Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: Silene Nocturna    14/04/2012    2 recensioni
“3 Aprile 1973. Martin Cooper, americano di nascita, crea il primo telefono cellulare nella storia dell’uomo. Da quel momento, la vita di molte persone ha subito un notevole cambiamento e, col succedersi degli anni, l’avanzata tecnologia ha subclassato i vecchi prototipi, rimpiazzandoli con modelli nuovi, efficienti e complessi.”
Alfred: Che stai facendo? >_< Da quando non mi rispondi?!
Arthur: Da quando mi hai chiesto l'Indipendenza.
[FrUk ; UsUk]
Buona lettura!
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Autore: Nihila Lilium

Titolo: Sms: What’s your problem?

Fandom: Axis Power Hetalia

Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico

Rating: Arancione

Avvertimenti: What if? Flashfic

Prompt scelti: Pairing Francia x Inghilterra; Silenzio; Cit. n° 15; IMG n° 5

Introduzione: “3 Aprile 1973. Martin Cooper, americano di nascita, crea il primo telefono cellulare nella storia dell’uomo. Da quel momento, la vita di molte persone ha subito un notevole cambiamento e, col succedersi degli anni, l’avanzata tecnologia ha subclassato i vecchi prototipi, rimpiazzandoli con modelli nuovi, efficienti e complessi.”

Note dell’autore (facoltative): Nonostante il cellulare sia stato creato nel 1973, ho utilizzato modelli più avanzati, non specificando però quali XD

 

 

 

 

 

 

 

 

Sms: What’s your problem?

 

 

 

 

“3 Aprile 1973. Martin Cooper, americano di nascita, crea il primo telefono cellulare nella storia dell’uomo. Da quel momento, la vita di molte persone ha subito un notevole cambiamento e, col succedersi degli anni, l’avanzata tecnologia ha subclassato i vecchi prototipi, rimpiazzandoli con modelli nuovi, efficienti e complessi.”

- Con un apparecchio del genere, nessuno avrà più bisogno di fili, inciampandoci dentro o limitandosi a stare nello stesso luogo per parlare con un’altra persona. Senza dubbio, siamo noi i veri supereroi. Yes!

- Questo sarebbe il tema della nostra seduta?- sbuffò scettico Inghilterra tamburellando con le mani sulla superficie lignea, mentre Cina comunicava alle proprie spie di prendere appunti e riprodurre subito un modello identico e Germania, più pratico, spulciava attentamente il libretto d’istruzioni.

- Complimenti, America, ma io rimango un estimatore dei vecchi metodi e soprattutto della carta da lettere…- affermò Francia ripensando a quanto fosse accurata e decisamente inimitabile la propria calligrafia; niente a che vedere con quegli insulsi tastini. L’inglese gli lanciò uno sguardo truce prima di lasciare che quel ragazzo troppo cresciuto, dai limpidissimi occhi chiari, distribuisse ad ognuno di loro un modello avanzato del cosiddetto “cellulare”; se lo ripassò tra le dita per studiarne attentamente la conformazione, il colore abbastanza sobrio e soprattutto la silenziosità… Il display rimaneva ostinatamente spento. Cominciò quindi a passare in rassegna tutti i minuscoli tasti: e ad ogni colpo l’affare continuava a non dare segni di vita. Era inammissibile… Doveva essere rotto! Pensò cominciando a percuotere con più forza l’apparecchio, finché la ben nota figura di Alfred gli si parò dinanzi e, dopo averglielo sfilato con delicatezza dalle mani, gli mostrò quanto fosse indispensabile tenere premuto per qualche secondo il pulsante d’accensione.

***

Qualche ora più tardi, Arthur era già in prossimità della propria casa e, felice di rivedere i propri amici, non badò molto a chi l’avesse seguito durante il tragitto. Dette una fugace occhiata alla grande casa buia, aiutandosi con una mano –con cui percorse i grossi tomi di magia accuratamente smistati nella libreria- si diresse verso la sala grande in cui il camino era già acceso; quell’inverno era stato particolarmente rigido. Il fuoco fu in grado di donargli una piacevole sensazione. Si sedette quindi sul divano caratterizzato dallo stile vittoriano e con poca attenzione lanciò il telefono cellulare tra i cuscini.

