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Autore: _Lightning_    08/04/2012    4 recensioni
Dal capitolo 3: -Se tutto va bene, tra un mese saremo di nuovo seduti qui ad aspettare che Moriarty inneschi la miccia del suo complotto.-
Ci fu una pausa, durante la quale Holmes si accese la pipa con rinnovato vigore. Gli occhi gli brillavano, come sempre durante un caso; Watson poteva quasi scorgere i pensieri che vi sfrecciavano dietro, fondendosi e collegandosi in ragionamenti logici.
-Amsterdam, la Venezia del Nord...- esclamò all'improvviso il detective, con aria sognante.
-Che aspettiamo a partire?-
Genere: Avventura, Generale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Chapter 7
-
My Game, My Rules
 



-Spero che sappia dove stiamo andando.-

-Non mi sottovaluti: ho un senso dell'orientamente da far invidia a un lupo di mare!-

-Se lo dice lei...- commentò Watson, affondando con uno sciacquio nell'ennesima pozzanghera e inzuppandosi l'orlo dei pantaloni.

Da quel che vedeva lui potevano aver percorso per ore la stessa identica banchina, tanto si assomigliavano i mille canali che si dipanavano in tutta Amsterdam.
Quando il suo compagno aveva annunciato tanto entusiasticamente che avrebbero cercato Irene, aveva creduto che sapesse esattamente dove si trovasse... prima di scoprire che aveva solo una vaga idea di dove si potesse trovare.
Lo stupiva il fatto che non avesse cominciato a informarsi sul suo conto non appena arrivati ad Amsterdam, ma d'altra parte pochi giorni prima era ancora convinto che potesse essere l'assassina di Mycroft.
In realtà dubitava che avesse mai preso in seria considerazione l'ipotesi: per il poco che sapeva, Irene non avrebbe osato torcere un capello a Holmes neanche indirettamente.
Rifletteva distrattamente su questo, mentre si arrendeva all'evidenza di aver appena rovinato irrimediabilmente i suoi pantaloni e non si curava nemmeno più di evitare le pozze che costellavano la banchina del porto.

Il Mare del Nord era calmo, ma pennacchi di schiuma solcavano le onde all'orizzonte, sotto la cappa plumbea che andava avvicinandosi alla costa.
La fissò preoccupato: dovevano ripartire per Londra quella sera, al più tardi verso le undici, e una tempesta non era affatto l'ideale per il suo stomaco già abbastanza suscettibile al mare in bonaccia.
Rinunciò a guardare quella nuova minaccia quando rischiò di cadere in acqua, inciampando in una gomena fradicia allentata intorno al suo ormeggio; riuscì in qualche modo a rimanere ben saldo a terra, salvo atterrare con un tonfo nell'ennesima, dannata pozza.
Sherlock non se ne accorse nemmeno... anzi, se ne accorse di sicuro, ma decise deliberatamente di lasciare a lui il compito di districarsi da quelle spire umidicce e di mantenere un contegno, cosa ben difficile con il fondoschiena bagnato.

-Holmes, glielo chiedo per l'ultima volta: dove-stiamo-andando?-

-Si calmi, Dottore. In realtà questa nostra amena passeggiata non è stata altro che un tragitto ben preciso per raccogliere informazioni.
Ora che le ho ottenute, mi basta utilizzarle nel modo giusto.-

Watson sperò ardentemente che fosse "giusto" anche per gli altri, visti gli standard di Holmes durante le indagini.
Holmes si bloccò nel bel mezzo della banchina, inspirò a fondo l'aria salmastra e si voltò verso il compagno, con una luce soddisfatta che gli brillava negli occhi.

-Irene usa come base un vecchio magazzino al Nuovo Porto, a poca distanza da qui. Non si aspetterà una nostra visita, quindi prepariamoci ad un'accoglienza non proprio calorosa.-

Watson lo fissò interdetto: lo aveva visto entrare in un pub, parlare con un vecchio fruttivendolo e con un barbiere a dir poco inquietante... e sembrava aver saputo tutto ciò che gli serviva per iniziare la caccia.
Fece una smorfia divertita: no, non si sarebbe mai abituato all'abilità investigativa di Holmes.

-Come spiegherà la sua presenza ad Amsterdam?-

-Dicendo, per una volta, la verità. Dubito che abbia saputo della morte di mio fratello.- i suoi occhi si oscurarono per un istante, come se vi fosse passata improvvisamente un'ombra di rammarico.

-Se ne fosse stata a conoscenza mi avrebbe perlomeno contattato; ma a quanto pare Moriarty non ha ritenuto opportuno informarla del delitto.
E poi mi ha detto lei stessa del "furto".- continuò, atono.

Watson annuì a disagio: Sherlock tentava di parlare con naturalezza, ma era evidente il suo sforzo di mantenere la calma nel parlare dell'omicidio.
Si sistemò il cappello in testa e riprese a camminare a passo svelto lungo il molo, tallonato da Watson.

