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Autore: Emma Wright    13/04/2012    4 recensioni
1° classificata al contest 'Conoscersi, amarsi, perdersi' di She lives.in a fairy tale.
Mathilda aveva tredici anni, quell’estate.
Tredici anni e tanti sogni per la testa.
Poi incontrò lui. E divenne la sua più profonda dannazione. Gliene capitarono tante, da allora.
Cambiò, per essere migliore, per somigliarli.
La ritrovarono che era un’altra persona. Erano state sue amiche, ma quella ragazza non la riconoscevano più. Ossessiva, asfissiante, si legava con facilità a chiunque, senza saper andar via. Detestava gli addii, Mathilda.
E continuava a illudersi, giorno dopo giorno, una realtà dietro l’altra. La chiamarono per nome. Le avevano voluto davvero un bene dall’anima, una volta.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nickname Efp: Emma Wright
Titolo storia: Gli illusi
Rating: verde
Genere: malinconico, drammatico, introspettivo
Avvertimenti: oneshot
Immagine: 8
Introduzione: //
Note dell'autore: allora, questa è in parte una storia vera. Ovvero, è stata ispirata a una persona che conosco, che ha, e continua ad avere, l’atteggiamento di Mathilda verso sé e gli altri. Questa ragazza sinceramente mi sta cara, nonostante tutto, ma ho immaginato una’altra realtà, un finale diverso.
Detto questo, aggiungo che la storia è molto, molto confusa. Si svolge in parte durante l’adolescenza di Mathilda, fino ad arrivare all’età adulta e alla figlia. Conclude con la vecchiaia, durante la quale ancora non si è svegliata da quel “sogno” durato decenni interi, che altro non si dimostra che un’illusione. Tutto è finalizzato a quest’ultimo fattore.
Poi, del mio pacchetto ho tentato di sfruttare alcuni lati di entrambe le personalità. Ho parlato di un tipo di persona asfissiante, ossessiva, attaccata agli altri e al legami, timorosa di perderli.
È tutto. Non sono molto soddisfatta di questa storia, è stato come uno sfogo personale, dato che molti dei fatti narrati sono accaduti davvero, anche se a persone diverse e in altre situazioni. L’ipotetico lui è un ragazzo che Mathilda ama fin da ragazzina e che riesce a sposare, quando invece il suo amore è plasmato da lei stessa, di conseguenza viene tradita molto spesso con altre donne. Tuttavia, lei continua a riporre grande fiducia e ambizione per sé stessa e la figlia, senza rendersi veramente conto di quello che fa.
Ah, Elizabeth è il nome della figlia. Si fa chiamare normalmente Ellie, mentre la madre continua a darle il nome di Beth.

 
 
 
Mathilda aveva tredici anni, quell’estate.
Tredici anni e tanti sogni per la testa.
Poi incontrò lui. E divenne la sua più profonda dannazione. Gliene capitarono tante, da allora.
Cambiò, per essere migliore, per somigliarli.
La ritrovarono che era un’altra persona. Erano state sue amiche, ma quella ragazza non la riconoscevano più. Ossessiva, asfissiante, si legava con facilità a chiunque, senza saper andar via. Detestava gli addii, Mathilda.
E continuava a illudersi, giorno dopo giorno, una realtà dietro l’altra. La chiamarono per nome. Le avevano voluto davvero un bene dall’anima, una volta.
Non riusciva a capire. Non poteva. E gli altri, gli altri continuarono a osservarla mentre cadeva, come una stella ormai spenta. Non erano ancora consapevoli che non avrebbero mai più avuto l’occasione di vedere i suoi occhi grigi allegri.
 

***

 
Camminava, Mathilda, lenta e goffa, per una delle viuzze intricate di quella piccola cittadina inglese che era la sua patria. Si sentiva stranamente malinconica, quel giorno. Non ne capiva appieno il motivo, ma ormai le capitava sempre più spesso. Ancora pensierosa, riuscì a scorgere un paio delle sue vecchie amiche. Doveva averle frequentate in ottava, forse. Be’, ne era senza dubbio passato del tempo.
Si evitavano da anni. Non sarebbe stata in grado di stabilire una data precisa.
Frances. Kathleen.
Fecero finta di non vederla, svoltando un altro angolo più in fretta possibile.
Niente servì lo sforzo. Mathilda le aveva raggiunte e ora le stava abbracciando, una ad una, stringendole con l’aria di un cucciolo smarrito.
«Mi siete mancate» sussurrò ingenuamente.
«Oh, anche tu» si limitò a mugolare Kathleen, lanciando un’occhiata significativa all’amica «Ma ora dobbiamo davvero andare, Thilda, vero?».
«Già» annuì vigorosamente Frances, cogliendo la palla al balzo e cominciando a tirare il braccio all’altra, allontanandosi piano da Mathilda.
«Ah. Ciao. È stato bello rivedervi».
Mathilda rimase lì, ben piantata, a salutarle con un cenno, mentre le guardava andar via. Si passò distrattamente una mano tra i bei boccoli scuri, come al solito in ordine.
Perché diavolo aveva voglia di piangere?
 
