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Autore: Roxas93    30/04/2012    1 recensioni
Ash sta per partire per la regione di Unima, ma una volta arrivato dovrà vedersela con due nemici: il Team Rocket e il Team Plasma. Nel corso dell'avventura, riceverà il supporto di alleati vecchi e nuovi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ash, James, Jessie, Meowth, Misty, Un po' tutti | Coppie: Ash/Misty
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Si trovavano a Unima da sole tre settimane e già si erano fatti conoscere dalla polizia del posto. Le varie agenti Jenny, che in questa regione possedevano un aspetto sorprendentemente diverso da quello a cui erano solitamente abituati, avevano già allertato le principali città che una nota organizzazione criminale della regione di Kanto aveva messo a segno qualche colpo sul territorio straniero.
Da una parte si compiacevano di loro stessi: era un po’ come tornare indietro nel tempo. Forse avrebbero rivisto le vecchie foto segnaletiche? Ma dall’altra dovevano prestare più attenzione. Finora la situazione era gestibile, ma non era bene far parlare troppo di sé. Giovanni era stato molto chiaro sull’argomento.
«Argh... con questa uniforme proprio non mi ci vedo» si lamentò James.
Proprio così. Avevano dovuto dire addio alle loro vecchie divise bianche a favore delle classiche nere indossate da tutti i membri del Team Rocket. Così sarebbero stati “esattamente come tutti gli altri”, come aveva detto la segretaria del capo. Ma loro non erano come tutti gli altri, che diamine! Innanzitutto avevano viaggiato più di qualsiasi altro agente e questo nessuno lo metteva in dubbio. Riguardo ai loro successi... beh, si potevano scovare altri pregi. Pregi che Unima stava decisamente facendo emergere.
«Lo so, James. Ma non possiamo deludere il capo. Non ci ricapiterà un’occasione come questa». E Jessie aveva dannatamente ragione.
«Ogni tanto però mi manca la nostra libertà» sospirò Meowth. «Voglio dire, dobbiamo sempre rimanere in attesa di una chiamata dal Quartier Generale e di nuovi ordini. Prima invece potevamo agire come volevamo, escogitare i nostri piani...»
«Ehi ehi, stiamo parlando degli stessi piani cervellotici che non funzionano mai?» lo canzonò James.
«Chi era quello che si metteva sempre a frignare a metà strada?»
«No, adesso non incominciate!» sbottò Jessie. «Questo è proprio il genere di atteggiamento che vogliamo abbandonare se vogliamo avere alte probabilità di successo. E, lasciatemelo dire, abbiamo visto che il nostro impegno viene ricambiato. Perciò vedete di non rovinare tutto!»
Ci fu un attimo di silenzio.
«Stiamo andando forte, è vero» intervenne infine James. «Ma si fanno anche desiderare».
Ormai era calata la sera sul Bosco Girandola e le tecnologie avanzatissime con cui erano stati equipaggiati prima della partenza ancora tacevano. Nessun membro del Team Rocket li aveva ancora contattati e loro erano costretti a nascondersi in mezzo a degli inutilissimi Pokémon Coleottero. Probabilmente qualche tempo fa avrebbero persino cercato di catturarli (senza successo) dalla disperazione, ma il loro nuovo modo di fare imponeva di snobbarli.
Jessie stava consultando di nuovo i file sulle varie missioni contenuti all’interno del loro portatile. Era diventata un’abitudine ormai: doveva essere certa di non aver tralasciato nemmeno il minimo dettaglio. James era quello che si occupava del lato “pratico” delle loro operazioni, anche perché sul resto non era affidabile. Bisognava ammettere però che in quello, se si impegnava, ci sapeva fare. Persino senza l’aiuto di un Pokémon, motivo per cui non si era ancora preoccupato di catturarne uno nella nuova regione. Meowth fungeva da spia. Ognuno aveva il suo ruolo.
«Che fine avranno fatto i mocciosi?» domandò Meowth. «Abbiamo perso le loro tracce da un bel po’».
«Poco importa, non sento per niente la mancanza degli attacchi elettrici di Pikachu» fu la risposta secca di James.
Jessie invece dimostrò ancora una volta di avere le idee ben chiare. «Meowth, i mocciosi rappresentano il passato, non sono più una priorità. Se tenteranno di nuovo di metterci i bastoni tra le ruote, bene, saranno un utile addestramento per testare le nostre abilità. Altrimenti, continueremo a portare avanti i compiti che ci sono stati assegnati. Le loro azioni non ci riguardano minimamente. Tantomeno quel fastidioso roditore elettrico».
