Avevano litigato, pensò Ron quando la sera dopo il loro incontro
si ritrovò con i compagni davanti alla casa dei Tonks.
Harry e Draco erano silenziosi. Erano arrivati
con un livido a
testa sulla faccia, più precisamente sullo zigomo, quindi si erano almeno tirati
un pugno…e poi fra loro aleggiava una tensione che si tagliava col coltello.
Come quando erano stati ragazzini, a Hogwarts.
Decisamente Potter aveva
raccontato al suo vecchio nemico la faccenda di Hermione.
Erano insopportabili quando litigavano perchè tornavano ai tempi in cui avevano
avuto tredici, quattordici anni. Si dimostravano un odio feroce che aveva
radici profonde nel passato e non si risparmiavano cattiverie, di nessun tipo.
-
Mi sa che non l’ha presa bene.- mugugnò Edward sarcastico, accendendosi una
sigaretta.
Ron, che gli stava a fianco, sospirò ma quando arrivarono sul portico della casa non si
azzardò a dire più nulla che non riguardasse il lavoro, anche perché se il moro rispondeva
con voce tagliente, il biondo lo faceva a monosillabi, sillabando una futura Maledizione Senza
Perdono.
E non sembravano proprio in vena di scherzi.
Elettra salutò i
ragazzi con un gran sorriso che poi si tramutò in una smorfia agitata quando Ron
le chiese, con uno sguardo, come andava fra quei due. Un disastro. E non
migliorò quando arrivò anche Blaise.
Entrarono nella casa, passando fra le braccia stitolanti di Ninfadora che doveva andare a
lavoro, purtroppo, e giunti in salotto trovarono una compagnia abbastanza
allegra.
Remus Lupin stava in piedi accanto alla finestra e parlava con
Andromeda mentre Sirius, tanto per cambiare, si stava facendo gli affari suoi
seduto in poltrona accanto al caminetto, leggendo svogliatamente un
giornale.
- Ciao Paddy.- gli disse Harry raggiungendolo.
- Oh, ciao.-
Sirius alzò appena gli occhi grigi, sorridendogli con calore – Livido
nuovo?-
Potter preferì non rispondere, così Black lo lasciò perdere, almeno
per il momento, e salutò tutti gli altri che in effetti non vedeva da un pezzo,
specialmente Elettra e Ron. Finiti i convenevoli e l’aperitivo, si spostarono
nella sala da pranzo apparecchiata con cura e con qualche candelabro acceso qua
e là.
- Gigì vi ha fatto impazzire per caso?- chiese la Baley, una volta a
tavola.
Sirius stava a un capo, Andromeda all’altro. Gli altri sparsi ma
Harry e Draco erano proprio l’uno davanti all’altro.
I ragazzi invece
sembravano far di tutto per tenere viva la conversazione, eppure sia i due Black
che Remus si accorsero che oltre ai lividi, c’era qualcos’altro in sospeso.
-
No, Gigì se ne stava buona solo con Remus purtroppo.- iniziò Sirius, deciso a
far scoppiare le due pentole in ebollizione – Mi sono divertito di più con Pinky
comunque. Lo sai che ha naso per i tartufi?-
Edward alzò gli occhi
dall’arrosto, fissando Black sconvolto e divertito – Hai portato il maiale di
Elettra a caccia?-
- A West Gold Lake trovava i funghi.- si scusò
Sirius.
- Si, peccato fossero velenosi!- frecciò Lupin – Vero Paddy?-
- Ne
ho mandato un cesto a Piton.- finì Sirius con un ghigno perverso – Chissà se li
ha graditi…-
- E tu Elettra?- chiese Andromeda, facendo passare il vino –
Voglio sapere tutto del tuo ritiro!-
- Io anche.- disse Blaise, versandosene
un bel po’ in un calice panciuto – Ieri sera non c’è stato tempo.-
E
naturalmente chi doveva intendere lo fece.
- E già…- sibilò Draco velenoso,
senza alzare gli occhi dal piatto – Ieri c’è stato poco tempo.-
Harry, anche
se sorridendo amaro, non disse nulla e continuò a tagliare il suo arrosto, così
fra l’imbarazzo generale Elettra iniziò a deviare il discorso sui suoi
allenamenti.
- Le Aquile Dorate non arrivano alle semifinali da circa cinque anni in
effetti.- borbottò Ron quando la biondina finì di descrivere la squadra inglese
e i compagni che un tempo erano stati veramente i migliori – Il nuovo mister
però mi sembra decisamente un tipo tosto. Secondo me quest’anno abbiamo qualche
speranza.-
- Dici?- Edward sospirò – Tanto hanno tolto tutto il gusto al
gioco. Quei dementi dei Controllori adesso vanno a sindacare anche sulle
scommesse in nero. Che palle…-
- Ma tu la finirai mai?- sbuffò Blaise,
puntandogli contro la forchetta – Guarda che tuo padre ti disereda prima o
poi.-
- C’è sempre una prima volta,- sorrise Andromeda come fare angelico –
vero Sirius?-
Black fece finta di non aver sentito, mentre Remus se la rideva
nascosto dal calice di vino.