- Allora, cosa vuoi Francia?- chiese incrociando le braccia al petto, non distogliendo lo sguardo dai ceppi ardenti, unica scintilla luminescente.

Francis sorrise portandosi alle labbra il calice colmo di liquido scarlatto.

- Oh, Dieu merci, credevo volessi ignorarmi per il resto della serata.

La nazione socchiuse le palpebre, corrugando la fronte. Il sarcasmo di quel maledetto francese era capace di renderlo furioso nelle giornate più terse; nessuno degli alleati, o delle forze nemiche, riusciva ad irritarlo poiché capace di un simile comportamento… Ghignò tra sé, forse quella tendenza di Francia era paragonabile soltanto alla propria.

- Beh, non crederai che mi sono presentato a mani vuote!- fece altezzoso, prima di stappare un’altra bottiglia di rosso di Borgogna e porgere il calice colmo all’inglese.

- Non stasera.

- Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere. Permettimi di versartene.- asserì più galante, mentre Inghilterra spalancava impercettibilmente le palpebre, deglutendo.

- M-Ma certo… Che devi! Razza di stupido francese.

-Possibile che tu debba dimostrare quanto sei rozzo anche mentre beviamo del vino insieme?- commentò Francia riacquistando il suo tipico tono di superiorità, portando alle labbra il calice.

- E tu smettila di darti tutte queste arie, ricordati che sono un pirata, non un’insulsa concubina da corteggiare.- Arthur indurì i lineamenti facendosi vanto del suo passato burrascoso, prima di ingoiare il liquido vermiglio in un sol colpo, forse per marcare ancor più il concetto. Il francese, perso momentaneamente a focalizzare l’immagine dell’interlocutore con indosso gli abiti di una cortigiana, per poco non strabuzzò i chiarissimi occhi tossendo il buon vino che nella sua infuocata discesa lungo l’esofago, parve diventare quasi insopportabilmente incandescente. Cercando di allontanare quella visione –che non seppe se definire ambigua o sublime-, Francis tornò a guardare il camino, seguito dall’inglese, intento a tracannare già il secondo bicchiere.

Era sempre così, pensò Inghilterra: un vortice da cui non riusciva a svincolarsi, un mare che lo faceva naufragare e vergognare di se stesso, come le volte in cui Francia osava condurlo in camera da letto e insieme consumavano quella passione disperata. Arthur si ripeteva che sarebbe finita, poiché il senso di vuoto che percepiva intorno a sé, nelle notti accanto al francese, scemava, ma era solo un attimo d’illusione. Subito dopo si sentiva macchiato, in colpa. E non sapeva darsi una spiegazione; sospirò pesantemente, non si era neanche reso conto di aver raggiunto la camera da letto, luogo in cui il dolore ed il piacere si mescolavano all’unisono. Francis lo distendeva cautamente, carezzandogli la schiena e le labbra con i polpastrelli caldi. Gli piaceva così, prenderlo dopo quelle che parevano estenuanti torture capaci di infiammarlo, come se avesse la febbre… Poi lo sovrastava sussurrandogli qualcosa nella sua lingua, reggendogli la fronte e carezzandogli il ventre, mentre ogni sua difesa crollava, pronto ad accogliere l’erezione e percepire l’odio eclissarsi lentamente, dopo ogni spinta. Gli attimi che seguivano l’amplesso erano di quiete, opprimente e densa; finché gli animi tornavano ad accendersi col sole e il più delle volte il damerino finiva buttato fuori a calci dalla proprietà dell’inglese. Quella notte invece sembrava non passare mai. Arthur rimirava il soffitto, mentre il respiro un po’ pesante di Francis pervadeva l’ambiente illuminato dalla tenue luce lunare. Anche i fidati amici, i cosiddetti famigli, riposavano tranquilli, appollaiati sulla mobilia. Si rigirò stizzito, probabilmente era anche quel fastidioso bip a disturbarlo. Provò quindi a ignorarlo, ma spinto da una remota curiosità –soltanto dopo una sonora imprecazione- si decise a seguire la scia del rumore, giungendo nel salotto. Una luce intermittente e sinistra continuava a produrre lampi sulle pareti: probabilmente qualche spirito arcano stava cercando di contattarlo, pensò Arthur, anche se le sue speranze furono infrante ben presto, dato che l’oggetto in questione non aveva nulla di magico… Era soltanto il pezzo di plastica affibbiatogli da America il giorno prima, durante una delle solite sedute delle nazioni. Imprecò l’ennesima volta, afferrandolo malamente per portarselo dinanzi al volto e squadrando cosa ci fosse di malefico sul display.

