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Autore: Helektra    11/05/2012    1 recensioni
...Perché quella era la vendetta che si era concessa: la tortura psicologica, quella portata dal terrore, quella che leva il sonno e che uccide molto più lentamente di un ferro rovente, quella che si infila nei più piccoli spazi tra un pensiero e l’altro e alla fine condiziona tutto l’essere. Una vendetta atroce, senza possibilità di vie di uscita...
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell'autrice: il primo capitolo mi è venuto in mente una sera, mentre non stavo facendo niente e spero di continuarlo, anche se non so quando potrà succedere... Per favore è la mia prima vera storia, quindi vi prego abbiate pietà di me, ma se avete consigli e suggerimenti sono tutta orecchi per migliorare ogni giorno :) Adesso vi lascio al primo capitolo di una storia che spero che vi appassioni come sta appassionando me mentre la scrivo :)

 
Il ragazzo era seduto sulla sua scrivania, curvo, come se il peso della responsabilità lo schiacciasse e lo deprimesse sempre di più. Si prese la testa tra le mani, mentre osservava il fascicolo che aveva davanti gli occhi, cercando di trovare un nesso in quella storia senza spiegazioni, senza nessun punto di appiglio, di un caso che riguardava una bambina scomparsa nel nulla durante un’uscita con i genitori. Erik osservò attentamente la foto della piccola bambina di otto anni, con i codini e un sorriso sbarazzino sulla faccia, il nasino all’insù e un piccolo buco nel sorriso, dove mancava un dente appena caduto. Sbatté il pugno sul tavolo, preso dalla profonda frustrazione, cercando di sfogare in qualche modo la sua rabbia. Come si faceva a rapire una bambina? Come si faceva a lasciare i genitori in quella disperazione profonda che regnava in quel momento nella loro famiglia?
Erik scosse la testa, ancora una volta, portando una mano tra i capelli e scuotendoli leggermente, come faceva sempre quando era nervoso o pensieroso, ma nulla in quel momento avrebbe potuto aiutarlo a comprendere qualcosa su quel caso: la bambina era scomparsa nel nulla, senza lasciare tracce, mentre la polizia vagava nell’ombra, come lo stesso giovane investigatore che non aveva testimoni con cui parlare o indizi su cui ragionare. Decise di prendersi un attimo di pausa, per cercare di fare mente locale e sperare che in quel modo avrebbe intravisto qualche indizio minuscolo che in quel momento gli sfuggiva.
<< Jasmin! Preparami un caffè! >> Erik aveva una segretaria, una ragazza che studiava criminologia, simpatica e con cui non faceva altro che scherzare, facendo anche battute abbastanza spinte nonostante la ragazza fosse sposata da un anno. Era una bionda formosa, senza veri e propri gusti in fatto di musica o film, ma era abbastanza intelligente per la sua età e lo aveva aiutato in molti casi.
Jasmin entrò di corsa nello studio, saltellando da una mattonella all’altra, cercando di fare lo slalom tra i fascicoli di carta che erano sparsi sul pavimento.
<< Quando ti deciderai a mettere tutto in un computer come si deve e a mettere da parte tutti questi fascicoli di casi risolti? >> La ragazza sorrise, mentre la camicetta troppo stretta e troppo trasparente metteva in mostra le sue forme abbondanti.
Il ragazzo scosse la testa a quel tentativo banale di metterlo in difficoltà e sorrise indicando i suoi vestiti: << E tu quando capirai che non servono magliette scollate o trasparenti per conquistare un ragazzo? >>
Lei rise di gusto e poggiò il caffè sull’unico punto della scrivania dove non c’erano fogli sparsi e in disordine.
<< Ovviamente mai! >> Si sventolò con la mano, sbattendo più colte le ciglia, poi scoppiò a ridere, contagiando anche Erik che per un attimo si distrò.