Erano passati gli anni eppure quei due ancora se
la passavano bene, pensò Harry scrutandoli di sottecchi.
Lui aveva pensato
che Sirius non avrebbe più voluto saperne di rientrare nella società dei maghi,
anche dopo gli avvenimenti di quattro anni prima che avevano portato alla caduta
di tutte le accuse a suo carico ma per fortuna c’era stato Remus a tirarlo fuori dalla
casa dei suoi genitori, a West Gold Lake. Lì aveva vissuto con quei due per
tutto il tempo dell’addestramento degli Auror. Erano stati anni bellissimi. Anni
di calore.
Quei due erano riusciti a dargli l'intimità e l’amore di una
famiglia che fin da bambino aveva sempre sognato.
In compenso neanche in
quattro anni erano maturati un po’. Quando stavano separati, Remus era una
persona seria ed elegante. Insieme erano da ricovero.
- E Duncan come sta?-
chiese il lupo mannaro in quel momento, facendo cadere Potter dalle nuvole.
-
Tutto bene.- disse Ron, finendo le patate al forno – L’ho visto stamattina al
Ministero. Sono andato a sollecitare quegli idioti per farmi ridare la licenza,
ma non se ne parla davvero prima di sabato…comunque era nel suo ufficio. Stava
urlando, tanto per cambiare. Ha affidato il caso della ragazza morta nel cerchio
al gruppo di Kinneas.-
- Peggio che andar di notte.- frecciò Edward – Quello non vedrebbe un troll neanche se
questo gli menasse la clava al naso.-
- Non potete chiederlo voi il caso?- propose
Sirius.
Draco sogghignò, finendo l’ultimo goccio di vino – Figurati, siamo
troppo impegnati per pensare anche a questo. Vero San Potter? Dico
bene?-
Vuoto. Cadde un silenzio di tomba in cui gli altri, non coinvolti nel
litigio, guardavano altrove o si sforzavano di cercare un altro argomento,
oppure ancora guardavano con particolare attenzione gli avanzi nel loro
piatto.
Dopo un minuto di quella noia, Sirius ne aveva già basta. Sembravano
dei cadaveri.
- Chi ha il cancro?- chiese, serafico.
- Oh, Sirius!- sbottò
Harry cercando di non ridere – Nessuno ha il cancro, accidenti a te!-
- E
allora che sono quelle facce?- sbuffò, annoiato – Con quelle espressioni mi fate
venire sonno.-
- Non è successo niente…- si sforzò Blaise – Solo…qualche
incomprensione.-
- Incomprensione.- sibilò Draco con tono sarcastico – Si,
chiamiamola così.-
- Insomma, è tutto il giorno che mi dai il tormento e io
tutto il giorno che mi scuso.- Potter ora lo fissava con aria veramente seccata
– Smettila, tanto le cose non cambiano.-
- E hai anche il coraggio di farmi
la predica, veramente furbo Potty.- replicò il biondo, con rabbia – Ma hai
scordato la clausola fondamentale del nostro contratto. Io qua, tu là! Non ti
devi impicciare negli affari miei!-
- Hermione è anche affar mio!
Prima che sia "roba" tua, lei è mia per diritto di anzianità!- ringhiò
Harry alzandosi di botto dalla tavola. Lo fece anche Draco e nello stesso
istante in cui i loro occhi s’incatenarono, la loro collera esplose unita e i
bracciali scattarono, come attenti a quel solo richiamo. La rabbia dell’uno
contro l’altro.
Un attimo dopo erano praticamente mano per mano, separati
solo dal tavolo.
- Dannazione!- sibilò il moro, iniziando a tirare.
-
Cazzo, cazzo…- Draco poi era fuori di sé. Venire a sapere di Hermione dopo anni
in cui quel bastardo di Harry invece raccoglieva informazioni nascondendogliele
era stato troppo. Un duro colpo per il suo orgoglio.
Si misero a tirare ma
arrivavano solo a farsi male ai tendini, così gli altri si alzarono per calmarli
e anche se non fu facile, alla fine ci riuscirono.
- Insomma, qualcuno mi
dice perché avete litigato stavolta?- sbuffò Sirius davanti ai due seduti sul
divano.
- Non dare la colpa a me, è questo deficiente del tuo figliastro che
ficca il naso in cose di cui non gli deve importare!- sbraitò Malfoy, dando un
colpo ai bracciali, ottenendo solo di ritrovarsi Harry quasi in braccio. Il
moretto, per contro, gli mollò una gomitata e dopo avergli sibilato anche
un’imprecazione neanche tanto sottovoce, si chiuse nel suo angolo, stizzoso. Che
andasse al diavolo quello stupido biondastro senza cervello!