-Secondo le mie supposizioni, che sono sempre esatte, anche Irene dovrebbe ripartire questa sera stessa; quindi noi ci offriremo semplicemente come accompagnatori per una graziosa fanciulla indifesa.- espose convinto, ma senza ovviamente convincere Watson, che vedeva molto più probabile l'ipotesi che Irene gli puntasse una pistola addosso non appena l'avesse visto.

Comunque, seguì Holmes attraverso un'intricata serie di canali e stradine, chiedendosi se sapesse davvero dove fossero o se stesse andando a tentativi; se anche fosse stato così, non lo dava a vedere.
Si fermò con decisione di fronte a un magazzino un po' dimesso, con un lucernaio che offriva un'ottima via d'accesso per chi voleva correre il rischio di rompersi l'osso del collo.
Come previsto, Holmes s'inerpicò sul basso muretto che costeggiava un lato dell'edificio e da lì sul più alto steccato che circondava il retro.
Watson lo seguì a ruota, rabbrividendo quando Holmes per poco non mancò l'appiglio del cornicione per issarsi sul tetto.
Correndo il rischio di essere visti da un momento all'altro, si calarono nel lucernaio, rivoltella alla mano, e scivolarono nel nascondiglio di Irene.
Rimasero fermi per una decina di secondi, non aspettandosi quel che si trovarono davanti.
Holmes fu il primo a riprendersi, con una sorta di calma rassegnata:

-Siamo arrivati tardi, a quanto sembra.- commentò, indicando con un gran gesto il magazzino completamente vuoto, senza alcuna traccia che potesse indicare la presenza di un essere umano.

-Potremmo semplicemente aspettare che ritorni.- ribattè Watson, poco convinto: l'assenza totale di mobilia ed altro lasciavano pensare che fosse già partita o avesse cambiato base.

-Credo che sarebbe un grosso sbaglio, Watson.- mormorò lui, chinandosi ad osservare delle tracce di fango sul pavimento di legno scheggiato.

-Non mi risulta che Irene indossi questo genere di scarpe; così grandi poi.- indicò la sagoma sbavata che si intravedeva per terra.

-Non siamo i primi a entrare qui senza permesso...- percorse il perimetro della stanza, apparentemente sovrappensiero, ma arrivato a un punto preciso si voltò e fece due passi verso il centro della stanza.

Ticchettò con la punta della scarpa per terra e annuì soddisfatto sotto lo sguardo perplesso di Watson, che si guardava intorno sospettoso.

-La prego di scostarsi dalla finestra.- lo avvertì Holmes all'improvviso, inginocchiandosi e sollevando con la lama del suo coltello a serramanico una sezione del pavimento, rivelando un doppiofondo, con vari fasci di documenti, tre pistole, una serie di coltelli e un flacone di cloroformio.

-Che bisogno c'era di nascondere le sue cose? Questo magazzino è di Moriarty e lei non sapeva del nostro arrivo.-

-Lei no... ma qualcun altro . La faccenda si complica... e si fa pericolosa.- rivolse un'occhiata all'altra finestra, ma questa si affacciava sul mare.

-Non ha creato lei questo doppiofondo. Guardi: il collante è ancora fresco e ci sono tracce di segatura negli angoli della stanza. Qualcuno voleva nascondere la presenza di Irene qui ad Amsterdam, anche se in modo piuttosto grossolano.
O forse voleva rivelare lui stesso la sua presenza.- aggiunse, illuminandosi per poi incupirsi all'improvviso.

-Potrebbe essere Moran?- chiese Watson, conoscendo meglio di Holmes l'uomo in questione.

-Moran è un meticoloso, da quel che mi ha detto; non lascerebbe mai segni del suo passaggio, o almeno, non così evidenti.
E poi dal poco che sappiamo potrebbe essere l'uomo che ha sparato a Goldschmidt e non l'avrebbe mai fatto davanti a noi, se avesse saputo della nostra presenza.-

-Quindi dev'essere il killer.- concluse Watson, con un brivido inquieto.

-Non è detto. Può darsi che Moran abbia scoperto troppo che noi eravamo lì e abbia agito di fretta per nascondere la presenza di Irene, sua complice in chissà quale affare secondario.
Sappiamo troppo poco su questo fantomatico assassino per imputargli questi crimini.
Senza contare che non sappiamo dove fosse quando è morto Mycroft, mentre Moran vive praticamente sempre a Londra, essendo il braccio destro di Moriarty.-

Watson rimase in silenzio, attendendo che Holmes prendesse una decisione.

-Dobbiamo assolutamente trovare Irene. Non è detto che sia al sicuro.- concluse infine, avvicinandosi al lucernaio.

