Anime & Manga > Bleach
Segui la storia  |       
Autore: M e g a m i    15/04/2012    12 recensioni
« Cosa diavolo stai facendo?! »
Grimmjow si voltò di scatto, allentando appena la presa sulla camicia del ragazzo, senza però abbassare la mano che era pronta a sferrargli un pugno in piena faccia.
Ecco, ci risiamo...
« Lascialo andare. », la udì scandire lentamente, guardandolo con aria minacciosa.
Lui ricambiò il suo sguardo, con orgoglio.
« ... E se non lo facessi? », sibilò a denti stretti.
« Provaci. Ti prego, provaci. Ho solo bisogno di una scusa per prenderti a calci nel sedere. »
Andava sempre a finire così. In un secondo, si era trasformata in una lotta di sguardi. Il povero ragazzo che non si sa neanche cosa avesse fatto per scatenare le ire di Grimmjow, aveva approfittato della sua distrazione per scappare.
Sì, perché ormai la sua attenzione era totalmente catturata.
Tatsuki Arisawa, diciassette anni.
Capelli: neri.
Occhi: castani.
Abilità speciali... incredibilmente brava a rompere i cosiddetti al re Grimmjow Jaegerjaques, attualmente costretto nei panni dello... studente delle superiori.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Arisawa Tatsuki, Jaggerjack Grimmjow
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NDA: Lo so, lo so, molti di voi si saranno chiesti “ma che cavolo…?!”. Eppure è anche questo il bello dei crack pairing, no? ... No, eh? x°D
Beh, sta di fatto che questo è un crack che mi piace molto, ma proprio moltissimo. E così ho cercato di immaginare, come sarebbe se questi due si conoscessero davvero, nella storia di Bleach, se Grimmjow ritornasse, e fosse un alleato degli shinigami? E’ stato parecchio difficile, probabilmente un’AU avrebbe reso meglio, non so. Però ho voluto provare, anche per renderlo un po’ più realistico e plausibile.
Niente di troppo romantico, eh. Solo che scrivendo questa one-shot, nella mia mente si sono creati tanti spunti per altre one-shot con degli sviluppi in più. Chissà mai che ci possa fare una raccolta (alle long ci ho rinunciato)... chissà, vedremo.
Beh, buona lettura.

 
 
~
 
 
   « Cosa diavolo stai facendo?! »
Grimmjow si voltò di scatto, allentando appena la presa sulla camicia del ragazzo, senza però abbassare la mano che era pronta a sferrargli un pugno in piena faccia.
Ci risiamo...
   « Lascialo andare. », scandì lentamente, guardandolo minacciosa.
Lui ricambiò il suo sguardo, con orgoglio.
   « ... E se non lo facessi? », sibilò a denti stretti.        
   « Provaci. Ti prego, provaci. Ho solo bisogno di una scusa per prenderti a calci nel sedere. »
Andava sempre a finire così. In un secondo, si era trasformata in una lotta di sguardi. Il povero ragazzo che non si sa neanche cosa avesse fatto per scatenare le ire di Grimmjow, aveva approfittato della sua distrazione per scappare.
Sì, perché ormai la sua attenzione era totalmente catturata.
Tatsuki Arisawa, diciassette anni.
Capelli: neri.
Occhi: castani.
Abilità speciali... incredibilmente brava a rompere i cosiddetti al re Grimmjow Jaegerjaques, attualmente costretto nei panni dello... studente delle superiori.
 
 
~
 
 
Ichigo gliel’aveva spiegato. E anche più di una volta, ad essere sinceri. Questo non voleva dire, però, che lei accettasse quella spiegazione.
Grimmjow Jaegerjaques.
Che... che razza di nome.
Ma non era questo a sconvolgerla, e neanche quei capelli azzurri che la irritavano particolarmente, almeno non quanto il fatto che i cosiddetti shinigami avessero accettato lui e gli altri suoi compagni come alleati.
Certo, non erano fatti suoi. Il destino del mondo non era nelle sue mani. Non che non le importasse, in quella storia erano coinvolti i suoi più cari amici, ma... preferiva non pensarci. Per non sentirsi... troppo inutile. Quindi non erano fatti suoi.
Questo però finché non arrivava un tizio maleducato e attaccabrighe a fare il teppista nella sua scuola.
