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Autore: Kysa    15/12/2006    43 recensioni
...E dopo quattro anni dall'aver lasciato il nido protettivo di Hogwarts, alla porta di Harry Potter si ripresenta un Riddle che sconvolgerà la vita a lui e a Draco, legati indissolubilmente da una maledizione che li porterà alle soglie di un'altra avventura e di una nuova crudele battaglia. Il seguito di "La Scommessa"...
Genere: Romantico, Malinconico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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§ Harry Potter e i Bracciali del Destino §


 

Uno sfrigolio sinistro…e poi uno piccolo lampo illuminò quella notte scura.
Dallo scontro di due lame esplose un fiume di scintille rosse e dorate. Squarciarono le tenebre per un breve attimo, fino a quando i seguenti colpi sferzati con violenza e precisione non provocarono altri bagliori.
Le due lame magiche cozzavano l’una contro l’altra, nemiche, avversarie. Fatte per combattersi.
Si conoscevano da parecchio tempo, sembravano quasi sorelle…eppure si scontravano con una furia inaudita.
Le mani che le brandivano erano esperte, le muovevano fluidamente, con grazia, con destrezza.
Fra la vegetazione che abbracciava quello scontro, molti occhi ridenti fissavano i due nemici.
Molti sguardi puntavano su quei due giovani maghi. Erano tanto veloci che però non sempre gli spettatori riuscivano a seguire ogni loro colpo. Erano tanto sfuggenti che spesso magia e tecnica di spada si confondevano.
Quello a destra portava un lungo mantello che lo copriva quasi interamente, solo il capo era scoperto. I capelli neri ribelli erano accarezzati dalla brezza della notte, dal profumo della vegetazione. I suoi occhi incredibilmente verdi avevano già visto molto e il suo cuore, come il suo spirito, era divorato dalla fiamma dell’orgoglio.
Sulla fronte portava una cicatrice dalla forma di fulmine.
Il mago a sinistra invece aveva anche il capo coperto da un cappuccio nero da cui però uscivano alcune ciocche bionde.
I suoi occhi grigi saettavano nell’oscurità, seguivano ogni mossa dell’avversario, ogni suo affondo.
Non erano mai arrivati a tanto, pensavano gli Auror che li osservavano dalla boscaglia.
Non si erano mai battuti con tanta foga.
Insieme alle loro spade, ora nell’ombra della notte senza luna brillava qualcos’altro.
Due bracciali di platino lucido , spessi, rifiniti con strane immagini di bestie volanti e di una fattura mai conosciuta al mondo dei maghi, troneggiavano sui polsi destro e sinistro di entrambi i contendenti. Sembravano bracciali fatti per essere portati in coppia, ma il moro lo portava al polso destro, il biondo a quello sinistro.
Quest’ultimo scattò indietro, evitando un fendente in pieno petto. Ne parò uno sulla testa, affondando la sua spada verso la gola dell’avversario ma quello, ridendo brevemente, si Smaterializzò e scomparve. Gli riapparve alle spalle e cercò di ferirlo, strappando qualche fischio agli Auror spettatori.
Le lame cozzarono di nuovo, le scintille scoppiarono ovunque…ma la lama del moro per sbaglio scivolò lungo l’elsa della spada del suo nemico che cacciò un grido iracondo. E poi…
- Cazzo!- gridò, sbattendo la spada a terra con rabbia e portandosi l’indice ferito alla bocca, con un taglietto lungo due centimetri – Vaffanculo Sfregiato! Mi hai tagliato un dito!-
Harry James Potter sbuffò, rinfoderando la sua arma con aria afflitta. Eccolo che ricominciava…
- Cristo Dray, mi succhi la vita.-
- Succhiami qualcos’altro Harry.- replicò Draco Lucius Malfoy con sarcasmo, piazzandogli in faccia il dito medio.
- Oh, dai ragazzi! Calma, calma!- disse qualcuno dei loro compagni alle loro spalle.
- Calma una sega!- ringhiò il biondo – Mi ha tagliato un dito questo stronzo!-
- Mettilo bene in vista, chissà che Milo la smetta di far la dieta.- frecciò il moro, rimettendosi a posto i vestiti – Ogni volta che c’è da fare allenamento trovi sempre qualcosa per cui stracciarmi le palle.-
- Qua le palle ce le stiamo stracciando tutti.- sibilò un Auror appoggiato a un albero.
- Grazie Kinneas, meno male che mi dai il tuo consenso.- sibilò Harry scuotendo il capo.
- Che hai Potter? Non reggi più?- replicò quello acido.
- Ti dico io cosa non reggo…- sentenziò il moro, amabilmente – Prima di tutto non reggo Draco, poi subito dopo al secondo posto ci sei tu.-
- Ci credo che non reggi Malfoy.- John Kinneas rise maligno – Visto quello che è…-
L’Auror si zittì di botto, sentendo un’aura fredda alle sue spalle. Anche tutti gli altri si voltarono e dovettero spaccarsi in due, per far passare qualcuno che di certo non permetteva che qualche idiota trattasse male i suoi amici.
- John, quando imparerai a stare zitto sarà sempre troppo tardi…-
Milos Morrigan, Diurno dall’appetito implacabile e dall’autorità parecchio forte, si piazzò davanti a quel Kinneas fissandolo dritto negli occhi. Il giovane Auror dopo un solo secondo abbassò lo sguardo, terrorizzato dalle iridi color topazio del mezzo vampiro e se ne andò con la coda fra le gambe, facendo ridacchiare sinistramente Milo.
- Codardo.- sentenziò, tornando a voltarsi verso i suoi pupilli – Tutto ok ragazzi?-
- No, un accidenti!- bofonchiò Draco – Quand’è che ce ne andiamo da questa fottuta foresta infestata dalle zanzare?-
- Quando Jess avrà strisciato abbastanza ai piedi del Ministro per farci tornare tutti a casa.- rispose il Diurno – Ma siamo in una cinquantina qua. Forse se la smetteste di lamentarvi potremo resistere ancora qualche giorno… a meno che non vogliate uccidere Kinneas. Allora vi darei una mano.-
Harry Potter e Draco Malfoy sbuffarono in sincrono, lasciandosi andare seduti a terra nell’erba alta.
Erano trascorsi ventidue anni da quando la leggenda del bambino sopravvissuto era nata per infondere nei cuori dei maghi coraggio e speranza e per ventidue anni, Harry James Potter aveva vissuto nell’ombra del suo stesso nome.
Ma da un certo periodo di tempo, e precisamente quattro anni da quando aveva lasciato la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts con la benedizione del preside Silente, l’ex Grifondoro aveva dovuto fare i conti con tutta una serie di avvenimenti e imprevisti che la perfidia di Voldemort paragonata a essi era degna di appena una risatina di scherno.
