E
che dire. Un mio primo tentativo di scrivere una Byakuya x Hisana. Amo
alla
follia questo pair, e... e niente, una sera l'ispirazione è
venuta così. E su
di loro c'è sempre così poco... quindi ho voluto
provare a rimpolpare un po' il
fandom di una delle coppie più belle e tristi di Bleach.
Sì, lo so, dovrei
andare avanti anche con Fire and Ice, ma giuro che sto scrivendo anche
quello,
in un paio di giorni - se tutto va bene - dovrei riuscire ad aggiornare
xD Del
resto, c'è poco da fare... quando l'ispirazione viene,
è sempre bene
approfittarne :'D In questo primo capitolo sarà Hisana a
parlare, spero di
averla tenuta sufficientemente IC. Al prossimo, ovviamente, la
parola
passerà a Byakuya. Un ultimo appunto, una piccola parte dei dialoghi è ripresa dal flashback presente in Fade to Black.
Bien, smetto di rompervi le scatole e vi lascio alla lettura. Come
sempre,
commenti e critiche sono sempre ben accette! :)
When
the Snow falls
雪が下がると
Part
1 –
I’ll find you
Riapro
lentamente gli
occhi, la crisi di ieri sera è stata più pesante
del solito e mi ha destabilizzata
più di quanto mi aspettassi. Mi ritrovo come sempre a
fissare i tasselli del
soffitto mentre giaccio stesa sul futon, la pesante coperta tirata su
fin quasi
al mento e la testa immersa nei morbidi cuscini. So già chi
è stato ad
aggiungerli al normale guanciale e, stupidamente, sorrido al pensiero
di tale
persona e della sua riguardosa premura.
Ricordo
di essermi
svegliata quando ho sentito la servitù togliere gli amado dalla veranda, ma la luce non era
ancora così forte; seppur
appena percettibile, il respiro lento e regolare del nobile Byakuya era
ancora
al mio fianco e, ulteriore testimone della sua presenza, la sua mano
sinistra
era intrecciata mollemente alla mia destra. Voltando il capo
l’avevo visto
ancora profondamente addormentato, o almeno così mi era
parso: aveva lavorato
fino a tardi e, sebbene non volesse mai dare a vedere la propria
stanchezza, il
suo corpo necessitava di recuperare le energie per poter affrontare il
giorno
che gli si prospettava davanti. Ne avevo studiato il profilo per
qualche
istante, seguendo con lo sguardo i capelli neri che cadevano in morbide
onde
scure sul cuscino, i ciuffi più corti ad incorniciargli il
viso pallido, e mi
ero stupita per l’ennesima volta di quanto fosse
effettivamente bello.
Ad
un certo punto
l’avevo visto fare una smorfia nel sonno – ed
intimamente ne avevo riso, lui
che era quasi sempre inespressivo si lasciava andare solo mentre
dormiva o
quando eravamo insieme – e muovere le gambe, mugugnando per
qualcosa che probabilmente
stava sognando, rafforzando per pochi attimi la presa sulla mia mano.
Quasi
come se ciò l’avesse rassicurato su
chissà cosa, aveva sospirato pesantemente e
si era quietato, riprendendo a respirare in modo regolare. Con
quell’immagine
ancora negli occhi, avevo finito con l’addormentarmi
anch’io.
Ed
ora allungo piano la
mano destra, orfana della sua, verso il suo lato del futon matrimoniale
che
condividiamo, andando a tastarne le lenzuola: sono appena tiepide,
segno che il
nobile Byakuya se ne è andato da poco. Anche se siamo nel
bel mezzo delle
festività, il mio premuroso marito ha sempre così
tanto da fare… del resto,
vista la carica che ricopre, so da me che non potrebbe essere
altrimenti. E sarebbe
terribilmente egoistico, da parte mia, pretendere che ignori anche per
poche
ore il proprio lavoro per stare con me.
Probabilmente
lo
farebbe, anche, se soltanto glielo chiedessi, delegando le varie
mansioni del
giorno ai suoi sottoposti. Ma so quanto è ligio al dovere, e
a me va bene così.