Enfatizzò particolarmente quest’ultima frase. La ragazza stava dando il massimo per superare le aspettative che i superiori avevano su di loro e finalmente ci stava riuscendo. James e Meowth trovavano un po’ irritante questo suo nuovo modo di fare – non che prima non lo fosse, sia ben chiaro – ma comprendevano bene le motivazioni della collega. Anzi, dell’amica.
La vita non era stata molto magnanima con lei. La madre, anch’ella un membro del Team Rocket (tra l’altro con un grado piuttosto elevato) era scomparsa misteriosamente tra le montagne mentre svolgeva una missione rigorosamente top secret che le era stata affidata da nientemeno che Madame Boss in persona, la madre di Giovanni. Il risultato fu che Jessie dovette cavarsela da sola sin da bambina. E in questo genere di situazioni, non puoi sopravvivere se non sviluppi un carattere forte. E gli allenamenti del Team Rocket avevano contribuito.
L’incontro con James e Meowth fu una manna dal cielo. Dopo una vasta gamma di fallimenti, in loro aveva finalmente trovato i compagni affiatati che non avrebbe mai pensato (o forse anche sperato?) di trovare. Prima era convinta che da sola sarebbe stata in grado di fare qualsiasi cosa. Ma i suoi compagni le avevano più volte dimostrato il contrario. Anche se lei non lo avrebbe mai ammesso, ovviamente. Tuttavia, finora avevano perso sin troppo tempo: se volevano dare una svolta alla loro carriera, il momento giusto era quello. Non c’era spazio per le esitazioni.
Perciò, dopo le innumerevoli disavventure, eccoli ancora lì, al suo fianco, più inseparabili che mai. James stava riordinando la sua collezione di tappi di bottiglia (Jessie non riusciva a credere che se li fosse portati dietro anche a Unima), atto che stonava tantissimo col suo nuovo look. Meowth invece, con fare sempre più umano, si era stravaccato sull’erba a riposare. Proprio in quel momento, giunse una videochiamata. Il mittente lo conoscevano già.
«Agenti Jessie, James e Meowth a rapporto» fu il loro saluto.
«Come procede la missione?»
Giovanni era sempre molto chiaro nel porre le sue domande. Accanto a lui, Matori, la sua segretaria, li fissava con il suo solito sguardo glaciale.
«Il furto del meteorite al Museo di Zefiropoli si è concluso con successo e con il massimo della discrezione» riferì Jessie.
«Mi sono personalmente occupato di sostituirlo con il campione falso che ci è stato procurato. Ovviamente l’operazione si è svolta senza il minimo intoppo» specificò Meowth, impaziente di dimostrare quanto il suo ruolo fosse rilevante nella missione. Dopotutto avevano minacciato di lasciarlo a casa.
«Molto bene» fu l’unico commento di Giovanni. Dopodiché, lasciò la parola a Matori: «Raggiungerete la città di Austropoli. Confido che vi ricordiate dell’agente Pierce».
Come dimenticare. Pierce era il carismatico agente dallo sguardo penetrante che aveva consegnato loro il falso meteorite da sostituire al Museo. La sua presenza li metteva sempre un po’ a disagio. Sicuramente lui non era stato selezionato per Unima sulla base di informazioni ritoccate.
«Il vostro nuovo incarico sarà quello di consegnargli la refurtiva al bar La Melodia del Silenzio. Troverete tutti i dettagli nei documenti che vi invieremo a breve. Dubbi?»
«Nessuno» rispose Jessie, fungendo da portavoce principale come sempre.
E senza ulteriori scambi di parole, la videochiamata si chiuse.

***



«Ah, ci voleva proprio!» esclamò Ash. «Ce n’è ancora, per caso?»
«Sei il solito bambino, Ash» cominciò a prenderlo in giro Iris.
«Purtroppo, per oggi la cena è andata» annunciò Spighetto con il suo solito modo di fare esibizionista, come se si trovassero dentro un ristorante.
Inutile dire che, una volta giunto a Unima, Ash aveva deciso di competere per conquistare le otto medaglie regionali e partecipare al torneo della Lega Pokémon locale. E non se le stava cavando affatto male. Due medaglie le aveva già conquistate, ovvero quelle di Levantopoli e Zefiropoli. E proprio quel giorno aveva catturato un esemplare di Sewaddle nel Bosco Girandola che pareva proprio in forma. Ora si erano accampati per la notte.
«Visto che non c’è più nulla da mettere sotto i denti, che ne dite di allenarci un po’?» propose.
Iris sbuffò: «Ma Ash, è tutto il giorno che giriamo! Siamo stanchi morti!»
«Beh, io non lo sono per niente. E neanche tu, vero Pikachu?»