In particolare era la vendetta che Harry Potter aveva dovuto subire.
Una vendetta molto sadica, almeno secondo il suo punto di vista e che non credeva assolutamente di aver meritato.
Dal periodo del M.A.G.O. erano successe fin troppe cose e all’età di vent’anni in molti avevano preso il diploma di Auror con un corso intensivo, spaccandosi in due certo, ma con la conseguenza che due anni dopo Harry Potter era ormai quasi considerato un veterano fra gli Auror del Ministero della Magia.
A ventidue anni, l’ex Grifondoro e bambino sopravvissuto, era un Auror fatto e finito.
Capo Squadra di un gruppo di quattro maghi degni di lui. Peccato che in quel momento due elementi della sua squadra mancassero all’appello e lui ne sentiva la mancanza visto che vivere con Draco era già abbastanza penoso senza Ron Weasley a fare da mediatore per entrambi.
In quattro anni il moretto da ragazzino cerca guai, impulsivo e un po’ cinico a volte, era diventato un giovane uomo cerca guai, impulsivo e sempre più testardo, anche se il suo cinismo si era smussato lentamente, grazie alla presenza nella sua vita di persone che lo amavano senza riserve. Comunque se l’aspetto era rimasto lo stesso, anche se solo più affascinante, il carattere intuitivo e combattivo l’aveva reso ancora più famoso di quanto già non fosse stato.
Entrato al Ministero a diciotto anni, aveva iniziato a lavorare sodo per i seguenti due anni, sempre a fianco dell’inseparabile Ronald che come lui era diventato Auror con grande giubilo della famiglia Weasley.
Peccato che qualcuno di molto importante avesse fatto scampare a Ron quell’escursione di quattro mesi nella Foresta Nera in Germania. Il giovane Weasley era infatti rimasto in Gran Bretagna, causa una missione che poteva svolgere solo lui, così Harry era dovuto partire per quella foresta infausta e infestata di fantasmi, poltergeist e lupi mannari senza il suo migliore amico, ritrovandosi solo, tanto per cambiare, con Malfoy.
- Affanculo Orloff.- rognò a bassa voce, imprecando contro il Ministro.
Draco al suo fianco si accese una sigaretta, disgustato da tutta quella situazione.
Erano quattro mesi ormai che se ne stavano accampati in quel luogo immondo. Quattro! Ormai gli Auror non ne potevano più, avevano catturato tanti poltergeist da farci uno zoo e per di più erano circondati da crucchi. Stava cominciando a detestare quella loro lingua maledetta!
Per non parlare di come odiava la Donnola che era riuscita a scamparla, per non parlare poi di quell’infame di Dalton.
- Avete più sentito Edward?- chiese Milo, tirando fuori una fiaschetta metallica dal mantello scuro.
- Si starà giocando le mutande come al solito al casinò.- bofonchiò Harry, massaggiandosi la testa – Suo padre l’ha buttato di nuovo fuori di casa e gli ha bloccato il conto in banca.-
- Che testa di cazzo…- sibilò Draco, dando un lungo tiro.
- Dovrebbe smetterla con questa mania delle scommesse.- frecciò il Diurno – Adesso scusate ma vado a ripescare Clay. Era attaccato a quella tedesca ma mi sa che non ha ancora capito che è fidanzata. Ci vediamo a cena.-
Harry annuì ma subito dopo abbassò lo sguardo, percependo quel silenzio fattosi pesante.
I suoi occhi caddero sul tatuaggio nero che delineava un disegno vago, sulla mano sinistra di Malfoy.
Aveva il palmo serrato e chiunque non conoscesse la storia, non avrebbe potuto capire che razza di disegno fosse, considerato che terminava sul polso ed era coperto dal bracciale di platino del biondino.
Anche Draco era cresciuto. Era rimasto il ragazzo dall’algida presenza. Era in grado di zittire chiunque con un solo colpo d’occhi, esattamente com’era rimasto arrogante e altero, ma alla fine anche la serpe era riuscita a limitare l’uso del suo veleno. Dopo anni, Draco era tornato a essere l’unico erede della fortuna dei Malfoy ma era anche rimasto il figlio di colui che si era macchiato di grandi crimini, del traditore, di colui che era fuggito.
Era un pesante fardello, ma nei suoi occhi argentati solo il più grande osservatore avrebbe potuto intendere che il suo vero dolore era un altro. E Milo, senza saperlo, aveva reinnescato una miccia molto pericolosa.
Scommessa.
Era quella parola. Era un vero macigno. Proprio come quel tatuaggio che non si poteva vedere.
- Voglio tornare a casa.-
Harry sogghignò, sentendo mugugnare quella frase.
Cavolo, anche lui non vedeva l’ora di tornarsene in Gran Bretagna.
- Dove andiamo?- chiese Malfoy – West Gold Lake o Lane Street? La piccoletta è già tornata?-
- E’ ancora in ritiro.- disse Potter con un sospiro mesto – Stiamo a Londra per un po’…devo andare a recuperare Pinky e Gigì da Sirius, quel bastardo del capo vorrà il rapporto e dobbiamo anche andare a cercare Ed.-
- S’arrangia. Io devo anche passare da Andromeda.-
- E quella figa dai capelli corti che fine ha fatto?-
Draco alzò le spalle, spegnendo la cicca sotto lo stivale – L’ho scaricata.-
- Perché?-
- Parlava e chiedeva troppo.-
Potter si mise in piedi, scuotendo il capo – Dio, quanto sei diventato di gusti difficili.-
- Ha parlato.- Malfoy si levò il cappuccio, alzando gli occhi verso il poco cielo che la vegetazione lasciava intravedere – Tu ed Elettra vi siete lasciati a settembre di quattro anni fa perché non volevate legarvi troppo e non volevate precludervi la possibilità di andare a letto con chi vi andava ma l’anno scorso, appena uscita dal M.A.G.O. ti sei presentato a prenderla e l’hai portata a casa nostra perché fra tutte quelle che ti sei fatto in questi anni non ne hai mai trovata una come lei. E’ un bel confronto da reggere, Sfregiato.-
- Non sono l’unico che mette una donna sul piedistallo, Malferret.- replicò Harry, deciso a giocare col fuoco ma il biondo, come sempre, fece finta di nulla e cambiò discorso con eleganza, senza farlo troppo bruscamente.
S’inoltrarono nel bosco e dopo circa quindici minuti di arrancare in quel groviglio di pini, abeti e cespugli incantati arrivarono al loro accampamento. Una quarantina di tende magiche formavano una specie di scacchiera e numerosi falò erano stati accesi in quel piccolo spiazzo erboso privo di una vegetazione troppo fitta.