In fondo è piacevole anche stare ad aspettarlo a casa,
vederlo arrivare quando
meno lo si aspetta… ed avere la consapevolezza che ha fatto
tutto il tragitto
con lo Shunpo perché trova futile perder tempo a camminare
normalmente, che ha
ripreso un incedere più moderato solo quando è
arrivato alle porte della
residenza, e che la prima persona che ha a cuore di vedere è
proprio la sottoscritta.
Come
faccio a saperlo,
dite? È stato proprio lui a rivelarmelo, una sera. Era
piuttosto presto,
mancava poco più di un’ora al suo solito orario di
ritorno quando,
all’improvviso, sentii tutta la servitù accalcarsi
in corridoio. «Byakuya-sama,
siete
già di ritorno?» chiese uno dei servi, andando
incontro all’inatteso padrone di
casa «Vi sentite male?». No,
non era una
battuta, quella dell’anziano servitore. Il suo tono era
condito di sincera
preoccupazione: non era dal mio nobile marito rientrare tanto presto,
al
massimo anticipava di cinque o dieci minuti. A fatica mi alzai dal
futon,
cercando di mettermi in piedi per poter andare ad accoglierlo
degnamente. «No,
ho semplicemente
concluso con largo anticipo le mansioni odierne.» stava
rispondendo lui, il
tono di voce che aumentava man mano che avanzava in corridoio
«Tornate pure ai
vostri doveri.». Li
aveva congedati
così e, mentre tentavo di rendermi presentabile lisciando la
stoffa del kimono
con le mani, gli shoji della nostra
stanza erano stati aperti quel tanto che bastava per rendere visibile
neanche
la metà del suo viso. «Hisana,
posso
entrare…?» il suo tono era così dolce e
basso, quasi temesse di disturbarmi.
Non sapeva che ero così avida della sua compagnia che, anche
se mi fosse stato
accanto per 24 ore di seguito, la sua presenza non sarebbe mai stata un
peso, anzi. La
cosa che mi
sorprendeva spesso era che con me chiedeva sempre il permesso di poter
fare
qualcosa, fosse anche solo entrare in quella stanza che, in fondo, era
anche
sua. Con gli altri, chiaramente, la sua autorità non veniva
mai messa in
dubbio, nemmeno per scherzo: il rispetto se l’era guadagnato
tramite il proprio
operato, non glielo portavano solo perché gli era dovuto.
Ciò talvolta mi
lusingava, altre mi metteva quasi a disagio: per me era ancora
inconcepibile
che un uomo effettivamente potente come il nobile Byakuya mi chiedesse
il
permesso anche per poter entrare nella propria stanza, se
anch’io ero presente.
Spesso preferivo giustificare tali richieste dicendomi che,
probabilmente,
voleva evitare di mettermi in imbarazzo, arrivando
all’improvviso. «Byakuya-sama!»
dissi,
andandogli incontro a passo incerto, sorridendogli al meglio delle
possibilità
che la malattia mi concedeva. Lui
entrò
completamente nella stanza, richiudendosi gli shoji
alle spalle ed avanzando con le braccia leggermente aperte,
pronte ad accogliermi. In pochi istanti, infatti, mi sentii avvolgere
dal suo
calore e dalle sue braccia, in una morsa gentile che mi fece posare la
guancia
contro la morbida e calda stoffa nera del suo shihakusho. Non potevo
non adorare
i momenti in cui il nobile Byakuya si lasciava andare a quelle pacate
dimostrazioni d’affetto: sapevo che per lui era
già parecchio difficile, avendo
un ruolo che non gli permetteva di ascoltare, neppure con moderazione,
le
proprie pulsioni, non poteva osare comportamenti ritenuti sconvenienti
e men
che meno un’eccessiva passione. Era, in fondo,
l’educazione che aveva ricevuto
fin da piccolo, in previsione dell’importante carica che
avrebbe ricoperto una
volta divenuto adulto. Ecco perché la sua era una tenerezza
che faceva capolino
solamente quando eravamo soli, lontani da occhi indiscreti, senza la
servitù
attorno. E quanta delicatezza c’era ogni volta nei suoi
gesti, nei suoi
abbracci o nei suoi baci, come se per lui fossi tanto fragile da cadere
a pezzi
ad un contatto un poco più deciso. «Non
dovresti
sforzarti, Hisana. Lo sai che non ti fa bene.»
