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Autore: wari    18/04/2012    6 recensioni
Naruto lo guarda ancora, trattenendosi a stento dal cominciare a scuoterlo per le spalle. Assodato che non riceverà delucidazioni più ampie in merito alla presenza di un falcone in casa, si concentra su faccende che ritiene altrettanto impellenti.
«Che problemi hanno con Kumo?» chiede, e spia con la coda dell'occhio in corridoio, inquadrando uno stralcio di cucina; una tazza da tè si schianta sul pavimento e Karin lancia un grido isterico.
«Che vuoi che ne sappia?» replica Sasuke, disinteressato al trambusto. Accarezza distrattamente l'abominevole coso pennuto, distaccato. «Sono venuti, la porta era aperta e si sono stanziati» spiega in tono neutro, come parlasse di acari della polvere.

"L'ospite è sacro", diceva Mikoto una vita fa. Non si contraddicono le mamme, no?
[Cavolate! Cavolate a pioggia! *apre l'ombrello*]
Genere: Commedia, Demenziale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Juugo, Karin, Suigetsu | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Che dire... Qualcuno mi dia una botta in testa, grazie.




Cortesie per gli ospiti
(parte seconda)



Deve essergli finito un litro di sangue giù per la gola, che schifo.
Ora, Naruto si ritiene una persona di spirito o comunque qualcuno che abbia la capacità di ridere anche sulle cose peggiori della vita: ci campa a questa maniera, da sempre.
Solo che, al momento, con il naso sepolto sotto un sarcofago di gesso, seduto tra barelle di gente che sta peggio di lui, nel bianco e caotico pronto soccorso dell'ospedale di Konoha, non riesce a sorridere come vorrebbe. Un po' perché il naso gli fa effettivamente male, un po' perché intimorito dallo sguardo inquisitorio di Ino, che ha squadrato lui e Sasuke come fosse dotata di poteri oculari.
Per non parlare di tutte quelle occhiate gravemente perplesse che l'hanno seguito per l'intero tragitto fino all'ospedale; e non ha ancora capito se fossero per il suo naso rotto che colava sangue nel panno da cucina a fiori o per il fatto che fosse accompagnato da Sasuke Uchiha, i capelli grondanti liquido giallino schizzato persino sul ventaglio; quel ventaglio che lui insiste ad indossare e che continua ostinatamente ad occhieggiare il villaggio, appeso come monito sulla sua schiena dritta.
Effettivamente è quello che metà del pronto soccorso sta guardando; qualcuno sussurra anche, probabilmente impegnato a formulare congetture che vedono tutte protagonista il povero Uzumaki Naruto, vittima della crudeltà inaudita e delle sevizie contro natura che hanno luogo ogni giorno nel vecchio ghetto; ma fortunatamente c'è caos e sono tutti troppo impegnati nelle loro faccende per poter prestare troppa attenzione al pericoloso Uchiha, ritto in piedi con espressione truce al fianco dell'eroe di Konoha col naso rotto.
Sasuke osserva Ino maneggiare con sollecitudine un po' casereccia il naso del compagno; stringe tra le mani il panno da cucina macchiato e sbuffa: non emette suono, ma Naruto sa che sta sbuffando, mentalmente, con ogni cellula del suo essere. Per il naso, per essere dovuto uscire di casa – Sasuke odia uscire di casa – e per aver dovuto lasciare soli dei potenziali disastri umani quali effettivamente sono Suigetsu, Karin e Juugo. Per non parlare della pastella che gli si è solidificata in testa, in faccia e sulla nuca. Il tutto esponenzialmente amplificato dall'emicrania oftalmica che gli verrà per aver usato lo sharingan e aver guardato tanta gente in maniera così truce.
«Ecco fatto» conclude Ino, contemplando il naso di Naruto con una certa soddisfazione. «Dato che sei tu, vedrai che tra meno di tre giorni sarà tornato perfettamente a posto».
Naruto non può fare a meno di tranquillizzarsi visibilmente: gli pareva che l'osso fosse rientrato nel cervello, tanto era stato forte il calcio. Al suo fianco anche Sasuke pare meno rigido e, non appena la dottoressa si è sfilata i guanti di gomma con un suono umidiccio e li ha gettati nel cestino con un perfetto lancio parabolico, lui accenna un passo per precedere Naruto fuori da quel posto, palesando in tal modo tutta la fretta trattenuta fino a quel momento; probabilmente era già da svariati minuti sull'orlo di una crisi nervosa, col mal di testa pulsante dietro le orbite ed una voglia cieca ed irrazionale di infierire sui degenti dell'ospedale in maniera randomica.
Naruto fa quasi per richiamarlo, ma poi tace e si gratta la nuca, lasciando che Sasuke esca senza degnare nessuno di uno sguardo e si fermi ad aspettarlo fuori dall'edificio. Ne segue la schiena con espressione corrucciata finché non si ritrova davanti la faccia di Ino, che lo osserva con maliziosa curiosità.
«E allora? Che è successo, si può sapere?» chiede, ma in verità non le importa se si può o no: lei lo vuole sapere e basta.
«Ma niente, Ino chan, te l'ho già detto. Mi stavo allenando».
Lei assume un'espressione scettica
«Tu e un pugno? Perché questo è un pugno. O come minimo una pedata. O un qualche oggetto contundente tirato di slancio, comunque».
Naruto borbotta, vago.
«È una pedata, sì. Ci stavamo allenando, hai presente» spiega, strizzando gli occhi quando la dottoressa gli assesta un colpetto sulla medicazione. «Ahi, Ino!»
Lei sbuffa e infila guanti puliti, senza distogliere lo sguardo.
«Tu e Sasuke kun?»
«Io e Sasuke ku- … io e Sasuke, sì. Chi altri?»
Ino si guarda attorno, con quell'aria da cospiratrice che Naruto le ha visto assumere insieme a Sakura quando le due stanno per scambiarsi un pettegolezzo succoso. Non è una buona cosa, registra il cervello del jinchuuriki, non è una buona cosa per niente.
«Sai, girano strane voci, ultimamente» comincia la kunoichi, la gomma che le aderisce ai polpastrelli con un suono simile ad un risucchio. «Intendo, strane voci sul tuo conto».
Naruto smette di incrociare gli occhi per cercare di guardare quella macchia bianca e sfocata che è adesso il suo naso e porta le pupille su di lei.
«Ah, sì?» emette, vacuo. «Non può essere peggio che “ehi, quello ha un demone in corpo”, credo» ridacchia, leggero. Si cala giù dal lettino e recupera la sua povera felpa arancione schizzata di sangue. «Beh, io andrei...»
«Ma come, non ti interessa?» lo ferma Ino, le mani sui fianchi. Se fosse stata Sakura, l'avrebbe bloccato assestandogli un diretto nello stomaco, quindi Naruto non si scompone più di tanto quando lei gli afferra la manica della felpa e se lo tira vicino, a portata d'orecchio. «Si dice che tu sia prigioniero in casa Uchiha. Parlano di rapimento e sevizie!» spiega, deliziata. Beh, almeno lei si diverte.
«Che cavolo di pettegolezzo sarebbe?» raglia Naruto, perplesso.
Ino si stringe nelle spalle, con una certa teatralità.