I due si fecero largo fra gli altri Auror, decisi a mangiare qualcosa e poi andare a letto quando sopra le loro teste sfrecciò un grosso allocco. Era tanto ciccione che anche un cieco l’avrebbe riconosciuto.
Era l’allocco del nuovo capo degli Auror, Duncan Gillespie.
Uomo tutto d’un pezzo, sui quarantacinque anni, tosto e anche con una sua buona dose d’ironia, peccato che il suo sistema nervoso fosse alquanto suscettibile. Era stato un compagno di Kingsley Shacklebolt e quando quest’ultimo aveva rifiutato la carica che un tempo solo Lord Maximilian dei Lancaster aveva saputo portare avanti con onore e coraggio, Gillespie aveva accettato nonostante il nuovo Ministro Orloff gli stesse elegantemente sulle palle.
I due fiutarono il messaggio e corsero all’interno della tenda su cui si era posato il pacioso volatile.
Dentro, illuminato dalla luce di una lanterna magica, Jess Mckay leggeva il messaggio senza alcuna particolare espressione. I capelli biondi ancora fradici e incollati alla nuca e al viso dopo un tuffo imprevisto in una fonte, Jess era stato praticamente considerato da tutti il capo di quella ridicola spedizione e nonostante tutti quanti sapessero il vero motivo per cui erano stati cacciati a calci in Germania in massa, nessuno aveva potuto filarsela, Harry e Draco per primi. Mckay comunque non era solo. Con lui Sphin Eastpur, sempre più alto e corpulento, Clayton Harcourt, Sensimago dagli strani occhi viola e Milo, svaccato sul letto di Jess.
Finito di leggere, il biondo Auror emise un sospiro di sollievo.
- Una settimana e ci mandano una Passaporta.-
Fra tutti, emisero un collettivo sospiro di sollievo, lasciando andare tutta quella tensione emotiva.
- Dio grazie.- mugugnò Clay accendendosi una sigaretta e facendosi lanciare l’accendino da Draco – Che cazzo aspettava Duncan eh?-
- Di farci passare la voglia di giocare ancora al consolato francese forse.- frecciò Jess acido, ancora furibondo per una vecchia questione accaduta più o meno sei mesi prima e che aveva coinvolto particolarmente Potter e Malfoy.
Era saggio ricordarsi sempre, entrando al Ministero nell’ala degli Auror, che Duncan Gillespie era salito in carica lo stesso giorno in cui, due anni prima, Harry Potter e Draco Malfoy avevano iniziato a lavorare insieme.
E da quel giorno ogni volta che li vedeva, essendo un po’ il loro creatore come squadra, subiva un certo prurito che poi si trasformava praticamente in orticaria ogni qual volta quei due si prendevano una nota disciplinare.
Quando entravano nel suo ufficio Harry e Draco erano sempre muniti di tappi per le orecchie ma anche di una mascherina per l’ossigeno. Non era raro che Gillespie avesse dei tracolli davanti a loro due.
L’unica altra persona in grado di fargli quell’effetto era Tristan Mckay che però da qualche tempo aveva chiesto un esonero momentaneo dal servizio. Il motivo?
Mentre gli altri festeggiavano, Harry posò dolcemente lo sguardo sulla fotografia che Jess teneva sempre con sé.
Suo fratello e una bambina meravigliosa stavano abbracciati, salutando verso chi guardava.
- Come se la passerà di nuovo a Hogwarts?-
Jess rise, sentendo quella domanda che già suo padre gli aveva fatto, quando Tristan aveva deciso di staccare e tornare a insegnare per un anno alla scuola di magia.
- Starà come al solito…- rispose Mckay, con aria insolitamente malinconica – Degona cresce bene. Mentre lui terrà lezione è Liz che se ne occupa naturalmente. Quella ragazza è stata davvero eccezionale con la bambina.-
- Liz ha avuto il permesso di stare a Hogwarts?- si sconvolse Draco – E da quando le tate possono stare a scuola?-
- Da quando mia nipote non può essere lasciata sola in una scuola piena di bacchette e attrezzi magici.- rise Jess – L’ultima volta che l’ho vista dai miei ha rubato la bacchetta a Sofia e ha cercato di usare il camino per parlare con chissà chi. È diventata una vera peste. Ma Tristan l’adora. Non avrebbe mai lasciata a casa.-
- Dena ha bisogno dei genitori.- sentenziò Milo, svaccato accanto al fuoco mentre gli altri ci stavano attorno, scolandosi l’ammazza caffè – Liz sarà anche brava ma a me quella non piace. È troppo appiccicosa.-
- Ma piantala!- sbuffò Sphin – Quella ragazza è una manna!-
- Oh bella manna!- rognò ancora il Diurno, scocciato – Peccato che parli troppo e di cose che non la riguardano!-
- In effetti neanche io a volte sono d’accordo con quello che dice a Dena.- disse Harry fissando Jess attento – Ma è così dolce con la bambina e così affettuosa che non le si può rimproverare niente.-
- Basterebbe dirle di farsi i fatti suoi e di non ficcare cose assurde in testa alla piccola!- frecciò ancora Morrigan.
- Eddai, calmati!- cercò di placarlo Clay – Non è che ti ha dato il due di picche?-
- Come no!- Milo rise, assumendo un’aria alquanto sinistra – Un giorno la invito a bere qualcosa a casa mia.-
- Hai sbagliato i verbi.- ghignò Draco – La inviterai a essere bevuta a casa tua!-
Tutti scoppiarono a ridacchiare, lasciando perdere quell’argomento anche se in fondo da dire ci sarebbe stato davvero tanto. Aveva ragione Milo, lo sapevano tutti…ma in fondo Liz Jenkins, strega di 28 anni che era stata compagna di Tristan a scuola nella casa di Corvonero, aveva saputo crescere Degona come una madre.
Ora la bambina aveva quattro anni, appena compiuti, e la sua curiosità per il mondo magico aveva superato di gran lunga quella di qualsiasi altro bambino. Era molto dotata, di questo se n’erano accorti subito tutti.
Alla sua nascita, il quattordici di febbraio, c’era stata un’eclissi ma per tutti era stato una sorta di miracolo.
La neonata non aveva conservato in sé nessuna parte demoniaca. Il suo sangue era rosso, come quello di ogni essere umano normale. La sua pelle era calda, il suo cuore batteva. E i suoi occhi erano verdi come quelli dei Mckay.
E quando i famigliari si erano chiesti che fine aveva fatto la malvagità intrinseca che avrebbe dovuto ereditare, la risposta era stata una sola. Si era palesata ai loro occhi alcuni giorni più tardi quando Tristan aveva capito che avrebbe dovuto crescere sua figlia da solo. E solo per quattro lunghi anni era rimasto, aggrappato all’unica cosa che gli ricordava ogni istante la donna che l’aveva abbandonato.