mormorò, le mani grandi ed
affusolate che mi massaggiavano discrete la schiena, prive di qualsiasi
malizia. «Perdonatemi,
Byakuya-sama. È che… volevo venire ad accogliervi
per potervi rivedere il prima
possibile.» risposi sinceramente, posando le mani
all’altezza del suo petto
«Siete molto stanco?». «Affatto.
Mi premeva
molto di più rivederti, Hisana.» ammise,
intrecciando le dita sulla mia vita e
addolcendo lo sguardo. «Avreste
potuto fare
ritorno con calma, Byakuya-sama. Sapete che io sono sempre qui ad
aspettarvi.». «Ne
sono consapevole.
Ma come immagino tu sappia, per certe cose la dote della pazienza non
mi è di
alcuna utilità.». Con
un colpo di tosse
mi tiro a sedere, sfregando la stoffa del kimono da notte a livello del
cuore,
come a volerlo calmare e scaldare. Mi guardo attorno per pochi istanti,
la stanza
è illuminata dalla luce del mattino che passa attraverso gli
shoji, a conferma del mio ricordo:
la
servitù deve aver già riposto gli amado
nel tobukuro. Ieri
il cielo era grigio e prometteva neve, chissà se… Arrancando
piano mi
avvicino agli shoji e li apro
leggermente.
Non posso fare a meno di sgranare gli occhi di fronte allo spettacolo
che mi si
prospetta davanti: il parco e gli alberi sono ricoperti da un soffice
manto
bianco, che rende il tutto vagamente surreale. Rimango incantata ad
osservare il
giardino per diversi minuti, stringendomi sulle spalle il michiyuki per
evitare
che la fredda brezza invernale mi faccia peggiorare la salute
più del solito.
Non voglio restare un altro giorno chiusa in questa stanza. Non quando
ho la consapevolezza
di dover andare a cercare lei…
Rukia,
la mia piccola sorellina, da me stessa abbandonata in un vicolo
dell’immenso
Rukongai. Quasi due anni dopo quella mia riprovevole azione, a cui ho
cercato,
e cerco tutt’ora, di porre rimedio ogni giorno, conobbi il
nobile Byakuya. Non
è trascorso molto tempo, in effetti, solo sei
mesi… ma sembrano passati anni da
quando Byakuya-sama mi ha chiesto di diventare sua moglie… Scuoto
leggermente il
capo per mettere da parte i ricordi ed infilo meglio il michiyuki,
chiudendolo
per bene sul petto. Mi tiro in piedi aiutandomi con il bordo dello shoji, stando ben attenta a non
rovinarlo, ed esco sull’engawa,
diretta alla sala da pranzo. Ho giusto bisogno di un piccolo spuntino,
prima di
iniziare la mia ricerca. Potrei benissimo passare attraverso i corridoi
interni
della casa, ma il paesaggio innevato è troppo bello e raro
per potersi privare
di un tale spettacolo. La differenza di temperatura con la camera
è notevole,
ma grazie alla veste sopra il kimono non ne soffro più di
tanto. Lentamente
avanzo lungo la passerella che circonda la casa, posando di tanto in
tanto una
mano sulla parete che mi è accanto. «Nobile
Hisana!»