-Sa, Watson? Ho l'impressione che Moriarty sia diventato un po' troppo furbo, ultimamente.- 

 
 
*                            *                               *


 
Irene raggelò, presa di sorpresa.
Due penetranti occhi verdi si piantarono nei suoi, assurdamente brillanti e vivaci.
Un sorrisino sfuggente che assomigliava più a un ringhio ferino aleggiava sulle labbra sottili del suo assalitore, che non accennava ad allentare la presa.
Irene sentiva il polso che iniziava a dolerle per la mancanza di sangue.
Riprese il controllo di se stessa, sapendo che non avrebbe potuto sfuggire da quella morsa.
L'uomo l'attirò a sé, senza abbandonare la sua espressione divertita, e lei si sentì rabbrividire, perché stringeva ancora in mano il suo coltello.

-Donàt... che sorpresa.- commentò a fatica, sforzandosi di apparire calma.

-Ma come siamo nervose... ti spavento, forse?- commentò lui ironico, smentendola all'istante con voce profonda e sibillina; aveva un forte accento dell'est e una cadenza melodiosa che faceva apparire le sue parole del tutto innocenti, nonostante la sua espressione quasi malefica.

-Neanche un po'. Ma levami. Le mani. Di dosso.- sillabò Irene, seriamente irritata e sentendosi fin troppo vicina a lui.

Coglieva il bagliore della lama a pochi centimetri dal suo fianco.
Donàt la lasciò all'istante e si levò il cappello in un beffardo gesto di scusa, rivelando i suoi capelli ricci e nerissimi e la cicatrice rosea che gli solcava la tempia scendendo fino alla mascella.

-Cosa ci fai qui?- domandò Irene nel tentativo di salvare la sua copertura.

-La cosa che so fare meglio: uccido. E Moran deve essere stato piuttosto stupito di vederti... o sbaglio?- continuò, rendendo vani i suoi tentativi di nascondere la verità.

Irene indietreggiò senza rendersene conto: quell'uomo la metteva a disagio, molto più di quanto non facesse Moriarty.

-Non stupirti, Irene. So già da molto tempo della tua presenza qui ad Amsterdam... oh, ti sorprende?- s'interruppe notando l'espressione confusa della donna.

-Moran ha detto...-

-Moran.- ripetè lui in tono derisorio. -Ingenuo e ottuso com'è... è stato facile ingannarlo.- commentò allargando il suo sorriso e avvicinandosi di un passo, sempre stringendo il coltello in mano.

Qualcuno imboccò il vicolo, vide la scena e, forse scambiandola per una rapina, fece immediatamente dietrofront.
Irene si rese conto che si sarebbe esposta troppo se avesse tentato di prendere lo stiletto nello stivale... e d'altra parte conosceva la personalità eccentrica di Donàt e il suo pessimo senso dell'umorismo.
Probabilmente quello era solo uno scherzo di cattivo gusto.
Quando però lui si avvicinò di colpo e la mise con le spalle al muro, tenendo la lama del coltello a pochi millimetri del suo volto, non ne fu più tanto sicura.

-Non credo che tu ti renda conto in che gioco sei capitata.- sibilò improvvisamente serio.

Irene era ammutolita, non capendo quel repentino cambio di atteggiamento.

-Ma d'altronde, anche questo faceva parte del piano. Ora, l'unica domanda è: chi sarà il primo? Tu... o Holmes?-

Irene sbarrò gli occhi.

-Sherlock è qui?! Ma come...-

Donàt le avvicinò pericolosamente il coltello alla guancia.

-Oh, ma non devi preoccuparti. E' vero, non dovevi sapere neanche questo e in teoria non avresti mai dovuto saperlo. Ma a me piace seguire le mie regole, quindi... perché non vai a cercarlo, ora?- si staccò da lei, che era rimasta a fissarlo sconvolta.

Roteò il coltello in mano, riprendendo il sogghigno di poco prima.

-Avanti, non hai molto tempo... il tempo di ricaricare un fucile. E poi si vedrà.- concluse, avviandosi alle scalette da cui era salita lei poco prima.

Irene rimase appiattita contro il muro per qualche istante, poi si slanciò verso l'uscita del vicolo con il cuore che batteva all'impazzata.

-Che vinca il migliore!- le urlò dietro Donàt, prima di scoppiare in una fragorosa risata che le gelò il sangue nelle vene.


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Note Dell'Autrice:

Avevo promesso un aggiornamento entro Pasqua... ed eccomi qui, per il rotto della cuffia :D
Il capitolo è un po' più corto rispetto alla media... perdonatemi! ^^''
Diciamo che è il mio regalo di Pasqua, non potendovi inviare chili di cioccolata per ringraziarvi di seguire ancora questa Long *-*

Beh, ho introdotto il mio nuovo OC, Donàt... spero che abbia fatto "colpo" *-* Esprimete le vostre opinioni senza riserbo! *voce di Holmes* :D
Ringrazio tanto Artemis Hide, Rogue92, _Luna_, manumanu 1988 e Glaucopis che hanno recensito gli scorsi capitoli ^^ grazie! :D
E un grazie megagalattico alla mia beta _ Shadow _, che mi sopporta tanto e che assillo troppo :3 <3

Alla prossima! :D

-Light-
   
 
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