«Beh, sai. È risaputo che tu abbia un'ossessione per Sasuke kun» spiega, tranquillamente. «Molti pensano che tu sia sotto il suo controllo. E che lui ti maltratti, anche».
Naruto strabuzza gli occhi, a metà tra lo sconcerto e l'ilarità.
«Sotto il suo... cosa? Non sono sua moglie, eh!» si sente in dovere di rettificare un po' ad alta voce, nel caso da quelle parti ci sia qualcuno di quelli che si è fatto un film luce su ipotetiche violenze messe in atto da ex nukenin psicopatici.
Ino sbuffa, trafficando con dei tamponi.
«Ti presenti qui con un naso rotto e Sasuke kun con... era pastella, quella?» ridacchia, in sollucchero. Da quando Sas'kekun è un po' sceso dal piedistallo, rispetto ai dodici anni suoi e di Sakura, Ino ha cominciato a comportarsi con lui in maniera diversa e quasi inquietante, in un certo senso. Non lo teme e lo considera esattamente per quello che è: un vecchio compagno d'accademia – sempre esteticamente piacevole, questo lo ammette senza ombra di dubbio – che tra le altre cose ha causato un po' troppi guai alla sua migliore amica e al mondo perché gli sia consentito rimanere nelle sue grazie. In pratica, a ben vedere, semplicemente non lo sopporta; sempre cordialmente e in maniera molto più umana del resto del villaggio, ma non lo sopporta. «Capirai che metà della gente che vi ha visto sospetta come minimo la lite domestica» conclude, osservandolo mentre Naruto riesce finalmente a rimettersi la felpa.
Il jinchuuriki tenta di ridacchiare, ma intravede un guizzo di chioma rosa in lontananza e il riso gli muore sulle labbra.
«Oh, sì. Sakura inizia il turno adesso» conferma subito Ino, seguendo attenta i suoi occhi.
Ecco, spiegare approfonditamente a Sakura il perché si sia rotto il setto nasale non è una buona idea, specialmente se contempla l'ammettere la presenza di Karin nell'orbita di Sasuke.
«Fronte Spaziooosa! Guarda chi c'è!» sta cinguettando intanto Ino, curandosi persino di sventolare una mano ed indicare la testa bionda di Naruto, che spicca nel bianco asettico dell'ospedale.
Sakura non fa in tempo a voltarsi che lui è già trasalito e schizzato via, sparato direttamente in corridoio nella speranza di centrare la porta al primo colpo.
Ce la fa: dribbla una vecchina col girello, chiede scusa dodici volte al tipo cui ha calpestato il piede mentre dribblava la vecchina e si fionda fuori dall'edificio, il naso che pulsa ancora un po' sotto la medicazione, anche se è convinto che le ossa si stiano già rimettendo a posto, a giudicare dal formicolio.
Si guarda attorno brevemente, attirando l'attenzione di qualche infermiere impegnato a fumare poco distante dall'ingresso, e individua quasi subito Sasuke che se ne sta in disparte a reggere la parete: le braccia conserte, la faccia diligentemente nascosta sotto la frangia sporca e tutta l'aria d'avere un mal di testa d'importanza capitale.
«Oi» fa Naruto per richiamarne l'attenzione; balzella col suo naso rotto fino a portarglisi davanti e incrocia le braccia dietro la testa. «Naso a posto. Ma sarebbe meglio se quella tipa la piantasse di essere così violenta».
Sasuke solleva lo sguardo e stringe le labbra, a metà tra il seccato e l'acquiescente. Si stacca dalla parete con uno sbuffo soffocato e affonda le mani nelle tasche.
«Insomma... hai idea di quando se ne andranno?» domanda il jinchuuriki, aspettando che il compagno gli si affianchi.
Lui lo fulmina con un'occhiataccia.
«L'hai già chiesto» brontola, prima di precedere la sua replica. «E no, non lo so».
«Almeno hai provato a domandarglielo?» prosegue l'altro, allungando il passo quando nota che Sasuke lo sta superando, quasi fosse infastidito e volesse chiudere lì la conversazione.
Naruto è indeciso se assestargli una pedata o meno, ma tutto sommato reputa d'aver collezionato sufficienti ammaccature per la serata. Tituba e si gratta la nuca, affaticato; sotto la cupola limpida di cielo già tendente al blu cupo, il suo stomaco emette un sonoro brontolio.
«Senti un po'...» ricomincia, passandoci distrattamente una mano su, come per placarlo. «Ma ci tieni davvero così tanto a tenerteli lì?» azzarda.
Sasuke ha della pastella in testa ed è nervoso.
Normalmente con un Sasuke così, con la faccia incazzosa ed in una condizione d'evidente disagio, ci sono solo due modi per rapportarsi; ma in mezzo alla strada né pestarsi a sangue né far sesso sembrano al momento alternative contemplabili: bisogna necessariamente affidarsi ad una terza opzione. E poi, per la miseria, è lui quello col naso rotto.
«Insomma, sono fastidiosi e rumorosi. Tu detesti le persone fastidiose e rumorose, 'tebayo» puntualizza, gonfiando le guance e sbirciando per scrutare la reazione dell'altro, che si è fermato a braccia incrociate.
Sasuke lo esamina da sotto in su per un lungo secondo, infine inclina la testa e si ferma sui suoi occhi, stanco.
«Infatti» conclude con mugugnante sarcasmo ed una sorta di sbuffante rassegnazione, come avesse appena reso noto qualcosa di assolutamente palese e in qualche modo umiliante. «Non li manderò via» aggiunge come chiarimento ad uso e consumo del compagno, prima di riprendere a camminare.
Naruto resta immobile per un momento, la bocca ancora aperta, poi gli si lancia dietro e lo raggiunge con tre falcate nette che risuonano sul selciato.
«Ma sono rumorosi! E fastidiosi! E cucinano dorayaki in cucina. Hai presente? Dorayaki... sono dolci. Tu odi i dolci!» continua, cercando invano un senso. «E portano falchi pellegrini... a proposito, che diavolo sarebbe quel-»
«Juugo» spiega Sasuke, credendosi esaustivo. Sbuffa, quando Naruto fa per chiedere ancora ed è costretto ad ulteriori delucidazioni. «È un souvenir da Iwa, o qualcosa del genere. Gli ho già detto che se lo può tenere e tante grazie» lo rassicura subito dopo, forse notando l'espressione orripilata dell'altro.
«Va bene, okay, lasciamo stare...» bofonchia Naruto, rapido.
Lancia un'occhiata all'ingresso fatiscente del quartiere che si intravede già da lì, esattamente come il silenzio delle cento case rotte ammassate in quel che resta del recinto. Si distrae per un attimo a guardare il drappo con lo stemma del ventaglio che ondeggia all'ingresso e penzola giù, logoro e appesantito dal tempo.
«Sono ospiti. Non si cacciano gli ospiti» riprende Sasuke quando ormai sono le case di Konoha ad essere divenute distanti, i profili ombrosi nella sera appena scesa.
Naruto quasi inciampa; si tasta un po' il naso, infastidito.
«Non ti seguo» ammette con infantile semplicità.
Sasuke rotea distintamente gli occhi, appena prima di strizzarli, pentito e dolorante.
«Ospiti, usuratonkachi. Ci sono delle regole».