Quelli sì che erano fatti suoi, accidenti. Forse non poteva salvare il mondo, ma non era entrata nel Comitato Disciplinare solo per far risultare qualche credito in più sul suo curriculum scolastico.
Non lo avrebbe lasciato fare come voleva... questo era poco ma sicuro.
   « Aaarisaaawaaa! »
Tsk. Ecco un altro rompiscatole.
Facendo finta di niente, continuò a camminare imperterrita lungo il corridoio, mentre il rompiscatole continuava a chiamarla a gran voce, incurante degli sguardi esterrefatti degli altri studenti che stavano passando l’intervallo al chiuso, in quella giornata piovosa. Perché anche se lei stava cercando in tutti i modi di ignorarlo, lui non desisteva, anzi, si faceva più insistente.
C’era poco da fare, era fatto così, Asano Keigo.
   « Arisawa, senti, senti, non è che mi presteresti i tuoi appunti di matematica? », le aveva chiesto con un tono implorante, raggiungendola finalmente dopo tanto schiamazzare. Aveva perfino unito le mani e chinato la testa in segno di preghiera.
   « No. Spostati. », ribattè senza esitazione lei. Poteva mettersi anche in ginocchio sui ceci, per quanto la riguardava.
   « Ti scongiuro! Stamattina devo aver bevuto del latte scaduto, e ho passato l’intera lezione in bagno a-... »
Lo zittì con lo sguardo, fulminandolo. E che diamine! Un po’ di educazione era chiedere troppo?
La irritava... la irritava da morire il fatto che Asano, come tutti  gli altri suoi compagni maschi, si sentissero in libertà di sfoggiare quel linguaggio noncurante e a volte pure sboccato di fronte a lei, come se non gli importasse cose pensasse. Cosa che non avrebbero mai fatto davanti a... ad Orihime, per esempio. Ma anche con qualsiasi altra ragazza con l’aria da ragazza.
D’altro canto, lei aveva più un aria da ragazzo, e loro la trattavano come tale.
Distolse lo sguardo, facendosi ricadere una lunga ciocca nera sulla spalla. Nonostante la pioggia, l’afa impermeava l’aria circostante. L’umidità le faceva appiccicare capelli lunghi al collo, le davano fastidio.
Forse era il caso di tagliarli. Tanto... non aveva senso tenerli così.
   « Ti ho detto che non te li presto. L’ultima volta non sono più tornati indietro. »
   « Ma quella volta è stato perché-... »
   « Niente ma. Chiedi a Kojima, o a Ichigo. »
   « Glieli ho già chiesti. »
   « E...? »
   « E non me li vogliono dare. »
   « Farti un paio di domande no, eh? »
   « Sì, e mi sono risposto che ho degli amici insensibili! », si lamentò Asano, offeso. Ed era per questo che il secondo dopo esclamò con un sorriso sornione: « ... Vorrà dire che chiederò ad Inoue! », mentre si allontanava a grandi passi, per mettersi al sicuro.. Non che avesse intenzione di farlo davvero, chiederli ad Inoue Orihime. Voleva solo far arrabbiare la ragazza, sapendo quanto era protettiva nei confronti dell’amica. Amica che scriveva appunti in una maniera incomprensibile per qualsiasi essere umano, con frasi e formule sparse a caso, e fiorellini, e disegni di strani robot come cornice – chissà come, però, riusciva a prendere sempre il massimo dei voti.
   « Vedi di star lontano da Orihime o ti infilo gli appunti di matematica dove non li vorresti sentire! », sbottò infatti Tatsuki, punta sul vivo, con un linguaggio sboccato che tanto rimproverava ai ragazzi. « ASANO, TORNA QUI! »
E lo avrebbe pure rincorso per fargli chiedere scusa strisciando, se non fosse che avrebbe rischiato di finire addosso a una grossa figura che le aveva sbarrato il passo, davanti alle scale. Per poco non gli era finita addosso.
   « Ah. Chi si vede. Sempre a urlare dietro a qualcuno. »
Non aveva neanche bisogno di guardarlo, per capire di chi si trattasse. Quella voce profonda e un po’ roca, quel tono di scherno... poteva benissimo immaginare il sorriso che gli si era dipinto sul viso, quegli occhi azzurro ghiaccio così penetranti, squadrarla dall’alto in basso.