<< Sei impossibile! Come sta tuo marito? >>
<< Sta benissimo. Un po’ stanco per il lavoro in ufficio, ma sta lottando per diventare un uomo importante, quindi non posso far altro che appoggiarlo. >>
Erik annuì e le sorrise. << Quanto ti manca alla laurea Jasmin? >>
<< Sto preparando la tesi in questo periodo. Ho deciso di concentrarmi su quell’omicida misterioso che sta girando adesso in città. Il modus operandi è sempre lo stesso, ma i posti in cui gli omicidi avvengono sono sempre diversi e anche il modo in cui uccide. Non c’è un rituale. Sembra che l’assassino vada davanti alla sua vittima e la uccida senza tante cerimonie. >> Jasmin sospirò << In più è importante notare come l’assassino si limiti ad uccidere solo grandi imprenditori che erano stati sospettati di accordi con la malavita. Non uccide neanche le guardie delle sue vittime. È strano e sarà divertente provare a capire cosa vuole davvero. Di sicuro deve essere un ottimo miratore, forse un ex cecchino dell’esercito? >>
Lei annuì, mentre usciva fuori dalla stanza, pensando e rimuginando tra se e se e ogni tanto parlando ad alta voce. Erik scosse la testa, divertito dal comportamento di Jasmin che, fortunatamente, riusciva a distrarlo quando aveva un attimo di pausa. Il ragazzo non voleva ricominciare a lavorare subito sul suo caso, perciò accese la tv, solo per far finta di vedere qualche programma. Casualmente la tv si accese su un telegiornale, che trasmetteva la notizia di un importante uomo d’affari che avrebbe passato la serata in un locale della città, in attesa di ripartire per incontrare i ministri del parlamento italiano. La notizia non avrebbe significato nulla se la reporter non avesse detto che l’uomo era stato sospettato di contatti con la malavita e che quindi si temeva l’attacco dell’assassino che aveva terrorizzato tanti malviventi.
Il giovane investigatore chiamò Jasmin che subito corse a sentire la televisione, fremendo e tremando per l’eccitazione.
<< Capo! Io questa sta sera non ci sarò! Devo presentarmi alla discoteca e cercare di entrare per vedere se ci sarà la Morte! >>
Erik scoppiò a ridere vedendo l’eccitazione della ragazza, che sembrava una bambina davanti ad un lecca-lecca gigante. Le scompigliò i capelli sulla testa e Jasmin si imbronciò proprio come una bimba di cinque anni, poi scoppiò a ridere.
<< E cosa dirà tuo marito quando saprà che sei andata in una discoteca quando dovresti tornare a casa a badare a lui? >>
Jasmin sbuffò, facendo sorridere ancora di più Erik. << Beh gli dirò che mi ha costretto il mio capo se questo non manterrà il segreto! >>
Erik sorrise ancora, poi la curiosità di cercare di scoprire chi fosse la Morte lo sorprese e d’impulso decise che quella notte sarebbe andato in una discoteca, non per cercare qualche bella ragazza con cui divertirsi, ma per assistere ad un assassinio.
<< Verrò con te! >> A quella esclamazione la segretaria rimase così sconcertata che strabuzzò gli occhi tanto che divennero tutti bianchi.
<< Che c’è? Sono ancora giovane! Ti ricordo che ho solo 26 anni! >>
Detto questo Erik spense la tv e le luci, poi i due si separarono e si andarono a preparare per quella serata.
 
 
Tre ore più tardi, verso le otto di sera, si ritrovarono entrambi davanti all’entrata della discoteca più piena della città. Grazie ad un vecchio amico di liceo di Erik, i due giovani erano riusciti ad entrare senza tanti problemi, ricevendo solo qualche occhiataccia dalle persone che stavano attendendo in fila.
Dentro la sala era buia, mentre le luci stetoscopiche e l’alta musica distraevano e confondevano i nuovi arrivati, che aspettarono che i loro occhi si adattassero all’oscurità. Come sempre Erik fece un giro del locale per accertarsi che ci fossero uscite di emergenza in caso di pericolo e per controllare la sicurezza del luogo. Siccome un ricco imprenditore di malaffare come Edmund Mhoone aveva deciso di passare la serata in discoteca, le guardie si erano disposte in cerchio per osservare attentamente tutto il grande perimetro della discoteca, mentre altre, esattamente cinque, si trovavano vicino ad Edmund, impedendo a chiunque di passare, a meno che non fosse stato lo stesso ricco e avvenente uomo a decidere di far entrare nel suo circolo qualche persona. L’uomo in questione si trovava seduto su un divanetto di pelle, senza indossare alcuna maglietta, rimanendo a petto nudo e mostrando a tutti i suoi pettorali, mentre tre ragazze, tutte vestite in modo troppo appariscente, lo accarezzavano e gli sorridevano maliziose. Il riccone aveva i capelli tra il biondo e il castano e aveva un paio di occhiali da sole calati sul lungo naso,nonostante fosse all’interno di un luogo chiuso e buio. Erik storse la bocca disgustato da quell’uomo che gli ricordava troppo la sua famiglia di appartenenza e decise di sedersi al bancone, mentre teneva d’occhio Jasmin che ballava e osservava la possibile vittima cercando di non farsi notare.