«Pika...» rispose il fedele Pokémon poco convinto.
«Sei sempre il solito, Ash» gli fece notare Spighetto.
Viaggiavano con lui da un lasso di tempo relativamente breve, ma avevano già imparato a conoscerlo. Come da tradizione, Ash aveva trovato degli alleati nella nuova regione.
Spighetto era uno dei tre Capipalestra di Levantopoli. Dopo la loro battaglia, aveva deciso di unirsi ad Ash per migliorare le proprie qualità di intenditore di Pokémon o quello che era. Un mestiere strano che consisteva nel quantificare la compatibilità tra un Pokémon e il suo Allenatore. Ash non ci aveva capito molto, ma era felice che il Capopalestra avesse deciso di offrigli il suo aiuto. Vista l’assenza di Brock, aveva bisogno di una figura più esperta che gli facesse da guida. Iris invece l’aveva incontrata dopo averla scambiata erroneamente per un Pokémon e si era unita al gruppo essenzialmente perché non voleva essere lasciata indietro. Il suo obiettivo era quello di diventare una maestra di Pokémon di tipo Drago. Si atteggiava spesso da sapientona, ma in realtà si era dimostrata più volte ingenua quanto Ash.
«Andiamo, Pikachu!» insistette Ash. «Vuoi prepararti per il prossimo incontro in Palestra oppure no?»
«Scusa».
Qualcuno aveva parlato. Si voltarono. Un ragazzo alto dai lunghi capelli mossi e di una strana tonalità di verde si trovava proprio a due passi da loro. Quando diamine era arrivato?
«Non ti senti in colpa nemmeno un po’ a tenere il tuo Pokémon in schiavitù?»
Che non fosse una persona qualunque l’avevano già capito, ma questa non se l’aspettava nessuno. Iris e Spighetto si scambiarono uno sguardo stranito, ma entrambi sapevano di come Ash avesse le idee ben chiare al riguardo.
«Lui è il mio migliore amico, non lo tengo affatto in schiavitù» replicò Ash. Il suo tono di voce era a metà tra l’offeso e il perplesso.
Il tizio strano non fece una piega, anzi, probabilmente era la prima risposta che si aspettava.
«È ciò che dicono tutti. Verità e ideali che vacillano per poi crollare miseramente quando posti dinnanzi alla dura realtà».
Se prima era sorto il dubbio, ora erano certi che quel tizio avesse decisamente qualcosa che non andava.
«Stammi un po’ a sentire» si fece avanti Iris. «Chi sei tu per comparire così all’improvviso senza un minimo di educazione e venirci a dire se ciò che facciamo è giusto o sbagliato?»
Inutile dire che non si scompose nemmeno questa volta.
«Tutto vi sarà presto chiaro. Molto presto. E, per la cronaca, lo stesso discorso vale anche per te». Indicò Axew, il Pokémon di tipo Drago di Iris che se ne stava sempre fuori dalla sua Poké Ball come Pikachu.
«Senti, non so chi tu sia» lo incalzò Ash, più deciso che mai. «Ma ti garantisco che siamo tutti quanti degli Allenatori responsabili!»
Iris stava per ribattere su quanto Ash fosse "responsabile", ma alla fine optò per tacere.
Per un momento, il ragazzo parve rifletterci sopra, gli occhi grigi apparentemente persi nel vuoto. Infine sospirò: «Sai, anch’io sono un Allenatore. Ma non posso fare a meno di domandarmi... se i Pokémon siano davvero felici di tutto ciò. Che ne dici di una lotta per stabilirlo?»
Il fuoco si accese negli occhi di Ash.
«Non chiedo di megl...»
«Un attimo solo» lo interruppe Spighetto, facendosi sentire per la prima volta dall’inizio di quello strano incontro. Prese Ash da parte per un secondo.
«Ash... non sono convinto che sia una buona idea» fu il suo verdetto. «Questa persona non mi piace per niente».
Iris si unì alla riunione: «Secondo me è un fanfarone, tutto fumo e niente arrosto. Io ed Axew potremmo batterlo in qualsiasi momento».
«E con cosa?» la stuzzicò Ash. «Col vostro Starnuto di Drago?»
«Per l’ultima volta, l’attacco si chiama Ira di Drago! Axew deve solo fare un po’ di pratica!» protestò Iris.
Ma prima che Ash potesse ribattere, il ragazzo misterioso sospirò di nuovo: «Che tristezza».
I tre compagni di viaggio si scambiarono uno sguardo più che eloquente. Prima chiudevano quella faccenda, meglio era per tutti.
«Io sono pronto» dichiarò Ash. «E scelgo Snivy!»
