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Autore: Kysa    18/12/2006    5 recensioni
...E dopo quattro anni dall'aver lasciato il nido protettivo di Hogwarts, alla porta di Harry Potter si ripresenta un Riddle che sconvolgerà la vita a lui e a Draco, legati indissolubilmente da una maledizione che li porterà alle soglie di un'altra avventura e di una nuova crudele battaglia. Il seguito di "La Scommessa"...
Genere: Romantico, Malinconico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Avevano litigato, pensò Ron quando la sera dopo il loro incontro si ritrovò con i compagni davanti alla casa dei Tonks.
Harry e Draco erano silenziosi. Erano arrivati con un livido a testa sulla faccia, più precisamente sullo zigomo, quindi si erano almeno tirati un pugno…e poi fra loro aleggiava una tensione che si tagliava col coltello. Come quando erano stati ragazzini, a Hogwarts.
Decisamente Potter aveva raccontato al suo vecchio nemico la faccenda di Hermione.
Erano insopportabili quando litigavano perchè tornavano ai tempi in cui avevano avuto tredici, quattordici anni. Si dimostravano un odio feroce che aveva radici profonde nel passato e non si risparmiavano cattiverie, di nessun tipo.
- Mi sa che non l’ha presa bene.- mugugnò Edward sarcastico, accendendosi una sigaretta.
Ron, che gli stava a fianco, sospirò ma quando arrivarono sul portico della casa non si azzardò a dire più nulla che non riguardasse il lavoro, anche perché se il moro rispondeva con voce tagliente, il biondo lo faceva a monosillabi, sillabando una futura Maledizione Senza Perdono.
E non sembravano proprio in vena di scherzi.
Elettra salutò i ragazzi con un gran sorriso che poi si tramutò in una smorfia agitata quando Ron le chiese, con uno sguardo, come andava fra quei due. Un disastro. E non migliorò quando arrivò anche Blaise.
Entrarono nella casa, passando fra le braccia stitolanti di Ninfadora che doveva andare a lavoro, purtroppo, e giunti in salotto trovarono una compagnia abbastanza allegra.
Remus Lupin stava in piedi accanto alla finestra e parlava con Andromeda mentre Sirius, tanto per cambiare, si stava facendo gli affari suoi seduto in poltrona accanto al caminetto, leggendo svogliatamente un giornale.
- Ciao Paddy.- gli disse Harry raggiungendolo.
- Oh, ciao.- Sirius alzò appena gli occhi grigi, sorridendogli con calore – Livido nuovo?-
Potter preferì non rispondere, così Black lo lasciò perdere, almeno per il momento, e salutò tutti gli altri che in effetti non vedeva da un pezzo, specialmente Elettra e Ron. Finiti i convenevoli e l’aperitivo, si spostarono nella sala da pranzo apparecchiata con cura e con qualche candelabro acceso qua e là.
- Gigì vi ha fatto impazzire per caso?- chiese la Baley, una volta a tavola.
Sirius stava a un capo, Andromeda all’altro. Gli altri sparsi ma Harry e Draco erano proprio l’uno davanti all’altro.
I ragazzi invece sembravano far di tutto per tenere viva la conversazione, eppure sia i due Black che Remus si accorsero che oltre ai lividi, c’era qualcos’altro in sospeso.
- No, Gigì se ne stava buona solo con Remus purtroppo.- iniziò Sirius, deciso a far scoppiare le due pentole in ebollizione – Mi sono divertito di più con Pinky comunque. Lo sai che ha naso per i tartufi?-
Edward alzò gli occhi dall’arrosto, fissando Black sconvolto e divertito – Hai portato il maiale di Elettra a caccia?-
- A West Gold Lake trovava i funghi.- si scusò Sirius.
- Si, peccato fossero velenosi!- frecciò Lupin – Vero Paddy?-
- Ne ho mandato un cesto a Piton.- finì Sirius con un ghigno perverso – Chissà se li ha graditi…-
- E tu Elettra?- chiese Andromeda, facendo passare il vino – Voglio sapere tutto del tuo ritiro!-
- Io anche.- disse Blaise, versandosene un bel po’ in un calice panciuto – Ieri sera non c’è stato tempo.-
E naturalmente chi doveva intendere lo fece.
- E già…- sibilò Draco velenoso, senza alzare gli occhi dal piatto – Ieri c’è stato poco tempo.-
Harry, anche se sorridendo amaro, non disse nulla e continuò a tagliare il suo arrosto, così fra l’imbarazzo generale Elettra iniziò a deviare il discorso sui suoi allenamenti.
- Le Aquile Dorate non arrivano alle semifinali da circa cinque anni in effetti.- borbottò Ron quando la biondina finì di descrivere la squadra inglese e i compagni che un tempo erano stati veramente i migliori – Il nuovo mister però mi sembra decisamente un tipo tosto. Secondo me quest’anno abbiamo qualche speranza.-
- Dici?- Edward sospirò – Tanto hanno tolto tutto il gusto al gioco. Quei dementi dei Controllori adesso vanno a sindacare anche sulle scommesse in nero. Che palle…-
- Ma tu la finirai mai?- sbuffò Blaise, puntandogli contro la forchetta – Guarda che tuo padre ti disereda prima o poi.-
- C’è sempre una prima volta,- sorrise Andromeda come fare angelico – vero Sirius?-
Black fece finta di non aver sentito, mentre Remus se la rideva nascosto dal calice di vino.
Erano passati gli anni eppure quei due ancora se la passavano bene, pensò Harry scrutandoli di sottecchi.
