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Autore: Sasita    07/04/2012    4 recensioni
Il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti. Annegare in quell'oceano è un po' come guarire, impazzendo improvvisamente.
Ma nessuno se ne accorge. Nessuno si rende conto della sana pazzia dell'anima. Nessuno vede il disastroso prodigio della vita. Eppure andiamo avanti, in un mondo che si muove per inerzia. Ed è così affascinante, da sembrare quasi un eufemismo.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E SEMBRA QUASI UN EUFEMISMO

 

‹ Love can touch us one time
And last for a lifetime
and never let go 'til we're gone ›
~ My heart will go on, Celine Dion

 

« Non ho mai parlato di lui fino ad ora, con nessuno... ».
Passi le dita sotto la palpebra gonfia, guardi lo schermo del cinema con il cuore che ti esplode nel petto. Il palmo della mano destra sul seno, conti le pulsazioni.
E piangi.
« ...Il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti... ».
Perché sì; perché anche se è la trentesima volta che vedi quel film, è sempre come se fosse la prima.
Gloria Stuart sembra rinascere sullo schermo luminoso. Gli occhi azzurri vivi, le rughe profonde, le parole che risuonano. Quelle frasi che marchiano l’anima come lame d’acciaio infuocate sulla pelle.
« ...Lui mi ha salvata, in tutti i modi in cui una persona può essere salvata... ».
Un’altra lacrima, un altro respiro mozzato.
E poi il film finisce.
I titoli di coda, la voce di Celine Dion che suona, gli applausi che riempiono la sala.
Ma tu non ci badi. E’ come se fossi sola in quel cinema affollato.
Continui a piangere e la gente che ti guarda non sa perché. Magari pensa che sia ancora per Jack e Rose, che sia per la triste fine di tutte quelle persone; quelle millecinquecento anime che si sono spente nel gelido Atlantico cento anni fa.
Sorridi un attimo tra le lacrime.
Ma loro non sanno niente. Nessuno di loro sa.
 
Il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti.
 
L’hai visto infinite volte, Titanic. Hai pianto, hai sospirato, hai sperato che finisse diversamente. L’hai vissuto nel suo essere poliedrico e colorato. Sei morta con Jack, sei vissuta con Rose. Hai suonato con l’orchestra fino alla fine. Hai rimesso l’orologio nella sala del Brandy.
Eppure non l’hai mai vissuto come l’hai vissuto oggi.
E’ strano. E’ la prima volta che guardi quel film e non pensi a quanto fosse bello Di Caprio, fortunata la Winslet o geniale Cameron.
Non pensi a niente per tutte le tre ore e venti di visione integrale. Non pensi a niente, niente.
 
Quando cadi in acque gelide come quelle non riesci a respirare, non riesci a pensare a nulla. A nulla, che non sia il dolore.
 
C’è solo un nome che ti rimbomba nella testa ogni volta che l’inquadratura passa su Jack, ogni volta che quell’amore che non dovrebbe essere matura, si evolve, cresce. Muore.
Quanto può essere brutale l’amore? Quanto può essere letale un sentimento? Quanto lacerante, bruciante, lancinante può rendersi un’emozione? L’intensità di una passione, la costanza di un battito che si sospende nel tempo. La consapevolezza di dover lasciar andare, di dover staccare quella mano e andare avanti.
L’amore colpisce una volta e dura per sempre.
Quanto può essere vera una canzone? Quanto può essere reale un film? Quanto può emozionare un personaggio?
Piangi in silenzio. Le persone non se ne accorgono. Che dovrebbero vedere, dopo tutto? Una ragazzina seduta su una poltrona rossa che guarda uno schermo dove passano tanti nomi. Una ragazzina che piange e osserva il nulla. Una ragazzina che è ancora emozionata e ascolta una canzone. E resta immobile.
Il tempo scorre. Le persone non aspettano. E tutto va avanti, così imperturbabile, così irrefrenabile.
E’ drammatica, la vita. E’ destinata a finire, a ferire, a uccidere.
E’ così inumano, stupefacente, crudele, feroce, inesorabile.
Così affascinante.
Perché nessuno si accorge del disastroso prodigio che ha tra le mani? Perché tutti si fermano all’apparenza? Perché nessuno guarda al di là di quello schermo riflettente, rendendosi conto che tutti i giorni affonda una nave?
Le persone sono così indifferenti. Nessuno si accorge di niente. Vanno avanti per inerzia, perché tanto alla fine non cambia niente. E’ sempre tutto uguale. Sempre tutto statico. E puoi gridare, puoi perdere la voce e assordare il mondo. Ma nessuno si girerà a guardarti. Nessuno si renderà conto di quel che accade.
 