Passarono sei ore ed il giovane investigatore si stufò di aspettare. Non era successo ancora niente e sospettava che niente sarebbe accaduto. Oramai erano le due del mattino e la stanchezza cominciava a sentirsi, perciò decise di cercare con lo sguardo Jasmin per dirle che sarebbero tornati a casa. E proprio in quel momento il suo sguardo si fissò su una figura al centro della sala, perfettamente immobile.
La figura in questione era quella di una ragazza stupenda, che Erik non aveva mai visto prima. Stonava con gli altri presenti in sala, forse perché, nonostante fosse immobile, aveva l’aria di essere pronta a scattare e a colpire, pronta ad azzannare alla gola chiunque le si fosse avvicinato. Attorno a lei non c’era nessuno, quasi come se tutti avessero paura di avvicinarla, così da permettere ad Erik di osservarla, mentre il suo respiro si spezzava e il suo cuore accelerava i battiti.
La ragazza aveva l’aspetto giovane, aveva venti anni al massimo. Il suo corpo era snello e atletico, elastico, nonostante non facesse nulla per dimostrare ciò. Gli aderenti pantaloni di pelle nera le fasciavano le gambe e i glutei, rendendo stupende quelle gambe lunghe e fine, da modella, mentre gli stivali di pelle con il tacco a spillo slanciavano la sua figura. Una maglietta nera le rimaneva addosso come un fidanzato ossessivo, ma le lasciava scoperta il ventre piatto e con un piercing all’ombelico che scintillava ogni volta che veniva illuminato dalle luci dello stetoscopio, mentre un giacchetto di pelle le proteggeva le spalle e le braccia. I lunghi capelli castani le scendevano lungo le spalle e lungo la schiena, fluenti e mossi come le onde del mare, in netto contrasto con la pelle chiara che la rendeva simile ad una bambola di porcellana, fragile e da accudire con cura. Le sue labbra rosse e carnose avevano gli angoli leggermente sollevati all’insù, come se fosse sul punto di sorridere in quel preciso momento. Ma la cosa più stupefacente erano i suoi occhi. Quella ragazza aveva uno sguardo capace di entrare nell’anima di una persona, di scrutarla, di analizzarla nei minimi particolari, come se volesse decidere chi fosse degno di vivere o no.
Erik sentì un brivido corrergli lungo la schiena, mentre si chiedeva chi diamine fosse quella sconosciuta e mentre si domandava in quale modo avrebbe potuto parlarle. Non avevo mai avuto quel genere di problemi prima d’ora: aveva un fisico asciutto e atletico, capelli biondi abbastanza lunghi da permettere ad ogni ciocca di stare come gli pareva, conferendogli quell’aspetto da ribelle, accresciuta dall’orecchino all’orecchio destro che aveva deciso di portare all’età di sedici anni e che attirava molte ragazze, mentre i suoi occhi azzurri e il sorriso sbarazzino diminuivano leggermente quell’aria di ruvido fascino e lo facevano sembrare un ragazzo apparentemente ribelle, ma anche fragile e dolce, conferendogli l’aspetto di misteriosità e profondità d’animo che attrae ogni ragazza nel giro di cento metri. Come se non bastasse apparteneva per nascita ad una famiglia facoltosa e quindi era popolare, sempre al centro dell’attenzione o in tv accanto alla sua famiglia. Inoltre la camicia mezza slacciata, bianca e semi trasparente anche in un locale del genere, e i jeans azzurri rendevano evidenti il suo fisico e, come gli aveva fatto sempre notare Jasmin, il suo posteriore da favola.
Molte erano sempre state le ragazze che ci avevano provato con lui, anche quella sera, e molte erano le ragazze che erano cadute sotto il suo fascino quando aveva deciso che le avrebbe conquistate. Ma nessuna, nessuna di loro, aveva mai fatto sentire quelle reazioni in lui. Era abituato a sentire il cuore aumentare i battiti, ma solo quando pensava a quello che ci sarebbe stato dopo un suo bacio. Invece in quel momento la sola vista di quelle sconosciuta gli aveva fatto venire il batticuore e mozzare il respiro in gola. Una tremenda curiosità si era impadronita di lui, spingendolo a scoprire chi fosse la ragazza e a conquistarla e renderla sua.