- E allora?
Devo usare il Legilimens per caso?- si stufò Black.
- Hermione.- disse Ron a
quel punto, visto che nessuno due parlava.
Remus e Sirius non fecero nessuna
particolare espressione. Si limitarono a dire – Ah…-
E Draco perse la testa –
LO SAPEVATE ANCHE VOI???-
- Tesoro, non urlare…- fece Andromeda angelica – Lo
sai che se svegli i quadri poi è dura.-
- Me ne sbatto dei quadri!- urlò
Malfoy, tornando a fissare Harry – Sei solo un bastardo, ecco cosa sei! Lo
racconti ai quattro venti e poi hai anche il coraggio di stupirti se m’incazzo!
Sei un maledetto stronzo!-
- Lo vedi che facevo bene a non dirtelo?- replicò
Potter stufo – Stai dando i numeri!-
- Perché tu mi tratti come un ragazzino!
E tanto per la cronaca è storia passata!-
Finito di dire quello, perfino
Blaise attaccò a ridere senza riuscire a fermarsi. Solo dopo l’occhiata di fuoco
di Draco, i presenti si ricomposero, anche Lupin e la padrona di casa.
-
Andate tutti al diavolo.- sibilò Draco e si alzò per andarsene ma rimase
appiccicato al divano, attaccato al braccio di Harry. Sempre più infuriato,
cercò di calmare i nervi inspirando a fondo.
Di solito succedeva così. Quando
si sbraitavano addosso, s’incollavano come cozze, e poi appena si scambiavano
qualche smanceria riuscivano a staccarsi. Peccato che quella sera non pareva
funzionare proprio.
Accidenti…e tutto era successo per Hermione. Ogni volta
che pensava a lei sembrava che tutto andasse a quel paese.
Lei bastava a
cancellare tutto dalla sua mente.
- Il problema alla fine quale sarebbe?-
bofonchiò Sirius scazzato come solo lui sapeva essere.
- Il problema è questo
stronzo del tuo figliastro si sente in diritto di dirmi o no informazioni
riguardanti la mia ex ragazza, ok?- gridò Draco, rimettendosi in piedi furibondo
– Non mi vanno le cose alle spalle come non mi va che Potter s’impicci della mia
vita privata!- si girò verso Harry, tornando a guardarlo con gli occhi
fiammeggianti ma di colpo la sua rabbia scemò. Tacque, vedendo il moro sbiancare
lentamente.
- Harry…- Ron fissò il suo migliore amico stranito – Cos’hai?
Non stai bene?-
Potter non rispose…abbassò lentamente il capo e poi…alzò la
mano, la portò alla testa e cacciò un grido incredibile, accartocciandosi
letteralmente sul divano. In un lampo Sirius e Remus gli furono vicini e
cercarono di aiutarlo ma il bambino sopravvissuto sembrava colto da una strana
sorta di crisi.
Gridava come se lo stessero scorticando vivo e solo Draco,
fermando per un braccio, riuscì a tenerlo fermo.
Nel rapido giro di un minuto
quella foga dolorosa cessò…e quando Harry si lasciò andare contro Malfoy, non
aveva più forza in corpo. Draco, tenendolo sempre stretto a sé, gli prese la
mano che continuava a tenersi sulla fronte. Quando le ritrassero, erano entrambe
bagnate di sangue.
- Dio santo…- sussurrò Ron, gelando.
- Oddio…- mormorò anche
Elettra, vedendo da dove usciva quel sangue. La ferita…la ferita a forma di
saetta di Harry aveva ripreso a sanguinare
. Gliela tamponarono con un panno
umido ma Harry la sentiva scottare, come toccata da un ferro rovente. Oh,
ricordava quella sensazione. E ricordava l’ultima volta che era successo…
E
poi ciò che temeva di più l’attraversò. Gioia.
Qualcuno stava gioendo. E non
apparteneva al suo cuore quella felicità.
- No…- alitò, deglutendo – No, non
di nuovo…-
Golden Fields, la stessa notte.
Jeager Crenshaw
attraversava i corridoi di Cameron Manor sotto gli occhi di molti esseri come
lui e sapeva bene cosa pensavano. Lui, il mezzo demone sporco di sangue umano
accolto così nella nobile casa di Caesar.
Tutti lo disprezzavano, perfino
comunissimi vampiri da quattro soldi.
Aveva pelle tiepida, occhi troppo
umani…e viveva di vendetta. Quale vero demone si sarebbe mai abbassato a provare
ciò che provavano i maghi? Nessuno, lui era solo spazzatura per quella gente,
anche se avrebbe potuto uccidere molto di loro, specialmente quei miseri
vampiri, quei miseri mezzi giganti…demoni impuri.