Lui aveva pensato che Sirius non avrebbe più voluto saperne di rientrare nella società dei maghi, anche dopo gli avvenimenti di quattro anni prima che avevano portato alla caduta di tutte le accuse a suo carico ma per fortuna c’era stato Remus a tirarlo fuori dalla casa dei suoi genitori, a West Gold Lake. Lì aveva vissuto con quei due per tutto il tempo dell’addestramento degli Auror. Erano stati anni bellissimi. Anni di calore.
Quei due erano riusciti a dargli l'intimità e l’amore di una famiglia che fin da bambino aveva sempre sognato.
In compenso neanche in quattro anni erano maturati un po’. Quando stavano separati, Remus era una persona seria ed elegante. Insieme erano da ricovero.
- E Duncan come sta?- chiese il lupo mannaro in quel momento, facendo cadere Potter dalle nuvole.
- Tutto bene.- disse Ron, finendo le patate al forno – L’ho visto stamattina al Ministero. Sono andato a sollecitare quegli idioti per farmi ridare la licenza, ma non se ne parla davvero prima di sabato…comunque era nel suo ufficio. Stava urlando, tanto per cambiare. Ha affidato il caso della ragazza morta nel cerchio al gruppo di Kinneas.-
- Peggio che andar di notte.- frecciò Edward – Quello non vedrebbe un troll neanche se questo gli menasse la clava al naso.-
- Non potete chiederlo voi il caso?- propose Sirius.
Draco sogghignò, finendo l’ultimo goccio di vino – Figurati, siamo troppo impegnati per pensare anche a questo. Vero San Potter? Dico bene?-
Vuoto. Cadde un silenzio di tomba in cui gli altri, non coinvolti nel litigio, guardavano altrove o si sforzavano di cercare un altro argomento, oppure ancora guardavano con particolare attenzione gli avanzi nel loro piatto.
Dopo un minuto di quella noia, Sirius ne aveva già basta. Sembravano dei cadaveri.
- Chi ha il cancro?- chiese, serafico.
- Oh, Sirius!- sbottò Harry cercando di non ridere – Nessuno ha il cancro, accidenti a te!-
- E allora che sono quelle facce?- sbuffò, annoiato – Con quelle espressioni mi fate venire sonno.-
- Non è successo niente…- si sforzò Blaise – Solo…qualche incomprensione.-
- Incomprensione.- sibilò Draco con tono sarcastico – Si, chiamiamola così.-
- Insomma, è tutto il giorno che mi dai il tormento e io tutto il giorno che mi scuso.- Potter ora lo fissava con aria veramente seccata – Smettila, tanto le cose non cambiano.-
- E hai anche il coraggio di farmi la predica, veramente furbo Potty.- replicò il biondo, con rabbia – Ma hai scordato la clausola fondamentale del nostro contratto. Io qua, tu là! Non ti devi impicciare negli affari miei!-
- Hermione è anche affar mio! Prima che sia "roba" tua, lei è mia per diritto di anzianità!- ringhiò Harry alzandosi di botto dalla tavola. Lo fece anche Draco e nello stesso istante in cui i loro occhi s’incatenarono, la loro collera esplose unita e i bracciali scattarono, come attenti a quel solo richiamo. La rabbia dell’uno contro l’altro.
Un attimo dopo erano praticamente mano per mano, separati solo dal tavolo.
- Dannazione!- sibilò il moro, iniziando a tirare.
- Cazzo, cazzo…- Draco poi era fuori di sé. Venire a sapere di Hermione dopo anni in cui quel bastardo di Harry invece raccoglieva informazioni nascondendogliele era stato troppo. Un duro colpo per il suo orgoglio.
Si misero a tirare ma arrivavano solo a farsi male ai tendini, così gli altri si alzarono per calmarli e anche se non fu facile, alla fine ci riuscirono.
- Insomma, qualcuno mi dice perché avete litigato stavolta?- sbuffò Sirius davanti ai due seduti sul divano.
- Non dare la colpa a me, è questo deficiente del tuo figliastro che ficca il naso in cose di cui non gli deve importare!- sbraitò Malfoy, dando un colpo ai bracciali, ottenendo solo di ritrovarsi Harry quasi in braccio. Il moretto, per contro, gli mollò una gomitata e dopo avergli sibilato anche un’imprecazione neanche tanto sottovoce, si chiuse nel suo angolo, stizzoso. Che andasse al diavolo quello stupido biondastro senza cervello!
- E allora? Devo usare il Legilimens per caso?- si stufò Black.
- Hermione.- disse Ron a quel punto, visto che nessuno due parlava.
Remus e Sirius non fecero nessuna particolare espressione. Si limitarono a dire – Ah…-
E Draco perse la testa – LO SAPEVATE ANCHE VOI???-
- Tesoro, non urlare…- fece Andromeda angelica – Lo sai che se svegli i quadri poi è dura.-
- Me ne sbatto dei quadri!- urlò Malfoy, tornando a fissare Harry – Sei solo un bastardo, ecco cosa sei! Lo racconti ai quattro venti e poi hai anche il coraggio di stupirti se m’incazzo! Sei un maledetto stronzo!-
- Lo vedi che facevo bene a non dirtelo?- replicò Potter stufo – Stai dando i numeri!-
- Perché tu mi tratti come un ragazzino! E tanto per la cronaca è storia passata!-
Finito di dire quello, perfino Blaise attaccò a ridere senza riuscire a fermarsi. Solo dopo l’occhiata di fuoco di Draco, i presenti si ricomposero, anche Lupin e la padrona di casa.
- Andate tutti al diavolo.- sibilò Draco e si alzò per andarsene ma rimase appiccicato al divano, attaccato al braccio di Harry. Sempre più infuriato, cercò di calmare i nervi inspirando a fondo.
Di solito succedeva così. Quando si sbraitavano addosso, s’incollavano come cozze, e poi appena si scambiavano qualche smanceria riuscivano a staccarsi. Peccato che quella sera non pareva funzionare proprio.