esclama una serva, venendomi incontro con fare concitato «Che
cosa fate qui
fuori al freddo? Vi prenderete un malanno!». Ascolto
i timidi
rimproveri che mi rivolge, stringendomi le mani chiuse a pugno vicino
al petto,
così da tentare di trattenere il calore. Alla fine mi lascio
convincere a
rientrare e percorrere il tragitto interno, al che lei si offre di
aiutarmi, porgendomi
la mano ed un braccio intorno alla vita a fare da supporto. Sto per
accettare
di buon grado, quando una voce fa bloccare entrambe. «Hisana.». Riconoscerei
questa
voce tra mille e, se potessi, non esiterei un istante a correre
incontro al
proprietario di tale voce. Voltandomi incrocio il volto austero del
nobile
Byakuya, mentre avanza verso di noi. La serva si prodiga in un inchino,
restando a capo chino fino a che lui non la invita a rialzarsi. «Potete
andare,
Naoko-san.» soggiunge, con un lento cenno del capo. I tre
ciuffi neri separati
dal Kenseikan gli scivolano leggeri davanti agli occhi, adombrando le
iridi
grigie che lentamente si spostano verso le mie. Rifuggo
per un istante
il suo sguardo, rivolgendomi a mia volta verso la serva che, in un
gesto
composto, si sta rialzando. «Scusatemi,
Naoko-san,
se vi ho fatto preoccupare.» mormoro, cercando il suo viso
per sorriderle «E vi
ringrazio per l’aiuto che mi avete gentilmente
offerto.». «L’ho
fatto
volentieri, Hisana-sama. Se necessitate di qualsivoglia cosa, in
qualsiasi
momento, vi prego di non esitare a chiamarmi.» replica lei,
ricambiando il
sorriso «I miei rispetti, Byakuya-sama,
Hisana-sama.» aggiunge, rivolgendoci un
ulteriore inchino prima di congedarsi e sparire oltre
l’angolo della casa. Restiamo
in silenzio
per qualche attimo, sebbene non ci sia alcuna pesantezza
nell’atmosfera che ci
circonda. Lentamente il nobile Byakuya copia il gesto d’aiuto
precedentemente
compiuto da Naoko, accompagnandomi verso l’interno di un
salottino. «Volevi
di nuovo
andare al Rukongai?» chiede piano, stringendo maggiormente la
presa della mano
che mi ha posato sul fianco. «Sì,
mi dispiace,
Byakuya-sama.» replico abbassando il capo, timorosa di averlo
contrariato.
L’ultima cosa che desidero è vedere
quest’uomo deluso od infastidito da qualche
mio gesto. Forse avrei dovuto evitare di… «Non
devi scusarti,
Hisana, non sono arrabbiato.» mormora, fermandosi in mezzo
alla stanza per
guardarmi «Sono solo preoccupato per la tua salute. Oggi le
temperature sono
molto rigide, non vorrei che tu ne soffrissi eccessivamente.». Ricambio
la sua
stretta, sfregando il pollice contro il dorso della sua mano e
sorridendogli. «Byakuya-sama,
vi
ringrazio immensamente per la vostra premura. Ho… ho avuto
cura di indossare
abiti sufficientemente caldi, prima di uscire.». Lui
continua a
fissarmi in silenzio, costringendomi ad abbassare lo sguardo: troppa
è
l’intensità in quelle iridi grigie per permettermi
di reggerne ulteriormente il
confronto e, nonostante la mia posizione di sua sposa, mi sento sempre
come se
fossi una sfacciata maleducata ad osservarlo in volto anche per un
secondo di
troppo. «Ti
accompagnerò,
Hisana.» soggiunge ad un tratto, costringendomi a rialzare il
viso verso il
suo, sorpresa. La
mia espressione
dev’essere più eloquente delle parole che non
riesco a pronunciare, infatti non
perde un secondo a riprendere a parlare. «Prenderemo
uno dei
cavalli nelle scuderie. Questo tempo è troppo infido per
permettermi di
lasciarti uscire, fosse anche con una scorta, e oggi non ho incombenze
tali
da…». «Oh,
no, Byakuya-sama,
non potrei mai chiedervi una cosa simile!» esclamo,
interrompendolo. Zittendomi
di colpo mi porto la mano libera alle labbra, vergognandomi di aver
osato tanto
«P… perdonatemi l’avventatezza,
Byakuya-sama. Ma non oserei mai chiedervi di
rimandare o delegare i vostri impegni per una mia faccenda che, in
confronto
alle vostre, è una vera e propria sciocchezza.». Stringo
maggiormente
la sua mano, avvicinandomela alle labbra, sussurrando a pochi
centimetri dalla
sua pelle lattea «Ve ne prego, Byakuya-sama. Vi prometto che
farò attenzione,
mi vestirò ulteriormente, se ciò può
rassicurarvi e permettervi di assolvere i
vostri doveri con l’animo in pace. Non potrei perdonarmi di