A quella gente era concessa
solo un’ala del castello. L’ala ovest.
Nelle altre, nessuno di loro poteva
entrarvi ma lui invece si. E questo gli permetteva di sputare in faccia a tutti
coloro che lo schermivano, che ridevano di lui e delle sue origini.
Lui
presto sarebbe diventato allievo di uno degli unici due demoni puri presenti in
quel palazzo.
Caesar Noah Cameron viveva in quel luogo da tempi immemori.
Cinquecento, seicento anni…nessuno lo sapeva, perché nessuno era vissuto tanto a
lungo per avere memoria di lui.
Ma i suoi serici capelli bianchi, i suoi
occhi quasi trasparenti, la sua forza…oh, lui sapeva incantare.
Uno dei più
potenti demoni puri esistenti al mondo.
Jeager, al suo arrivo in quel
castello, l’aveva supplicato di diventare il suo mentore, il suo maestro. Ma
Caesar non aveva accettato. Non per sdegno, non per disprezzo. Per semplice
indifferenza.
Il padrone di Golden Fields aveva tanto potere da sterminare
ogni essere presente in quel palazzo, eccetto uno ovviamente, ma non vi era
desiderio che lo sfiorasse, né sentimento che potesse angustiarlo.
Eccetto per una persona. Quella donna
…
Nessuno l’aveva mai vista, neanche i servitori
che seguivano Caesar fin da bambino.
E la più grande pecca di Jeager era
sempre stata la sua morbosa curiosità. Aveva sentito storie su di lei, su quella
femmina di demone, su quell’essere che pareggiava il grande Cameron. Ma non
l’aveva mai vista nonostante lei vivesse lì quattro anni e le sue stanze erano
invalicabili anche per colui che regnava su quelle terre.
A volte si chiedeva
cosa legasse Caesar a quella demone. Un uomo come lui, freddo e mistico, non
toccato dal tempo, pareva essere insensibile anche al fascino di donne
bellissime. Ma allora cos’aveva quella demone, nascosta agli occhi di tutti, di
così tanto prezioso per Caesar? Un uomo come quello, non comprendeva cose inutili come
l’amore.
Attraversò l’ala ovest, senza degnare nessuno di un’occhiata e
finalmente salì al piano superiore di Cameron Manor.
Lì venne scortato da
alcuni fantasmi in una sala riunioni in cui era entrato solo una volta.
Messo
sulla soglia, Jeager sogghignò appena.
- Il moccioso…ma tu
guarda…-
Un bambino umano, sui dieci anni, alzò gli occhi da un grosso libro magia. Due grandi occhi, blu come la
notte.
Il piccolo lo fissò a lungo, poi tornò ad abbassare lo sguardo, riportando
l’attenzione ai suoi studi.
- Che ci fai qui, moccioso?- chiese Jeager,
raggiungendo la tavola – Dovresti giocare alla tua età, sai?-
Il
piccolo alzò le spalle – Prima imparo, prima potrò essere di aiuto.-
Le iridi
metà azzurre e metà verdi di Crenshaw s’illuminarono della solita curiosità –
Allora è vero… ti hanno messo sotto a studiare perché sta succedendo qualcosa.
Dimmi, piccolo…- si sporse verso il bambino, posandogli una mano sui folti e
ondulati capelli neri – Cosa sta succedendo eh? Che ha in mente Caesar?-
-
Modera i toni quando sei davanti a Tom, Jeager.- sibilò una voce alle sue
spalle, facendolo gelare letteralmente.
Il mezzo demone si voltò appena,
desiderando sparire. Ma la paura glielo impedì, specialmente perché Caesar
Cameron era già davanti a lui. Più alto di diversi centimetri, il demone di
stirpe lo scrutò a lungo, leggendogli nella mente…poi senza espressione in viso
andò a sedersi in poltrona, vicino al camino spento.
- Caesar, dove sei
stato?- chiese il bambino sorridendogli genuinamente.
Il demone, sporgendosi
un poco, gli carezzò la gota e vide i suoi studi.
- Non scherzare troppo con
la magia, Tom.- gli sussurrò con una voce flautata che solo i demoni
possedevano.
- Voglio aiutare, lo sai.-
- Si, lo so.- il padrone di casa
si levò i guanti bianchi e tornò a Jeager – Cosa desideri Crenshaw?-
- Mi dispiace signore.- borbottò il mezzo demone, facendo un leggero incjino – Mi avete
fatto chiamare, mi dicono.-
- Si, ti ho fatto chiamare.- Caesar lo fece
sedere, continuando a carezzare la testa al piccolo Tom.
- Se non oso
troppo…il bambino non dovrebbe studiare la magia in così giovane età.-
- Si, è vero, ha perfettamente
ragione Jeager…ma Tom ci tiene molto. Vuole aiutare un amico.- Caesar si concesse uno
dei suoi rari e tiepidi sorrisi, forse appena percettibili, al piccolo mago che
ricambiò con infantile trasporto.