«Ah».
Ci sono delle regole. Quindi un manuale? È qualcosa che si studia all'Accademia? No, perché se non è qualcosa che si studia all'Accademia – o anche se lo è: non è che sia mai stato propriamente attento in classe – Naruto sa per certo di non poterla sapere, perché nessuno gliel'ha mai spiegata. Certo che almeno Iruka sensei, Kakashi sensei o l'ero sennin avrebbero potuto: perché se è una roba inerente al senso comune e la sa persino Sasuke – insomma, Sasuke! - non è bene che lui non ne sia al corrente.
«Non delle regole scritte, idiota» mugugna l'ex nukenin, perspicace. «Sono... regole. Ci sono e basta».
«Ma che razza di regole sarebbero?» protesta Naruto, stralunato. Pare tanto una sparata atta a prenderlo per i fondelli, o un dialogo tra due marmocchi di sei anni che stiano speculando sul mistero insito nella misura del letto matrimoniale di mamma e papà.
Ed effettivamente Sasuke sembra nient'altro che un bambino di sei anni quando, mentre già cerca le chiavi di casa in tasca, si limita a proferire con un certo nervosismo venato però da una sicurezza ancestrale: «lo diceva mia madre. Un motivo ci deve essere».
Naruto si acquieta, chiude la bocca e continua a camminargli d'appresso per un po', pensoso.
Sia lui che Sasuke sono ormai adulti e vaccinati, ma una madre resta comunque una fonte autorevole cui attenersi; e può sembrare stupido, o anche malato in un certo senso, ma Naruto sa che Sasuke ha un modo tutto suo di onorare certe piccole cose che alle volte lui neanche capisce, o che gli sembrano irrilevanti finché non afferra quanto effettivamente siano necessarie all'altro: necessarie come mangiare e dormire, come respirare. E anche se l'ostinazione di Sasuke nel conservare gli arnesi per la rasatura di Fugaku senza neppure usarli può apparire decisamente fuori di testa, così come tenere i libri ed i rotoli perfettamente spolverati ma disordinati - secondo un criterio di disposizione frutto del lavoro solerte ma un poco distratto d'una madre -, Naruto capisce e accetta senza colpo ferire di condividere un letto troppo piccolo nella vecchia camera di Sasuke, rinunciando a stanziarsi sull'enorme matrimoniale che sta nella stanza in fondo al corridoio del secondo piano, oltre la porta chiusa.
Ci sono delle ragioni: alcune chiare altre meno, ma ci sono. E finché servirà a far sentire Sasuke un po' meno perso, lui ha deciso che si adeguerà, dovesse pure trovarsi costretto a subire Hozuki Suigetsu.
«E insomma... in che consisterebbero queste regole?» domanda infine il jinchuuriki, tastandosi distrattamente il naso ancora indolenzito, mentre Sasuke cerca di capire da che lato vadano infilate le chiavi: fosse per lui neanche se le porterebbe solo per il fastidio che prova nel doversi ingegnare ad inserirle nella vecchia serratura arrugginita.
«L'ospite è sacro» bofonchia l'ex nukenin, con una certa dubbiosa solennità, come citando un assioma ineludibile di cui però non abbia afferrato del tutto il senso.
Naruto si gratta la testa, perplesso, poi si vede costretto a scrollare le spalle.
Spera vivamente che le regole comprendano la possibilità di defenestrare il sacro ospite, nel caso questi si faccia troppo ingombrante; parrebbe una clausola ragionevole.
Se fosse Shikamaru, si abbandonerebbe ad uno sbuffante, liberatorio “che seccatura!”; non solo ha dovuto sopportare naso rotto e falco pellegrino: se quelli – quei tre, il falco non è un quarto, il falco è un coso inquietante che sta lì - decidono di rimanere, rischia di veder bruciati tutti i suoi poveri, già normalmente esigui giorni liberi.
«Stupide regole» bofonchia, fingendo di non vedere Sasuke che sbaglia ad infilare la chiave nella toppa e impreca ad Hashirama Senju.
Lo osserva obliquo adoperarsi con una certa stizza a tastare la serratura con le dita, svelto e seccato.
«Sasuke».
Lui non risponde: ha appena scoperto di star usando le chiavi sbagliate, quelle del quadro elettrico generale che si porta sempre dietro nel caso al quartiere venga la bella idea di precipitare nel buio, abitudine che ha preso da quando lo shinra tensei di Pain ha devastato metà dei tralicci.
«Sasuke» ripete Naruto, e glielo soffia nell'orecchio.
«Che vuoi» ringhia l'altro, senza neanche girarsi. Una mano di Naruto scivola a sfilargli le chiavi dalle dita, rapida e precisa. Sasuke segue il luccichio del metallo nel buio bluastro, lo sguardo già carico di biasimo, finché le chiavi non si fermano a tintinnare davanti al sorriso scemo di un cretino con la testa bionda ed il naso rotto, la medicazione bianca come una macchia chiara in mezzo alla faccia.
Dato che quello continua a sghignazzare beatamente, il pugno di Sasuke parte quasi in autonoma, seguito da tutto il corpo.
Naruto schiva, zompettando all'indietro; le chiavi tintinnano con lui
«Te le ridò solo se ho qualcosa in cambio!»
Quando Sasuke fa per insinuare la morte del suo presunto ultimo neurone, Naruto ha già afferrato il suo polso - che voleva essere un altro cazzotto alla sua testa quadra – e lo sta trascinando dietro la casa, sull'erba oltre il muro crepato che delimita il cortile.
«Nelle tue regole succede qualcosa se si lasciano gli ospiti a casa da soli troppo a lungo?» domanda, già appiccicato addosso all'altro; le chiavi impattano contro un sasso assieme alla tasca e a tutta la felpa, lasciata cadere in compagnia di altri capi di vestiario generici, non solo suoi.
«Sicuramente» ribatte Sasuke aspro, la testa incastrata nella maglietta. Non appena riesce a liberarsi, avvicina il naso all'orecchio di Naruto, strattonandogli piano una ciocca. «Ma, visto che il danno è fatto, suppongo che un po' in più non possa fare differenza» borbotta regalmente sostenuto, reprimendo invano un brivido quando la schiena tocca l'erba umida.
In risposta, Naruto gli sghignazza tra i capelli.


L'erba punge dappertutto, odora di bagnato e terra smossa, s'infila in ogni anfratto proprio come fanno i capelli di Sasuke, sporchi di pastella dolciastra, e la pelle morbida e accaldata premuta contro la sua.
Il sesso è una gran cosa: Naruto lo ha inserito tra le attività più piacevoli che conosca, assieme al mangiar ramen e poco altro.
La prima volta che l'hanno fatto, lui e Sasuke, è stato oh, imbarazzante. E anche un disastro completo, roba che avrebbe fatto comodo un manuale d'istruzioni, ma visto che - a parte le isterie iniziali - non hanno smesso più, non deve esser stato proprio da buttar via. Magari la prima volta è così per tutti, chissà.
Adesso invece funziona alla grande, si fa spesso e quando non c'è manca.
C'è solo una cosa peggiore dell'astinenza: essere interrotti.
Interrotti proprio nel bel mezzo, da uno scossone seguito da cacofonia di cocci a pioggia che dura quasi cinque secondi interi.
