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Autore: schwarzlight    03/05/2012    1 recensioni
Non ricordo quanto tempo sia passato. Forse mesi, o anni...ormai ho perso il conto.
Non ricordo chi mi abbia portato qui nè quando.
Vorrei uscire, per vedere se il cielo è ancora azzurro e se il sole sorge ancora. Ma quella maledetta porta è chiusa a chiave e non la aprono mai, perfino per darmi il cibo usano uno sportello apposito. Hanno paura di me.
Ma ormai sono stanca, non mi importa più di nulla... L'unica cosa che voglio è starmene seduta qui, appoggiata alla parete, a cercare di dimenticare l'oscurità di questa stanza e le catene ai polsi, per potermi crogiolare in quei ricordi che forse sono solo un mero frutto della mia immaginazione.

Valeria Montale è una ricercatrice per la ERD, European Research Department, una struttura che si occupa dello studio delle chimere, creature pericolose dall'origine ignota.
C'è una parte del suo passato che non sembra riuscire a ricordare, una casa vuota cui passa davanti ogni giorno, e una ragazza dai capelli d'argento.
E poi ci sono i Signori d'Europa, maghi dell'era moderna e capricciosi collezionisti di territori.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I signori d'europa cap.7 Vienna e Roma



Si muoveva veloce, non riusciva a localizzarlo. Sentiva la sua pressione, era ovunque e da nessuna parte, lungo i confini. Minacciava di invadere il territorio, tentava di rompere le barriere, prima in un punto, poi nell'altro.
Lei se ne stava immobile, seduta su una roccia, in attesa del momento più opportuno per catturare il suo sfuggente avversario.
Faceva l'arrogante, si comportava come se quel territorio fosse suo di diritto.
Lo detestava.

Chi è l'usurpatore qui?

Lo provocò, trasformando quel pensiero in una scossa mentale, che riflesse poi sull'area circostante.
Un baluginio ad est, una coscienza rivelata.
Roma scattò in piedi, i capelli argentei ondeggiarono al vento. Flesse leggermente le ginocchia, compiendo un lieve balzo nel burrone che precedeva la valle montana. L'aveva localizzato.


***


- Dannata ragazzina... Detestabile, detestabile sgualdrina arrogante! - urlò il giovane uomo al vento, punto sul vivo dalle parole dell'avversaria. Il Signore di Vienna aveva un carattere aggressivo e impulsivo, alle provocazioni come quella rispondeva d'istinto, senza fermarsi troppo a riflettere sulle proprie azioni.
Così abbandonò la sua tattica di guerriglia e uscì totalmente allo scoperto, fregandosene di celare la sua presenza e oltrepassando i confini del territorio di Roma senza remore, deciso a non tirare troppo per le lunghe quella che lui stesso aveva categorizzato sotto il termine "scaramuccia insignificante". Perché cosa poteva fare la piccola signora italiana, senza alcun tipo di esperienza, contro uno come lui, che di battaglie ne aveva avute in abbondanza? Quella stupida, poi, continuava a mantenere le barriere attorno ai confini alla massima potenza, sprecando energie preziose.
Davvero, sarebbe stata una passeggiata distruggerla.

Quindi si mosse veloce, inoltrandosi sempre più a fondo nel territorio nemico, nella direzione da cui era pervenuta la minaccia. Ma forse c'era qualcosa di insolito, che non andava. C'era troppo silenzio.
Dov'era lei?
Si fermò ad ascoltare, i nervi tesi e i muscoli pronti a scattare al minimo segnale d'allarme. Attorno a lui si diramava un'atmosfera fin troppo quieta, fin troppo irreale. Dov'era finita lei?
Estese le proprie percezioni alla ricerca della coscienza della ragazza, e fu allora che se ne accorse: l'aveva intrappolato.
Imprecò mentalmente mentre esaminava quelle mura di energia che circoscrivevano i suoi movimenti, limitando un determinato perimetro e al contempo evitando qualunque collegamento con l'esterno. Come al solito aveva pagato lo scotto della sua irruenza.

Roma è mia.

Torse il busto in un movimento laterale per scansare l'attacco alle spalle. Una lama di luce gli sfiorò la gamba destra, senza però colpirlo, per poi svanire nel nulla lasciando un profondo solco nel terreno roccioso. Seguì la quasi impercettibile scia di magia residua fino a ricondurre lo sguardo alla sua origine. La Signora di Roma lo osservava a pochi metri di distanza, in piedi su uno dei tanti massi distaccatosi dal fianco della montagna.
Rimasero entrambi immobili a fissarsi reciprocamente per diversi minuti, intenti a studiare le mosse e le intenzioni dell'altro, senza scambiarsi una parola, senza batter ciglio.
Poi cominciò.