- E chi vuoi aiutare?- si stupì
Jeager.
- Un ragazzo.- rispose il bambino.
- Un ragazzo?-
- Si, è un
Auror ma non l’ho mai visto.-
Jeager stavolta alzò le sopracciglia, senza
capire – Posso chiederti il suo nome?-
- Harry Potter.-
Per un attimo in
quella sala cadde un lungo silenzio e Crenshaw per poco non divenne ancora più
cianotico.
Sconvolto, fissò Caesar per avere una risposta ma il demone non
disse nulla, tornando a sedersi.
- Perché?- alitò Jeager – Perché ti vuoi
immischiare Tom?-
- Perché gli devo un favore. Il mio papà ha ucciso i
suoi genitori
.-
- E’ tua madre che ti mette in testa certe cose?- ringhiò a quel
punto il mezzo demone.
- Jeager.- sibilò Caesar all’improvviso. E fu come
se una cappa scura fosse calata sulla grande stanza. Il mezzo demone
deglutì, terrorizzato, così s’inchinò, scusandosi.
- Lo so che lei non è la
mia mamma.- disse il piccolo Tom, scendendo dalla poltrona con un balzo – E non
è stata lei a dirmi di iniziare a studiare. L’ho deciso io. Qualcuno è deciso a
cercare di nuovo i bambini sopravvissuti e visto che sono già sulle tracce di
Harry Potter, presto verranno a cercare anche lei.-
- Tom, tua madre si sa
difendere perfettamente.- lo blandì Caesar.
- Si, ma Harry Potter non
può farcela da solo.- il piccolo scoccò un’infantile occhiata ai due adulti. Ora
sembrava che fosse un po’ diffidente verso entrambi – Ho visto nella tua acqua
Caesar che i miei fratelli voglio fargli del male.-
- Oh…- Jeager fece una
smorfia disgustata – Ancora Mangiamorte. Dannati maghi!-
- Sono solo i tuoi
fratellastri, Tom.- sussurrò Caesar, indifferente.
- E loro sono più grandi e
potenti di te.- continuò il mezzo demone – La tua vera madre li ha tramutati in
Mangiamorte quando erano molto piccoli. Se fossi stato con lei, anche tu avresti
subito la loro stessa sorte. Senza contare che il tuo defunto padre voleva
proprio che Harry Potter finisse sotto terra. Era il suo più grande
nemico.-
- La mamma invece ha salvato Harry.-
disse il bambino i cui grandi occhi blu scuro e i capelli neri ricordavano la
potenza di un mago che in passato aveva fatto grandi cose. Terribili,
certo…ma grandi cose
.
Jeager
ghignò amaro – La tua matrigna l’ha salvato, forse. La tua vera madre lo odiava
profondamente.-
- E poi non dovresti pensare troppo al bambino sopravvissuto,
credimi Tom.- mormorò infine Caesar – Ricordati che tuo padre quando era in vita
era collegato con lui tramite i poteri che li univano. Ora anche tu, sebbene per
motivi diversi, sei collegato a lui.-
- Posso spaventarlo dici? Credi che
provi quello che provo io? Ma io sono contento di poterlo aiutare.-
- Ma
forse lui pensa che il suo nemico possa tornare.-
- Ah…hai ragione. Allora
potrebbe stare male anche la mamma? Anche lei ha la cicatrice.-
- Probabile.-
Caesar lo guardò intensamente – E io non voglio che lei stia male, Tom.-
Il
bambino abbassò lo sguardo, malinconico. Sapeva quanto Caesar tenesse alla sua
matrigna. Salutò così Jeager piuttosto freddamente, sorrise al padrone di casa,
assicurandolo che avrebbe fatto più attenzione d’ora in avanti e infine se ne
andò, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.
Rimasti soli, il
mezzo demone portò l’attenzione su Cameron…ora molto inquieto.
Caesar però
non parve farci caso.
- Con tutto il rispetto, signore…- disse Crenshaw –
Temo che la matrigna di Tom potrebbe interferire.-
- In cosa, se mi concedi?-
sogghignò il demone puro, fissandolo intensamente.
Quello deglutì a vuoto,
capendo che il padrone già sapeva.
- Io non m’immischierò in
questa storia, Jeager. Che sia chiaro. Non m’interessano le vostre ridicole beghe fra
Auror e Forze Oscure, come non m’interessa Harry Potter, né i Mangiamorte
che hai sguinzagliato appresso a lui e a alla mia allieva per i tuoi
comodi. So che stai ancora cercando di ucciderla…-
- E’ una mezzosangue, mio
signore.- sibilò Jeager.