Lanciò la Poké Ball e il suo più recente Pokémon di tipo Erba si mostrò, pronto a combattere.
«Interessante» commentò l’avversario. «Amico mio, è il tuo momento».
Mandò in campo un Purrloin, un Pokémon di tipo Buio dall’aria non troppo sveglia. Non sembrava nulla di particolare.
«Non perdiamo tempo, allora! Snivy, usa Frustata!»
Purrloin schivò l’attacco senza difficoltà. Nonostante l’apparente pigrizia, si stava rivelando molto veloce. Snivy tentò ripetutamente l’attacco, senza successo.
«Che tristezza» ripeté lo strano tizio. «Avanti Purrloin, Graffio!»
Purrloin evitò abilmente l’ennesima Frustata di Snivy e passò all’attacco.
«Fa’ attenzione, Snivy!» gridò Ash, ma ormai era troppo tardi. Il Pokémon si era beccato l’attacco in pieno muso. E, fatto ancora più incredibile, era già KO.
«Non è possibile... Snivy!»
Ash corse verso il suo Pokémon per poi alzare lo sguardo verso il misterioso Allenatore: «Si può sapere chi sei?!»
Quest’ultimo richiamò Purrloin nella sua Poké Ball, come se niente fosse. Poi si mise a contemplare la sfera: «I Pokémon sono costretti a rimanere confinati in questi oggetti creati dagli umani. In questo modo, non saranno mai in grado di raggiungere la loro perfezione. Io sono colui che porrà fine a questa crudeltà. Per il momento... il mondo mi conoscerà come N».
Si voltò e, con lo stesso alone di mistero con cui era arrivato, scomparve nella notte.
Spighetto raggiunse Ash ed esaminò le condizioni di Snivy.
«Uhm, le ferite non sono gravi, l’ha semplicemente mandato al tappeto. Domani lo porteremo ad un Centro Pokémon».
Ash annuì, in parte sollevato. Voleva l’allenamento e alla fine l’aveva ottenuto. Anche se non era andata proprio come si sarebbe aspettato.
«Dormiamo?» propose Iris, turbata.
Acconsentirono. Nessuno aveva voglia di parlare più del dovuto. Tirarono fuori i sacchi a pelo e spensero il fuoco che avevano acceso. Per qualche ragione, il bosco ora appariva più minaccioso, come se afflitto da un silenzioso dolore che avrebbe potuto riversarsi su di loro da un momento all’altro.

***



Quella mattina Misty aveva deciso di fare qualche tuffo in piscina assieme ai suoi Pokémon. Seadra le venne incontro e fece qualche giravolta attorno a lei. Si era evoluto proprio l’altro giorno durante una lotta contro uno sfidante. Quell’Allenatore era davvero in gamba, l’evoluzione si era rivelata provvidenziale ai fini della vittoria.
Ma se era vero che come Capopalestra continuava a farsi valere, in un altro ambito non aveva combinato nulla. Dopo quella giornata, l’argomento “Ash” era stato di nuovo confinato alla sua nostalgia personale. Non era da lei rimanere così passiva.
L’acqua la aiutava a riflettere. Fin troppo probabilmente. Mentre nuotava continuava a pensare se per caso l’amicizia tra lei ed Ash sarebbe finita in quel mondo, svanita poco a poco per via della lontananza. Piuttosto deprimente. La domanda sorse di nuovo spontanea: perché allora non stava facendo nulla per impedirlo?
Alla fine i suoi pensieri rimanevano sempre gli stessi. Si sentiva come congelata in un’eterna indecisione, una continua paura di sbagliare. Quante volte si era detta che avrebbe osservato lo sviluppo della situazione? Ovviamente lei era la prima a sapere che rimanere a guardare non era abbastanza. Eppure ricevette lo stesso un aiuto.
«Misty! Vuoi degnarti di rispondermi?»
Sua sorella Daisy la stava chiamando. Detestava essere disturbata mentre si rilassava in piscina.
«Daisy, quante volte devo dirti che...»
«Frena. Hai visite» annunciò la sorella. «Direttamente dalla regione di Sinnoh!»
Sinnoh! Senza chiedere ulteriori informazioni, Misty uscì dall’acqua. Dalla regione di Sinnoh! Non poteva crederci. Da quanto tempo non la veniva a trovare? Poi si ricordò che era sempre stata lei ad andare a trovare lui. Direttamente dalla regione di Sinnoh! Si asciugò e si sistemò nel minor tempo possibile. Aveva un aspetto orribile. Oh, ma in fondo non gliene sarebbe importato. Come si sarebbe comportata? Oh andiamo, pensò, l’hai visto tutti i giorni per un sacco di tempo, non dovresti porti questo genere di domande. Maledì le sue sorelle e il loro viaggio intorno al mondo. Maledì se stessa per non averlo raggiunto una volta che erano tornate.