Tutto il tempo mi sento come se stessi in una stanza affollata, urlando a squarciagola, senza che nessuno alzi nemmeno lo sguardo.
 
E’ una metafora o la verità? Stai urlando davvero o è solo un emblema fittizio per esprimere cosa hai nell’anima? E’ il tuo spirito che grida, che canta, che piange, che si dimena come fosse sul patibolo, oppure sei tu, fatta di carne e sangue e ossa e lacrime vere?
E perché lo stai facendo? Perché hai questa reazione stavolta? Perché non riesci semplicemente ad alzarti e andare avanti? Perché non smetti di voltarti e di vedere quel vuoto dietro? Perché non vai avantitra gli  uomini che non si voltano?
Alla fine inizi ad alzarti. Le guance purpuree, salate. Gli occhi rossi. Non te ne curi, piangono tutti dopo tutto.
Chi per una cosa, chi per l’altra.
Chi piange per abitudine, chi perché è troppo sensibile, chi perché lo fa sempre, chi per gli ormoni.
Chi, come te, cela qualcosa nelle profondità del suo essere.
Chi, come te, è costretto a frenare il suo cuore, i suoi desideri, e a nascondersi nelle parole di una canzone. A respirare tra le sillabe di una battuta cinematografica. A sospirare tra i respiri di un’attrice. A morire e rinascere nel suono di un fischietto.
A fingersi qualcuno che non è, solo perché è questo che impone la società. E a sentirsi sempre sul punto di rottura, e desiderare che quel punto finalmente ceda, senza che questo accada mai.
 
Mi sentivo sempre sull'orlo di un precipizio, e non c'era nessuno a trattenermi, nessuno a cui lo cosa importasse o che se ne rendesse almeno conto.
 
Sarebbe bello, essere semplicemente quel che sembriamo. Sarebbe semplice, limpido, tranquillo. Maneggiabile.
E invece la vita è maniacale. L’amore è innaturale, nella sua così disarmante naturalezza.
 
Ti amo, Jack.
 