Kathleen sbirciò per un secondo, scostando le ciocche castane che le nascondevano quasi interamente il profilo del volto. Voltandosi, riuscì a far entrare la figura di Mathilda nel suo campo visivo.
Sospirò. Quella ragazza non capiva mai.
 

***

 
Martha Barton non aveva mai avuto occasione in tutta la sua vita di essere anche solo vagamente sgarbata e pettegola. Possedeva il dono di saper mantenere sempre un certo contegno, qualunque situazione le si presentasse.  Aleggiava intorno a lei un’aria di gentile solennità, da tale era stata sempre giudicata matura e rispettabile, per quanto glielo consentissero i suoi sedici anni.
Quella stessa ragazza ora si trovava nel cortile della scuola superiore, avvinghiata alla sua migliore amica in un abbraccio, durante la ricreazione.
«Mi mancherai, Em….» stava giusto mormorando, per poi lasciarla andare con pacatezza. Non ebbe il tempo materiale di completare il nome che una vocetta petulante la interruppe. La conosceva fin troppo bene.
«Dov’è che vai, Martha?».
Era Gladdie, compagna piuttosto sbruffona. Tutto sommato si poteva ritenere una personalità piacevole, ma era famosa per sparlare alle spalle altrui.
«La prossima settimana cambio sezione» le spiegò, un po’ seccata «C’è stato un problema e sarò spostata nella classe accanto alla nostra». Non era un argomento di cui amava parlare.
«Ah. Sai, c’è Mathilda Lockhart, lì dentro.» bisbigliò Gladdie in tono mite, per una volta, sorprendendo insieme le due interlocutrice.
«Davvero?» chiese Emily, preoccupata.
«Già. Auguri.» annunciò l’altra, guardando Martha, che scosse la testa «Anzi, condoglianze…».
Gli occhi di quest’ultima settarono verso la direzione in cui sapeva trovarsi l’ultima dei Lockhart.
«Credo che ne avrò bisogno».
 

***

 
Il suono delle note di un pianoforte si diffondeva nell’aria, la musica si faceva sempre più coinvolgente, seguendo il ritmo che le dita della ragazza battevano sulla tastiera.
«Mathilda?».
Tutto l’incanto in un attimo finì, fu come risvegliarsi da un sogno. La ragazza in questione alzò lo sguardo dal pianoforte e lo rivolse in direzione della figura cui apparteneva la voce. Alta, magra, capelli rosso scuro, occhi uguali per forma e colore a quelli di Mathilda, solo accesi da una luce che ai suoi mancava.
«Credevo non suonassi più».
Edith si avvicinò, titubante, alla sorella, che ancora la osservava.
«Avevo bisogno di sfogarmi».
«Va bene».
Altro silenzio.
Edith avrebbe voluto urlare, dirle qualcosa, implorarla di smetterla di essere così. Perché, poi? Ormai, del loro essere sorelle non era rimasta che qualche parola gentile di tanto in tanto. Mathilda rispondeva, o forse anche parlava, solo nei casi in cui veniva interpellata, e mai più dello stretto necessario.
«Tesoro…» sussurrò Edith gentilmente, sedendosi accanto a Mathilda nello spazio libero accanto allo sgabello del pianoforte, di forma rettangolare.
«Devo andare».
Edith la vide alzarsi, indugiare sulla soglia, poi guardarla un’ultima volta, un grido di pietà nel suo volto di pietra. Vorrei poterti aiutare, sorella mia.
Niente, di nuovo. Mathilda si chiuse la porta alle spalle, con forza, facendo vibrare il vaso di fior lì vicino. Edith rimase di nuovo sola, mentre la malinconia continuava a pervadere la stanza, dove ancora aleggiava il profumo della vecchia Mathilda.
 
***
 
«Sei felice?».
«Sono con te, ti amo. Non potrei chiedere altro.»
Un altro bacio.
Mathilda era felice, adesso. Mathilda si era sposata, poco importava che il marito continuasse a tradirla, tornando a casa con scuse saltuarie, tra le più varie.
Mathilda continuava a vivere in un mondo di bugie.
 