Si diresse a passo affrettato verso l’ingresso della Palestra. Non stava più nella pelle. Incredibile come una singola frase di tua sorella possa cambiarti la giornata.
Ed ecco crollare tutto un’altra volta. Non era Ash. Era Brock. Per un attimo si sentì incredibilmente stupida. Come poteva anche solo lontanamente aver pensato che si sarebbe preso la briga di venirla a trovare di persona? Manco le telefonava! Che sciocca. Si maledì nuovamente. Tentò di sorridere eliminando i segni della cocente delusione dal suo volto, ma ormai il danno era irrimediabilmente fatto.
«Ehi, che entusiasmo!» commentò Brock. «Hai intenzione di rimanere lì impalata per molto o vieni a salutarmi come si deve?»
Si diede della stupida per l’ennesima volta. Era pur sempre Brock, uno dei suoi più cari amici. Come poteva trattarlo così solo per... beh, per quello. Gli andò incontro e lo abbracciò forte.
«Brock! Mi sei mancato tantissimo!»
Era sincera mentre lo diceva e Brock evidentemente comprese perché ricambiò immediatamente l’abbraccio. Dopodiché si trasferirono in un’altra stanza in tutta tranquillità. Ne avevano di cose da dirsi.
Dopo averlo ringraziato per un souvenir da Sinnoh che le aveva gentilmente regalato, cominciò a raccontarle dei loro ultimi viaggi. Rimase sorpresa dal fatto che Forrest, il fratello di Brock, fosse diventato il Capopalestra ufficiale di Plumbeopoli. Brock aveva trovato la sua strada nella professione di dottore di Pokémon.
«Non è che per caso si tratta della tua ultima manovra per conquistare qualche infermiera Joy?» scherzò Misty.
L’amico ci rise sopra: «Chissà».
Le Gare Pokémon di Lucinda erano un argomento molto meno interessante. Non si era mai appassionata di combinazioni, fiocchettini o simili. Non facevano decisamente per lei. L’importante era che la loro nuova compagna di viaggio non avesse simpatizzato un po’ troppo per chi sapeva lei.
Motivo per cui agevolò la conversazione affinché giungesse al punto che più le premeva. Ash ovviamente non era cambiato affatto. Si era cacciato in un sacco di guai e, grazie al cielo, ne era uscito sano e salvo, come sempre. La sua solita mania di fare l’eroe. Peccato che l’affermazione successiva non le piacque per niente.
«È partito per Unima da qualche settimana».
Unima?! Era così distante! Altro che venirla a trovare. Era ripartito subito e, di nuovo, lei non ne sapeva niente.
Stando a Brock, era migliorato notevolmente a Sinnoh, molto più che a Hoenn.
«Perlomeno a Hoenn si faceva sentire ogni tanto» puntualizzò Misty.
Brock assunse un’espressione strana, come se avesse già capito dove voleva andare a parare. Cavoli.
«E io non posso sapere sempre dove vi trovate di preciso» proseguì. Beh, in effetti era anche vero. Ma suonava troppo da giustificazione.
«E se lo andassimo a trovare?» fu l’improvvisa proposta di Brock. Troppo improvvisa.
Ci mise un po’ a collegare le parole: «Che intendi?»
«Esattamente quello che ho detto» rispose lui col sorriso stampato sulle labbra.
«Non saprei... io devo occuparmi della Palestra e tu sei rientrato a Kanto da poco, abbiamo un mucchio di cose da fare qui, e...»
No. Balle. La Palestra la poteva benissimo lasciare alle sue sorelle e Brock stesso non aveva problemi dal momento che era stato lui a proporre la cosa. Perché diamine ci stava girando intorno?
«Senti,» disse infine l’amico, «non dobbiamo stare via per tanto tempo. Prendila un po’ come una vacanza. Ci fermiamo per una settimana e poi facciamo ritorno ai nostri doveri. Credo che faccia bene a entrambi staccare un po’. E non dirmi che non hai voglia di fare una rimpatriata, perché non ci credo».
Stava per pensarci su, ma decise che era meglio non farlo prima che potesse pentirsene.
«D’accordo. Si parte per Unima».



E a un anno di distanza, ecco il secondo capitolo! Sì, lo so, i miei tempi sono assurdi. Ringrazio tantissimo coloro che hanno commentato il primo capitolo e spero che anche il secondo possa piacere. A presto!
Roxas93
   
 
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