Ti calmi, passi la manica sotto l’occhio, aspetti che la canzone finisca. Ti alzi e vai verso la porta. Un ultimo sguardo allo schermo ti fa venire il desiderio di sederti e vedere il film da capo e piangere di nuovo.
Perché hai bisogno di una scusa per farlo.
Hai bisogno di una maschera perché la gente non sappia, perché tutto sembri, ma non sia.
Eppure nel profondo hai bisogno che qualcuno capisca. Che qualcuno alzi lo sguardo, che a qualcuno importi quel che ti accade. Che qualcuno decida di entrare dentro di te e afferrarti, fermarti, stringerti e farti sentire viva. Anche se per un giorno. Anche se per poche ore.
Hai bisogno di un sorriso, di uno sguardo.
Hai bisogno di piangere e sapere che qualcuno sa perché lo fai.
Sa che non piangi per il film. Almeno, non più ormai.
Hai bisogno di battere il pugno contro il muro, di gridare davvero, di buttarti a terra e far vedere a tutti cosa accade dentro di te. Perché tu sembri normale, tu sembri felice, tu sembri spensierata.
Tu sembri libera.
Ma nessuno è libero.
Metti su una maschera, quella che porti ogni giorno e che mostra una ragazza comune. Una sedicenne come tante. Una studentessa abbastanza diligente, una figlia rispettosa. Sensibile, sì; sognatrice anche, ma con i piedi per terra.
Consapevole. Attenta.
Strano come basti un’idea a trasmutare un essere, no? Strano come sia facile, morire.
E non in senso letterale.
C’è una così sottile, limitativa e vibrante distanza tra il vivere e il morire. Tra il sopravvivere e lasciar andare. Tra l’esistere e il non esistere.
Strano come d’improvviso Parmenide non ti sembri più così inutilmente esplicito.
Strano come d’improvviso capisci Kierkegaard e il suo esistenzialismo.
Strano come una persona possa condizionarne un’altra, inconsapevolmente.
Strano come un film possa catapultarti in un mondo di sincerità private, nascoste, rubate.
Il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti. Non sarà la frase più bella, romantica, poetica e mistica del film.
Ma forse è la più vera.
Chi può veramente sapere cosa si nasconde tra le striature di quel muscolo così potente? Chi ha la possibilità di arrivare fino in fondo, di scoprire la realtà, di tuffarsi in un mondo fatto di colori e sfumature, di buchi neri, di montagne, di folle?
E’ come un branco di cavalli al galoppo lungo una collina irlandese. Come uno stormo di rondini che volano verso sud l’ultimo pomeriggio d’estate.
Come le galassie dell’universo inesplorato, le cui dimensioni non conosceremo mai.
Sorridi e continui a sorprenderti.
Non hai pensato a niente per tutto il tempo, neppure mentre recitavi a memoria le battute, mentre piangevi per quelle persone, mentre nella tua mente offendevi quel “Cal”.
Niente, a parte un nome.
E colui che ne è proprietario, di quel nome, probabilmente neppure lo sa.
O se lo sa, non te lo può dire.
Perché se potesse, sarebbe quel qualcuno. Sarebbe quel qualcuno dentro di te, quel qualcuno che alza lo sguardo e capisce.
Quel qualcuno che ti stringe, ti fa sentire viva anche se per un giorno o per poche ore.
Quel qualcuno che rende sensate delle parole che non lo sarebbero mai, altrimenti.
Quel qualcuno che aspetti e che arriverà.
Quel Jack che dovresti lasciare andare, ma che ti avrebbe salvato. In ogni modo in cui una persona può essere salvata.
Quel qualcuno che esiste, ma che non può essere al tuo fianco.
Un qualcuno che celi nelle profondità di quell’oceano scuro e sovreccitato che nascondi sotto lo sterno, al sicuro dentro la cassa toracica.
Quell’oceano che custodisce la salvezza di un sentimento, di un ricordo, di un tocco, di un abbraccio. Di una persona che ti completa e non può completarti.
Ma in fondo a che serve continuare a pensarci? A che serve continuare a immergersi e perdere il respiro, svenire e sprofondare laggiù, dove tutto è buio e pericoloso e gelido.
Un gelo che brucia, però.
Un gelo che ti impedisce di respirare, di pensare a qualsiasi cosa che non sia il dolore.
Un dolore così irreale da uccidere. Così etereo da annullare il tuo corpo. Così fisico da spegnere la tua anima.
Un dolore che non fa male, ma ti sbrana comunque.
Il dolore che è Amore. Qualcosa di così intimo da sembrare malato.
Un amore che ha un corpo, un nome, uno spirito. Una psiche così complessa da farti venir meno.
E’ affascinante, no?
E’ mera pazzia. Follia allo stato puro. Distillato di vita. Gocce di esistenza.
Eppure nessuno ci pensa.
Perché l’oceano è profondo e toccare il fondale potrebbe significare non tornare più a galla.
Significherebbe affogare in una sabbia di verità inesplorate. Vorrebbe dire arrivare davvero a sfiorare la parte più intima di noi stessi.
Sarebbe come impazzire.
E’ esattamente come guarire, perdendo la cognizione di quel che crediamo sia sano.
E’ come riempire pagine e pagine di parole che se fossero mostrate a uno psicologo farebbero sembrare il loro ideatore il più folle degli psicopatici.
Ma in fondo che importa? E’ affascinante. E’ brutale e insano.
E’ come ognuno di noi, peccato che solo pochi se ne rendano conto.
Peccato che solo pochi abbiano la capacità di guarire, impazzendo.
 
Il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti.
 
E’ affascinante; e sembra quasi un eufemismo.



~ ~ ~ ~ ~

Dice l'autrice:
Che dire... forse andare a vedere Titanic al cinema non mi fa bene. O forse sì, dipende dai punti di vista. Arriva un momento, nella vita, in cui ti rendi conto che davvero tutto quello che ti circonda va avanti per inerzia. Non so se sia stato guardare quel film per la trentesima volta oppure viverlo veramente per la prima. Non so se siano state le parole dette o cantate. Non so se sia stato il 3D e quelle sensazioni ogni volta nuove eppure rivissute che quel film mi regala. Non so niente, so solo che sono tornata a casa e mi sono messa a scrivere.
Probabilmente non riceverò recensioni. O forse sì, sempre dalle stesse persone.
Oppure ne riceverò e chissà cosa diranno.
Ma alla fin fine non mi interessa. E' inutile impostare la propria vita sugli altri, no? Io ho deciso di provare a guarire impazzendo. Voi, invece? Cosa volete fare? 
Grazie a chiunque leggerà, che mi dica cosa ne pensa oppure no.
Un caro saluto a tutti,

Sasy

P.S. Forse qualcuno di voi si sarà accorto che a un certo punto c'è una citazione dalla poesia "Forse un mattino..." di Montale. Non posso dire che sia la sua più bella, come non posso dire di amarlo infinitamente come poeta. Non mi dispiace, ma non mi fa neppure impazzire. Semplicemente, quella poesia ha per me un significato particolare. E' legata a un ricordo. 

   
 
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