Naruto si perde le prime fasi perché il dolore al naso lo coglie del tutto impreparato: è un dolore vuoto e stordente che gli penetra nell'osso e sale su fino agli occhi; il jinchuuriki strizza le palpebre e annaspa, prima di mugolare e rotolare su un lato, atterrando sull'erba con disagio e la sonora sensazione di stare per svenire.
Nella casa con le luci accese qualcuno sta starnazzando con foga e non è certo che sia proprio il falco pellegrino: somiglia più che altro alla voce di Karin, a dir la verità. Naruto emette un lamento stentato e accanto a lui Sasuke stringe i denti, una mano sulla fronte; lancia un paio di imprecazioni e poi si volta ansimando, per inquadrare lui nel buio bluastro.
Soffia via le ciocche dalle labbra, con espressione sofferente.
«Idiota?»
C'è bisogno che Naruto deglutisca un paio di volte, prima di riuscire a rispondere e, quando lo fa, la sua voce è spezzata e dolorante.
«Mi hai dato una craniata» fa presente, lacrimando e tirando su col naso martoriato. Nella casa allo sbraitare di Karin si aggiunge la voce querula di Suigetsu.
«Sei tu che mi hai dato una nasata» ribatte Sasuke, altrettanto stravolto ma esteticamente più composto, nonostante la fronte arrossata nel punto in cui ha sbattuto contro il setto nasale del compagno. Si puntella sul gomito in un gemito, per guardarsi attorno con sospetto.
Prima che Naruto possa fare alcunché – ad esempio prendersela perché Sasuke riesce sempre a rigirarsi le frittate e dare la colpa agli altri – un'ombra grassa, rapida come un proiettile, schizza nella loro direzione.
Sasuke quasi non ne distingue i contorni, ma scatta comunque per cercare di intercettarlo, mentre il jinchuuriki caccia un «oh!» sconcertato e si mette seduto, sballottando dolorosamente il povero naso.
Arraffato praticamente ad un pelo da terra sotto gli occhi sgranati dei due ninja, il proiettile emette un miagolio di terrore.
«Naruto?» fa Sasuke, retorico. Tiene il gatto per la collottola e se lo fa dondolare a mezzo metro dalla faccia, interdetto.
Naruto sbaglia per l'ennesima volta da quando il gatto è stato battezzato a quel modo indegno e quasi fa «sì?», sentendosi chiamato in causa. Recupera all'ultimo e si mette anche lui a guardare Naruto Due con espressione stralunata.
«Che accidenti...?» inizia.
Ma non finisce, perché l'istante successivo il brusio che veniva dalla casa si alza, gli shouji scorrono al suono di soffi rumorosi e ombre caotiche si riversano in giardino, ciarlando a voce alta.
«Prima gli distruggi la cucina, poi gli ammazzi il gatto! Lo so io cosa succederà!»
«Non gli ho ammazzato niente, racchia. Sarà qui da qualche parte...»
«Sì, morto d'infarto!»
Naruto praticamente sente Sasuke irrigidirsi accanto a lui, quasi tutte le sue ossa si assestassero in uno scricchiolio congiunto per fargli assumere la sua postura più rigida, quella da furia cieca; l'eroe di Konoha, in virtù del suo amore per tutte le creature, decide saggiamente di sottrargli il gatto da sotto le mani prima che il pericoloso ex nukenin sanguinario lo ammazzi usandolo come antistress.
Sentire Suigetsu che chiama «qui, micio micio» farebbe saltare i nervi a chiunque – e infatti Karin si è già concessa uno sbuffo esasperato che ha spaventato uno stormo di pipistrelli, quelli annidati nella casa attigua – e Sasuke non è famoso per il suo autocontrollo: si alza di slancio seguendo l'impeto del momento e si erge fiero oltre i cespugli, con tutta l'aria di voler restaurare l'ordine a furia di occhiate omicide.
È buio, si vedono solo ombre e riflessi brevi dovuti alla luce che filtra dallo shouji aperto. Juugo sta proprio lì davanti, a sporgersi cauto sull'engawa e guardare tutti da lontano; le figure di Karin e Suigetsu, invece, sono sagome nette in controluce. I loro occhi sono disabituati all'oscurità e quando Sasuke ringhia i due si voltano confusi per vedere se ci sia un cane randagio, piuttosto che guardare nella sua direzione. È per questo che Naruto fa in tempo a sgranare gli occhi, farsi graffiare dal gatto e registrare come dovrebbe apparire dall'esterno lo spettacolo di un Sasuke dimentico della sua nudità integrale, coi pugni stretti e il cipiglio rabbioso di uno armato di katana per un duello all'ultimo sangue. E invece ha la pastella in testa, il pisello al vento e l'erba meglio non chiedersi dove.
C'è un sussulto di Juugo, lontano, che emette un verso interrogativo indicando proprio il punto dove un momento prima c'era la testa di Sasuke; l'attimo dopo è sparito tutto e lui aggrotta le sopracciglia, meritandosi una lamentela di Karin, che l'accusa di avere le allucinazioni.


Ecco, si è pure preso una gomitata nello stomaco, bel ringraziamento.
«Eri nudo come un verme e spuntavi come un fungo dal cespuglio, testa di cazzo, che avrei dovuto fare?» mugugna Naruto animoso, quando Sasuke gli rifila l'ennesima occhiataccia, nell'ombra polverosa della vecchia casa.
Sono in un soggiorno, o almeno così sembra. È ampio e coperto da tatami, come ognuno dei pavimenti delle vecchie case del quartiere, ma le analogie con l'abitazione di Sasuke stanno tutte nella struttura, per il resto gli interni sembrano due quadri con lo stesso soggetto dipinto da artisti diversi. E uno dei due doveva essere un amante delle storie dell'orrore.
Il jinchuuriki alza gli occhi al soffitto, e subito dopo si ritrae perché ha intercettato un'altra ragnatela pendere a grumi dalle travi e il proprietario di quell'opera architettonica zampettare enorme e silenzioso proprio nella sua direzione.
Saltella per infilarsi i calzoni e poi impreca contro la cerniera.
«Abbassa la voce, idiota» gli sibila Sasuke, rimettendosi i sandali; fuori Suigetsu e Karin stanno ancora discutendo.
«Merda, dov'è il destro?» borbotta compreso Naruto, zompettando su un piede solo.
«Ehi, ma questa è una scarpa?» fa la voce divertita di Suigetsu oltre le mura sottili, a pochi metri di distanza.
Sasuke si trattiene fortemente dal darsi una manata in fronte e opta per rifilare a Naruto un altro ammonimento silenzioso.
Lui si offende – è merito suo se sono riusciti a squagliarsela così in fretta – e mette il broncio; poi recupera il gatto, che è stato trascinato nella fuga assieme al mucchio scomposto di panni recuperati in un unico carico disordinato.
«Usciamo da davanti» delibera Sasuke, precedendolo a passo marziale lungo i corridoi di quella casa macilenta che fa seriamente accapponare la pelle: e pensare che praticamente ci dormono vicino da anni. Pensare che Sasuke ci ha dormito vicino quando forse c'erano meno ragnatele ma il sangue era più fresco. Meno male che l'ultimo degli Uchiha ha ancora la pastella in testa, tra i fili d'erba verde, e a guardarlo fa comunque ridere, anche se il tatami scricchiola in lamenti.