   « Levati dai piedi. », replicò senza guardarlo, cercando di controllare l’impulso di menar le mani che si era accentuato ancora di più in lei al sentire la sua voce.
   « Altrimenti...? »
Si era chinato su di lei, tenendo le mani in tasca, allargando quell’odioso sorriso sarcastico. Il suo quasi metro e novanta avrebbe dovuto metterla in soggezione, in confronto al suo metro e sessanta scarso. Eppure Tatsuki non indietreggiò di un passo, anzi, alzò gli occhi verso di lui, verso Grimmjow Jaegerjaques. Osò farlo, e senza tanti problemi, anche.
Doveva ammetterlo, gli piaceva provocarla. Quello sguardo bruciante di orgoglio, pieno di rabbia... beh, le donava.
Gli era capitato raramente di incontrare qualcuno con occhi del genere. Kurosaki Ichigo, forse. L’aveva colpito subito, per il suo sguardo, così risoluto a vincere anche se non aveva uno straccio di speranza – sì, beh, all’inizio, poi le cose si erano capovolte, ma insomma, chi se ne frega?
Da quello che aveva capito, quei due si conoscevano da molto. Amici di infanzia, in gergo umano. Era pure amica di Inoue Orihime, la femmina che Aizen aveva fatto rapire da quel pezzo di-... sì, da Ulquiorra. Pace all’anima sua.
Kurosaki le aveva raccontato tutto, eppure...
Eppure c’era quel modo in cui quella umana teneva la testa alta, per niente intimorita nonostante sapesse che cosa lui fosse, il modo in cui... lo guardava, con quell’aria così fiera.
Gli sembrava... di potersi specchiare, in quegli occhi scuri, troppo magnetici perfino per un essere vuoto come un Hollow.
Lo attraevano, con una forza incredibile.
   « Cosa vorresti fare, sentiamo? », domandò abbassando il tono di voce, divertito, quasi eccitato, come un predatore davanti alla sua preda preferita che gli offre una caccia coi fiocchi, avvicinandosi talmente tanto al suo viso che se qualcuno li avesse visti, avrebbe pensato a tutto tranne che a uno scambio di minacce.
Ma Tatsuki non indietreggiava, non l’avrebbe mai fatto.
   « Se te lo dicessi, ti rovinerei la sorpresa. Sappi solo che finisce con te con un mucchio di ossa rotte. », ribattè, senza lasciarsi intimorire.
Si rendeva conto di star giocando col fuoco?
Non era solo lui a provocare lei, era anche il contrario. Da quanto andava avanti, ormai? Dal primo momento che si erano visti, probabilmente, quando Ichigo li aveva presentati di sfuggita, suggerendo caldamente a Grimmjow di starle alla larga e non fare casini. Avvertimento che però non era servito a niente. Due caratteri troppo simili, troppo testardi, troppo orgogliosi, due morali troppo differenti. Ed era scoccata la scintilla, che aveva dato vita all’incendio, nello stesso istante in cui avevano incrociato per la prima volta lo sguardo.
   Trema, umana, di fronte al re.
Ma lei, quell’umana, quell’Arisawa Tatsuki, non aveva vacillato neanche per un istante. Lo aveva fissato dritto negli occhi, come pochi osavano fare, quasi lanciandogli una muta sfida.
E chi era lui per non accettare una sfida che si preannunciava così... eccitante?
   « Ah ah. Sei brava a far andare la lingua, femmina... », sorrise ancora, con un doppio senso non troppo velato, che Tatsuki si costrinse a ignorare.
   « Questi sono ancora più chiacchieroni. », e gli mostrò un pugno avvicinandolo al suo viso, facendolo sorridere ancora di più.
Poi...
   « Grimmjow. »
Si voltarono entrambi, quasi infastiditi da quell’interruzione. Era assurdo, come ogni volta che si trovavano a parlare, a provocarsi a vicenda, tagliassero fuori tutto il resto. Era assurdo... come arrivasse ad esistere solo lo sguardo dell’altro. Non si erano neanche accorti di quel ragazzo che gli si era avvicinato.