Passarono i giorni e nell’ansia generale del ritorno praticamente gli Auror non andarono più a caccia.
Jess dovette risponderne ai rappresentanti tedeschi che prendevano in consegna le loro prede ma alla fine li mandò praticamente a quel paese, stufo di quella situazione. Quattro mesi in quella terra infausta erano stati più che sufficienti, per non parlare del fatto che ormai era giugno inoltrato e il calore faceva aumentare, oltre che la fauna magica, anche quella umana. I turisti babbani cominciavano a girare sempre più spesso, rischiando di beccare qualche testa sulle nuvole con un poltergeist nella rete. Per non parlare poi di quelli che avevano dovuto stendere addirittura qualche ragazzino umano per cancellargli la memoria di maghi con bacchette in mano.
Arrivati al sesto giorno regnava l’anarchia totale e finalmente i tedeschi se ne andarono per tornarsene al loro Ministero. Non si aspettavano certo dei ringraziamenti ma quando sparirono, gli Auror tirarono veramente un sospiro di sollievo. Dopo l’ultima notte all’aperto e alla mercé delle zanzare, la mattina dopo finalmente arrivò la Passaporta. Cascò dal cielo, lanciata dall’allocco di Gillespie, e per poco non si ruppe in mille pezzi visto che era una comunissima bottiglia di whisky babbano, vuota.
La presero al volo, esultando.
- Calma gente!- li fermò Jess, vedendo che si stavano spaccando le ossa per prenderla tutti insieme – Siamo in cinquanta, come cazzo pretendente di farcela tutti eh?-
- E che facciamo allora?- borbottò altezzoso Kinneas – Facciamo a carrellate di dieci e poi uno ve la riporta indietro?-
- Complimenti, sei più sveglio di quello che sembri.- frecciò Harry con pena.
- Sai una cosa Potter? A forza di andare in giro col figlio del Mangiamorte ti si sta tarando il cervello!-
- Cavolo John…- disse ancora il moro, fissandolo sarcastico – Dev’essere bello non capire un cazzo come te.-
Kinneas serrò i denti, scrutandolo rabbioso. Poi lanciò un’occhiata sprezzante a Malfoy ma Draco non ci fece caso, limitandosi ad accendersi una sigaretta. Era notte fonda, purtroppo, quando l’ultimo gruppo con Jess, Milo, Sphin, Clay e loro due riuscì a partire. Il penultimo squadrone d’idioti al tramonto aveva distrutto la bottiglia di whisky arrivando a Londra, così Gillespie, bestemmiando, aveva dovuto avvisare Berlino per mandare un’altra Passaporta a quei disgraziati rimasti…e guarda caso, gli unici che non avrebbe rivoluto indietro tanto presto.
- Finalmente!- sbottò Milo alle dieci di sera, vedendo un gufo arrivare verso di loro con fra le zampe un vecchio bastone da passeggio – Quanto cavolo ci andava?! Come se non avessero più Passaporte per Londra, diavolo…-
- Per me è stato Duncan.- frecciò Clay scocciato.
- Dici?- rise Sphin – Secondo me è una ripicca per Harry e Draco.-
- Quello proprio ha qualche problema ai nervi.- insinuò Malfoy, svaccato accanto al falò che si stava spegnendo lentamente – Non ti ricordi che faccia aveva coi francesi? Credevo gli venisse un infarto, cavolo.-
- Già, in corridoio s’è messo a urlare come un pazzo!- cinguettò Harry finendosi il caffè. Erano a pezzi tutti e sei visto che avevano anche dovuto far sparire le tracce della loro presenza e non vedevano l’ora di toccare un letto vero.
- E quando Tristan ha rovesciato Leblanc nella fontana del Ministero davanti a tutti gli ambasciatori?- ridacchiò Milo togliendo il bastone da passeggio dalle zampe del gufo scuro e anche un po’ decrepito – Leblanc era furibondo! L’avrebbe strozzato probabilmente.-
- Così impara a chiudere la bocca.- finì Jess, buttando terra sul fuoco – Continua a proclamare a destra e a manca quella stupida legge sulla registrazione.-
- Perché, non hai sentito l’ultima?- Clay chiuse la loro tre tende, infilandosele nella sacca a tracolla – Quel bastardo vorrebbe proporre la registrazione anche per i mezzosangue con ceppo oscuro in famiglia. Stava fissando Hagrid particolarmente quando l’ha annunciato nell’atrio del consiglio.-
- Prima i Diurni, i mezzo giganti e poi?- rognò Jess controllando tutto un’ultima volta – Perché non va a rompere le palle ai vampiri eh? O alla Confraternita della Dama Nera?-
- Perché se la fa sotto, ecco perché.- replicò Milo – I vecchi della Confraternita lo vorrebbero morto da un pezzo. Askart di recente poi è di pessimo umore. Sta facendo stragi di licantropi nel Linkonshire.-
- Lascia perdere tuo zio!- fece Jess con un gesto vago, dandogli una pacca sulle spalle – Finché sistema i lupi mannari che uccidono i babbani allora non dovremo andare a pungolarlo. E per il resto che faccia quello che gli pare, basta che non rompa a noi e a te specialmente.-
- Ok, ok…- il Diurno sbuffò, poi fece segno agli altri di muoversi – Allora? Possiamo andare a casa o no gente?-
- Non vedo l’ora di farmi una doccia cazzo.- disse Sphin, afferrando il bastone – Se Duncan propone ancora stronzate del genere giuro che vado nel suo ufficio che gli cambio l’incenso con dell’oppio.-
- Tienitelo, è meglio.- disse Harry – Servirà più a noi per scrivere il rapporto.-
Tutti e sei infine furono ben aggrappati alla Passaporta e dopo qualche breve secondo avvenne il risucchio.
Afferrati quasi per l’ombelico, finirono in un turbinio di colori…e poi arrivarono a Londra.