Naruto ignora con ostinazione degli squarci obliqui sulla porta - sembrano proprio segni di shuriken - e la oltrepassa, camminando sul suo sandalo scompagnato e col gatto sottobraccio.
Fanno un giro largo come due ladri e il jinchuuriki è quasi certo che venti metri in più siano dovuti al fatto che col buio Sasuke non sa bene dove stia andando, invece che ad una qualche brillante tattica di depistaggio; anche perché l'ex nukenin sembra abbastanza ansioso di scoprire cosa significhi di preciso quel «prima gli distruggi la cucina» urlato da Karin, piuttosto che essere anche solo lontanamente turbato dal dover spiegare perché somigli tanto ad una massa di compost ambulante.
Quando arrivano davanti alla porta giusta, a giudicare dal vocio, pare che Karin e Suigetsu si siano spostati di nuovo dentro. Ovviamente senza dimenticare di star litigando.
«Le chiavi?» fa Naruto, dopo un intero minuto di ricerca. Sasuke gli rivolge un'occhiata tagliente e incrocia le braccia.
«Le avevi prese tu» abbaia secco, le mani ancora nelle tasche.
Naruto cerca a sua volta, ma svuotarsi le tasche fa solo cadere in terra un buono pasto di Ichiraku.
«Mi sa che è pure scaduto...» bofonchia, esaminandolo con perizia inutile, dato che col buio non serve neanche chiamarsi Sasuke per non vederci un tubo. «Beh, bussa» risolve infine, distogliendo lo sguardo dal pezzetto di carta e portandolo sul compagno.
C'è una pausa densa di biasimo che dura un secondo abbondante e che significa non ho alcuna intenzione di bussare per entrare a casa mia, poi la porta si apre da sola.
«Bentornato» esordisce Juugo, sintetico, e sembra persino più alto, stretto nel vano dell'ingresso con la sua tenda e il falco appollaiato nervoso sulla spalla
Dietro di lui, Suigetsu viene sgomitato via da Karin, che si sporge per urlare «è stata tutta colpa di questo coso!», in via preventiva.
E Naruto li vede, i segnali: i denti di Sasuke digrignarsi sotto le labbra serrate, lo spasmo lieve del pugno e l'ombra di cupo nulla distruttore che gli attraversa lo sguardo.
Juugo scatta di lato quasi d'istinto, per consentirgli di entrare.
Sasuke avanza senza fretta: toglie le scarpe e le allinea prima di poggiare i piedi sporchi sul tatami con un crepitio lieve, e nessuno, neanche Suigetsu, si azzarda a fargli notare che del compost non ha solo l'aspetto, ma anche l'odore.
Naruto lo segue schiarendosi la voce perché il silenzio lo turba; si stringe Naruto Due sotto il braccio e, superato Juugo, sgattaiola al seguito di Sasuke, trascurando deliberatamente il fatto che Suigetsu tenga il gemello del suo sandalo in mano.
Sasuke ha ignorato tutti e si è diretto senza esitazione in cucina, salvo poi bloccarsi in maniera assai preoccupante sulla soglia.
Suigetsu e Karin restano zitti e immobili in corridoio, lui a guardare per aria con espressione innocente, la scarpa di Naruto in mano, e Karin con le labbra tese e le sopracciglia aggrottate dietro gli occhiali, in cerca di qualcosa da dire che però le consenta di conservare la testa attaccata al collo.
Juugo si avvicina in silenzio a pochi passi da Naruto, come contasse di farne un efficace scudo umano. Il falcone schiocca il becco e Sasuke emette uno sbuffo breve dal naso: Naruto lo prende come un tentativo di calmarsi andato per nulla a buon fine ed è quindi con assoluto sprezzo del pericolo che non demorde e si avventura fino a raggiungere le spalle del compagno, per affacciarsi in cucina.
C'è il tavolo, questo sì.
Il tavolo sta lì, nel mezzo, e le mura sono in piedi, e ci sono anche tutti i mobili. Però c'è una credenza – la credenza – divelta da un'unica, poderosa accettata. Se ne sta rovesciata nel mezzo della stanza, sopra il pavimento coperto di cocci; cocci ridotti a scagliette sottili e grossi tranci di ciotole e piatti una volta ordinatamente, maniacalmente impilati in perfetto ordine nei loro ripiani, ora stesi a formare un tappeto di schegge da cui emerge il tavolo basso.
Ci sono anche dei barattoli di pelata esplosi a chiazze e i biscotti di Naruto sparsi in giro, ma non è quello il problema. Il problema è il servizio di stoviglie di Uchiha Mikoto ridotto a brandelli sul pavimento della cucina di Uchiha Mikoto: ci sono gli estremi per uno sterminio di massa.
Naruto non sa che dire. Aiuterebbe volentieri nello sterminio di massa, in tutta sincerità, ma se non lo ferma lui quello psicopatico di Sasuke, finisce con tre cadaveri che spurgano sangue sul pavimento della cucina di Uchiha Mikoto, e Uchiha Mikoto sarebbe altrettanto contraria, senza dubbio.
«Sasuke...» inizia, con estremo tatto.
Il suo tentativo sblocca anche Karin, che si schiarisce la voce e cerca d'articolare un pensiero che inizia per «questo qui...»
Non termina.
Perché Sasuke si volta con lentezza esasperante e resta così, la luce formicolante della cucina che dona qualcosa di inquietante alla sua figura in ombra.
«Spiegami» ordina, in un tono tutto fuorché conciliante.
Le guance di Karin si colorano di una sfumatura tra il rosso e il verdastro, gli occhi nascosti dal riflesso delle lenti, ma con coraggio la kunoichi deglutisce e si schiarisce rapidamente la gola.
«Lui... lui» comincia, voltandosi agguerrita verso Suigetsu. «È colpa di quello stupido falco» risolve infine, avvampando.
«Volevamo preparare la cena» aggiunge Juugo, illogico.
«E il falco svolazzava» postilla Suigetsu, mimando un nevrotico battere d'ali con il sandalo di Naruto in mano.
Sasuke non si muove, in attesa; non è chiaro se stia ascoltando o meno, così i tre si scambiano sguardi allarmati.
Karin prende nuovamente il ruolo di portavoce e con sprezzo del pericolo azzarda un passo in avanti.
«Suigetsu è stupido» premette, subito secca. Ignora l'occhiataccia del compagno e continua «Juugo si stava innervosendo per via del falco, e lui ha utilizzato il metodo più idiota tra quelli disponibili per risolvere il problema in fretta» conclude, palesando col tono e l'occhiataccia rivolta a Suigetsu quanto lei stessa biasimi la sua abitudine di menar di spada senza valide ragioni e sia quindi completamente dalla parte di Sasuke.
Peccato che Sasuke non sembri pensarla allo stesso modo: Naruto registra con ansia lo sbiancare delle nocche del compagno, il tendersi del ventaglio sulle sue spalle rigide e lo spasmo delle labbra tese. E se ne accorge anche Karin, perché deglutisce pianissimo e non riesce più ad emettere sillaba.
