per farle del male, sa » commentò, guardandolo inghiottire.

« Lo so » sbottò, ma lei capì che mentiva.

Inarcò un sopracciglio.

« Non mi farebbe mai del male, non intenzionalmente. Lei è troppo buona per farmene, cara, lo so. »

Emma ponderò le sue parole.

« Crede che inconsapevolmente le farò del male? » chiese, confusa.

Gold sorrise; era la prima volta che sorrideva in tutta la notte.

« Sì. »

Incrociò le braccia e gli lanciò uno sguardo scettico.

« E come, esattamente? »

Lui si produsse in uno sbadiglio esagerato.

« Ho bisogno di riposo. Dovrebbe andare. » Distolse lo sguardo, come a farle capire che la conversazione era finita.

Emma sospirò e afferrò una coperta dai piedi del letto.

« Dorma pure. La sveglierò tra due ore e, se sarà ancora sicuro di stare bene, allora me ne andrò » lo informò, lasciandosi cadere sulla poltrona di fronte al fuoco.

Tirò fuori il cellulare dalla tasca e impostò una sveglia, quindi si raggomitolò sotto la coperta e chiuse gli occhi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di traduzione

 

Quando ho letto che RicksIlsa aveva all’attivo “un paio di Gold/Emma”, la mia è stata una vera e propria trollface xD Sono molto orgogliosa di aver avuto il permesso di tradurre le sue storie, perché in tutta sincerità credo che quest’autrice sia tra quelle che hanno meglio compreso la natura di Rumpelstiltskin/Mr. Gold e che, soprattutto, sono riuscite a renderla davvero propria nel corso della scrittura.

Questa sarà probabilmente una what if, perché riprende il rapporto tra Gold ed Emma subito dopo ‘Skin Deep’ senza tenere conto degli episodi successivi; il rating potrebbe salire.

Ogni vostro commento raggiungerà l’autrice oltreoceano.

Aya Lawliet ~

   
 
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