sapervi lontano
dalle vostre incombenze solo per un mio capriccio.». «Non
è un tuo
capriccio, Hisana, ma una mia scelta consapevole.» ribatte
lui, portando il
braccio ad abbracciarmi le spalle per stringermi leggermente
«Sai bene che non
riuscirei a non pensarci, in ogni caso.». Senza
lasciarmi il tempo
di replicare ulteriormente, mi volta e mi accompagna verso il
corridoio,
lasciando la mia mano per poter
aprire
il fusuma decorato. Mi lascio così condurre fino alla sala
da pranzo, dove
consumiamo la colazione, e non posso fare a meno di notare che le
porzioni che
mi vengono servite sono più abbondanti del solito. Non sono
mai stata incline a
mangiare molto, ma la povertà e la fame sofferta durante la
mia permanenza nel
Rukongai mi hanno insegnato a non sprecare mai il cibo che mi viene
offerto,
motivo per cui consumo diligentemente il mio pasto sotto lo sguardo
attento del
nobile Byakuya. So bene che presta più attenzione al cibo
che lentamente
diminuisce sui miei piatti, che non ai documenti che regge in mano o
alla
quantità di the che gli è rimasta nella tazza. Una
volta terminato
raccolgo i piatti, che subito vengono portati via da una serva, ed
insieme ci
alziamo. La mia mente lavora ancora a briglia sciolta per trovare un
modo per
farlo restare. So che può suonare paradossale, quando io per
prima desidero la
sua compagnia, ma non voglio assolutamente che venga rimproverato per
esser
venuto meno al proprio lavoro per stare con me. Già il Clan
non ha mai visto di
buon occhio la nostra unione, se poi venisse a sapere che Byakuya-sama
ha
evitato i propri doveri per seguirmi nel Rukongai… Siamo
oramai alle
scuderie, la neve che si è depositata sul sentiero
scricchiola sotto i nostri
passi. Immergo metà viso nella pesante sciarpa che
Byakuya-sama mi ha fatto indossare,
e di sottecchi osservo la sua schiena. A quanto pare, è
fermamente deciso a
fare di testa sua, questa volta, e non ci sono state parole e
rassicurazioni
sufficienti per fargli cambiare idea. Il fato sembra arridermi quando
vedo uno
shinigami avvicinarsi a passo spedito, il fiato che forma nuvolette ad
ogni suo
respiro. «Capitano
Kuchiki!»
esclama, fermandosi a pochi passi da noi. Si piega in avanti in un
profondo
inchino, mentre tenta di recuperare il fiato «Le mie
più accorate scuse per il
disturbo, Capitano, ma ho una comunicazione urgente per voi. Il
Comandante
Generale Yamamoto vi manda a chiamare, chiedendovi di raggiungerlo il
prima
possibile nel suo ufficio.». Il
giovane allunga una
lettera, che rapidamente viene letta e ripiegata. Mi stringo meglio nel
michiyuki e sistemo la sciarpa, cercando di conservare il
più possibile il
calore donatomi dagli indumenti, prima di spostare lo sguardo su mio
marito. Mi
sta fissando con un’espressione così pensierosa
che, metaforicamente parlando,
quasi riesco a vedere il suo cervello lavorare frenetico per decidere
cos’è meglio
fare. «Non
fatevi attendere,
Byakuya-sama.» mormoro, posandogli una mano sul braccio e
sorridendogli «Se il
Comandante Generale ha richiesto la vostra presenza con tanta urgenza,
non
avete un minuto da perdere.». Lui
mi osserva ancora
con aria assorta, prima di rivolgersi al giovane Shinigami che, nel
frattempo,
è ancora a testa china. «E
sia. Fai ritorno al
quartier generale, 5° seggio.». Il
ragazzo esclama un
“Signorsì, Capitano Kuchiki!” deciso,
prima di rivolgerci un ulteriore inchino
e voltarci le spalle. Lo osservo correre fuori dalle mura della
residenza, cercando
quanto più possibile di evitare di alzare gli occhi su mio
marito. Sì, perché
temo quanto sta sicuramente per dirmi. «Hisana,
per cortesia,
rientra.» ecco, infatti i miei timori si rivelano fondati
«Non mi pare
veramente il caso di lasciarti andare nel Rukongai con questo
tempo.». Stringo
le mani al
petto, mordendomi piano il labbro inferiore, e dopo qualche attimo di
incertezza ricambio lo sguardo grigio e preoccupato che mi rivolge. «Byakuya-sama,
ve ne
prego…» replico piano, insaccandomi ulteriormente
nelle spalle «Come voi non
riuscireste a non preoccuparvi per me, io non riuscirei a stare con il
cuore in
pace sapendo che dovrei essere nel Rukongai a cercarla.