C'è un momento d'attesa in cui sembra che tutti stiano trattenendo il fiato per un'esplosione imminente. L'aria si ferma, Sasuke stringe gli occhi e inspira brevemente, dilatando un poco le narici.
Ci si aspetta una sfuriata, una risata isterica da pazzo, un genjutsu generale che li ucciderà tutti, e invece, prima che chiunque riesca ad emettere un solo accenno di fiato, Sasuke produce solo un lieve sospiro basso.
È una sorta di miracolo, come se una luce si fosse riversata in corridoio, spandendo refoli di sollievo tiepido tra i presenti. Naruto quasi è tentato di mandarlo a quel paese, Sasuke: gli ha fatto credere di dover liberare la volpe per sventare la strage e invece niente; un bel sollievo.
Ma anche no. Karin fa appena in tempo a schiarirsi la voce, Suigetsu a rilassare le spalle e Juugo a decidere che incassarsi nel muro e svanire non è più necessario, che il falco decide di alzarsi in un balzello impacciato: svolazza con un fruscio di piume sotto lo sguardo perplesso di Juugo e si sposta senza fretta, come avesse deciso da tempo che quello era il momento giusto. Non emette alcun verso, né schiocca il becco; solo, si libra per un attimo nell'aria, mentre si dà la spinta, e poi va a posarsi con delicatezza quasi surreale proprio sulla testa di Sasuke.
Lì, davanti alle espressioni perplesse di quattro persone e quella quasi allucinata dell'ex nukenin, lascia un suo indelebile ricordo che va a sommarsi ad erba e pastella.
È in quel momento che scatta il Chidori.


Il manuale, le regole o quel che era, sono andati a farsi allegramente friggere nell'arco di due secondi.
Uno speso per crearsi terra bruciata attorno con un Chidori: il chakra è schizzato come schizza una manata o un pugno, neanche fosse normale reagire a colpi di saette, e ha fatto strepitare il falco fino a fargli dare una capocciata al soffitto. Gli astanti, Naruto compreso, sono balzati tutti due metri più in là, spalmati contro il muro per evitare di essere raggiunti dalle scariche. L'altro secondo è servito a Sasuke per cominciare a sillabare un categorico «fuori».
Il resto è stato un precipitare di eventi che ha visto l'ex nukenin, luminoso di chakra e con lo sguardo così cattivo che Juugo ha persino rinunciato a dare segni di squilibrio - come avesse giudicato l'evidente squilibrio mentale di Sasuke semplicemente troppo: nulla con cui potesse sperare di competere – intimare a tutti di uscire da casa sua in un tempo compreso tra subito e adesso, senza dare ad alcuno la possibilità di replicare qualsiasi cosa, o anche solo di ricominciare a respirare.
Né Naruto né Naruto Due si sono sentiti inclusi nell'invito, anche perché con Sasuke e il suo chakra friggi mosche davanti alla porta della cucina non c'erano molte chance di uscire illesi se non passando dalla finestra; Naruto Due c'ha provato, ma Naruto se l'è tenuto stretto tra le braccia, troppo preso dal piccolo dramma domestico per prestargli attenzione. Non vedeva Sasuke così fuori di testa da quando il gatto aveva avuto la brillante idea di farsi le unghie sul comodino di Itachi.
«Sasuke» si azzarda a sussurrare dopo un po', quando la porta d'ingresso si è chiusa con educata discrezione dietro le spalle di Karin e il jinchuuriki ha deciso che, almeno per lui, il pericolo sembra rientrato.
L'altro non si volta, ma almeno ha smesso di emanare chakra come uno sciroccato: sta solo in piedi così, le spalle alla cucina e la testa impiastricciata di schifezze inenarrabili; e meno male che al mercato non vendono i topi, se no a sapere la fonte sarebbe stato quasi peggio.
«Sasuke?» ritenta l'eroe di Konoha, avvicinandosi. I cocci scricchiolano sotto i suoi piedi e Sasuke si volta di qualche grado, piano.
Rotea gli occhi davanti al suo viso teso, poi incrocia le braccia e azzarda un'altra panoramica della cucina, fingendo che il sopracciglio non stia tremolando.
«Ti fai male, imbecille» ammonisce roco, in direzione dei piedi scalzi di Naruto.
Lui se li guarda e si stringe nelle spalle.
«Ci pensa quella stupida Volpe» aggiunge, pratico. Sasuke gli lancia un'occhiataccia truce, ma non dice niente.
Restano in silenzio per un po', a guardare i cocci rotti. Fuori, Karin e Suigetsu hanno ripreso a cercare di scannarsi, incolpandosi a vicenda di aver fatto incazzare quello psicopatico di Sasuke. Li seda inaspettatamente la voce calma di Juugo, che si impone con un deciso «basta litigare, abbiamo sbagliato tutti» includendosi con notevole spirito di sacrificio. Quel che arriva, poi, sono solo borbottii vaghi troppo bassi per risultare distinguibili.
«Beh, mh...» comincia Naruto, indeciso.
Sasuke ha finalmente preso la situazione e la scopa in mano. Ci scaccia prima il gatto – non con la situazione, beninteso - e quello scivola fuori e va a rifugiarsi nel buio del sottoscala, in cerca di pace.
I cocci grattano sul pavimento, sotto i colpi duri delle setole.
Naruto ha la bruttissima sensazione che stia per partire un Amaterasu. Se Sasuke avesse il Kamui lo userebbe per risucchiare cocci, cucina e probabilmente anche Suigetsu, Karin e Juugo; e magari anche lui e Naruto Due, povere vittime inconsapevoli.
Indeciso sul da farsi, si guarda attorno in cerca di una scopa supplementare o di un altro oggetto che gli consenta di rendersi utile; con un lampo di genio, scavalca saltellando metà pavimento e recupera impacciato le buste della spazzatura formato cadavere che ha comprato la settimana scorsa, guadagnandosi una trafila d'occhiate impensierite da parte dei negozianti – pensano sempre che Sasuke lo voglia rendere complice di efferati omicidi, quei cari nonnetti del conbini –, e quasi si impicca cercando di separarne i lembi.
Mentre concentrato cerca di portare a termine quell'impresa, Sasuke continua a racimolare cocci con metodo, chiuso in un silenzio preoccupante.
Naruto trae un sospiro casuale e inizia a raccogliere i frammenti più grossi a mani nude, lasciando che si sfracellino definitivamente sul fondo di plastica nera.
«Oh, questa è intatta!» esclama d'un tratto, estraendo una tazza giusto un filo sbeccata dalle macerie delle sue compagne distrutte.
Sorride di rimando all'espressione neutra di Sasuke, che ha interrotto giusto per un istante il suo spazzare meccanico, ed esamina la tazza controluce. «Vedi, c'è solo una piccola cre-». Non riesce neanche a finire che la tazza, sporca di sugo freddo esploso dai barattoli schiantati, gli scivola via e va a sfracellarsi in terra.
«Usuratonkachi» scandisce l'ex nukenin, monocorde e cupo; stringe il manico della scopa e lo guarda dritto negli occhi. «Se il tuo scopo è unicamente quello di intralciarmi, resta immobile».
Naruto apre la bocca, guarda per un momento la montagna di cocci, poi la richiude.