 

***

Doveva essersi stancata, Mathilda.
«Mamma, papà dov’è?».
Aveva guardato la sua unica bambina con lo sguardo di chi muore dentro.
Possibile che fosse stata disposta a perdonargli tutto, sempre, pur di averlo, anche solo nei suoi sogni?
«Fuori, Beth, amore mio, tornerà tra un po’».
La abbracciò più forte, come se ne valesse della sua stessa vita, non avrebbe mai permesso che qualcuno le strappasse quell’ultimo faro di luce rimastole.
Occhi grigi. Capelli rossi.
Somigliava dannatamente a Edith, la sua Ellie.
E ricordare Edith, le faceva male.
 

***

 
Guarda giù, Mathilda.
Prova a tornare indietro. Cosa è rimasto, della tua esistenza?
Sorrisi falsi, cuori spezzati. Una bimba cresciuta troppo in fretta, senza padre, definitivamente andato via, soffocato dall’amore che cercavi di dargli, dalle ipotetiche speranze continuamente riposte.
La gente bisbiglia su di te, quando cammini per strada.
Ellie, come la chiamano tutti, viene anche a trovarti, di tanto in tanto. Leggi nei suoi occhi disagio, ma alla fine neanche tu ci puoi fare niente. Sei diventata vecchia troppo in fretta. Il mondo non si è mai fermato per dare un po’ di affetto anche a te.
 
Già, tu continua a sorridere, Mathilda.
Alla fine, non ne è valsa la pena.




Ciao! ♥
Se siete arrivati fin qui, qualche altra comunicazione di servizio v.v

Questa storia ha partecipato al contest 'Conoscersi, amarsi, perdersi' indetto da She lives.in a fairy tale. Devo ancora correggere i vari errori, rimedierò al più presto, quindi non disperate perché li conosco già tutti u.u
Ebbene, mi sono classifcata, con mia grandissima sorpresa, addirittura prima (o.o), nonostante le aspettative che avevo su questa storia... be', lasciamo eprdere, diciamo che sono riamsta a boccheggiare davanti al computer dieci minuti buoni v.v
Ripeto, una ragazza come Mathilda, la conosco anch'io. Vi dirò di più, la dedico proprio a lei.
Anche se non leggerà mai questa storia. Va bene anche così. 

Qui di seguito il giudizio:


 

1° posto
Gli illusi
Grammatica e lessico: 7/10 
Stile: 10/10 
Originalità: 10/10 
Riferimento al pacchetto: 9/10 
Gradimento personale: 10/10 
 
 Totale: 46/50  
 
 
Comincio con la solita grammatica. Allora, ho trovato un paio di errori che ti segno qui di seguito: 
 
per somigliarli. 
Per somigliargli. 
 
Niente servì lo sforzo. 
Credo che sarebbe più adatto aggiungere una “A” all’inizio e aggiungere il pronome per rendere più chiara la frase che, ad una prima lettura, sembrerebbe aver come soggetto Mathilda: A niente servì il loro sforzo. 
 
anche solo vagamente sgarbata e pettegola. 
Al posto della congiunzione “e” metterei “o”: anche solo vagamente sgarbata o pettegola. 
 
insieme le due interlocutrice. 
Presumo sia un errore di battitura, interlocutrici. 
 
Gli occhi di quest’ultima settarono verso la direzione in cui sapeva trovarsi l’ultima dei Lockhart. 
Gli occhi di quest’ultima saettarono verso la direzione in cui sapeva trovarsi l’ultima dei Lockhart. 
 
poco importasse che il marito continuasse a tradirla 
Invece del congiuntivo userei l’imperfetto nel primo verbo: poco importava che il marito continuasse a tradirla 
 
Allora. Ci è voluto un po’ per riprendermi dalla tua storia che è più che malinconica. 
Ho letteralmente adorato questa one-shot, sotto ogni aspetto. Lo stile, il modo di utilizzare il punto di vista di tutti i personaggi in modo quasi drammatico. All’inizio non ho ben compreso per quale motivo tu non abbia scelto di utilizzare anche il ruolo di questo “lui” traditore. Ma poi ho capito. E’ stato meglio lasciare un po’ di mistero attorno a tutta la storia. 
Quindi anche la prospettiva che hai utilizzato per raccontare mi piace, è diversa, particolare e originale. 
Mi piace questa sorta di amore che sembra essere corrisposto ma non lo è, ed è forse proprio questo che lo rende così forte da parte di Mathilda. Il fatto di non averlo mai completamente la spinge a desiderarlo ancora di più. 
Sei stata l’unica ad aver utilizzato un po’ di tutte e due le personalità e mi piace come hai utilizzato soprattutto quella della protagonista. 
Praticamente non ho molto altro da dire se non che è stata una delle mie preferite e non ho potuto fare a meno di rileggerla più di una volta, soprattutto la parte finale. 
Complimenti, davvero. 


E con questo chiudo anch'io. Grazie mille ancora una volta alla giudicia, non mi sarei mai aspettata un traguardo del genere.
Emma Wright


   
 
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