Perciò, vi prego…». Senza
che me ne renda
conto la mia mano è salita a stringere piano il suo haori
bianco da Capitano,
venendo presto coperta dalla sua. La sua pelle, sempre così
morbida, è anche
così fredda… «Non
appena inizierò a
sentirmi anche solo vagamente male farò ritorno, lo
giuro.» proseguo, non
volendogli dar tempo di replicare «A cavallo ci
metterò molto meno tempo, ed
avere gente al seguito potrebbe rallentarmi e basta.». Mi
sto giocando ogni
carta a mia disposizione, snocciolando qualsiasi scusante per
impedirgli di
dirmi di stare a casa. «Hisana…». «Vi
prego!» più che
un’esclamazione che dovrebbe esser decisa, è quasi
un singhiozzo disperato. Tra
noi permane il
silenzio ancora per diversi istanti, prima che un suo sospiro infranga
quella
bolla ovattata che ci aveva rinchiusi. «Giuramelo,
Hisana.
Non fare follie.» è il suo unico commento. Annuendo
obbediente,
lo ringrazio con un gran sorriso. Un movimento appena percettibile lo
porta ad
inarcare verso l’alto gli angoli della bocca, in uno dei suoi
leggeri e rari
sorrisi, e quasi con riverenza posa le labbra sulla mia fronte, dopo
avermi
scostato il ciuffo nero che, ribelle, non ne vuole mai sapere di stare
al suo
posto. Lentamente sposta la mano dalla mia tempia al mento,
sollevandolo un
poco per incrociare le mie labbra con le sue. È un tocco
delicatissimo, il suo,
quasi reverenziale, come se donare un bacio fosse, per lui, un onore.
Oh, non
sa che quello è un sentimento che vale per me, ma non deve
valere per lui, no. Il
nobile Byakuya mi
ha raccolta dalle sudice strade del Rukongai e, oltre ad una casa,
degli abiti
e del cibo, mi ha fatto dono anche del suo cuore: così
ambito da tante nobili
fanciulle, così traboccante di dolci sentimenti, seppur
repressi dalla carica
che porta sulle spalle, così prezioso ed inarrivabile come
le cose più belle e
proibite. Per quanto mi riguarda, ricambiare al massimo delle mie
possibilità i
suoi sentimenti, donarmi a lui è ben poca cosa, in confronto
a quanto lui
stesso ha fatto per me. Il suo amore è così tanto
che, talvolta, mi sconcerta,
facendomi sentire impossibilitata a contraccambiarlo con la stessa
intensità.