«Stavo solo... Non l'ho fatto apposta» cerca di articolare, ottenendo solo di far contrarre il sopracciglio sinistro di Sasuke in una piega per nulla rassicurante. «Non prendertela con me» conclude, imbronciato.
Sasuke non dice niente, lo squadra per un altro lungo secondo con estrema contrarietà e poi ritorna a dedicarsi alla sua cucina, raggruppando le schegge schizzate sotto i mobili assieme a sparuti biscotti sbriciolati.
«Sei tu che te li sei voluti tenere in casa» riprende dopo un poco il jinchuuriki, offeso. «Sono anche ricercati, lo sai. Non è per qualcosa, ma...»
«Non è per qualcosa cosa? Sono ricercati, sì, appunto» sbotta Sasuke, evitando per un soffio di dare una capocciata all'anta che ha aperto quando si è chinato per raggiungere anfratti più nascosti.
«Appunto cosa? Non dovrebbero stare a Konoha, hai presente? Non dovrebbero proprio!» prosegue Naruto, spazientito. A ogni parola un coccio finisce a schiantarsi sul fondo della busta.
«E certo, la tua preziosa Konoha. Infatti non siamo a Konoha, siamo a c-» ripete Sasuke, tra uno sfracellio e l'altro.
«Ah, eccolo che ricomincia!» lo interrompe Naruto, svelto. «Questo posto è nel territorio di Konoha!»
«Vaffanculo» ribatte l'ex nukenin, con eccezionale coerenza e diplomazia.
Naruto si trattiene a stento dal tirargli la mezza ciotola crepata che ha in mano e risolve gettandola nella busta con violenza.
«Vedi che non ha senso? Non ce l'ha! E quelli non dovrebbero essere qui!»
«Tu non hai senso, idiota, e piantala di fare baccano!» aggiunge l'altro, producendo però rumore lui stesso con la montagnola di cocci che continua a spalare con violenza e senza troppa logica, facendo cozzare la ceramica contro un angolo.
Sembra una gara a chi fa più rumore, tra stoviglie già rotte ridotte a polvere ruvida sotto i piedi, tranci di bicchieri gettati da scopa a busta che rimbalzano fa un muro all'altro, Naruto che ringhia e Sasuke che gli sibila contro. Un manicomio, ecco cos'è.
«AAAH! Basta!» sbraita di colpo Naruto, quando Sasuke prende l'iniziativa di lanciargli un'ex tazza neanche fosse uno shuriken.
Il fracasso si blocca di colpo ed entrambi ansimano come avessero corso.
Naruto fissa il compagno con un cipiglio astioso, paonazzo. Getta un'occhiata di sfuggita al coccio che si è fracassato alle sue spalle e poi, senza alcuna logica, si siede sul pavimento.
«Forza, seduto» sbotta, invitando Sasuke ad imitarlo.
Lui lo osserva stralunato per un paio di secondi e il jinchuuriki emette un gemito esasperato.
«Dei, Sasuke dammi retta per una volta nella vita!»
L'ex nukenin mugugna e rumina un bellicoso «e quando mai», con glaciale sarcasmo, ma finisce per obbedire e, senza curarsi di liberare il pavimento dalle schegge, si siede pesantemente con palese ritrosia.
Restano seduti per quasi una mezza dozzina di secondi, Sasuke che fissa in cagnesco un pezzo della credenza martoriata e Naruto pensoso e un po' incupito.
«Mi dispiace per la cucina» comincia infine l'eroe di Konoha, incerto.
Senza neppure voltarsi, Sasuke aggrotta le sopracciglia e sembra tentare un breve movimento brusco del capo, come per scacciare una mosca.
«Non sei tu quello che dovrebbe chiedere scusa» brontola, e non si sta riferendo a se stesso, ma al trio di dementi che ha appena cacciato.
Naruto lo sa, che non riceverà mai delle scuse per quella tazza che l'ha quasi preso in pieno, come per diverse altre cose, e quindi accoglie con piacere almeno l'essere stato escluso dall'elenco dei colpevoli di reati contro il clan Uchiha, che – considerato quanti nomi contiene, almeno secondo l'inquietante, lunghissima lista mentale di Sasuke – è già qualcosa.
«Non mi piacciono» riprede Naruto, più deciso e anche in imbarazzo, ora che ha espresso il pensiero a voce alta. Ignora l'occhiata un poco perplessa di Sasuke e continua a pulirsi lo spazio tra alluce e secondo dito, nonostante la schegge che c'erano incastrate siano precipitate sul pavimento al primo tocco. «Non mi piace che abbiano avuto a che fare con Orochimaru e non mi piace che quella Karin ti stia appiccicata » schiarisce un poco la voce, imbarazzato, e si affetta a proseguire; «o che quel Suigetsu faccia come gli pare e che quello... No, beh, quello alto mi va bene, ma il suo cavolo di falco no. Ecco».
Segue un silenzio abissale in cui si avvertono con chiarezza lo zampettio lievissimo di Naruto Due in soggiorno, il vento fuori e il ronzio monotono del vecchio frigorifero.
«E a me che mi frega?» sbuffa Sasuke, astioso.
La mano di Naruto si solleva a grattare vaga la zazzera bionda. Scrolla qualche scheggia anche da lì.
«Che palle. Sei uno stronzo deficiente» puntualizza, ignorando il sibilo di risposta. «È solo... te lo dico. Perché se tu ci tieni a tenerteli qui, allora okay, ma a me non piacciono, tutto qua».
«Tu non dovresti essere quello che ama tutte le creature?» lo punzecchia Sasuke, con distacco.
Le spalle di Naruto crollano.
«Che... Ma che è 'sta storia? Io amo quello che mi pare e piace e gli scagnozzi di Orochimaru...»
«Su Suigetsu e Juugo Orochimaru ci faceva gli esperimenti».
Naruto si cheta di botto, chiudendo la bocca.
«Oh» borbotta subito dopo; poi corruga le sopracciglia: «e quella Karin...»
Sasuke si stringe nelle spalle.
«Non che sia affar mio» chiarisce subito, prima di aggiungere «ma non credo potesse andare e venire a piacimento».
Naruto lo squadra, indeciso.
«Quindi a te loro piacciono» conclude Naruto, logico.
A giudicare dall'espressione che assume - tra sconcerto e vaga indignazione, neanche fosse stato accusato di chissà quale crimine – per Sasuke la conclusione è assai meno ovvia. Così, perde tempo a lanciare un altro paio di occhiate torve al cimitero di cocci e alla credenza distrutta.
«Ci sono un sacco di cose che non mi piacciono di te» comincia d'un tratto, senza senso. E infatti la reazione che ottiene è di far sgranare gli occhi e pronunciare uno «eh?» sconcertato e un po' indignato al suo povero interlocutore.
«Che c'entra, io sono... Insomma, noi... No?» blatera Naruto, e non sa sentirsi offeso per essere stato tirato in ballo, dato che non ha ben capito dove l'altro voglia andare a parare.
Lui, Sasuke, aggrotta lievemente le sopracciglia, a disagio.
«Allora, ci sono un sacco di cose che non mi piacciono di Sakura» riparte, più convinto.
Non ce la si fa. Davvero, ci vorrebbe un dizionario, un interprete. Uno psichiatra, magari. Uno bravo.
