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Autore: aXa 22    11/05/2012    7 recensioni
Radish e Bra? Ma certo! Un amore complesso e travagliato che ho impresso in poche righe. Un esperimento degno di me e chi mi conosce sa che rendo tutto possibile! Se volete cambiare aria, spero che questa one shot possa farvi compagnia... cit. Avrei voluto che regnasse la calma durante la nostra unione, ma non riesco a dominare l'istinto e tutto finisce. Così com'è iniziato, si spegne. La fugacità di un attimo, la sua perfezione mortale...
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bra, Radish
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dragon Ball, Bulma e Vegeta sono proprietà di Akira Toriyama. L’intreccio descritto invece, rientra nel copyright dell’autrice, pertanto NON è ammessa altrove la citazione totale né parziale di tale scritto; tale divieto si estende al componimento in ogni sua fattezza, descrizione e caratteristica.
!!!!!La citazione deve essere da 22volteME autorizzata esplicitamente. Grazie.




ndA. Prima flashfic dedicata a Radish e Bra, una coppia che ho rispolverato volentieri. Triste e malinconica, ma comunque attigua al mio solito modo di scrivere. Una partenza sofferta, dettata da un patto che Radish ha stretto con Vegeta; un patto che vuole e deve rispettare per poter guadagnare la fiducia del più cinico e risoluto dei sayan. Quale patto? Lo scoprirete leggendo. Mi rendo conto che la tendenza sarà quella di paragonare i miei protagonisti alla coppia Bulma - Vegeta, ma l'accostamento, non nato in modo volontario, è dettato dalle quasi normali somigianze che intercorrono tra i protagonisti di DB: Radish è un sayan ( molto simile e molto diverso da Vegeta ) e la natura che condivide col Principe è stata resa al massimo. Ho introdotto anche un altro elemento che potrebbe far pensare a Bulma, ma vorrei comunque precisare che la storia di Bulma e Vegeta rientra in Missing Moments: lei potrebbe non essere stata gravida al momento della partenza di Vegeta dalla terra. Molto probabilmente da questa breve flashfic deciderò di trarre una ff vera e propria. Fatemi sapere cosa ne pensate! Fatte queste precisazioni non posso che augurarvi buona lettura!



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“Così è qui che ti alleni?”
 
La tua voce mi risveglia. Mi fa sobbalzare e mi trascina lentamente fuori del torpore mentale in cui ero caduto solo qualche attimo prima, vinto dal bisogno di solitudine che caratterizza ogni sayan.
Mi volto per poterti guardare in volto e me ne rammarico. Non avrei dovuto farlo. Sei bellissima, ma io non posso farmi vincere dai sentimenti che mi legano al tuo essere, non posso farmi vincere dai tuoi colori marini perchè se mi fermo ora, è finita. Sono morto.
 
“Già” mi limito a rispondere, mentre raccolgo da terra l’asciugamano e la tuta da combattimento logora che qualche ora prima ho cavato, colto dalla disperazione e dall’afa di quel pomeriggio soleggiato di giugno.
Ti accorgi del mio malumore e del mio oscuro rimuginare e mi vieni incontro con fare tranquillo, abbozzando un sorriso.
Quel sorriso… mi mancherà, lo so che sarà così, mi tormenterà notte dopo notte ma cerco di non pensarci perché non è davvero consono per uno della mia razza perdersi in tale svenevolezze. Ma del resto non sono più io da tanto tempo, non sono più il sayan di una volta, sono cambiato e nonostante all’inizio la cosa mi sgomentasse e mi inorridisse, oggi so che era davvero quello che volevo. Mi hai cambiato ed è stato doloroso, ma in quel dolore c'era anche qualcosa di soffice.
 
“Sei tutto sudato, devi farti una doccia” mi rimproveri, cercando un contatto, provando ad allungare una mano per sfiorarmi una spalla.
Mi scosto bruscamente di lato e tu ritrai le dita come scottata, per poi guardarmi come confusa.
T’incupisci, non me ne dovrebbe importare così tanto ma vengo vinto dal bisogno di cercare di nuovo i tuoi occhi e mi spezzo dentro quando li colgo umidi. So che ti ferirò, ne sono certo. Non sei più in grado di nascondere quello che provi per me, lo so. E forse, nemmeno io ora posso negarmi.
Sfuggo al tuo sguardo magnetico all’improvviso, colto da uno strano dolore al petto e mi avvio verso quella per lunghi mesi sarà la mia casa: una navicella spaziale rigida, sterile, di metallo. Qualcosa di decisamente diverso dal tuo abbraccio.
Non ti perdi d’animo nel vedermi allontanare, anche se sai che la mia dipartita è ormai vicina, e parli di nuovo. La tua voce trema ma tu sei così ostinata.
 