Lane Street n° 4.
Era insolito vedere così poche persone per una strada frequentata e alla moda come quella, proprio nel pieno di Londra.
Si trattava di una via alquanto grossa, molto più simile a un viale viste le cinte di alberi che verdeggiavano per il passaggio pedonale ed era sempre colma di babbani e maghi travestiti ventiquattr’ore su ventiquattro ma quella sera c’erano veramente poche anime. Forse era a causa del tempo, pensò fra sé la ragazza che scese dal taxi davanti al numero 4. Il palazzotto in stile liberty come tutti i vicini, dai colori tenui e dal giardino perfetto si stagliava contro nubi frammentate da lampi e fulmini ma ancora non si era messo a piovere, nonostante le nuvole gonfie di pioggia e l’aria umida. La temperatura di era abbassata ancora e quando il campanile della chiesa poco lontana batté le due di notte, la giovane ragazza notò una piccola luce accesa nel portico.
- Stia attenta signorina.-
La ragazza si volse verso il tassista, sentendo quell’ammonizione.
- Non se ne vada in giro da sola. È così giovane.- disse ancora l’uomo di mezza età, guardandola con tenerezza.
Non aveva mai visto una ragazza dal viso tanto pulito e dolce. Era salita alla stazione circa mezz’ora prima e durante tutto il tragitto aveva quasi sonnecchiato, svegliandosi di tanto in tanto. Doveva essere molto stanca…ma nonostante questo i suoi occhi azzurri e i lunghi capelli biondi erano in ordine. Il suo viso delizioso poi si era illuminato, appena arrivata. Era scesa, portandosi dietro un grosso borsone dai colori sgargianti, sul rosso e l’oro. Il tassista, caricandoglielo a fianco con galanteria, aveva notato uno stemma bizzarro. Un aquilotto su una scopa.
Lui l’aveva presa per un’atleta ma aveva un fisico abbastanza sottile. Era snella e dalle curve morbide.
Dava diciannove anni al massimo, specialmente con quel buffo cappello con visiera che le dava un carattere un po’ maschiaccio. Peccato che con quei capelli e con quel passo aggraziato non la facessero confondere minimamente con un uomo. La ragazza sorrise, afferrando oltre al borsone anche un mazzo di chiavi abbandonato sul sedile.
- Non si preoccupi.- disse gentilmente – Adesso sono arrivata a casa.-
- Ha bisogno di una mano col borsone signorina?-
- Si figuri, sono pochi passi.- concluse, facendogli un cenno pieno di cortesia – Grazie mille signore, buona notte.-
- Notte a lei.-
Sparito il taxi dietro alla via, la biondina si guardò attorno per vedere se c’era qualcuno nei paraggi.
Non avrebbe dovuto farlo ma dopo aver volato per cinque ore di fila, aveva mani e gambe troppo anchilosate per fare due piani di scale e andare a vedere se quei due erano vivi o si erano uccisi a vicenda a morsi.
Estrasse una bacchetta lunga e flessibile dal giubbotto di jeans, sorridendo con aria birichina.
- Baule Locomotor.- disse a bassa voce, puntando la bacchetta sul borsone. Quello si sollevò docilmente e andò fin davanti alla porta di casa, illuminata da una lampadina. La ragazza cercò la chiave giusta e una volta dentro quasi inciampò. Si tenne in piedi per miracolo ma non si stupì di trovare un mantello gettato a terra.
Scosse il capo, facendo risalire il borsone per la rampa di scale. Al pian terreno era presente un’anticamera con la sala degli armadi e una lavanderia magica. Al primo piano cucina e salone, con una stanza per gli ospiti e quando vi giunse, la ragazza non si sconvolse nel vedere un caos pazzesco.
Uomini, ecco cosa succedeva a lasciarli soli per quattro mesi, anche se sapeva bene che quei due erano stati in Germania con altri Auror. Attraversò il corridoio e vide che il salone era intatto ma arrivata in cucina lo sfacelo fu completo. Appoggiati sul bancone c’erano diversi bicchieri di vino vuoti, tre bottiglie di whisky, un portacenere pieno. A terra vestiti, stivali e spade. Sospirando divertita fece fermare il borsone e poi fece il giro del divano.
Eccoli lì…
Tutti e due distesi e cotti. Sorrise prendendo una coperta dalla poltrona accanto. Li coprì, senza stupirsi di averli trovati a dormire insieme e fece per andarsene a nanna nella sua stanza quando Harry, svegliandosi appena, la chiamò.
- Elettra…-
Lei si voltò e lo raggiunse, inginocchiandosi davanti al divano.
- Ciao…- gli carezzò la testa, baciandolo a fior di labbra – Come stai? Tutto bene amore?-
- Hn…- mugugnò, mezzo addormentato – E tu come stai? Hai finito il ritiro?-
- Si ma ho solo un mese di pausa.- rispose a bassa voce – Dormi adesso, ne parliamo domani.-
- I bracciali…- borbottò ancora, chiudendo sempre di più le palpebre.
- Si, lo so.- Elettra Baley si mise in piedi, baciando entrambi gli Auror sulla guancia.
- Lo so che non si vogliono separare .-