   « Cosa vuoi, Kurosaki? » sbuffò Grimmjow seccato, tirandosi su e allontanandosi da Tatsuki. Per un attimo aveva provato l’impulso di avvicinarsi ancora di più a lei, come per sottolineare il suo territorio, come per dire “questa è la mia preda, vattene, non vedi che sono impegnato?”, con un senso di possessività che aveva già dimostrato nei confronti di Ichigo stesso. Le cose però erano cambiate, adesso. Non riusciva più a considerare Kurosaki come una preda, come agli inizi. Gli costava ammetterlo... ma adesso, adesso era un suo pari. Per questo lo era stato a sentire. Se si fosse trattato di chiunque altro, se chiunque altro avesse osato interromperlo mentre si stava dedicando alla sua nuova preda, lo avrebbe letteralmente sbranato.
   « Dobbiamo andare. »
Non c’era bisogno che aggiungesse altro, la sua espressione parlava da sola. Tatsuki sentì un brivido correrle lungo la schiena, come ogni volta che vedeva Orihime, Ishida, Sado e Ichigo correre fuori dalla classe, campando per aria le scuse più assurde.
Un brivido di paura.
Sì, era così che si sentiva. Ogni volta, aveva paura che quella potesse essere l’ultima volta che li vedeva. Sapeva che non erano deboli, che erano in grado di combattere, eppure il non poter essere al loro fianco per aiutarli, il non poter constatare coi propri occhi che stessero bene, le faceva morire il respiro in gola, e sentiva come il cuore fermarsi fino a che non rivedeva la chioma arancione di Orihime, un po’ più spettinata di prima, entrare in classe e risedersi al suo fianco, oppure fino a che non riceveva una sua chiamata se la scuola era già finita.
Strinse i denti, provando rabbia verso se stessa e la sua stupida debolezza. Non si era sentita così inutile, mai, non da quando quella storia degli shinigami era iniziata. Era sempre stata al fianco di Ichigo, fin da quando avevano entrambi quattro anni. Lo aveva difeso, quanto gli altri compagni di classe lo avevano preso in giro per il colore dei suoi capelli, o detto qualche parola di troppo su sua madre, o quando, più in là negli anni, teppisti avevano incominciato ad attaccar briga con lui.
Aveva sempre protetto Orihime, fin troppo bella e diversa dalle altre ragazze, che, invidiose, cercavano di rovinare quella sua bellezza così innocente, oppure da qualche bastardo che aveva provato ad allungare le mani più del dovuto.
Adesso, invece, non poteva fare... niente per aiutarli. La sua presenza non era indispensabile per nessuno, anzi, sarebbe stata solo un impiccio. Quello che provava non era semplicemente risentimento per essere stata, come dire... “tagliata fuori”, ma vera e propria frustrazione per la sua impossibilità di fare qualsiasi cosa.
Poteva solo aspettare, e sperare che sarebbero tornati, ancora una volta.
   « Non scappare via. Torno subito. »
La sua voce, così roca e profonda, l’aveva riportata alla realtà. Sbattendo le palpebre per tornare lucida e liberare la mente da quei pensieri deprimenti, alzò per l’ennesima volta lo sguardo verso Grimmjow, incrociando quello di lui per una breve frazione di secondo, mentre se ne andava, seguendo Ichigo.
Perché le era sembrata come una promessa?
 
 
E infatti, erano tornati. Non era neanche finita la pausa pranzo che si era di nuovo trovata Orihime seduta al suo fianco, intenta a mangiare con gusto uno dei suoi soliti bentō assortito discutibilmente.
Le posò una mano sui capelli, sistemandole distrattamente una ciocca più in disordine delle altre.
   Aveva combattuto anche lei?

   « Grazie, Tatsuki-chan. », le sorrise, con quell’aria spensierata che di solito aveva il potere di calmarla. « Ne vuoi un po’? », le chiese poi, allungando verso di lei le bacchette che tenevano qualcosa di indistinto, sul giallognolo.
   « N-... No, non ho fame. », replicò, alzano le mani in segno di scusa.
   « Oh... beh, non importa. », e riprese a mangiare come niente fosse, canticchiando. Orihime dopotutto era abituata alle persone che non condividevano i suoi bizzarri gusti culinari.
Tatsuki la guardò mangiare per qualche minuto, appoggiando il viso contro una mano, persa nei suoi pensieri. Poi finalmente si alzò, non riuscendo più a sopportare la tensione che le si stava accumulando addosso. Aveva bisogno di camminare. Di starsene un po’ da sola.