Accidenti…e tutto era successo per Hermione. Ogni volta che pensava a lei sembrava che tutto andasse a quel paese.
Lei bastava a cancellare tutto dalla sua mente.
- Il problema alla fine quale sarebbe?- bofonchiò Sirius scazzato come solo lui sapeva essere.
- Il problema è questo stronzo del tuo figliastro si sente in diritto di dirmi o no informazioni riguardanti la mia ex ragazza, ok?- gridò Draco, rimettendosi in piedi furibondo – Non mi vanno le cose alle spalle come non mi va che Potter s’impicci della mia vita privata!- si girò verso Harry, tornando a guardarlo con gli occhi fiammeggianti ma di colpo la sua rabbia scemò. Tacque, vedendo il moro sbiancare lentamente.
- Harry…- Ron fissò il suo migliore amico stranito – Cos’hai? Non stai bene?-
Potter non rispose…abbassò lentamente il capo e poi…alzò la mano, la portò alla testa e cacciò un grido incredibile, accartocciandosi letteralmente sul divano. In un lampo Sirius e Remus gli furono vicini e cercarono di aiutarlo ma il bambino sopravvissuto sembrava colto da una strana sorta di crisi.
Gridava come se lo stessero scorticando vivo e solo Draco, fermando per un braccio, riuscì a tenerlo fermo.
Nel rapido giro di un minuto quella foga dolorosa cessò…e quando Harry si lasciò andare contro Malfoy, non aveva più forza in corpo. Draco, tenendolo sempre stretto a sé, gli prese la mano che continuava a tenersi sulla fronte. Quando le ritrassero, erano entrambe bagnate di sangue.
- Dio santo…- sussurrò Ron, gelando.
- Oddio…- mormorò anche Elettra, vedendo da dove usciva quel sangue. La ferita…la ferita a forma di saetta di Harry aveva ripreso a sanguinare . Gliela tamponarono con un panno umido ma Harry la sentiva scottare, come toccata da un ferro rovente. Oh, ricordava quella sensazione. E ricordava l’ultima volta che era successo…
E poi ciò che temeva di più l’attraversò. Gioia.
Qualcuno stava gioendo. E non apparteneva al suo cuore quella felicità.
- No…- alitò, deglutendo – No, non di nuovo…-

Golden Fields, la stessa notte.
Jeager Crenshaw attraversava i corridoi di Cameron Manor sotto gli occhi di molti esseri come lui e sapeva bene cosa pensavano. Lui, il mezzo demone sporco di sangue umano accolto così nella nobile casa di Caesar.
Tutti lo disprezzavano, perfino comunissimi vampiri da quattro soldi.
Aveva pelle tiepida, occhi troppo umani…e viveva di vendetta. Quale vero demone si sarebbe mai abbassato a provare ciò che provavano i maghi? Nessuno, lui era solo spazzatura per quella gente, anche se avrebbe potuto uccidere molto di loro, specialmente quei miseri vampiri, quei miseri mezzi giganti…demoni impuri.
A quella gente era concessa solo un’ala del castello. L’ala ovest.
Nelle altre, nessuno di loro poteva entrarvi ma lui invece si. E questo gli permetteva di sputare in faccia a tutti coloro che lo schermivano, che ridevano di lui e delle sue origini.
Lui presto sarebbe diventato allievo di uno degli unici due demoni puri presenti in quel palazzo.
Caesar Noah Cameron viveva in quel luogo da tempi immemori. Cinquecento, seicento anni…nessuno lo sapeva, perché nessuno era vissuto tanto a lungo per avere memoria di lui.
Ma i suoi serici capelli bianchi, i suoi occhi quasi trasparenti, la sua forza…oh, lui sapeva incantare.
Uno dei più potenti demoni puri esistenti al mondo.
Jeager, al suo arrivo in quel castello, l’aveva supplicato di diventare il suo mentore, il suo maestro. Ma Caesar non aveva accettato. Non per sdegno, non per disprezzo. Per semplice indifferenza.
Il padrone di Golden Fields aveva tanto potere da sterminare ogni essere presente in quel palazzo, eccetto uno ovviamente, ma non vi era desiderio che lo sfiorasse, né sentimento che potesse angustiarlo.
Eccetto per una persona. Quella donna
Nessuno l’aveva mai vista, neanche i servitori che seguivano Caesar fin da bambino.
E la più grande pecca di Jeager era sempre stata la sua morbosa curiosità. Aveva sentito storie su di lei, su quella femmina di demone, su quell’essere che pareggiava il grande Cameron. Ma non l’aveva mai vista nonostante lei vivesse lì quattro anni e le sue stanze erano invalicabili anche per colui che regnava su quelle terre.
A volte si chiedeva cosa legasse Caesar a quella demone. Un uomo come lui, freddo e mistico, non toccato dal tempo, pareva essere insensibile anche al fascino di donne bellissime. Ma allora cos’aveva quella demone, nascosta agli occhi di tutti, di così tanto prezioso per Caesar? Un uomo come quello, non comprendeva cose inutili come l’amore.
Attraversò l’ala ovest, senza degnare nessuno di un’occhiata e finalmente salì al piano superiore di Cameron Manor.
Lì venne scortato da alcuni fantasmi in una sala riunioni in cui era entrato solo una volta.
Messo sulla soglia, Jeager sogghignò appena.
- Il moccioso…ma tu guarda…-
Un bambino umano, sui dieci anni, alzò gli occhi da un grosso libro magia. Due grandi occhi, blu come la notte.
Il piccolo lo fissò a lungo, poi tornò ad abbassare lo sguardo, riportando l’attenzione ai suoi studi.