La mattina dopo al numero 4 di Lane Street tutti si svegliarono passata l’ora di pranzo.
All’interno di una strana sorta di alveare di paglia appeso al soffitto, qualcuno di molto piccolo aprì finalmente i tondi occhietti rossi. Gigì sbatté le palpebre un paio di volte, prima di mettersi seduta nel suo letto di cotone e stiracchiarsi.
Sbadigliò e prima di volare fuori dalla sua stanza si pettinò i capelli rosati con le dita.
Illuminandosi di una luce fucsia, schizzò fuori dall’alveare e sbatté le alucce fino ad arrivare al divano. Lì si posò sul naso di Draco, posando le mani sui fianchi, con aria stizzosa. Guardò il biondo, poi Harry steso sotto il bordo del divano. Il suo braccio destro però era rimasto addosso a quello sinistro di Malfoy. I bracciali vicini.
- Che indecenza!- squittì la fatina – Ehi tu! Draco parlo con te!- strillò, ma l’Auror per tutta risposta la scacciò come una mosca noiosa. Fece per girarsi su un fianco ma facendolo cascò addosso al moro che si svegliò di botto, imprecando.
– Cacchio…di nuovo!- rognò, sentendosi il veleno in bocca.
Anche Malfoy ormai era sveglio e si strizzava gli occhi, irritato.
- Quella maledetta fatina…- ringhiò, sedendosi sulla schiena di Harry.
- Ti levi?- sbottò Potter – Mi stai rompendo le ossa!-
- Vi siete svegliati finalmente!- cinguettò Gigì ritornando a volare davanti al naso dei due ragazzi – Era ora che tornaste! Quel Black mi ha dato il tormento per questi mesi! Harry amore non portarmi più da lui!-
- Mi sa che Black è l’unico che può raddrizzarti quella testa bacata.- sibilò Draco mettendosi in piedi faticosamente. Facendolo però sentì un contraccolpo e imprecò. Stava tirando anche Harry per il polso, senza toccarlo.
- Cominciamo già!- sentenziò scocciatissimo – Posso almeno andare in bagno senza la tua presenza Sfregiato?-
Harry non rispose, troppo esasperato, limitandosi a tirare indietro il braccio destro ma quello rimase alzato per aria, come tirato da una forza invisibile verso quello sinistro di Malfoy.
Inutile. Andarono in bagno imprecandosi dietro e alla fine dovettero lavarsi i denti con mano differente da quella che usavano di solito ed era quando accadevano quelle cose, piccolezze in verità, che i due si ricordavano della loro maledizione. Certe volte sentivano ancora le parole di quel dannato che li aveva ridotti in quello stato…