Non perché non provi un sentimento tanto forte nei suoi
confronti, ma perché….
oh, non so veramente come spiegarlo. È come un fiume in
piena, ha la stessa
forza di un corso d’acqua che, a forza di accumularsi, ha
distrutto la diga che
lo teneva imprigionato, ed è ora finalmente libero di
scorrere senza impedimenti
di sorta. «Hisana.»
la sua voce
mi tira fuori a forza dai miei pensieri e, guardandolo mi accorgo che
mi sta
porgendo un sacchettino ricamato. Ma quando l’ha preso? Oh,
non serve un genio
per capirlo: ha utilizzato lo Shunpo per spostarsi «Porta
questo con te,
tienilo vicino al cuore. Se ti sentissi male e non fossi in grado di
tornare,
saprò trovarti, ovunque tu sia.». Mi
prende una mano e
ci posa sopra il sacchettino di stoffa, portando le mie dita a
chiuderlo nel
pugno. La stringe per pochi attimi, facendomi percepire che
all’interno vi è
qualcosa, prima di fare un passo indietro. «Ora
devo andare. Fai
attenzione, Hisana, mi raccomando.». «Anche
voi,
Byakuya-sama.» replico in risposta, sorridendo ulteriormente
per rassicurarlo. Un
ultimo cenno del
capo, prima di vederlo voltarsi e dirigersi verso i cancelli della
residenza.
Aspetto di vederlo oramai oltre le mura, infine entro nella scuderia.
L’ambiente è notevolmente più caldo
dell’esterno, un soffuso sbuffare dei
cavalli si leva non appena chiudo il portone alle mie spalle. Avanzo
piano tra
le due file di recinti da cui sbucano i musi incuriositi degli animali,
fermandomi davanti ad uno dal manto nero, con una singola macchia
bianca in
mezzo alla fronte. Quello
fa per
avvicinarmi il grande muso alle mani che gli ho teso, in cerca di una
carezza.
Sfrego piano la mano sul pelo e la criniera corvina e serica, prima di
adoperarmi per farlo uscire dal recinto. So che i suoi occhi neri non
mi si
staccano di dosso, mentre prendo da un ripiano una delle coperte e
gliela
adagio, accuratamente ripiegata, sul dorso. È poi il turno
della sella, di una
piccola sacca che vi allego e delle redini, che afferro per
accompagnare fuori
l’animale. Lo
sento sbuffare
quando gli zoccoli schiacciano la neve, come se non si aspettasse che
fuori
facesse così freddo. Lo accarezzo un’altra volta
sul muso con entrambe le mani,
lisciando il pelo con i palmi, per poi portarmi al suo fianco e salire
lentamente. Mi chino verso il suo orecchio, mormorandogli poche parole,
e
insieme ci dirigiamo verso l’uscita. Fortuna
vuole che con
una mano riesca senza problemi a tenere chiuso il michiyuki e la
sciarpa, e con
l’altra a reggere le redini del cavallo, che procede a passo
abbastanza spedito,
ma non al trotto. Ben
presto
attraversiamo i cancelli che separano Percorriamo
rapidi il
selciato, deviando per le strade esterne del distretto: tempo addietro
mi ero
fatta fare una mappa approssimativa dei più di 300 distretti
che compongono il
Rukongai, e ho segnato con una croce quelli già controllati.