- Che ci fai qui, moccioso?- chiese Jeager, raggiungendo la tavola – Dovresti giocare alla tua età, sai?-
Il piccolo alzò le spalle – Prima imparo, prima potrò essere di aiuto.-
Le iridi metà azzurre e metà verdi di Crenshaw s’illuminarono della solita curiosità – Allora è vero… ti hanno messo sotto a studiare perché sta succedendo qualcosa. Dimmi, piccolo…- si sporse verso il bambino, posandogli una mano sui folti e ondulati capelli neri – Cosa sta succedendo eh? Che ha in mente Caesar?-
- Modera i toni quando sei davanti a Tom, Jeager.- sibilò una voce alle sue spalle, facendolo gelare letteralmente.
Il mezzo demone si voltò appena, desiderando sparire. Ma la paura glielo impedì, specialmente perché Caesar Cameron era già davanti a lui. Più alto di diversi centimetri, il demone di stirpe lo scrutò a lungo, leggendogli nella mente…poi senza espressione in viso andò a sedersi in poltrona, vicino al camino spento.
- Caesar, dove sei stato?- chiese il bambino sorridendogli genuinamente.
Il demone, sporgendosi un poco, gli carezzò la gota e vide i suoi studi.
- Non scherzare troppo con la magia, Tom.- gli sussurrò con una voce flautata che solo i demoni possedevano.
- Voglio aiutare, lo sai.-
- Si, lo so.- il padrone di casa si levò i guanti bianchi e tornò a Jeager – Cosa desideri Crenshaw?-
- Mi dispiace signore.- borbottò il mezzo demone, facendo un leggero incjino – Mi avete fatto chiamare, mi dicono.-
- Si, ti ho fatto chiamare.- Caesar lo fece sedere, continuando a carezzare la testa al piccolo Tom.
- Se non oso troppo…il bambino non dovrebbe studiare la magia in così giovane età.-
- Si, è vero, ha perfettamente ragione Jeager…ma Tom ci tiene molto. Vuole aiutare un amico.- Caesar si concesse uno dei suoi rari e tiepidi sorrisi, forse appena percettibili, al piccolo mago che ricambiò con infantile trasporto.
- E chi vuoi aiutare?- si stupì Jeager.
- Un ragazzo.- rispose il bambino.
- Un ragazzo?-
- Si, è un Auror ma non l’ho mai visto.-
Jeager stavolta alzò le sopracciglia, senza capire – Posso chiederti il suo nome?-
- Harry Potter.-
Per un attimo in quella sala cadde un lungo silenzio e Crenshaw per poco non divenne ancora più cianotico.
Sconvolto, fissò Caesar per avere una risposta ma il demone non disse nulla, tornando a sedersi.
- Perché?- alitò Jeager – Perché ti vuoi immischiare Tom?-
- Perché gli devo un favore. Il mio papà ha ucciso i suoi genitori .-
- E’ tua madre che ti mette in testa certe cose?- ringhiò a quel punto il mezzo demone.
- Jeager.- sibilò Caesar all’improvviso. E fu come se una cappa scura fosse calata sulla grande stanza. Il mezzo demone deglutì, terrorizzato, così s’inchinò, scusandosi.
- Lo so che lei non è la mia mamma.- disse il piccolo Tom, scendendo dalla poltrona con un balzo – E non è stata lei a dirmi di iniziare a studiare. L’ho deciso io. Qualcuno è deciso a cercare di nuovo i bambini sopravvissuti e visto che sono già sulle tracce di Harry Potter, presto verranno a cercare anche lei.-
- Tom, tua madre si sa difendere perfettamente.- lo blandì Caesar.
- Si, ma Harry Potter non può farcela da solo.- il piccolo scoccò un’infantile occhiata ai due adulti. Ora sembrava che fosse un po’ diffidente verso entrambi – Ho visto nella tua acqua Caesar che i miei fratelli voglio fargli del male.-
- Oh…- Jeager fece una smorfia disgustata – Ancora Mangiamorte. Dannati maghi!-
- Sono solo i tuoi fratellastri, Tom.- sussurrò Caesar, indifferente.
- E loro sono più grandi e potenti di te.- continuò il mezzo demone – La tua vera madre li ha tramutati in Mangiamorte quando erano molto piccoli. Se fossi stato con lei, anche tu avresti subito la loro stessa sorte. Senza contare che il tuo defunto padre voleva proprio che Harry Potter finisse sotto terra. Era il suo più grande nemico.-
- La mamma invece ha salvato Harry.- disse il bambino i cui grandi occhi blu scuro e i capelli neri ricordavano la potenza di un mago che in passato aveva fatto grandi cose. Terribili, certo…ma grandi cose .
Jeager ghignò amaro – La tua matrigna l’ha salvato, forse. La tua vera madre lo odiava profondamente.-
- E poi non dovresti pensare troppo al bambino sopravvissuto, credimi Tom.- mormorò infine Caesar – Ricordati che tuo padre quando era in vita era collegato con lui tramite i poteri che li univano. Ora anche tu, sebbene per motivi diversi, sei collegato a lui.-
- Posso spaventarlo dici? Credi che provi quello che provo io? Ma io sono contento di poterlo aiutare.-
- Ma forse lui pensa che il suo nemico possa tornare.-
- Ah…hai ragione. Allora potrebbe stare male anche la mamma? Anche lei ha la cicatrice.-
- Probabile.- Caesar lo guardò intensamente – E io non voglio che lei stia male, Tom.-
Il bambino abbassò lo sguardo, malinconico. Sapeva quanto Caesar tenesse alla sua matrigna. Salutò così Jeager piuttosto freddamente, sorrise al padrone di casa, assicurandolo che avrebbe fatto più attenzione d’ora in avanti e infine se ne andò, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.
Rimasti soli, il mezzo demone portò l’attenzione su Cameron…ora molto inquieto.
Caesar però non parve farci caso.