Ma quella era scomparsa nel nulla. “ NO! La devo trovare! ” Pensò, ma subito si pentì, perché la vide mentre si avvicinava sinuosa ed elegante al ricco milionario. Aveva il passo di un predatore: elegante ed affascinante, “ Come una tigre che prima ti ammalia con la sua bellezza e poi ti azzanna. ” Pensò ancora.
Ma la ragazza non si era avvicinata ad Edmund Mhoone per conquistarlo e ricevere qualche favore. No. La sconosciuta tirò fuori da sotto il giacchetto di pelle una pistola nera e fece fuoco mirando tra le guardie del ricco imprenditore, centrando in pieno petto Edmund, mentre tutte le luci della discoteca scoppiarono, coprendo il suono dello sparo.
L’ultima cosa che il ragazzo vide, prima che le luci di spegnessero, furono due occhi che si erano fissati nei suoi, che lo sondarono, poi il nulla assoluto.
Nella sala regnava un silenzio innaturale, mentre tutti si domandavano cosa fosse successo.
<< Signori, la Morte è venuta a farvi visita! >> una voce sensuale proruppe nell’improvviso silenzio, poi le urla cominciarono e nel buio scoppiò il caos quando le persone capirono cosa era appena accaduto.
 
 
 
Due ore più tardi, verso le quattro di mattina, Erik stava pensando ancora a quello che aveva visto, anche se gli era molto difficile, visto che Jasmin aveva avuto una crisi nervosa dovuta allo shock e in quel momento stava borbottando al alta voce e scrivendo su un blocco note che aveva sempre con se. Erik scosse la testa, mentre la osservava e cercava di capire come avesse potuto assumere una ragazza così. Scosse la testa, poi si prese una sigaretta dal pacchetto che portava sempre con se e la accese, aspirando una lunga boccata. La mente gli si schiarì un poco e poté ragionare.
Si chiese come mai non avesse detto alla polizia della ragazza che aveva visto sparare, ma si era limitato a dire di aver sentito la voce pronunciare quelle parole e poi aveva cercato di calmare la folla impazzita per la paura non appena le luci di servizio si erano accese e tutti avevano visto il corpo senza vita di Edmund, mentre una macchia rossa si espandeva sui suoi vestiti. Erik aveva avuto modo di vedere il cadavere appena la situazione si era calmata ed era arrivata la polizia. Era stato inutile cercare il battito cardiaco dell’uomo, poiché era chiaro che era morto. Giaceva mezzo disteso sul divanetto dove proco prima si trovava con le donne, gli occhi aperti che fissavano il nulla, un sorriso sicuro di se stampato sul volto, impresso per sempre sulla sua faccia. Sembrava che non si fosse reso conto della morte che era venuto a prenderlo. Erik, dopo aver visto il cadavere aveva provato e ricordarsi, senza farsi notare, la posizione della sconosciuta, che ora identificava con il nome di Morte, e quella delle guardie.
Quando aveva sparato, la ragazza non si trovava ad una distanza eccessiva della sua vittima, ma il fatto che fosse riuscita a colpire il petto di Edmund senza colpire le guardie che lo proteggevano indicava che la sconosciuta era una brava tiratrice.
“ E’ ovvio! E’ riuscita ad uccidere tre malavitosi senza rimanere uccisa e senza colpire a morte nessuna guardia! Deve essere un mito in fatto di armi e di mira! ”
Ma la cosa che stupiva di più il giovane era che la sconosciuta era scomparsa subito dopo l’uccisione e la polizia non aveva trovato tracce di auto o moto partite in tutta fretta, eppure sapeva che una ragazza con i tacchi a spillo, per quanto atletica e brava, non riusciva a correre per tanto tempo.
“ Ma allora dove è finita? Probabilmente avrà lasciato un’auto da qualche parte non eccessivamente lontano da qui e se ne è andata in tutta tranquillità per evitare di destare sospetti. ”
<< Aaaaaah! Basta pensarci! >>
Lo scatto improvviso del ragazzo aveva fatto sobbalzare Jasmin che lo guardò stravolta. Lui si scusò e le disse che sarebbe andato a perlustrare i dintorni della discoteca per vedere se fosse riuscita a notare qualche traccia che ai poliziotti era sfuggita, anche se sapeva che non avrebbe detto niente alla polizia nel qual caso avesse trovato qualcosa. Stranamente nutriva uno strano senso di protezione verso quella sconosciuta dall’anima guerriera, ma che esteriormente sembrava dovesse essere protetta da una teca di vetro.