“Più tardi possiamo mangiare insieme” mi dici a voce moderatamente alta, dissimulando la tristezza “Mia madre ha costretto papà ad uscire”
 
Non sono stupido, Bra. La tua voce ti tradisce. In quel tono così spensierato ho percepito la desolazione che si sta nutrendo della tua anima e mi sforzo di non girarmi, conscio che nel farlo potrei perdermi per sempre.
“Non mangerò con te. Lo sai, devo andarmene” te lo dico subito, lo butto fuori dei denti con la stessa cupidigia di un veleno, sperando in tal modo di dissuaderti dall'insistere.
“Ma di che parli?” replichi fulminea, fingendo di non sapere del patto che solo qualche ora prima ho deciso di firmare davvero col sangue.
“Partirò stanotte” mi limito a rispondere con voce ferma e decisa, mentre il petto si stringe di nuovo ed il battito cardiaco s’amplifica di colpo “Devo” lo dico più a me stesso che a te, ma spero comunque che tu possa capire.
“Ma… Radish… Aspetta!” cominci a parlare correndo verso la navicella “Perché? Che stai dicendo?” la tua voce suona strozzata e il mio torace si contrae ancora una volta come vinto da una morsa poco incline alla misericordia.
 
L'unica cosa che ti chiedo è di non piangere. Bra, non lo sopporterei, non farlo, me lo hai promesso.
 
“Perché è così” mi limito a rispondere, senza voltarmi, percependo i tuoi passi tremendamente vicini “Dovresti tornare a casa, non c’è posto qui per te”
“Sei tu quello che mi sembra fuori posto, io non dovrei essere da nessun’altra parte al mondo”
“Hai ragione. Questo non è il mio posto”
 
Sto salendo a passo lento la rampa della navicella, ma improvvisamente qualcosa arresta il mio cammino.
Le tue braccia intorno al mio torace, la tua faccia premuta sulla mia schiena, i tuoi capelli contro i miei. Il tuo respiro che si amplifica tramutandosi in un velato singhiozzo.
“Ti prego…” è un sussurro quello che sento, è impercettibile “Ti prego Radish… Non andartene, non puoi, non te lo permetto, non voglio”
 
Vorrei Bra, vorrei poter restare ma è una questione d’orgoglio e di onore. Non posso rimanere. La scelta sarebbe troppo ardua. Solo una settimana fa tuo padre mi ha ammonito: se fossi rimasto, avrei dovuto dimostrare di poterlo eguagliare. Se fossi rimasto, avrei dovuto raggiungere almeno lo stadio del Super Sayan. Se fossi rimasto con te avrei dovuto dimostrargli di poterti difendere. E per un attimo, uno solo, ho creduto di potercela fare. Ho dato il massimo in questi sette lunghissimi e fottutissimi giorni d’agonia. Ho dato tutto me stesso. Mi sono piegato, umiliato, ho mortificato la mia carne ma non è servito a niente. Non ho aumentato la mia forza spirituale nemmeno di un punto, i miei capelli neri lo dimostrano e sono il chiaro segno di una sconfitta che uno come me, della mia stirpe, non può tollerare. Tuo padre lo ha attestato e con uno sguardo severo e risoluto, forse comprensivo non saprei, mi ha indicato la strada. O così o morto. Capisco il tuo dolore ma Vegeta ha ragione. Non posso restare se non posso dimostrargli il mio valore come uomo e come sayan. Cerca di capire.

“Ti prego, io ti amo…” ancora un sussurro, ma non è quello a scuotermi dentro ed a farmi ruggire di frustrazione “Se te ne vai potrei morire”
 
No. Non sono mai state le parole. Tra noi non sono mai servite. Uno sguardo e sei stata mia, uno sguardo ed io sono diventato tuo.
Più delle parole tra noi hanno vinto le azioni in passato e come allora, adesso. I tuoi gesti mi feriscono. Il tuo petto freme, i tuoi sospiri afflitti mi fanno patire, le tue lacrime sul mio corpo, le tue lacrime che si mischiano al mio sudore sulla pelle tesa ed affaticata, mi stanno spezzando l'anima.
Non piangere Bra, non l’ho mai sopportato.
 