- Si, ma ti ha già sconfitto una volta.-
-
E’ stato un caso! Lei non merita di essere una vostra allieva.-
- Ma
lei è quella che ha salvato Tom dalle grinfie degli Zaratrox.- continuò il
demone puro, agitando la mano con noia – Senza contare che qualcuno, oltre a me,
potrebbe prendere a male le tue mire su di lei.-
- Parlate della demone che
vive con voi? Non è forse tempo per me di conoscerla padrone?-
- Jeager…-
sorrise Caesar, sinceramente divertito – Credi di poterla vedere senza rimare
accecato da lei?-
- E’ vero…che era la sposa del padre di Tom? Di quel mago
che i mortali chiamavano Lord Voldemort?-
- Perché non glielo vai a chiedere?- sibilò a quel punto il demone, mettendosi in
piedi – Le sue camere sono ovunque nel palazzo…e in nessun posto. Io adesso
ho da fare. Ti ho fatto chiamare solo per dirti che presto Tom partirà per
Londra. È suo desiderio aiutare Harry Potter, come hai sentito. Intende anche vedere
i suoi fratellastri ma temo che nella sua ricerca, un'altra meta molto importante sia
la ragazza che l’ha salvato dai Bilancieri e che tu tanti odi.
Se capiterà qualcosa al bambino, Jeager, voglio che tu sappia che su di
te si scatenerà un’ira che nemmeno io sarò in grado di fermare.- Caesar andò alla
porta, aprendola con mano leggera – Quindi, attento a ciò che fai…e specialmente,
lo dico per il tuo stesso bene, ignora la tua sfida con la mia
allieva. O presto avrai contro il bambino e colei che gli fa da madre.
Arrivederci.-
E se ne andò, insieme all’aura gelida di cui era
portatore.
Draco si tenne stretto alla portiera della monovolume,
esattamente come Elettra, Ron ed Edward.
La macchina dentro a cui erano
seduti e imbrigliati nelle cinture di sicurezza passò col rosso, evitò a
sinistra un’entrata di un camion e quella di un pullman turistico, poi aumentò
ancora di velocità.
- Sfregiato…forse dovresti rallentare.- mormorò il
biondo, pregando in tutte le lingue che conosceva.
Harry, in risposta, infilò
la quarta e sorpassò tre macchine in fila, rischiando di scontrarsi con quelle
che arrivavano dall’altra corsia. Normalmente Potter guidava anche bene, era
l’unico di loro ad aver preso la patente babbana…ma quella sera, dopo la cena,
non pareva dell’umore adatto per farsi rompere le palle.
- Harry…- sussurrò
anche Ron, seduto al suo fianco – Perché non ci fermiamo a prendere un caffè
eh?-
- Già, magari se ti calmi forse…- disse anche Dalton, ma Potter emise un
ringhio, evitando per un pelo un povero pedone. – Sono calmo!- sibilò stizzito,
tirando un pugno al cruscotto.
- Non mi pare.- disse Draco, velenoso.
-
Senti tu vedi di stare zitto ok? Non avevi detto di non volermi più parlare?-
sbottò il moro.
- Finiscila di fare il bambino, vuoi farci ammazzare cazzo?!-
sbraitò il biondo – ATTENTO A QUELLA MACCHINA!!!!! Cazzo…- riprese fiato, dopo
che aveva creduto di morire sul serio, poi si aggrappò al sedile davanti, dove
stava Ron e fissò Harry fuori di sé – Le nostre discussioni le abbiamo sempre
risolte fra noi! Adesso non è giusto che mi ammazzi solo perché ci stai tu a
quel fottuto volante!-
- Draco non farlo distrarre che ci spalmiamo contro un
muro sul serio!- rognò Edward, praticamente abbracciato alla maniglia.
-
Discussioni?- echeggiò invece Harry – Discussioni? Adesso stammi bene a sentire,
stupidissimo Serpeverde!- e i ragazzi si misero le mani nei capelli perché
quando cominciavano a chiamarsi coi nomi delle case, era davvero grave – Ora i
tuoi problemi con Hermione sono l’ultimo dei miei pensieri! E lascia che ti dica
una cosa!- sterzò davanti a King’s Cross, frenando e spedendo tutti contro il
parabrezza – Se foste stati meno orgogliosi tutti e due forse adesso stareste
ancora insieme e io non dovrei subirmi tutte le tue fottute paranoie!-
-
Paranoie?- urlò Draco – Il mio rapporto con la mezzosangue sono affari
miei!-
- E allora non darmi il tormento!- sbraitò Potter, aprendo la portiera
e scendendo dalla macchina.
Gli altri rimasero dentro, senza capire che
cavolo volesse fare…poi qualcuno di loro notò che era quello il posto dov’era
stata assassinata quella ragazza, dentro al cerchio magico.