«Che c'entra Sakura?» domanda Naruto, perso. E Sasuke, dall'alto del suo mondo metaforico ultrafiltrato, alza gli occhi al soffitto.
«Dei, che fatica» sibila, devastato. Lui, eh.
L'eroe di Konoha, con eroico sforzo – appunto – trae un profondo respiro.
«D'accordo, diciamo che li sopporti» conclude e ritiene d'aver azzeccato la giusta espressione, dato che Sasuke non si oppone con sibili e altri versi contrariati. «Li sopporti... come sopporti me? O Sakura?» tenta, cercando di ricostruire un filo logico. «Quindi sono come me e Sakura. Sono come me, Sakura e Kakashi sensei!» mette insieme, dando fondo a tutte le sue energie psicofisiche.
«Era un esempio. Non allarghiamoci» replica solo Sasuke, senza guardarlo. «Sono meglio di Orochimaru» concede sostenuto, pronunciando quell'Orochimaru come equivalesse a peste bubbonica.
E detto da Sasuke praticamente è da considerarsi un complimento o quantomeno una dichiarazione di stima non troppo dissimile dall'affetto. Tanto più che, a sentire quel «non allarghiamoci», il cervello di Naruto ha arbitrariamente decretato un Team seven: uno, Team Hebi: zero, cosa che l'ha reso ben più benevolo nei confronti di tutte quelle creature per le quali dovrebbe presumibilmente provare amore.
Rallegrato, il jinchuuriki quasi si lascia sfuggire uno sbuffo divertito.
«Li hai cacciati a colpi di Chidori» fa presente, ridacchiando come una volpe.
Sasuke emette un indecifrabile mugugno.
«Per poco non li ammazzavi» prosegue l'altro, ilare.
«Pare sia la prassi, fossi in loro mi sentirei lusingato» ribatte l'ex nukenin, caustico.
Naruto si lascia sfuggire definitivamente una risata, ammonticchiando cocciame con i piedi, rumoroso.
«Sei una merda, davvero. Una vera merda!» lo insulta allegro. «Prima mi fai due palle te e le leggi sull'ospitalità...»
«Io non ho mai parlato di leggi» bofonchia Sasuke, contrariato al massimo ma decisamente più calmo.
Naruto lo ignora bellamente.
«E poi entri in casa e cerchi di ammazzare tutti. Sei completamente fuori, dattebayo!» conclude, tirandogli una mezza pedata complice cui Sasuke reagisce con l'ennesimo sbuffo poco partecipe.
Naruto resta a ridacchiarsene per un altro po', le mani sulla pancia, e infine sospira, scorrendo lo sguardo sulla devastazione generale che va dal pavimento, alla credenza fino a Sasuke stesso coperto di pastella, erbacce e guano di falco pellegrino.
«Li richiamiamo?» si azzarda a proporre, guadagnandosi una faccia sconcertata.
«Dai, almeno per quella cosa delle regole. Pareva importante» prosegue il jinchuuriki, luminoso e conciliante, irrimediabilmente eroico e buono da far venire il diabete mellito.
«Valgono finché non si fa a pezzi la casa» replica Sasuke, in un sibilo piccato.
«Ma non ti dispiace averli cacciati così?»
L'occhiataccia di sufficienza di Sasuke farebbe desistere chiunque dal proseguire l'avanzare di simili illazioni, ma Naruto sa di essere il migliore dizionario, interprete e anche un po' psichiatra che ci sia sulla piazza, quando si tratta di Uchiha Sasuke. E nel fondo di iridi burrascose d'indignazione e rabbia – la roba di Mikoto, per la miseria. Sarebbe stato meglio se avessero fatto a pezzetti il tatami di tutte le stanze – Naruto rinviene con sicurezza una punta abbastanza intensa di dispiacere per aver spedito fuori a calci - veramente a colpi di Chidori, che è quasi peggio - tre tizi che in fondo sono comunque meglio della peste bubbonica.
Sasuke squadra Naruto a lungo, esamina riottoso il cadavere della credenza spiaggiata e infine si tira in piedi, spolverandosi con sdegno i calzoni dai frammenti di ceramica.
«Prima mi faccio il bagno» delibera infine, come avesse appena emanato un editto regale. «E poi si vede. Se mi gira storto muoiono fuori, sia chiaro».
«Se lo dici tu» conclude Naruto, contento, prima di alzarsi a sua volta e tallonarlo in corridoio e poi al piano di sopra, beccandosi un rimbrotto per l'eccessiva vicinanza che per poco non li fa inciampare entrambi nei gradini.
«Che cazzo, idiota, non starmi incollato» fa il pericoloso ex nukenin con una scintilla seriamente pericolosa nello sguardo.
Naruto la ignora bellamente e schizza in avanti. Si infila in bagno, saltando dentro la vasca ancora vuota, i vestiti buttati in giro nell'arco di tre passi. Armeggia col rubinetto, concentrato, e si lagna quando l'acqua esce caliginosa, tendente al marroncino.
Sasuke si pianta a braccia incrociate lì davanti, a fissarlo con astio, e non solo perché si è di nuovo ficcato nella vasca senza prima lavarsi – non imparerà mai, c'è solo da rassegnarsi.
«No, non hai capito: prima io» mugghia sdegnato, pretendendo chiaramente che lui si alzi, chieda scusa e gli lasci il posto.
Naruto solleva il mento dal getto ora un po' più decente, si gode per un attimo lo spettacolo della faccia incazzosissima di Sasuke, sotto quel cumulo di sozzura che ha in testa, il culo di papera ridotto ad una fratta variopinta e oleosa, e ridacchia sornione.
«Sei tu quello che non ha capito, idiota
» sghignazza, facendogli il verso e ignorando i lampi d'odio emanati dall'intera figura di Sasuke. Ma prima che l'ex nukenin gli rifili un altro Chidori, stavolta con l'intento di uccidere, aggiunge: «adesso tu ti spogli, vieni qui e si riprende da dove ci hanno interrotto!»
Tra il tonfo soffice dei panni buttati a terra e lo sciacquio nella vasca, quando Sasuke lo raggiunge, nel bagno risuona chiaramente un «usuratonkachi» masticato con sobrio stoicismo.





Nda
Sì, continua! Ve ne fregava? *ride*
Comunque: una “nasata” è una botta data col naso, uno “sfracellio” è il rumore che fanno le cose quando si sfracellano e il “cocciame” è un mucchio di cocci ùù
*viene giustamente stordita da uno Zingarelli volante*

Non saprei in che lingua chiedere scusa per questa roba (considerato anche che quella italiana evidentemente mi ha abbandonata già da un po'). Intanto ho alzato il rating, perché questi ninja sono degli sboccati (loro, mica io. Io sono un lord inglese).
Tra l'altro, l'avevo praticamente finita, solo che poi il quadernaccio su cui stava scritta è stato inglobato da qualche oscura entità - forse il mio armadio. Vabbè, il succo è che non lo trovo, ergo non trovo il finale (non me lo ricordo. Era stupido: è scivolato giustamente via dal mio cervello liscio), ergo i tempi d'aggiornamento sono lunghi ere geologiche: lì in fondo c'è la clava per percuotermi come merito.
Per fortuna non c'è suspense, altrimenti potrei persino sentirmi in colpa. Dormiamoci su.



  
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