- Con tutto il rispetto, signore…- disse Crenshaw – Temo che la matrigna di Tom potrebbe interferire.-
- In cosa, se mi concedi?- sogghignò il demone puro, fissandolo intensamente.
Quello deglutì a vuoto, capendo che il padrone già sapeva.
- Io non m’immischierò in questa storia, Jeager. Che sia chiaro. Non m’interessano le vostre ridicole beghe fra Auror e Forze Oscure, come non m’interessa Harry Potter, né i Mangiamorte che hai sguinzagliato appresso a lui e a alla mia allieva per i tuoi comodi. So che stai ancora cercando di ucciderla…-
- E’ una mezzosangue, mio signore.- sibilò Jeager.
- Si, ma ti ha già sconfitto una volta.-
- E’ stato un caso! Lei non merita di essere una vostra allieva.-
- Ma lei è quella che ha salvato Tom dalle grinfie degli Zaratrox.- continuò il demone puro, agitando la mano con noia – Senza contare che qualcuno, oltre a me, potrebbe prendere a male le tue mire su di lei.-
- Parlate della demone che vive con voi? Non è forse tempo per me di conoscerla padrone?-
- Jeager…- sorrise Caesar, sinceramente divertito – Credi di poterla vedere senza rimare accecato da lei?-
- E’ vero…che era la sposa del padre di Tom? Di quel mago che i mortali chiamavano Lord Voldemort?-
- Perché non glielo vai a chiedere?- sibilò a quel punto il demone, mettendosi in piedi – Le sue camere sono ovunque nel palazzo…e in nessun posto. Io adesso ho da fare. Ti ho fatto chiamare solo per dirti che presto Tom partirà per Londra. È suo desiderio aiutare Harry Potter, come hai sentito. Intende anche vedere i suoi fratellastri ma temo che nella sua ricerca, un'altra meta molto importante sia la ragazza che l’ha salvato dai Bilancieri e che tu tanti odi. Se capiterà qualcosa al bambino, Jeager, voglio che tu sappia che su di te si scatenerà un’ira che nemmeno io sarò in grado di fermare.- Caesar andò alla porta, aprendola con mano leggera – Quindi, attento a ciò che fai…e specialmente, lo dico per il tuo stesso bene, ignora la tua sfida con la mia allieva. O presto avrai contro il bambino e colei che gli fa da madre. Arrivederci.-
E se ne andò, insieme all’aura gelida di cui era portatore.


Draco si tenne stretto alla portiera della monovolume, esattamente come Elettra, Ron ed Edward.
La macchina dentro a cui erano seduti e imbrigliati nelle cinture di sicurezza passò col rosso, evitò a sinistra un’entrata di un camion e quella di un pullman turistico, poi aumentò ancora di velocità.
- Sfregiato…forse dovresti rallentare.- mormorò il biondo, pregando in tutte le lingue che conosceva.
Harry, in risposta, infilò la quarta e sorpassò tre macchine in fila, rischiando di scontrarsi con quelle che arrivavano dall’altra corsia. Normalmente Potter guidava anche bene, era l’unico di loro ad aver preso la patente babbana…ma quella sera, dopo la cena, non pareva dell’umore adatto per farsi rompere le palle.
- Harry…- sussurrò anche Ron, seduto al suo fianco – Perché non ci fermiamo a prendere un caffè eh?-
- Già, magari se ti calmi forse…- disse anche Dalton, ma Potter emise un ringhio, evitando per un pelo un povero pedone. – Sono calmo!- sibilò stizzito, tirando un pugno al cruscotto.
- Non mi pare.- disse Draco, velenoso.
- Senti tu vedi di stare zitto ok? Non avevi detto di non volermi più parlare?- sbottò il moro.
- Finiscila di fare il bambino, vuoi farci ammazzare cazzo?!- sbraitò il biondo – ATTENTO A QUELLA MACCHINA!!!!! Cazzo…- riprese fiato, dopo che aveva creduto di morire sul serio, poi si aggrappò al sedile davanti, dove stava Ron e fissò Harry fuori di sé – Le nostre discussioni le abbiamo sempre risolte fra noi! Adesso non è giusto che mi ammazzi solo perché ci stai tu a quel fottuto volante!-
- Draco non farlo distrarre che ci spalmiamo contro un muro sul serio!- rognò Edward, praticamente abbracciato alla maniglia.
- Discussioni?- echeggiò invece Harry – Discussioni? Adesso stammi bene a sentire, stupidissimo Serpeverde!- e i ragazzi si misero le mani nei capelli perché quando cominciavano a chiamarsi coi nomi delle case, era davvero grave – Ora i tuoi problemi con Hermione sono l’ultimo dei miei pensieri! E lascia che ti dica una cosa!- sterzò davanti a King’s Cross, frenando e spedendo tutti contro il parabrezza – Se foste stati meno orgogliosi tutti e due forse adesso stareste ancora insieme e io non dovrei subirmi tutte le tue fottute paranoie!-
- Paranoie?- urlò Draco – Il mio rapporto con la mezzosangue sono affari miei!-
- E allora non darmi il tormento!- sbraitò Potter, aprendo la portiera e scendendo dalla macchina.
Gli altri rimasero dentro, senza capire che cavolo volesse fare…poi qualcuno di loro notò che era quello il posto dov’era stata assassinata quella ragazza, dentro al cerchio magico.
- Oh, no!- sbuffò Ron scendendo a sua volta – Lo sapevo io!-
- Porca di quella miseria!- Edward scese per ultimo, andando al bagagliaio e tirando fuori le loro spade – Me lo sentivo che sarebbe finita in questo modo! Speriamo solo che non ci sia Kinneas a far di ronda o finiremo davanti a Duncan entro due ore!-
Naturalmente Dalton e tutti gli altri sapevano che la zona era sorvegliata e vista e una volta entrati nel vicolo, Harry e gli altri si ritrovarono con John Kinneas e i suoi attaccati alle costole.