   « Vado un attimo in bagno. »
   « Fuoi che fi accompfagni? », bofonchiò l’amica con la bocca piena, deglutendo in fretta e rischiando quasi di strozzarsi.
   « Tranquilla, non ce n’è bisogno. »
   « Sì, Arisawa non risente della solidarietà femminile che spinge le ragazze ad andare in bagno in gruppo! », s’intromise Asano, ancora risentito per la questione appunti.
   « Sei scortese, Asano-san. In fondo anche Arisawa è una ragazza ». Gli avrebbe fatto una statua, a Kojima Mizuiro e alla sua cavalleria. « Anche se non si direbbe... », aggiunse a bassa voce con un sorriso, convinto di non essere sentito. Ecco, adesso la statua gliel’avrebbe distrutta a calci.
Aspettò che Orihime avesse finito di tossire, dandole pacche sulla schiena, poi lasciò la classe.
Aveva davvero bisogno di starsene un po’ da sola. E di prendere un po’ d’aria, magari, pensò, fermandosi a prendere un succo di frutta al distributore automatico.
La pioggia non aveva smesso di cadere, anzi, si era fatta più forte. Per questo era convinta che non ci sarebbe stato nessuno sul tetto della scuola.
Come si sbagliava.
Arrivata in cima alle scale, provò ad aprire la porta, senza riuscirci. Era chiusa...? Riprovò ad aprirla, spingendo con tutte le sue forze. Sì mosse di qualche centimetro, ma non di più, come se ci fosse qualcosa davanti che la bloccava. Stava per dare un'altra spinta, quando la resistenza che faceva si annullò in un secondo, rischiando di farle perdere l’equilibrio.
   « Oh, ma si può sapere che cazzo vuo-...?! », sbottò quel qualcosa che fino a pochi secondi prima bloccava la porta. Era seduto per terra, rannicchiato contro la parete, sotto il tetto che riparava giusto l’ingresso del terrazzo colpito dalla pioggia incessante.
Sembrava un... un gatto che si rifugia come può dall’acqua. ... Che paragone stupido.
Grimmjow ammutolì sorpreso, vedendola. Poi, poggiando il braccio sul ginocchio della gamba piegata, inaspettatamente, distolse lo sguardo.
Non l’aveva mai fatto.
Si chiese se fosse successo qualcosa. Forse durante lo scontro di prima. Magari era rimasto ferito-... Che cretina, si stava veramente preoccupando per lui?, si rimproverò nella sua testa, scuotendola.
Tornò a guardarlo, fu quasi più forte di lei.
Eppure, nonostante la sua aria sicura e decisa, dovevano esserci cose... che turbavano anche lui, cose che lo spingevano a voler stare... solo.
Sì, lo guardava e le sembrava incredibilmente solo in quel momento. Come qualcosa di diverso, fuori posto, che non c’entrava niente col suo mondo. Forse anche lui si sentiva così. Non era umano, dopo tutto, eppure era costretto a comportarsi come tale. Chissà perché lo faceva, poi...
Aveva i capelli bagnati, notò. La pioggia glieli aveva fatti ricadere sul viso in modo disordinato, senza il gel a domarglieli come al solito. Grimmjow piegò la testa all’indietro appoggiandola al muro, e si passò una mano tra le ciocche ribelli, inarcando un sopracciglio, guardandola appena.
   « Hai intenzione di startene lì in piedi ancora per molto? Lo sai che se mi giro riesco a vederti sotto la gonna? »
Istintivamente, Tatsuki si portò le mani alla gonna, arrossendo e tirandola più che poteva. Gesto che lo fece sorridere, anche se lo sguardo di lei rimaneva di fuoco. La osservò tentennare per qualche secondo, indispettita, per poi sedersi al suo fianco, tenendo le gambe ben strette.
   « Cosa... cosa ci fai qui? »
   « Fatti miei, non ti impicciare. Tu, invece, che ci fai qui? »
   « ... Fatti miei. », replicò lei a sua volta, appoggiandosi al muro.
Rimase in silenzio, non sapendo bene cos’altro dire. Per qualche strano motivo, si sentiva nervosa. Sarà stata la preoccupazione per prima, che non era ancora del tutto scemata. Saranno anche stati i commenti stupidi dei suoi compagni di classe, che anche se non lo voleva ammettere, un po’ la ferivano.