- Una busta da lettere?- mormorò sommessamente, prima di scorgere la voce “OK”.

Premette in corrispondenza della segnalazione e il riverbero bianco si rifletté nelle sue pupille verdi. Camminò in direzione della camera da letto non distogliendo lo sguardo dalla superficie luminosa; si distese nuovamente sul morbido materasso del proprio letto matrimoniale e tentò in tutti i modi di estraniarsi dal lieve ronfare di Francia, evitando anche la ginocchiata diretta contro il proprio fianco. Il messaggio diceva:

Alfred: Ehilà, Inghilterra!

Stop. Nient’altro. Anche il bip era cessato. Arthur contrasse la mascella facendo scricchiolare le dita intorno al cellulare. Tutto qui? Pensò furioso; il suo sonno era stato interrotto da un subdolo saluto da parte di quel decerebrato. Prima di tutto abbassò il volume per non svegliare il suo biondo compagno, dopodiché sdegnoso cominciò a ponderare se fosse opportuno o meno cliccare su “RISPONDI”. Tempo qualche secondo, l’apparecchio vibrò.

Alfred: Che stai facendo? >_< Da quando non mi rispondi?!

“Così stupido.” Pensò Arthur prima di decidersi a scrivere, non senza un po’ di difficoltà.

Arthur: Da quando mi hai chiesto l’Indipendenza. Cosa vuoi che faccia alle due di notte?!

Alfred: Ah ah, il fuso orario!

L’inglese fremette: gli parve di percepire intorno a sé la caratteristica risata di America, eppure era solo nella sua testa.

Alfred: Hai letto le istruzioni? Sai mandare i messaggi. >w<

Arthur: Ma cosa significano quei segni?! Sono codici per sviare i nostri discorsi? Gli avversari ci ascoltano?

Alfred: Proprio non ti capisco… Forse per “segni” intendi la mia faccia! Me l’ha insegnato Giappone. <3

L’interlocutore ci pensò per estrapolare da quelle parole il più corretto significato, finché, studiando attentamente quei geroglifici fu in grado di immaginarsi davvero un volto. Uno eccessivamente buffo…

Arthur: Ridi di me?! E da quando in qua dai retta a Giappone?

Alfred: Yes! Non hai risposto alla mia domanda! Se sei sveglio devi pur star facendo qualcosa…

Arthur: Sono sveglio perché il tuo stupido messaggio mi ha svegliato! E non ricordo come si spegne questo cellufonino.

Alfred: Cellulare… I’m sorry, my friend! Ah ah!

Arthur: E non sono tuo amico! Buonanotte!

Con l’intento di mettere fine a quell’assurda conversazione, ritornò alla schermata principale sistemando l’apparecchio sul comodino adiacente… Incrociò poi le braccia dietro la nuca abbassando con forza le palpebre, assaporando il silenzio.

Bip

Bip

Bip

L’occhio destro ebbe un tremito, un monito nervoso che chiunque avrebbe interpretato come segnale per stare il più alla larga possibile dall’ex corsaro, ma non America che, Arthur era sicuro, non si sarebbe lasciato intimorire neanche se l’avesse avuto di fronte con uno spadone in mano. D’accordo, avrebbe soltanto letto cosa aveva da dirgli, poi si sarebbe prodigato di spegnere il cellulare mettendo fine a quella pagliacciata.

Alfred: Ho visto un film dell’orrore insieme a Tony, è già sera. Non mi muovo dal divano!

Arthur: Chi te l’ha chiesto?!

- Shit!- disse l’inglese sommessamente.