“Lo so” mi dici ad un certo punto, lasciandoti scappare un riso sconfortato “Lo so che ti avevo promesso di non farlo, ma è più forte di me, non ce la faccio”
 
Ma non sono arrabbiato, Bra. Mi piaci così. Mi sei sempre piaciuta. La tua spontaneità, la tua esuberante vivacità, la tua sincerità, la tua irritante schiettezza, il tuo mostrarti a me senza veli, senza maschere e senza compromessi.
Ti ho capita alla fine.
E ricordo ancora il nostro primo bacio. Sono stato io a dartelo. Eravamo distesi sul tetto della casa, in attesa di quelle che tu chiami stelle cadenti e che io preferisco chiamare sciami meteorici.
Non stavi mai zitta. Ma ho apprezzato ogni parola che mi hai elargito disinteressatamente. Le tue chiacchiere mi hanno fatto sentire meno solo.

“Se apparissero questi fottuti frammenti di roccia, smetteresti di parlare?” ho osato dirti in un ghigno pungente.
“Sì” hai assentito tu, stizzita“Ma finché non ci sono…”
“Meno male”ho detto allora io, lanciando una sfera d’energia nel cielo, per accelerare una caduta che non voleva minimamente graziarmi del tuo silenzio.
“Non sapevo potessi farlo!” hai ribattuto tu, guardando estasiata la volta celeste, fissando con attenta curiosità ogni singola scheggia luminosa che invadeva il cielo con un bagliore “Ora potrei chiedertelo tutte le sere”
 
E poi ti sei voltata, hai sorriso, non dimenticherò mai come lo hai fatto e hai ricominciato a parlare, seppur a voce più bassa ed incantata.
Dio, che nervosismo! Ho stretto i pugni e mi sono gettato tra le tue labbra, zittendoti finalmente. Sono scivolato in quella cavità con impazienza ed agitazione e non ho pensato alle conseguenze. Tu mi hai corrisposto con una vitalità ed una passione che mi hanno colto di sorpresa. E per un momento mi sono sentito rinascere.
Ti sei allontanata dal mio volto solo un istante per guardarmi negli occhi, facendomi rabbrividire. Hai sorriso dolcemente nel cogliere un riflesso che non avrei mai voluto mostrarti. Desiderio. Desiderio di te. E tu mi hai accontentato, hai cercato il mio sapore per una seconda volta ma con fare meno prepotente.
 
Ecco. Credo di essermi innamorato di te in quel preciso momento, quando le tue mani delicate si sono posate sul mio volto per lusingarlo con carezze che mai nessuno aveva osato elargire. Credo di essermi innamorato di te in quel preciso istante, quando la mia bocca ha ingoiato i tuoi sorrisi maliziosi, sorrisi che nascevano dalla consapevolezza che tuo padre avrebbe potuto uccidermi se mi avesse colto in flagrante nel momento in cui con le mani cercavo i tuoi seni e li denudavo in modo stranamente gentile, scoprendoli pallidi e tremendamente morbidi. Credo di essermi innamorato di te allora, mentre ansimavi armoniosamente sulla mia pelle ruvida ed io succhiavo i tuoi capezzoli, inebriandomi del loro dolce e muliebre sapore. Credo di essermi innamorato di te in quell'occasione quando tra un respiro ed uno sguardo rapito, mi hai chiesto di entrare nella tua camera per fare l'amore.
Quella è stata la mia rovina.

Ora potrei chiedertelo tutte le sere.
 
“Ti prego non lasciarmi, io non posso stare senza di te” la tua voce è più sicura ora.
Maledizione Bra, perché mi tormenti? Cosa ho mai fatto per meritarmi il tuo pianto ed il tuo amore?
“Non posso restare, ora lasciami” te lo dico di nuovo, quasi in una supplica “Non capisci che è l’unico modo che ho per dimostrare a tuo padre il mio valore? ”
“E solo questo che t’importa?” mi gridi allora contro, raggiungendo i miei occhi, bloccandomi il cammino “Il valore? E io? Io valgo così poco?”
“Smettila!” ti ammonisco, fermando la tua mano che ha provato a schiaffeggiarmi "Non fare la bambina"
“Dimmelo!” insisti, irremovibile “Dimmi che non valgo niente e me ne andrò ma devi dirmelo Radish! Dimmelo! Dillo! Dillo che tutti questi mesi non sono stai niente per te!" continui a gridare, provando a colpirmi di nuovo in volto e poi sul petto "Dillo che sono solo una scommessa mal riuscita! Dillo! Accidenti a te, dillo!” inizi a piangere in modo sommesso ma copioso, ti avvinghi al mio torace, singhiozzi come un uccellino ferito.
 
