Capitolo 2: Lo scontro
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l
rombo degli Allison[1]
proveniente dai caccia che partivano per le missioni lo faceva impazzire. Era come
se gli entrasse in risonanza con la cassa toracica, martoriando quelle povere
costole, le cui incrinature - grazie alla robusta fibra e alle cure impeccabili
- si stavano rapidamente sanando.
Tuttavia
rimanere in quel letto rappresentava per lui una vera tortura. Starsene in ozio
mentre i suoi compagni andavano su a rischiare la pelle lo faceva sentire
veramente inutile, pur riuscendo efficacemente a combattere la depressione con
la rabbia.
Purtroppo
la prognosi del dottor Riley - il maggiore medico del reparto - gli aveva imposto
ancora cinque giorni di degenza.
Se
almeno gli avessero consentito di fare una visita all’aerodromo per assistere e
ai decolli e agli atterraggi… ma con quella specie di “kapò” dal viso d’angelo
che presidiava la camerata, c’era poco da sperare: ormai non si azzardava
nemmeno più ad alzarsi, dopo il “cicchettone” che si era buscato proprio quella
mattina…!
***
Dopo
essere stato svegliato dal consueto rumore dei decolli, si era dimenato per un
po’ nella branda, tanto quanto glielo permettevano le strette fasciature. Poi,
non potendone più, si era alzato andando ad affacciarsi alla finestra.
La
sola vista dei caccia che si alzavano sorvolando, già abbastanza alti, la
baracca dell’ospedale era stata per lui un sollievo impagabile.
Volare
era la sua ragione di vita… da quando suo padre, tornato dall’Europa nel 1918
dopo aver militato nella Escadrille
Lafayette lo aveva portato in volo sul suo Bebè, che aveva acquistato dalla Neuport dopo essersi congedato.[2] Era
stata un’esperienza così fantastica, da segnare irrimediabilmente il suo
destino.
Andy
adorava la sensazione trasmessagli dal velivolo ogniqualvolta accendeva il
motore: lo sentiva pulsare come se fosse il suo stesso cuore e le vibrazioni
della macchina, mentre spingeva la manetta in avanti per lanciarlo nella corsa
di decollo, gli penetravano sotto la pelle come le carezze di una persona amata…
in pratica, lui ci faceva all’amore, col suo aeroplano!
“Ehi,
signore” lo distolse un suo compagno di degenza, il sottotenente Victor Sanders
“attento a quello che fa: se la vede miss
pezzo di ghiaccio, passerà un brutto quarto d’ora… sta rischiando grosso!”
Il
tenente Greason non si voltò nemmeno a guardarlo, rimanendo con le mani
appoggiate al vetro: “Non farmi ridere… fra qualche giorno potrei crepare
bruciato a ventimila piedi di quota! Se credi che quella moretta mi faccia
pau…”
“TENENTE…!!!”
rimbombò all’improvviso una voce metallica.
“Comandi…!!”
urlò di rimando il malcapitato, scattando sull’attenti e voltandosi poi con
estrema cautela.
“Si
può sapere che sta facendo fuori dal letto…??!”
“Beh,
ecco… pensavo di…”
“Lei
non deve pensare” ribatté Flanny
Hamilton mettendosi una mano su un fianco e reggendo con l’altra un contenitore
di schede “lei deve solo obbedire
alle disposizioni. Si ricorichi immediatamente!”
Più
per salvare la faccia che per tentare di convincerla - ben conscio che non ci
sarebbe comunque riuscito - Andy accennò una timida ribellione: “Suvvia, sia
buona” disse, con un sorriso alla Rodolfo Valentino “solo altri cinque
minuti…!”
Per
tutta risposta la fiera infermiera[3]
sbatté violentemente sul tavolo vicino il porta-schede che aveva con sé. Quindi
si avvicinò al suo indisciplinato paziente… il quale notò - o credette di
notare - una scintilla che brillava sopra una lente dei suoi occhiali.[4]
Barcollando,
indietreggiò d’istinto verso il letto, finché le gambe non ne urtarono la
sponda facendogli mancare chiaramente l’equilibrio. Per quanto morbida, la
caduta gli strappò suo malgrado un’imprecazione di dolore, cosa che fece
stringere i denti a miss pezzo di
ghiaccio. Senza dire una parola, costei gli afferrò le gambe e gliele stese
sul materasso, poi impugnò le coperte e, con velocità supersonica ante-litteram,[5] lo
rincalzò così stretto da non permettergli più il benché minimo movimento! Infine
si chinò su di lui e gli puntò contro il dito… e ad Andy parve davvero che
glielo ficcasse in un occhio.
“La
sa una cosa? In Patria avevo una collega che si chiamava quasi come lei… ed era spesso maledettamente propensa a derogare
alle regole. Sicuramente ci si sarebbe trovato molto bene…!”
“Di…
dice…?” balbettò l’aviatore, deglutendo.