Era una droga; i milioni di pixel riuscivano a tenere le sue pupille praticamente incollate al cellulare e prima che potesse rendersene conto, le dita avevano già composto un messaggio da inviare in risposta. Inclinò le folte sopracciglia: per un attimo nella sua mente si era delineata la figura di America seduto dinanzi la televisione, circondato dal solito cibo spazzatura che consumava rumorosamente, privo del giubbotto da pilota e con indosso una singola maglietta sportiva e i calzoncini. La tipica tenuta da casa. Un agglomerato di quasi centottanta centimetri avvolto in una coperta, tremante, insieme a quell’alieno da strapazzo.

Alfred: Sto per chiamarti! >w<

Inghilterra impallidì, deglutendo tanto rumorosamente che per un attimo temé di aver destato Francia.

Arthur: No.

Secco, chiaro, conciso. Non aveva neanche inserito il punto esclamativo per non dargli l’impressione che il tono fosse una sorta di risposta sarcastica.

Alfred: Perché? D:

Arthur: Perché no! Non ci deve essere per forza un perché…

Stava cominciando a sudare; pregò che il proprio nervosismo non si trasmettesse tramite quelle maledettissime parole.

Alfred: C’è sempre un perché, ah ah! Stai evocando qualche creatura? –mi vengono i brividi- Preparando il tè? Creando una pozione? Che cosa mi stai nascondendo?

Arthur: Mi stai semplicemente infastidendo!

Alfred: Davvero? ):

Arthur: E non fare quella faccia aspettandoti che mi commuova. Tsk!

Alfred: Bene… Pensi che sia meglio che io vada a dormire?

La nazione più minuta si rilassò tra le lenzuola. Fortuna che non era stato insistente.

Arthur: A meno che tu non abbia un’occupazione da sbrigare…

Alfred: ...

Arthur:

Alfred: E’ un sì?

Arthur: Sì, sì, sì! E’ un sì.

Alfred: Bene. Allora devo darti la buonanotte…

Arthur: Yeah. Buonanotte, America.

Arthur uscì dalla schermata dell’invio per appoggiare nuovamente l’oggetto sul comodino. Non seppe neanche dare un significato a ciò che era accaduto, anche se per un singolo istante s’era davvero immischiato in quell’assurda conversazione, dimenticando… Sì, dimenticando chi avesse di fianco. Passò in rassegna del volto del francese con la coda dell’occhio: era pallido, alcune ciocche bionde gli ricadevano scompostamente sulle palpebre e la barba un po’ cresciuta contribuiva a dargli quell’aspetto dimesso, nonostante Francis tenesse alla cura del proprio aspetto esteriore. Ma la cosa che lo turbò di più, fu constatare che fosse sereno. E quel senso di inadeguatezza capace di attanagliargli lo stomaco si intensificava ad ogni minuto che passava. Non osava immaginare come avrebbe reagito America se solo lo avesse visto in una situazione simile.

Bip

L’ennesimo. Stavolta l’avrebbe chiamato per fargli capire che doveva smetterla, se non voleva essere denunciato per stalking!

 

 

Alfred: Buonanotte, Inghilterra.

Lesse. E quando ebbe finito ricominciò dall’inizio, finché il cuore sussultò pulsando nei timpani in un ritmo forsennato, riempiendo quel silenzio in cui si era ostinatamente chiuso. Non trovò la forza di rispondere un’ultima volta, perché sapeva che ogni parola poteva sapere di menzogna; posò quindi il cellulare sul comodino cominciando a pensare a quale occupazione trovarsi, dato che quella notte, ne era sicuro, l’avrebbe passata senza chiudere occhio.

Nonostante ciò, dall’altra parte del globo, qualcuno riuscì finalmente a sgomberare la mente dalle immagini cruente del film horror appena visto… Rinfrancato da quella conversazione ultimata da poco, Alfred si distese sul materasso incurante se ci fossero o meno dei mostri al di sotto della rete. Si compiacque infine per la propria genialità, osservando il soffitto e ripensando a quanto fosse portentoso il nuovo modello di cellulare, in grado di conciliargli perfino il sonno. Sorrise spontaneamente. Non c’erano dubbi: anche in quel caso, lui e i suoi concittadini avevano dimostrato a tutti di essere i veri eroi del planisfero. Chissà se anche Inghilterra la pensava così.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Silene Nocturna