Ti allontani all'improvviso con fare poco deciso e ti porti le mie mani al volto, getti gli occhi al suolo e poi torni a guardarmi, mentre le lacrime ti rigano il volto ormai arrossato dal calore della primavera e dell’agitazione.

“Non pensi a me?” mi chiedi in un sussurro soffocato “A noi?” solo allora porti una mia mano al tuo grembo ed io sussulto nel percepire il tuo ventre gravido e leggermente morbido.
Ti fisso più profondamente che in precedenza e tu annuisci, intuendo la mia domanda.
“Lo voglio tenere, è nostro. E non voglio essere sola quando accadrà”
Un peso mortale m’invade il petto, ma devo tener fede agli impegni presi, devo. Sono un sayan, non un fallito!
“Tornerò prima o poi” mi limito a dire, sapendo che forse non sarà presto.
A malincuore mi baci le dita della mano che ancora ti sfiora il volto.
“E quando?” mi chiedi, chiudendo gli occhi per un momento infinito "Quanto mi lascerai da sola?"
 
Non ti rispondo come vorresti, perchè nemmeno io lo so con esattezza.  E preferisco il silenzio.
Prima devo raggiungere lo stadio del Super Sayan, poi potrò venire sulla Terra, potrò sfidare tuo padre e guadagnarmi il suo consenso per restare qui. E quando lui dirà di sì, io potrò stare con te.
Non so cosa hai capito ma scuoti la testa e ti allontani rapidamente come una puledra offesa, spingendo con la tua spalla sulla mia di proposito, per provocarmi.
 
“Non te ne accorgerai” ti grido dietro, voltandomi, mentre tu ti allontani portando le braccia al ventre e stringendo forte, come per rassicurare anche il frutto dei nostri furtivi incontri che ce la potrai fare da sola.
Ma non rispondi e non sentire la tua voce mi riempie di sfiducia.
“PARLA! Dì QUALCOSA!” t'incito allora, colto da uno strano senso di vuoto e di abbandono, piegando nuovamente l’orgoglio ai bisogni del cuore.
Dopo un lunghissimo silenzio, quando i tuoi passi ormai sono lontano dai miei, ti volti e mi dirigi uno sguardo profondamente infelice.
“Cosa vuoi sentirti dire, Radish?” mi domandi, accennando un sorriso contratto “ Che sarò felice? Che riuscirò a dimenticarti?”

“Non devi dimenticarmi...”
 
Il vento ti smuove i capelli creando onde marine con i tuoi ciuffi ribelli, spandendo nell’aria il tuo profumo di donna che irrinunciabilmente si confonde all’aroma dei campi in fiore. Ho sempre odiato la primavera. Una stagione così stupida... Cosa c’è di felice nei colori e nei dolci tepori? Poi ho conosciuto te e ho capito cosa significasse perdersi nel contemplare una rosa che si schiude od un germoglio che si protende verso il sole. Maledizione Bra! Una parte di me ti odia e vorrebbe ucciderti e l’altra parte arresta i miei violenti propositi, marchiandomi a fuoco come si fa con le bestie da macello. E la rabbia mi invade.
I tuoi occhi umidi non placano il dolore e riversi copiose gocce salate al suolo, mentre mi fissi con caparbietà, perché non è da te chinare il capo quando io ti contemplo.
So che me ne pentirò, per Dio!, ma non posso andarmene senza averti toccata un’ultima volta.
 
Ora potrei chiedertelo tutte le sere.
 
In pochi attimi mi avvicino, mentre il tramonto disegna bagliori sulla tua pelle candida e lunare, illuminando la tua esile figura, che oggi è stranamente adornata da un vestito bianco, non rosso.
 