- Ma tu guarda chi si vede…- frecciò l’Auror col suo tono arrogante – Potter e Malfoy. Oh, Weasley…ancora vivo?-
- A quanto sembra.- rispose Ron annoiato.
- E anche Dalton.- Kinneas sogghignò, posando poi gli occhi su Elettra – Ciao dolcezza, come mai anche tu stasera?-
- John, ti consiglio di tacere…- gli disse Edward con un breve sorriso – Per il tuo bene, davvero.-
- Che cazzo ci fate qua voi quattro?- sibilò Kinneas tornando davanti a Harry – Il caso è mio.-
- Voglio solo dare un’occhiata.- disse il moro a bassa voce, pericolosamente troppo roca per i gusti dei suoi compagni.
- Perché? Ce l’hai il permesso del capo?-
- Posso spaccarti la faccia, svegliarlo nel cuore della notte, chiederglielo e tornare qua.- ringhiò allora Harry – Oppure puoi farmi passare e conservarti i connotati. Cosa scegli?-
- Io sento puzza di un’altra nota disciplinare.- sbuffò Ron esasperato.
- E allora idiota?- si mise in mezzo anche Draco – Ci fai passare o no?-
- Perché Malfoy? Vuoi venire a ripulire la scena del delitto per caso?- soffiò un altro Auror alle loro spalle.
- Tappati quella fogna Burke!- sbottò Harry al limite della pazienza e ormai aveva già superato Kinneas, ficcandogli una spallata. Quello minacciò di andare a dire tutto al capo degli Auror ma a quanto pareva nessuno dei cinque ci fece particolarmente caso. Infilarono il fondo del vicolo e tirarono fuori le bacchette, per controllare alla luce della bacchette. C’era solo il cerchio di cera nera, ormai quasi totalmente rovinato, la sagoma bianca del cadavere fatta col gesso e niente di più. Esaminarono ogni angolatura, la posizione che il corpo aveva preso cadendo…Draco prese anche un campione della cera per portarla a Blaise il giorno dopo.
- Qualcosa non quadra…- mormorò Edward dopo qualche minuto.
- Perché sapientone?- chiese Kinneas sprezzante.
- Ti sembra un cerchio normale idiota?- sibilò l’ex Corvonero – Guarda, non ci sono iscrizioni nella cera. In compenso ci sono delle scritte sbiadite e illeggibili attorno al bordo del cerchio.-
- Gl’incantesimi al bordo dei cerchi magici non servono per bloccare dei particolari poteri?- disse Elettra.
- State dicendo che non era una babbana?- si stupì Kinneas – Ma non era schedata come strega al Ministero.-
- Forse una Magonò.- ipotizzò Harry, guardando sulle mura attorno a loro – I Magonò non sono schedati.-
- Certa gente non uccide senza lasciare una firma.- sibilò Draco impaziente.
- Già.- Ron continuava a cercare, ma senza risultato – Eppure dev’esserci qualcosa.-
- I poliziatti babbani hanno già cercato ovunque, noi anche.- disse un compagno di Kinneas.
- Poliziotti, poliziotti…- Harry si mise seduto su una cassa, incominciando a pensare. Forse sarebbe stato il caso di fare un salto a controllare il cadavere di quella ragazza…
Draco, vista la sua espressione, alzò gli occhi al cielo mentre Ron lo mandò praticamente al diavolo.
- Scordatelo!- sbottò – Io non ci vengo più all’obitorio!-
- Andateci voi tre eh?- li sollecitò anche Dalton – Io porto a casa Elettra.-
- Elettra può anche andarsene a casa da sola…- sibilò Harry velenoso.
- Oppure posso venire anche io all’obitorio. Più siamo e meglio è.- li zittì la Baley.
- Scusate un fottutissimo secondo!- sbottò quel Burke, amico di Kinneas – Il caso è nostro, branco di dementi!-
- E allora?- il moro lo guardò storto – Non voglio occuparmene al tuo posto, voglio solo controllare una cosa!-
- Ma si può sapere che cos’hai stasera Potter?- Kinneas gli rise in faccia, dandogli una pacca sulle spalle – Fa quel cavolo che ti pare, tanto non saranno cazzi miei quando Gillespie butterà fuori a calci dal Ministero te e il figlio del Mangiamorte. Ci si vede, perdenti! Ciao bella, quando vorrai un vero uomo vieni da me!- e sparì, poi di seguito i compagni mentre Elettra, troppo presa da Harry, a momenti neanche l’aveva sentito.
- Quello è proprio un deficiente.- sbuffò Ron tornando a pensare agli affari suoi.
- Basterebbe stirarlo in macchina,- pensò Edward ad alta voce – qui…di notte, non c’è nessuno…e potremmo farla franca!-
- Ci penserò dopo aver spostato questo macello!- disse Harry, cominciando a spostare le casse che stavano sul muretto di fronte al cadavere. Se era stata schiantata, della magia residua doveva essersi fermata sulla parete. Lo aiutarono anche gli altri e una volta finito si ritrovarono solo davanti a un comune muretto di mattoni rossi.
Non c’erano segni, né crepe, né evidenti fori lasciati da una fonte magica.
Niente di niente.
- Qualche altra idea Ed?- chiese Ron.
Il Corvonero aggrottò la fronte – Draco, hai ancora da qualche parte quella pozione per rilevare i segni magici?-
Malfoy bofonchiò qualcosa d’imprecisato, cominciando a trafficare con le mini capsule che portava sempre appese alla cinta. Gli altri li scambiavano per portachiavi, peccato che il biondo lì ci tenesse anche del veleno.