Si mossero nello stesso momento, intenzionati ad atterrare immediatamente l'avversario. Lo scontro iniziale fu violento, costringendo i due Signori a balzare indietro verso le loro precedenti postazioni, senza che nessuno dei due prevalesse sull'altro. Roma fu la prima a riprendersi dall'urto e a fiondarsi in un serrato corpo a corpo con l'invasore, armata di una coppia di spade corte materializzatesi a un suo pensiero, simili a saette di luce. Lui riusciva a prevedere quasi sempre i suoi attacchi che, esattamente come aveva previsto, riflettevano il suo essere una principiante, seppur si dimostrasse molto più abile delle aspettative.
Altro fattore imprevisto era la sua riserva di energie: con il dispiego di tutto quel potere per reggere ben due barriere al massimo della loro resistenza - una territoriale e una circondante la zona teatro del loro combattimento - si sarebbe aspettato un affaticamento molto più veloce e un uso limitato delle sue riserve magiche. E invece ecco che sembrava quasi accelerare il ritmo di quella strana danza, spezzata ogni tanto da qualche incantesimo lanciato dall'una o dall'altra parte per allontanare il contendente o creare qualche apertura nella guardia nemica. E ancora parava i suoi colpi con altre barriere, posizionate attorno al punto da proteggere, o creava dei campi di forza per annullare le sue magie.
Non si stancava, non si esauriva.
Era irritante.

- Tu... - mormorò con rabbia malcelata. - Muori!

Le si scagliò contro con tutta la forza che gli rimaneva, atterrandola facilmente e bloccandola a terra. Rivestì il braccio sinistro di una sorta di corazza nera, prima di artigliarle la gola e affondare le dita simili a lame nella carne.

- Dietrich Madrich. E' questo il nome del vero Signore di Roma! - esultò lui, già sentendo il sapore della vittoria.

Il sangue cominciò a scorrere a fiotti mentre lei si sentiva svanire nel dolore e nella sensazione di soffocamento.
Avvertiva il sangue scivolare via dal suo corpo, abbandonarla, mentre il suo odore acre e pungente risvegliava la sua coscienza dal torpore di quegli ultimi anni, riportandole alla mente piccoli stralci di avvenimenti che ormai aveva dimenticato. O quasi.
E così, all'immagine del viso contratto dalla rabbia e dalla feroce sensazione di vittoria del Signore di Vienna, si sovrapposero altri frammenti di attimi del suo passato meno recente, dell'altra vita, un caleidoscopio di immagini comprendenti visi, parole, urla, una strada di notte, una corsa. E poi spari, sangue, sconosciuti in divisa, ordini concitati, sangue.

Sgranò gli occhi, riacquistando piena conoscenza, e trafisse l'addome dell'altro, tingendosi le braccia del suo rosso. Lui le aprì uno squarcio in gola, non profondo quanto avrebbe voluto, prima di ritirarsi a qualche metro di distanza.
Seguì una situazione di stallo: erano entrambi feriti gravemente, e anche se lei pareva in condizioni peggiori, non era sicuro di riuscire a darle il colpo di grazia con un'emorragia che non faceva altro che aumentare il suo senso di spossatezza e offuscamento.
Digrignò i denti, infuriato di fronte a quell'esito inaspettato.

- Mi riprenderò ciò che è mio!

Non c'è niente di tuo qui!

Alla risposta seguì una serie di scariche elettriche che circondarono la ragazza dai capelli argentati, per poi convergere in un unico, potente attacco su Dietrich. Lui lo schivò con un balzo, riportando comunque delle bruciature superficiali, e liberò tutto il suo potere contro la barriera che li racchiudeva.
Un boato invase la valle quando le pareti di quella prigione invisibile si infransero facendo tremare il suolo, e si propagò per diversi chilometri, causando interruzioni dell'energia elettrica e disagi nelle comunicazioni senza fili.
Quando la Signora di Roma si rialzò in seguito allo sbalzamento provocato dall'onda d'urto, il suo avversario aveva già battuto in ritirata.
Si portò la mano al collo, tentando di tamponare la ferita e bloccare il deflusso di sangue, mentre un intrico di simboli senza senso si espanse sotto di lei.
Doveva tornare a casa, e in fretta.


***


Si materializzò nel soggiorno, accasciandosi sulle ginocchia.
Non fece caso al buio che regnava in casa, così come non aveva prestato attenzione al tramonto mentre combatteva sulle Alpi.
Respirò profondamente cercando di concentrarsi sulla grave ferita che aveva riportato per richiuderla, ma i suoi sforzi caddero al sentire delle voci provenire dall'ingresso.

- Credevo ti fosse successo qualcosa. Dopo questo terremoto...

- Io... sto bene, non mi è successo nulla.