Andò dietro alla discoteca, senza neanche osservare la terra in cerca delle impronte di tacchi a spillo, poiché era sicuro che oramai la ragazza fosse lontana chilometri e che non l’avrebbe più rivista.
“ Ma perché mai una ragazza così bella dovrebbe uccidere tutti i malavitosi? ” Era questa la domanda che più gli premeva e che gli aveva fatto venire un mal di testa incredibile. Si fermò perfettamente dalla parte opposta dell’entrata della discoteca e osservò attorno a se. C’era una scaletta che portava al terrazzo della discoteca, protetta da una ringhiera che qualsiasi persona avrebbe potuto facilmente scavalcare. Erik diede le spalle a quella scaletta e si mise ad osservare la landa desolata dietro la costruzione, simbolo di una campagna perduta per far posto a giovani che volevano divertirsi, poi aspirò un’altra boccata dalla sigaretta e la stava per gettare a terra, visto che era arrivato al filtro, quando una voce sensuale, proveniente da dietro di lui, lo fece irrigidire e spaventare.
<< Non dovresti fumare, fa male ai polmoni. >> La voce era la stessa che aveva avvertito in discoteca prima che si scatenasse il pandemonio, infatti quando si voltò di scatto si ritrovò davanti la bellissima ragazza, la Morte.
Mentre nel locale gli occhi della sconosciuta gli erano parsi di un semplice castano, in quel momento, illuminati dalla luce della luna piena, brillavano di un intenso giallo, come quelli di un felino. Quegli occhi lo fissavano spudoratamente, con ostentazione, mentre un sorriso sarcastico era stampato su quel magnifico volto. Erik si accorse che la ragazza, da vicino, sembrava ancora più piccola di quanto avesse immaginato.
“ Mio dio! sembra un’adolescente! ”
Quando il giovane si accorse di avere la bocca spalancata per lo stupore la richiuse prontamente e la giovane di fronte a lui scoppiò a ridere. L’assassina indossava gli stessi vestiti di due ore prima, segno che non era andata alla sua dimora, ma che era rimasta tutto il tempo nelle vicinanze della discoteca.
<< Come ha fatto la polizia a non scoprirti? >> Alla sua domanda la sconosciuta rise e si poggiò sulla ringhiera, in una posa naturale e rilassata, ma dal guizzare dei muscoli si capiva che sarebbe stata pronta a scattare al minimo segno di pericolo. Messa in quel modo, con una gamba poggiata dietro di se, nonostante il suo giacchetto fosse aperto, non si vedeva la pistola.
“ Dove l’ha nascosta? ”
La ragazza sorrise con aria strafottente << Sotto gli occhi di tutti. >> Senza cambiare posizione la sconosciuta modificò la sua espressione. Gli occhi le si riempirono di lacrime e sembrò scioccata e spaventata. << Oh dio… cosa sarà successo? Io..io stavo… ballando e poi…poi la luce è andata via…e quella voce >> Cominciò a singhiozzare e si coprì il volto con le mani. Il giovane, colto alla sprovvista, si avvicinò alla sconosciuta per confortarla, ma quella alzò di scatto la testa e lo guardò di nuovo con aria strafottente e sicura di se.
<< Come vedi mi viene facile fingere e i poliziotti non credono mai che una ragazza come me possa essere una spietata assassina. La polizia mi ha interrogata mezz’ora fa. >> La sconosciuta tirò fuori un portafogli e lo aprì. Era un portafoglio da uomo, di pelle marrone. Dentro c’erano pochi contanti e documenti. La ragazza tirò fuori la carta di identità e l’aprì e osservò il nome e la foto del documento del ragazzo di fronte a lei.
<< Dopo tutto ci eri cascato anche tu, Erik Mc Tavish. >> Erik spalancò gli occhi, senza capire quando la ragazza avesse avuto l’opportunità di prendergli il portafogli che solitamente si trovava nella sua tasca posteriore. Si tastò i pantaloni, ma quello che aveva davanti era chiaramente il suo portafogli. La ragazza glielo consegnò, non prima di aver preso un biglietto da visita e averlo fatto sparire da qualche parte.