- Vuoi controllare qualsiasi residuo magico?- chiese Harry.
Dalton annuì – Si e già che ci siamo vediamo anche che formule c’erano attorno al cerchio magico. Se scopriamo che magia di blocco hanno usato, forse capiremo che potere hanno tolto alla vittima.-
- E se era solo una Magonò?- disse Weasley.
- Allora quella Magonò ha visto qualcosa che non doveva.- concluse Edward serafico.
- Ci sei Malferret?- gli chiese Harry.
- Se…- Draco finalmente imbroccò la capsula giusta e dopo averla agitata per qualche secondo, la scagliò contro il muretto. Si levò una piccola nube azzurrognola, seguita da forte odore di zolfo.
- Accidenti, ma con che le fai ste’ pozioni eh?- si schifò Ron, portandosi una mano a coprirsi il viso.
- Non lo saprai mai Donnola,- ironizzò il biondo – ma adesso un attimo…dovrebbe apparire qualcosa.-
E infatti. Sul muro di fronte apparve una firma, un marchio fosforescente.
Una Z tagliata orizzontalmente da un’asta a cui erano posti due piccoli cerchi.
I ragazzi si sentirono gelare.
- Zaratrox.- sussurrò Harry, chiudendosi le mani sul viso. Cazzo, non era vero.
Hermione doveva essere appena tornata a Londra e dopo che loro avevano scoperto che faceva parte di quella confraternita, una ragazza veniva uccisa. In più sul luogo della morte ci avevano trovato anche quel simbolo.
Comunque non sembrava l’unico a non crederci.
- No…- disse Elettra seria – No! Non può essere stata lei.-
- E’ vero gente.- Dalton, vedendo i loro visi terrei, scosse il capo – La conosciamo. Lei non ucciderebbe nessuno.-
- Quella roba può appartenere a chiunque. Potrebbe essere stata messa lì da chiunque.- finì la Baley.
- Si…- ammise Harry, abbassando lo sguardo – A me però le coincidenze non sono mai piaciute.-
- Neanche a me.- sibilò Draco, accendendosi una sigaretta – Controlliamo però, tanto per essere sicuri.- ed estrasse dalla cinta la stessa pozione sperimentale, buttandola di nuovo dritta sul marchio fosforescente dei Bilancieri.
La Z prese letteralmente fuoco sui mattoni e di colpo la luce della pozione divenne verdastra, lasciando al posto di quel simbolo fasullo, qualcosa di ancora più spaventoso.
Un teschio dalla cui bocca usciva un serpente verde brillante.
Draco, vedendolo, ringraziò la fiducia che avevano sempre, loro tutti, covato per Hermione.
Ma ora la situazione era anche peggiorata.
- Ci risiamo.- poté dire Ron, senza riuscire a trovare altre parole.
Anche gli altri erano rimasti senza voce. Tutti quanti. Anche Harry, che tornò a sedersi sulla cassa di prima, tenendosi forte la testa. No, accidenti. Non di nuovo lui, loro!
Sentì Elettra stringergli forte le mani e si lasciò baciare la fronte. Ora era come se fosse stato totalmente svuotato.
- Dai, in piedi.- gli sussurrò la biondina.
- Per fare cosa?- mormorò, amareggiato.
Lei lo fissò a lungo, ora più combattiva di prima – Andiamo all’obitorio. Lì sapremo qualcosa in più.-
- E dobbiamo anche capire perché hanno cercato di incolpare gli Zaratrox.- disse Ron carezzandogli goffamente la testa – Non possiamo stare qua con le mani in mano se quei maledetti bastardi sono tornati. Dobbiamo andare all’obitorio, poi andremo da Gillespie e gli diremo tutto, anche dei Bilancieri.-
- Ci facciamo dare il caso e cerchiamo qualcuno che sappia dirci vita morte e miracoli sui Mangiamorte rimasti.- finì Edward – E se sarà necessario andremo anche a cercare Hermione, per chiederle direttamente che cavolo sta combinando ma per il momento vedi di mantenere il sangue freddo, ok Harry?-
Potter non rispose, limitandosi a tenersi strette le tempie. Un dolore allucinante gli stava martellando il cervello. Sarebbe rimasto lì seduto se una forza invisibile non avesse cominciato a tirargli il polso destro. Si ritrovò come sempre incollato a Malfoy con la sua grazia rude l’aveva costretto a mettersi in piedi.
- Muoviti.- gli sibilò, soffiandogli il fumo in faccia – Prima andiamo, prima torniamo a casa.-
- Che idea di merda, che idea di merda…- mormorò il bambino sopravvissuto, cercando le chiavi della macchina nelle tasche – Perché non sono tornato dritto a casa, perché?-
- Perché sei Harry-Fiuto-I-Guai-Potter e adesso metti in moto.- rognò Draco, infilandosi al suo posto – E vedi di guidare decentemente perché voglio arrivare a vederci chiaro in questa storia, intesi?-
- Non è che vuoi vedere Hermione?- cinguettò Edward evitando un pugno in pieno viso.
- Pensa ai fattacci tuoi Dalton!-
- In fondo non sarebbe male trovarla.- borbottò Elettra, guardando fuori dal finestrino – Se la trovassimo, per noi sarebbe una valido aiuta in questa storia.-
- Già, sperando che non abbia ancora quel mezzo demone alle costole.- frecciò Ron.
- La finite di fare taglio e cucito come i vecchi?- si spazientì Potter – Prima o poi cercheremo anche Hermione, questo è sicuro ma non è il caso che vi mettete a fare i castelli in aria.-
- Certo, ma vedi di guidare come si deve!- ribatté anche Dalton, terrorizzato dalla sua guida.