Una voce maschile, una femminile. La seconda le pareva di riconoscerla, ma non era importante.
Si rialzò barcollando leggermente, per poi fare un profondo e doloroso respiro e avanzare con una ritrovata sicurezza per scoprire chi si era introdotto nel suo rifugio.
Non lo sopportava.

- Ma che ti è preso?

Non lo sopportava.
Prima quello, poi questi, era suo quel posto, era il suo territorio, dovevano andarsene, stava male, era insopportabile.
Chi diavolo era, chi diavolo era?

- ... Quella telefonata di prima, poi...

- Non è niente, solo che... ci son delle cose che non...

- Chi è là?

Interruppe il loro dialogo, non era importante.
Un uomo e una donna, piuttosto giovani, stavano lì e la fissavano sorpresi. Lei sembrava familiare, ma non era importante.
Cosa volevano? Stavano lì e la fissavano sorpresi. Erano sorpresi o avevano paura?
Non rispondevano.
Era irritante.

- Chi siete?

La sua voce assunse un'inflessione ancor più minacciosa, e parve che in un qualche modo sbloccò i due.
Era con la paura che si otteneva, quindi.
La ragazza castana sembrò sempre più atterrita e persa, però lui si comportò in modo inaspettato: si avvicinò.
Cosa voleva fare? Aveva anche lui paura, ma di un tipo diverso.
Paura di cosa? Di lei o di sé stesso? Delle proprie reazioni?
Balle. Che c'entrava lui.
Inutile, era tutto inutile. Non capiva perché agiva così, e allora stette a guardarlo incuriosita mentre colmava la distanza fra loro, mentre sollevava una mano a sfiorarle il viso. Mentre...

- ...Luce?

Luce?

- Tu... tu sei Luce, vero? - ripeté il ragazzo, con più certezza, con più foga.

Lei era Luce? E lui. Lui chi era.
Altri frammenti di memoria, altri piccoli sprazzi di ricordi. Una voce, una schiena.

- ...Sei un'ombra?


***


Valeria si sentì cedere le gambe.
Lei stava lì, in piedi di fronte a loro, irriconoscibile, innominabile. Lei era Luce, lei si chiamava così.
Come aveva potuto dimenticare? Era così semplice, così... così...

- Sei tu, non è vero? Rispondi, parlami!

Riccardo alzava sempre più la voce, scuotendo per le spalle la ragazza dai capelli bianchi. Lui era certo che si trattasse di lei. Ma allora Valeria perché non l'aveva riconosciuta? Era la terza volta che la vedeva, ma ancora le sembrava così distante, così poco familiare.
La ragazza parlò di nuovo.

- Luce è morta.

Luce era morta.
Era stata inghiottita dal buio. Tanto tempo fa.
La testa cominciò a pulsarle dolorosamente.

"Ah, ho dimenticato che avevo un impegno oggi... devo tornare a casa presto."

La vista si annebbiò, e le voci e i rumori le parevano sempre più lontani.

Un boato in lontananza.

Si prese la testa fra le mani, sperando irrazionalmente che la pressione sulle tempie le facesse passare il dolore.

Le mani, il viso, le braccia, il torace. Tutto, tutto sporco di rosso.
Piange, ha bisogno d'aiuto.

Sentì le braccia di Riccardo sorreggerla prima che lei crollasse sul pavimento.
Non capì cosa le stava dicendo.

Una voce maschile, rumore di passi in corsa.
Lei fugge.
Degli spari.

Lei era stata inghiottita dal buio.

"Luce è morta."

Lei non sarebbe tornata.

Non era rimasto nessuno di loro... nessuno.
Era stata lei a ucciderli. Era stata Luce.











Questo capitolo è tutto per Necrysia Noctis, che oggi tornerà dal lavoro e... GASP! Troverà un aggiornamento!D:
...o forse è meglio dire che tornerà dalla cena?X°D
Scherzi a parte, sparare inutili ciance con te, ieri, mi ha fatto tornare la scribacchina ispirazione per i Lords, bloccati da tempo immemore all'inizio dello scontro. u_ù Nonché una potente dose di sensi di colpa. Sei un demonio, davvero.

Ohohohoh! Sono così fiera della conclusione!*w*
Ed è la prima volta che scrivo una scena di combattimento simile. Quindi... bè, sappiate che c'è un possibile margine di miglioramento, si spera. Anche se dopotutto sono alquanto soddisfatta anche di quella parte.
Piccola nota sul testo: a un certo punto ho scritto "mentre lei si sentiva svanire". Intendevo proprio svanire, e non svenire =)
Giusto per fare la puntigliosa.

E ora me ne vado, grazie per aver letto!*w*
Se vorrete lasciare un commentino mi farete felice <3
   
 
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