- Oh, no!- sbuffò
Ron scendendo a sua volta – Lo sapevo io!-
- Porca di quella miseria!- Edward
scese per ultimo, andando al bagagliaio e tirando fuori le loro spade – Me lo
sentivo che sarebbe finita in questo modo! Speriamo solo che non ci sia Kinneas
a far di ronda o finiremo davanti a Duncan entro due ore!-
Naturalmente
Dalton e tutti gli altri sapevano che la zona era sorvegliata e vista e una
volta entrati nel vicolo, Harry e gli altri si ritrovarono con John Kinneas e i
suoi attaccati alle costole.
- Ma tu guarda chi si vede…- frecciò l’Auror col
suo tono arrogante – Potter e Malfoy. Oh, Weasley…ancora vivo?-
- A quanto
sembra.- rispose Ron annoiato.
- E anche Dalton.- Kinneas sogghignò, posando
poi gli occhi su Elettra – Ciao dolcezza, come mai anche tu stasera?-
- John,
ti consiglio di tacere…- gli disse Edward con un breve sorriso – Per il tuo
bene, davvero.-
- Che cazzo ci fate qua voi quattro?- sibilò Kinneas tornando
davanti a Harry – Il caso è mio.-
- Voglio solo dare un’occhiata.- disse il
moro a bassa voce, pericolosamente troppo roca per i gusti dei suoi
compagni.
- Perché? Ce l’hai il permesso del capo?-
- Posso spaccarti la
faccia, svegliarlo nel cuore della notte, chiederglielo e tornare qua.- ringhiò
allora Harry – Oppure puoi farmi passare e conservarti i connotati. Cosa
scegli?-
- Io sento puzza di un’altra nota disciplinare.- sbuffò Ron
esasperato.
- E allora idiota?- si mise in mezzo anche Draco – Ci fai passare
o no?-
- Perché Malfoy? Vuoi venire a ripulire la scena del delitto per
caso?- soffiò un altro Auror alle loro spalle.
- Tappati quella fogna Burke!-
sbottò Harry al limite della pazienza e ormai aveva già superato Kinneas,
ficcandogli una spallata. Quello minacciò di andare a dire tutto al capo degli
Auror ma a quanto pareva nessuno dei cinque ci fece particolarmente caso.
Infilarono il fondo del vicolo e tirarono fuori le bacchette, per controllare
alla luce della bacchette. C’era solo il cerchio di cera nera, ormai quasi
totalmente rovinato, la sagoma bianca del cadavere fatta col gesso e niente di
più. Esaminarono ogni angolatura, la posizione che il corpo aveva preso
cadendo…Draco prese anche un campione della cera per portarla a Blaise il giorno
dopo.
- Qualcosa non quadra…- mormorò Edward dopo qualche minuto.
- Perché
sapientone?- chiese Kinneas sprezzante.
- Ti sembra un cerchio normale
idiota?- sibilò l’ex Corvonero – Guarda, non ci sono iscrizioni nella cera. In
compenso ci sono delle scritte sbiadite e illeggibili attorno al bordo del
cerchio.-
- Gl’incantesimi al bordo dei cerchi magici non servono per
bloccare dei particolari poteri?- disse Elettra.
- State dicendo che non era
una babbana?- si stupì Kinneas – Ma non era schedata come strega al
Ministero.-
- Forse una Magonò.- ipotizzò Harry, guardando sulle mura attorno
a loro – I Magonò non sono schedati.-
- Certa gente non uccide senza lasciare
una firma.- sibilò Draco impaziente.
- Già.- Ron continuava a cercare, ma
senza risultato – Eppure dev’esserci qualcosa.-
- I poliziatti babbani hanno
già cercato ovunque, noi anche.- disse un compagno di Kinneas.
- Poliziotti,
poliziotti…- Harry si mise seduto su una cassa, incominciando a pensare. Forse
sarebbe stato il caso di fare un salto a controllare il cadavere di quella
ragazza…
Draco, vista la sua espressione, alzò gli occhi al cielo mentre Ron
lo mandò praticamente al diavolo.
- Scordatelo!- sbottò – Io non ci vengo più
all’obitorio!-
- Andateci voi tre eh?- li sollecitò anche Dalton – Io porto a
casa Elettra.-
- Elettra può anche andarsene a casa da sola…- sibilò Harry
velenoso.
- Oppure posso venire anche io all’obitorio. Più siamo e meglio è.-
li zittì la Baley.
- Scusate un fottutissimo secondo!- sbottò quel Burke,
amico di Kinneas – Il caso è nostro, branco di dementi!-
- E allora?- il moro
lo guardò storto – Non voglio occuparmene al tuo posto, voglio solo controllare
una cosa!-
- Ma si può sapere che cos’hai stasera Potter?- Kinneas gli rise
in faccia, dandogli una pacca sulle spalle – Fa quel cavolo che ti pare, tanto
non saranno cazzi miei quando Gillespie butterà fuori a calci dal Ministero te e
il figlio del Mangiamorte. Ci si vede, perdenti! Ciao bella, quando vorrai un
vero uomo vieni da me!- e sparì, poi di seguito i compagni mentre Elettra,
troppo presa da Harry, a momenti neanche l’aveva sentito.