"Anime contrastanti possedete,
E nemici di sangue sarete.
Ma qui giunge il destino,
A mutare il vostro cammino.
Uniti resterete, coi bracciali che io v’impongo
Finché della vostra riconciliazione venga il giorno
..."

Tornati in cucina bestemmiandosi dietro a vicenda, Gigì che aveva acceso la televisione e stava mangiando i suoi cristalli del sorriso per una volta li ignorò, troppo presa dal suo pasto quando qualcosa sbarellò quei due, buttandoli quasi gambe all’aria nel mezzo della stanza.
- Quel maledetto prosciutto!- ringhiò Draco rabbioso, vedendo Pinky, ormai un maiale grande grosso, correre verso le scale e scendere al piano terra – Un giorno o l’altro giuro che lo uccido, accidenti!-
- Perché debba sempre correre così in casa mi piacerebbe saperlo.- disse Harry andando a sedersi al bancone della cucina – Ci sarà qualcosa in frigo? Gigì, c’è della roba commestibile?-
- Avete fatto la spesa?- chiese la fatina.
- No.-
- Allora mi sa che ti nutrirai di aria, amore mio.- frecciò l’altra, scoccandogli un bacio volante.
- Molto umana. Malfoy che si fa?-
- Che si fa?- rognò quello, cambiando canale velocemente – Vuoi ordinare la colazione dal cinese per caso?-
- No, ma possiamo tirare a sorte per chi scende al bar a comprare caffè e brioches.-
- Quattro fottuti mesi a zonzo per la giungla e siamo messi peggio di prima.- Draco sbuffò sonoramente ma il suo umore migliorò quando vide Elettra scendere dalla scala a chiocciola del secondo piano. Spettinata e con solo la camicia del pigiama, era bella come sempre. La ragazza naturalmente corse ad abbracciarlo, buttandoglisi addosso alla faccia di Potter che ormai di quella solfa non ne poteva più. Ogni volta la stessa storia.
- Allora? Che si mangia?- cinguettò la Baley, correndo poi da lui e buttandogli le braccia al collo.
- Un tubo. Il frigo è vuoto.- sbraitò Gigì guardandola male – Mollalo subito! Harry è mio!-
- Certo, peccato che a letto con Potty ci vada lei.- sibilò Draco a bassa voce ma la fatina lo sentì lo stesso e gli lanciò dietro una tazza che il biondo schivò per un pelo.
Un’ora più tardi, alle due di pomeriggio, quei tre finalmente furono davanti a un caffè fumante e a un bel po’ di cornetti ripieni, biscotti fatti in casa e torte assortite. Tutto merito della signora che andava a pulire quel cesso di palazzotto, Miss Babet Watts, una donna di cinquant’anni che non aveva mai capito quanto i suoi tre "bambini" fossero in realtà strani. La babbana andava da loro tre volte a settimana ma la sua mano rassettatrice non poteva reggere il confronto del casino che quelli sapevano provocare.
- Allora? Com’è la Germania?- cinguettò Elettra quando si fu rimpinzata – Non mi avete portato niente?-
- Il tuo ragazzo tutti i suoi mesi in bianco forse.- frecciò Draco, finendo il caffè.
- Sta zitto idiota.- sbuffò Harry stressato – E’ stato un inferno! Quattro mesi fa licantropi, zanzare, poltergeist e fantasmi. Per non parlare di quei crucchi dannati! Non capivano una mazza d’inglese!-
- I bracciali vi hanno dato problemi?-
- Noooo…- enfatizzò il moretto – Più di una volta a caccia i licantropi ci hanno quasi sbranato perché andavamo in giro quasi per mano e Kinneas continua a sostenere che io e Malfoy abbiamo qualche intrallazzo ma a parte questo tutto bene. Ogni volta che ti vede pensa che la sera ci facciamo delle feste a tre.-
Elettra sogghignò cercando di non farsi vedere ma perfino Gigì si sganasciava come una pazza, quindi cercò di cambiare rapidamente argomento, prima di farli esplodere. - Jess e i ragazzi come stanno?-
- Quelli stanno sempre da Dio.- ironizzò Draco – Ci hanno invitato a cena per sabato a Cedar House.-
- Meno male!- la Baley sorrise, rilassata – Ne avevo basta di stare con gente che non fa altro che parlare di manutenzione di scope, strategie e pluffa!-
- Allora? Il ritiro com’è andato?- chiese Harry tutto curioso – Sei ancora riserva?-
La ragazza sorrise ancora, stavolta però le s’illuminarono gli occhi – Il mister mi ha fatto fare l’allenamento nell’ultimo mese con i titolari. Non ha detto nulla ma si vede che gli è piaciuto come ho giocato nelle amichevoli.-
- Deve essere cieco per non capire che sei brava.- le disse Draco, lasciandosi andare contro la sedia.
- Comunque lo saprò fra un mese. Quand’è che il signor Gillespie vi darà un po’ di ferie?-
- Quando saremo morti probabilmente.- Malfoy si alzò, stiracchiandosi – Bene piccioni. Io devo andare da Andromeda. Vi lascio la casa, torno stasera…vedete di non farvi trovare spalmati davanti al camino come al solito. Il mio cuore potrebbe non reggere una seconda volta.-
- Bastava che non guardassi.- frecciò Potter, visto che quel bastardo più che altro aveva guardato Elettra mezza nuda che invece non aveva fatto una piega.