“Ne
sono sicura. Peccato mi sia offerta volontaria prima io! Così adesso devo
occuparmi, al suo posto, di un dannato rampollo viziato di buona famiglia,
venuto fin qui in cerca d’avventure…!”
“Beh,
ma veram…”
“Stia
zitto!! E badi bene che, se non mi considera in grado di metterla in riga una
volta per tutte, le farò cambiare idea molto alla svelta!”
“Ma
io…”
“Stia
molto attento, tenente” insistette lei alzando l’indice davanti al naso di Andy
“la esorto a non mettermi alla prova: io non sopporto gli individui che
trascurano la propria salute. Troppe persone, a questo mondo, soffrono e muoiono
senza la fortuna di avere qualcuno che si occupi di loro…” detto questo si
rialzò e la sua espressione si raddolcì quasi di colpo “…non mi costringa a considerare
tempo sprecato il prendermi cura di lei, tenente Greason…!”
Oramai
Andy aveva inghiottito tutta la saliva che teneva in bocca. Poche volte, nella
sua giovane vita, si era sentito spiazzato in quella maniera. A dispetto delle
sue parole dure - che comunque riconosceva giuste - la voce della donna conteneva
un fondo di dolcezza. E i suoi occhi… beh, magari era solo un’impressione,
però… sembrava proprio che stessero luccicando!
Il
tenente avvertì una leggera fitta al cuore… ed era quasi sicuro che non fossero
le costole.
“Va
bene, d’accordo” annuì, conciliante, sorridendo bonariamente “le prometto che
farò il bravo…!”
“Così
mi piace. E ora si metta tranquillo… perché, se fra cinque minuti non dorme, le
somministrerò una dose massiccia di tranquillante. Ha inteso?”
“Forte
e chiaro” sussurrò lui “però non si preoccupi così, per me: adesso mi sento meglio.”
“Dice
davvero?” chiese Flanny riprendendo la cartella “Non sente più male?”
“No,
no… per niente!”
“Sicuro
sicuro…?” tornò a chiedergli, riavvicinandosi.
“Ma
certo, come glielo devo di… AHIAAA…!!!”
“Ha
visto che sente ancora male? Ahh… la pazienza che ci vuole coi maschietti…!”
Massaggiandosi
energicamente la guancia “offesa” dal robusto ganascino di Flanny, il tenente
rimase leggermente imbambolato a contemplare l’ondeggiamento della sua lunga e bruna
coda di cavallo.
Nel
passare accanto al letto di Victor Sanders, l’infermiera sbirciò quest’ultimo con
la coda dell’occhio e il compagno di squadra di Andy si tirò su istintivamente la
coperta. Come vide che Flanny si disinteressava completamente a lui, Sanders
emise un respiro di sollievo. Poi, quando la ragazza si richiuse la porta alle
spalle, si voltò verso Greason, ancora intento a massaggiarsi la parte lesa: “E
adesso sono cavoli suoi, tenente…!”
“Piantala,
se non vuoi che, alla prossima uscita, scambi accidentalmente il tuo aereo per
uno Zero…!”[6]
L’altro
non fece una piega, limitandosi ad appoggiare la testa sul guanciale per
schiacciarci sopra un pisolino. Il compagno, dal canto suo, memore della
“minaccia” di poco prima, decise di affrettarsi ad imitarlo.
Anche
se, pur facendo del suo meglio, di dormire proprio non gli riuscì...!
[1] I motori in linea Allison V1710 di cui erano equipaggiati i caccia Curtiss P-40 delle Flying Tigers (Tigri Volanti).
[2] La squadriglia di volontari statunitensi comandata dal famoso Billy Mitchell (che diede il nome al North American B-25, utilizzato nel primo raid su Tokyo del 18 Aprile 1942 al comando del colonnello James Doolittle) inquadrata nei ranghi dell’Aviazione Francese. Nella realtà, il suo asso più famoso è stato Eddie Rickenbacker con 28 vittorie; mentre, nella dimensione candyana, è stato sicuramente Alistair Cornwell, del quale però ignoriamo lo “score”. Il Neuport Bebè è stato infine un famoso caccia della I G.M.
[3] Era una rima troppo simpatica per ometterla!
[4] Qualche anno più tardi, quando il famoso giornalista Drew Pearson intervistò l’ormai affermato “asso degli assi” e comandante della Decima Forza Aerea, chiedendogli se mai avesse avuto paura, “l’aquila americana”, dopo averci riflettuto un attimo, rispose sicuro: “Una volta sì… e tanta. Ma mi trovavo a terra…!”
[5] Soltanto nel dopoguerra gli aerei, grazie ai nuovi propulsori a getto, avrebbero superato il muro del suono (almeno in volo orizzontale).
[6] Il Mitsubishi A6M Reisen, detto Zero, è stato il miglior caccia giapponese dal 1940 al 1943, quando entrò in servizio il Nakajima Ki84 Hayate (in codice Frank).