Sarà stato soprattutto che una parte di lei avrebbe voluto stare da sola, perché in quel momento si sentiva vulnerabile. Eppure, guardandolo, anche se sulle sue labbra si era dipinto il solito sorriso beffardo, vedeva... la stessa cosa. Per questo anche lui si era rifugiato lì, da solo, piuttosto che andare a tormentare qualche povero primino come spesso lo beccava a fare. O forse stava solo interpretando le cose nel modo sbagliato. Forse stava solo... cercando somiglianze con sé stessa che non stavano ne in cielo né in terra.
... Forse semplicemente, non voleva così tanto rimanere da sola.

Fissò la pioggia cadere. La campanella che segnava la fine della pausa pranzo doveva essere già suonata. Non aveva voglia di tirare fuori il cellulare per controllare. Così si limitò a scartare la cannuccia del succo di frutta e a infilarla nel cartone, portandosela alle labbra. Se per una volta avesse fatto tardi, non sarebbe crollato il mondo.
Grimmjow la osservò bere per qualche secondo, poi, senza tanti complimenti, con uno scatto veloce che non riuscì neanche a bloccare, le fregò il contenitore.
   « Ehi! », esclamò Tatsuki colta alla sprovvista, fulminandolo con lo sguardo.
   « Aah, ci voleva. Avevo giusto sete. Però potevi prendere l’affare con il latte, eh. », sbuffò, tirando su dalla cannuccia e tornando ad appoggiare la testa alla parete, chiudendo gli occhi.
A fatica, decise di non ribattere. Non aveva voglia di litigare, e poi l’idea di quell’energumeno che si beveva del latte le faceva passare ogni voglia di discutere. Così si limitò a riprendersi il succo di frutta con malagrazia, senza neanche girare il verso della cannuccia. Non voleva che pensasse che le facesse schifo bere da dove l’aveva fatto lui, appoggiare le labbra dove l’aveva fatto lui. Ma perché diavolo non voleva che lo pensasse...? Distolse lo sguardo, cacciando quei pensieri.
   « ... Sai, ti ho visto, quella volta. Vi ho visti, tu ed Ichigo. », se ne uscì all’improvviso dopo un po’. Non che quel silenzio le dispiacesse, anzi. Era strano stare in silenzio con lui, senza che partissero frecciatine o frasi pungenti, o ancora, minacce più esplicite. Però il solo rumore della pioggia la intristiva ancora di più.
   « Quando? », chiese lui, sempre con gli occhi chiusi, aggrottando appena la fronte.
   « Quando stavate combattendo, qui a Karakura. Era notte. E... ora che ci penso, non hai neanche sfoderato la katana. »
Grimmjow rimase a pensare per qualche secondo, cercando di ricordare. Non si era minimamente accorto della presenza di nessun’altro. Era talmente... preso a pestare Kurosaki che nient’altro contava per lui. Distruggere, distruggere, distruggere.
Erano cambiate tante cose, da quel momento. Lui... si sentiva in qualche modo cambiato. Non aveva ancora capito perché, solo... i panni dell’Arrancar che rappresenta la distruzione, ormai, gli stavano stretti.
Voleva... qualcosa di più. Provare qualcosa di diverso, oltre al bisogno di combattere, alla sete di distruggere qualsiasi cosa. Si diede del coglione. Forse si stava solo immedesimando troppo nell’umano che era costretto ad interpretare.
   « ... Ma anche senza di quella, gli stavo facendo il culo. », rispose con noncuranza.
Tatsuki voltò la testa verso di lui, sconcertata. Anche lui piegò leggermente la testa di lato, aprendo un occhio per guardarla, e accennando a un sorriso, al quale lei si trovò a rispondere senza neanche rendersene conto.
   « ... Vero. »
Così anche lei sapeva sorridere. In un modo tutto suo, tendendo appena gli angoli della bocca, lasciando solo intravvedere i denti bianchi, tra cui teneva la cannuccia del succo di frutta. Aveva un aria divertita, un po’ perfida, con lo sguardo perso nel vuoto mentre pensava a chissà cosa, forse a quando era capitato a lei di pestare Kurosaki - ed era sicuro che le fosse capitato. Sembrava quasi una bambina.
Anche quell’espressione... le donava.
  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bleach / Vai alla pagina dell'autore: M e g a m i