- Lascia perdere Sfregiato, non voglio più stare in nessun posto dove tu abbia fatto sesso.- si schifò Draco, salendo le scale per andare a cambiarsi in camera sua.
- Ok…allora non attaccarti a quella ringhiera…-
- Ma dai, che schifo!- urlò il biondo, sconvolto, velocizzando il passo sui gradini.
- E non sederti più neanche sul divano o sulle poltrone! E anche a tavola!- continuò Harry divertito mentre Elettra se la ghignava, nascosta dalla tazza. Continuarono a insultarsi fino a quando l’ex principe delle serpi non tornò giù, messo a nuovo con abiti comuni. Lui e Harry si scambiarono qualche veloce informazione su quando tornare al Ministero, poi il biondo se ne andò, smaterializzandosi, dicendo che sarebbe tornato per cena.
A pomeriggio inoltrato, dopo una buona dose di coccole che Harry richiese alla sua bella fidanzata, squillò il telefono.
Elettra era sotto la doccia, lui ancora disteso a letto ringraziando di quel momento senza dover per forza avere Malfoy incollato al braccio, così scattò la segreteria e una voce conosciuta si propagò nel salone.
- Ehi, sfigati…so che siete tornati a casa, non fate finta di dormire. Ho visto Kinneas al Ministero un’ora fa!-
Harry si riebbe di colpo, imprecando. Si avvolse nel lenzuolo e scese per le scale, proprio mentre Gigì con un leggero sforzo alzava la cornetta e salutata Ron Weasley tutta cinguettante. Poi passò subito l’apparecchio al suo amato, tornando a guardare un programma di cucina in televisione seduta in testa a Pinky.
- Ron!- ansimò Potter per telefono, sedendosi in poltrona – Quando accidenti pensavi di farti sentire eh?-
- Calma fratello, tu sarai stato nella giungla per quattro mesi ma sono stato nella merda fino al collo per altrettanto tempo!- sentenziò il rossino dall’altra parte del filo – Non crederai mai a quello che mi è successo! Ma ne parliamo a cena. Vengo da te con vino e dolce. E apparecchiate per quattro, c’è anche Ed.-
- Cinque, è tornata anche Elettra…l’hai trovato allora quel demente! Sta bene?-
- Da favola.- ironizzò Ron – Una figata, sapessi… sai dove ha dormito per sei settimane?-
- Da Miria!- alitò Potter sconvolto – Ma è matto? L’avrà distrutto!-
- Infatti. Adesso è con me. Lo porto a nanna, sperando che si riprenda. Tu come stai invece?-
- Al solito.-
- Il tuo amante serpente?-
- E’ da sua zia. Allegro come un becchino.-
- Qualcuno s’è accorto di qualcosa mentre non c’ero?-
- No, nessuno potrebbe pensare che siano i bracciali. In compenso Kinneas si sta scavando la fossa da solo.-
- Quando decidete di abbatterlo fai un fischio…- Ron si zittì di colpo, facendo credere a Harry che fosse caduta la linea ma poi Weasley riprese a parlare – Senti…non dovrei neanche dirtelo per telefono ma mentre non c’eravate a mio padre è arrivata un’informazione confidenziale in ufficio. L’ha bloccata prima che qualcuno ci mettesse le mani sopra ma…forse è meglio riunire l’Ordine. Si tratta di…lei.-
Harry tacque, restando immobile con la cornetta in mano.
L’Ordine della Fenice… l’ultima volta che si era riunito era stato quattro anni prima.
- Harry?- Elettra era arrivata alle sue spalle, avvolta nell’accappatoio e guardava la sua espressione accigliata.
- Ok, vieni prima che puoi.- sussurrò allora il moretto prima di chiudere la comunicazione.
Quando posò la cornetta rialzò lentamente il viso sulla sua ragazza. Ora era notevolmente impallidito.
- Che succede? È successo qualcosa?-
- Si tratta di…- Harry faticò a trattenere l’ansia e si passò una mano sul viso – Si tratta di Hermione .-
Diavolo, pensò amaro. E adesso che accidenti diceva a Malfoy?
Guardò il suo bracciale, sospirando mentre abbracciava stretta Elettra. Lui in fondo era fortunato. Aveva a fianco la donna che amava…Draco invece non era stato altrettanto fortunato.
Purtroppo per lui però il passato non poteva essere cambiato in nessun modo e Harry, ricordando ciò che era accaduto, provò di colpo una sensazione che credeva di aver dimenticato.
La sensazione che qualcosa sarebbe presto tornato a sconvolgere le loro vite.

 

 

 

 

 

Salve a tutti!

Finalmente posso mettere i Bracciali del Destino e anche questa fiction, come la Scommessa, l'ho già finita da tempo quindi andrò avanti ad aggiornare velocemente come prima. Spero che la storia vi piaccia come quella appena finita e si svolgerà per qualche capitolo fuori dalla cerchia di Hogwarts, per poi rientrarci più avanti, grazie all'ingresso di un nuovo personaggio di cui vado particolarmente fiera e che adoro come uno di quelli reali della Rowling.

Posso solo dirvi buona lettura. Fatemi sapere.

Kysa

 

 

  
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