Mi dovrò
allontanare un po’ di più del solito dalla
Seireitei, stavolta, per cui è bene
affrettarsi. Il cavallo segue diligente le istruzioni che gli do,
aumentando di
propria iniziativa l’andatura in maniera molto sensibile. Di
quando in quando
controllo la mappa per accertarmi di non andare oltre la zona che
dovrò
ispezionare e, quando finalmente giungo al confine, tiro leggermente le
redini
per far rallentare il cavallo. Poche sono le anime che si vedono in
giro, la
maggior parte di esse sono raccolte a piccoli gruppi vicino a dei
focolari di
fortuna, pochi e leggeri stracci a proteggere i corpi denutriti e
tremanti dal
freddo. Rivedo tali immagini, e una volta in più mi convinco
di non esser degna
della fortuna che mi è capitata. All’improvviso,
da una
delle stradine più strette, si leva forte e chiaro il pianto
di una bambina. Mi
affretto a deviare in quella direzione, il cuore che batte come
impazzito mentre
la voce si fa sempre più forte. Una volta svoltato
l’angolo, mi trovo davanti
alla sua fonte: una neonata piange disperata tra le braccia di quella
che
probabilmente è la madre, la quale la stringe forte in un
debole tentativo di
proteggerla dal freddo, sussurrandole parole dolci condite di tristezza
per
tentare di farla smettere. È qualcosa che mi ferisce
più di una pugnalata al
cuore, come se me lo stessero letteralmente strappando dal petto. Se
soltanto
avessi avuto anch’io un tale coraggio… Avvicino
ulteriormente
il cavallo, lentamente, per non spaventarla. Lei mi guarda con tanto
d’occhi, e
definirla terrorizzata e sorpresa sarebbe un eufemismo. Scendo facendo
attenzione, stringendomi nel michiyuki per impedire che voli via. La
giovane si
ritrae addossandosi alla parete che ha alle spalle, come se temesse
chissà
quale aggressione da parte mia. «Perché
non siete
vicine ad uno dei focolari…?» chiedo piano,
chinandomi vicino a loro. La
vedo stringere
maggiormente il fagotto piangente che ha tra le braccia, mordendosi le
labbra e
lasciando scorrere le lacrime lungo le gote pallide e scarne. «La…
la bambina li
infastidisce. Hanno detto che se ci avviciniamo…
se…». Oh,
non c’è bisogno di
dire altro. So cosa intende dire, cosa non ha il coraggio di ripetere. Se ci avviciniamo, ci ammazzano a bastonate.
Quante volte ho assistito a barbarie del genere, prima di incontrare il
nobile
Byakuya… Poveracci che cercavano un po’ di calore
da quel focolare di fortuna
venivano letteralmente massacrati solo perché avevano invaso una zona che non gli apparteneva.
Purtroppo, nel Rukongai
non esistono leggi, a parte quella del più forte. I deboli,
chi non sa o riesce
a difendersi, o le donne stesse rischiano costantemente di finire
schiacciati
da altri. Anche nell’Inuzuri, il distretto dove ho vissuto
per tanto tempo, era
così. Il
pianto della bambina
mi riporta fuori da quel flusso di ricordi. Lei e la madre stanno
letteralmente
gelando, e non hanno possibilità di avvicinarsi al fuoco.
Voglio… voglio fare
qualcosa per aiutarle. Mi rialzo piano e, una volta avvicinatami al
cavallo,
gli tolgo la coperta che ne copre il dorso. Sento gli occhi scuri
dell’animale
osservarmi attenti, forse con una punta di disappunto, ma non ci penso
più di
tanto. Il calore del suo corpo ha reso la coperta tiepida, ed
è abbastanza
grande da coprire entrambe senza grossi problemi. Me la acciambello tra
le
braccia, tornando verso la giovane che mi osserva come se avesse
davanti un
fantasma. «Vi
prego, prendete
questa.» mormoro «Non sarà molto e mi
dispiace veramente non poter fare di più,
ma riuscirete a trovare un po’ di ristoro, forse.». Lei
singhiozza
piangendo più copiosamente, stringendo la bambina al petto. «K-Kami-sama,
signora,
ne siete davvero sicura?» farfuglia incerta «Noi
non…» «Ve
ne prego. Non
voglio nulla in cambio, nemmeno ringraziamenti. La mia potrebbe essere
un’azione egoistica, ma per cortesia, proteggete voi stessa e
la vostra piccola
dal freddo, dalla barbarie di questo luogo.» allargo la
coperta e gliela faccio
cadere leggera sulle spalle, accucciandomi di nuovo per sistemargliela
addosso
ed osservarla in viso a pari livello «Va bene
così, dico davvero.». I
suoi ringraziamenti
si mischiano ai suoi singhiozzi, mentre si stringe nella coperta come se
questa
fosse calda come il fuoco. Che egoista sono. Inutilmente tento di
convincermi
di non averlo fatto perché una situazione analoga mi era
inquietantemente
familiare. Ma quel pensiero è fisso, martellante, doloroso.
Sono solo una
schifosa egoista che non merita certo tutta la fortuna che ha.