“Dimmi solo che mi aspetterai” mormoro ad un palmo dalla tua bocca, succhiando via le tue lacrime, buttando dentro a quel bacio ogni particella del mio essere. Ogni atomo della mia essenza.
Non so come ho fatto a dirlo. È assurdo. Già sento lo stomaco contrarsi per la fatica ma io amo farmi del male.
“Me lo farò bastare, bambolina” lo dico in un mezzo ghigno, mentre ti torno a guardare negli occhi e tu sorridi.
Un sorriso felice e nervoso, pur sempre sincero.
 
Ti ha sempre fatto infuriare il mio arrogante e quotidiano modo di beffeggiarti e quell’appellativo, poi… oh, ricordo le tue scenate! Ricordo il tuo tirarmi dietro oggetti che si rivelavano buoni per quel compito così azzardato, il tuo modo di inveirmi contro anche quando tra un amplesso e l’altro, trovavo il modo di prenderti in giro e poi di farmi perdonare. A modo mio, s’intende.
 
Ora potrei chiedertelo tutte le sere.
 
La tua bocca si chiude di nuovo sulla mia, si fonde con il mio sapore e per un attimo, uno solo, perdo il controllo. Non vorrei, ma il mio cervello va in black out. Prepotenti come pugni, i ricordi m’invadono. Mi tornano alla mente uno dopo l’altro. Ricordo il mio arrivare sulla Terra, quando il campo elettromagnetico dell’Inferno ha ceduto, ricordo l’incontro con il Principe dei Sayan e l’ospitalità di sua moglie, ricordo gli allenamenti con tuo fratello Trunks ed i bisticci con una piccola ragazzina azzurra, che sotto alle mie sporche mani di sangue è diventata donna.
Ricordo i nostri fugaci e celati incontri, ricordo il tuo modo di sussurrarmi parole solo per rabbonirmi, il tuo modo di carezzarmi le spalle quando volevi attenzioni, il tuo modo di sorridermi dopo avermi baciato ed esserti distesa sul mio petto, con l’intento di prendere sonno.
 
Ora potrei chiedertelo tutte le sere.
 
Ogni dettaglio resterà impresso nella mente bambolina, fino al mio ultimo respiro ; ogni gemito che ti sei lasciata sfuggire amandomi, echeggierà impavido intorpidendo gli affanni e lo stesso effetto sortirà il rimembrare gli ansiti che le mie dita ed il mio ventre ti hanno estorto con le lusinghe di un amore che per troppo tempo ho tentato di rifuggire, evitandoti, schivandoti, allontanandoti dal mio cuore ancora troppo sayan.
Hai vinto tu.
 
Scivolo al suolo, trascinandoti dolcemente con me in quella che presto si ergerà ad ennesima dimostrazione del nostro legame. Ti bacio, ti tocco senza fretta, ti carezzo sulle gote e sul volto, portando via le tue lacrime con le dita. Ignori la calura e mi chiedi di fare l'amore in un sussurro deciso. Per l'ultima volta. Ancora una volta e, Dio... t'accontento. Ti spoglio adagio, stando ben attento a non usare modi rudi o dispotici. Ti faccio mia con le dita e con la lingua e scivolo in te dopo lunghissimi minuti di quella dolce tortura fatta si sospiri e sfregamenti. Entro in te in profondità, ingoiando i tuoi gemiti, prendendo a spingere in preda ad uno strano senso di agitazione e possesso, per imprimermi il tuo odore e la tua carne nella mia. Avrei voluto che regnasse la calma, ma non riesco a dominare l'istinto e tutto finisce; così com'è iniziato si spegne. La fugacità di un attimo, la sua perfezione mortale.
Resti sul mio petto a lungo, poi all'improvviso ti alzi in piedi e ti rivesti adagio, senza guardarmi. E io ti imito, senza parlare.

“Ti aspetterò, Radish” sussurri all’improvviso, poggiando la tua fronte sulla mia, rubandomi un altro languido bacio, permettendomi di assaporare le tue labbra morbide che sanno ancora di zucchero, nonostante prima io le abbia consumate come la fiamma fa con la cera delle candele “Ti aspetteremo” ti correggi, sorridendomi ed asciugandoti le lacrime con una mano “Perché so che tornerai ed io conterò i giorni fino ad allora. Non deludermi o sarò io ad ucciderti, non mio padre”
Ti sorrido e mi faccio di nuovo serio quando indietreggi e volti il capo di lato, stringendo gli occhi per non ricominciare a piangere.
“Ora vai” sussurri, senza guardarmi “ Fallo… prima che cambi idea”





fine.
  
   
 
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