<< Perché non mi hai ucciso? Potrei svelare chi sei alla polizia. >> Il tono di Erik era sarcastico ed imbarazzato, poiché nessun ladro era riuscito a rubargli qualcosa e poi quella ragazza, sbucata dal nulla, l’aveva fregato due volte.
Lei si limitò a sorridere, alzando la mano sinistra e poi un dito alla volta. << Primo: ti ho tenuto d’occhio e ho visto che non hai detto niente di me alla polizia, nonostante avresti potuto e dovuto. Secondo: se provi a farlo in qualsiasi momento io lo saprò e tu sarai morto e la tua denuncia scomparsa prima che tu abbia il tempo di capire cosa stia succedendo. Terzo: sei una preda interessante. Forse voglio catturarti vivo. >>
I due si soppesarono un attimo con lo sguardo, come a voler capire quanto l’uno e l’altro fossero seri.
<< Perché nessun poliziotto è riuscito a trovare le tue impronte nel database della polizia? >>
La ragazza ghignò, mentre il suo sguardo si trasformava. Per un attimo il ragazzo pensò di vedere scorrere negli occhi dell’assassina un lampo del suo passato, un lampo di paura e odio.
<< Perché sono morta da molto tempo. >> Quella risposta lasciò spiazzato il ragazzo, che però decise di non insistere.
<< Chi sei? >>
<< La Morte. >>
Quella risposta, schietta e seria, non poteva che confermare del tutto quello che aveva pensato dal momento in cui l’aveva vista sparare, ma che forse il suo cervello aveva già accettato da quando aveva esaminato tutte le prove della serata. L’unica cosa in sospeso rimaneva una domanda aperta, a cui, forse, quella sconosciuta non avrebbe mai risposto.
L’investigatore si avvicinò a lei, anche se ogni neurone nel suo cervello gli gridava di non farlo, poi la fissò negli occhi, cercando di capire le sue intenzioni.
<< Come ti chiami? >>
La sua voce fu un sussurro, eppure un grido nella notte silenziosa. << Methin. Piacere di conoscerti Erik Mc Tavish. >>
Il ragazzo non rispose, la fissò negli occhi, la guardò e si perse in quell’ambra dorata, in quel mondo d’oro del suo sguardo, mentre il suo corpo si muoveva senza che il cervello glielo avesse ordinato. Prima che se ne rendesse conto si era avvicinato drasticamente alle labbra della ragazza e le stava per toccare con le sue. Pensò che in quel momento sarebbe morto, forse per colpa del suo cuore che batteva troppo forte, o forse per un colpo di Methin, che lo avrebbe ucciso appena avesse capito cosa voleva fare. Ma la ragazza non si mosse, anzi forse si avvicinò al giovane e Erik si sentì pervadere da una strana felicità quando le loro labbra di toccarono, mentre quelle carnose e morbide della ragazza prendevano vita sotto le sue e le sue mani si impigliavano nei suoi capelli.
Quando entrambi si staccarono avevano il fiatone. Lei sorrise. Era un sorriso vero, non sarcastico o un ghigno malvagio come quelli che aveva mostrato prima. Le trasformò tutto il viso: per un attimo non sembrò più una spietata assassina che avrebbe potuto uccidere il mondo intero e rimanere illesa, ma una semplice adolescente che ha baciato il ragazzo che le piace. Eppure in quel sorriso, guardando bene, c’era qualcosa del suo passato. Infatti era uno di quei sorrisi che spuntano quando ciò che hai vissuto è oscuro e pieno di dolore, ma sai che ormai è passato. Era il sorriso di una ragazza che sapeva che stava facendo qualcosa non solo per vendetta personale, ma per il mondo intero.
Methin si staccò definitivamente da Erik, ma sentì un improvviso freddo al cuore, come se per la prima volta qualcuno l’avesse scaldata dall’interno. Il suo sorriso scomparve e il suo sguardo si rabbuiò, quando si rese conto di quello che era appena successo e di cosa avesse provato e prima che Erik potesse dirle qualcosa lei saltò sulle scalette del muro della discoteca e si aggrappò con le mani ad un tubo, issandosi sul muro della discoteca e scomparendo, mentre il ragazzo si domandava come facesse ad avere un’agilità così nonostante i tacchi alti. Erik si voltò verso il cielo, verso quelle stelle luminose eppure così sbiadite rispetto a prima e pensò quanto fosse buia la notte, senza quel mondo d’oro accanto.
  
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