- E allora andate a piedi.- sbuffò Potter guardando oltre il parabrezza – Dannazione, sta per venire su un temporale!-
- Vogliamo finirla d’ignorare il problema principale?- chiese Elettra seccata – Qualcuno ha camuffato il simbolo di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato con quello degli Zaratrox. Perché?-
- Perché i Mangiamorte si sono fatti furbi?- propose Draco velenoso.
- Si, ma perché incastrare gli Zaratrox?- disse Edward – Non ha senso. Non li conosce quasi più nessuno.-
- Oppure chiunque sia stato ha voluto e uccidere la ragazza che forse ha visto o parlato troppo, e sistemare i conti in sospeso con un Bilanciere. È facile accusare qualcuno in fondo, specialmente se le foto di Hermione sono arrivate a qualcun altro al Ministero, no?- replicò Malfoy secco.
- In poche parole secondo te stanno cercando di incastrare Hermione?- Harry lo guardò appena, quasi sicuro che in fondo il principe dei serpenti avesse ragione. Non era la prima volta che arrivavano loro voci sulla loro amica e spesso veniva dipinta come una che aveva qualcosa a che fare con le forze oscure. Ma anche se fosse stato, Harry e Ron su questo avevano qualche riserva, senza però dimenticarsi quanto alla fine delle vacanze che avevano passato insieme prima di diventare Auror, Hermione si fosse comportata in modo strano.
Da allora non l’avevano più vista. Solo lettere, tante lettere.
- Dannata mezzosangue…- ringhiò Draco, schioccando la lingua rabbioso.
Stranamente gli altri sorrisero, risentendolo chiamarla in quel modo. Sembrava essere tornati ai vecchi tempi.
Mezz’ora dopo, alle due e mezza di mattina, arrivarono alla loro meta.
Al Mary Alice Hospital e pochi metri accanto, l’obitorio.
Non c’era un’anima in giro, tantomeno i due inservienti che da come potevano vedere dalla macchina, praticamente dormivano nelle cabina che controllava i passanti, davanti al cancello.
- Serve il mantello di papà.- sussurrò Harry, scendendo dalla macchina con gli altri.
- Vado io.- assicurò Elettra. Sparì in un puf e quando riapparve col mantello dell’Invisibilità di James Potter, gli Auror avevano già trovato un modo per entrare, senza far Smolecolarizzare Ron che era ancora senza licenza. C’era una folta e intricata siepe sul lato sinistro dell’obitorio e potandola un po’, coperti dal mantello, avrebbero potuto entrare senza essere visti. Ci volle un bel po’ di pazienza e qualche bestemmia ma alle fine riuscirono a penetrare all’interno della struttura. Dalle porte scorrevoli però per il momento entrò solo Draco. Coperto dal mantello, gettò della polvere soporifera sui medici e sul personale presente. Una volta stecchiti a terra, fece una fischio e apparirono gli altri.
- Ok…si va.- disse Harry, coprendosi la testa col cappuccio.
E mugugnando lo seguirono anche Ron ed Edward, non molto contenti di ritrovarsi di nuovo fra i cadaveri. Il silenzio era totale e le luci al neon di certo non contribuivano a dare un’aria meno tetra a quel luogo.
- Te lo dico adesso…- rognò Weasley mentre percorrevano i corridoi in punta di piedi – Non intendo più infilare le mani in stomaci o staccare pezzi alla gente, ok?-
- Dio, ma che schifo!- sbuffò Elettra, protetta fra Harry e Draco.
- L’ultima volta hai dovuto staccare un orecchio a un demone perché lo voleva la missione.- sibilò Potter, fermandosi davanti a una pianta dell’edificio – Cazzo, ma dall’ultima volta hanno spostato tutto questi babbani dementi?-
- E poi quel demone era già morto.- finì Malfoy – Datti una calmata Donnola, sono solo cadaveri!-
- Ah, bella roba!-
- Insomma, tacete si o no?- li zittì Dalton, tirando fuori la spada – Ho sentito un rumore…-
- Vuoi mettere giù quell’arnese?- sibilò la biondina – Sono solo babbani, Ed!-
Ma in quel momento un cigolio sinistro li fece sobbalzare, tanto che i quattro Auror si pigiarono tutti gli uni contro gli altri, chiudendo in mezzo Elettra a panino.
Harry li fece scollare quasi a suon di pugni dalla sua ragazza, poi finalmente trovarono la stanza giusta.
Guardando dalle piccole finestrelle presenti sulla porta di metallo, videro parecchie barelle. Sopra dei cadaveri coperti da lenzuola bianche. E meno male che era solo giovedì sera.
Harry entrò per primo ma prima di fare un passo, sentì un suono che conosceva bene. Non fece in tempo a girarsi e a sguainare la spada che una lama gli arrivò dritta al collo. Si ritrovò schiacciato contro il corpo di qualcuno e quando gli altri, armati e bellicosi, fecero per attaccare il suo aggressore, si fermarono.
- Sempre fra i guai, eh Mc?- rise Edward divertito, abbassando la spada.
- Sempre fra i guai voi ragazzini!-
Un mago sui ventotto anni stava davanti a loro. Benestante, visti i suoi abiti, era avvolto in un lungo mantello nero. L’espressione e il portamento erano eleganti e orgogliosi, quasi alteri ma i suoi occhi verdi erano addolciti anche grazie al suo sorriso caloroso che con gli anni fortunatamente non era cambiato. Qualche ciocca bionda gli copriva il bel viso e l’Auror se lo scostò, paziente e divertito nell’averli trovati proprio lì.
- Ciao Harry!- disse Tristan Mckay serafico e poi sogghignò, in quel modo che ricordava tanto il passato. Si, decisamente in molti avevano avuto la stessa idea, pensò il bambino sopravvissuto abbracciando il suo amato mentore.

 

 

  
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