- Quello è proprio
un deficiente.- sbuffò Ron tornando a pensare agli affari suoi.
- Basterebbe
stirarlo in macchina,- pensò Edward ad alta voce – qui…di notte, non c’è
nessuno…e potremmo farla franca!-
- Ci penserò dopo aver spostato questo
macello!- disse Harry, cominciando a spostare le casse che stavano sul muretto
di fronte al cadavere. Se era stata schiantata, della magia residua doveva
essersi fermata sulla parete. Lo aiutarono anche gli altri e una volta finito si
ritrovarono solo davanti a un comune muretto di mattoni rossi.
Non c’erano
segni, né crepe, né evidenti fori lasciati da una fonte magica.
Niente di
niente.
- Qualche altra idea Ed?- chiese Ron.
Il Corvonero aggrottò la
fronte – Draco, hai ancora da qualche parte quella pozione per rilevare i segni
magici?-
Malfoy bofonchiò qualcosa d’imprecisato, cominciando a trafficare
con le mini capsule che portava sempre appese alla cinta. Gli altri li
scambiavano per portachiavi, peccato che il biondo lì ci tenesse anche del
veleno.
- Vuoi controllare qualsiasi residuo magico?- chiese Harry.
Dalton
annuì – Si e già che ci siamo vediamo anche che formule c’erano attorno al
cerchio magico. Se scopriamo che magia di blocco hanno usato, forse capiremo che
potere hanno tolto alla vittima.-
- E se era solo una Magonò?- disse
Weasley.
- Allora quella Magonò ha visto qualcosa che non doveva.-
concluse Edward serafico.
- Ci sei Malferret?- gli chiese Harry.
- Se…-
Draco finalmente imbroccò la capsula giusta e dopo averla agitata per qualche
secondo, la scagliò contro il muretto. Si levò una piccola nube azzurrognola,
seguita da forte odore di zolfo.
- Accidenti, ma con che le fai ste’ pozioni
eh?- si schifò Ron, portandosi una mano a coprirsi il viso.
- Non lo saprai
mai Donnola,- ironizzò il biondo – ma adesso un attimo…dovrebbe apparire
qualcosa.-
E infatti. Sul muro di fronte apparve una firma, un marchio
fosforescente.
Una Z tagliata orizzontalmente da un’asta a cui erano posti
due piccoli cerchi.
I ragazzi si sentirono gelare.
- Zaratrox.- sussurrò
Harry, chiudendosi le mani sul viso. Cazzo, non era vero.
Hermione doveva
essere appena tornata a Londra e dopo che loro avevano scoperto che faceva parte
di quella confraternita, una ragazza veniva uccisa. In più sul luogo della morte
ci avevano trovato anche quel simbolo.
Comunque non sembrava l’unico a non
crederci.
- No…- disse Elettra seria – No! Non può essere stata lei.-
- E’
vero gente.- Dalton, vedendo i loro visi terrei, scosse il capo – La conosciamo.
Lei non ucciderebbe nessuno.-
- Quella roba può appartenere a chiunque.
Potrebbe essere stata messa lì da chiunque.- finì la Baley.
- Si…- ammise
Harry, abbassando lo sguardo – A me però le coincidenze non sono mai
piaciute.-
- Neanche a me.- sibilò Draco, accendendosi una sigaretta –
Controlliamo però, tanto per essere sicuri.- ed estrasse dalla cinta la stessa
pozione sperimentale, buttandola di nuovo dritta sul marchio fosforescente dei
Bilancieri.
La Z prese letteralmente fuoco sui mattoni e di colpo la luce
della pozione divenne verdastra, lasciando al posto di quel simbolo fasullo,
qualcosa di ancora più spaventoso.
Un teschio dalla cui bocca usciva un
serpente verde brillante.
Draco, vedendolo, ringraziò la fiducia che avevano
sempre, loro tutti, covato per Hermione.
Ma ora la situazione era anche
peggiorata.
- Ci risiamo.- poté dire Ron, senza riuscire a trovare altre
parole.
Anche gli altri erano rimasti senza voce. Tutti quanti. Anche Harry,
che tornò a sedersi sulla cassa di prima, tenendosi forte la testa. No,
accidenti. Non di nuovo lui, loro!
Sentì Elettra stringergli forte le mani e
si lasciò baciare la fronte. Ora era come se fosse stato totalmente
svuotato.
- Dai, in piedi.- gli sussurrò la biondina.
- Per fare cosa?-
mormorò, amareggiato.
Lei lo fissò a lungo, ora più combattiva di prima –
Andiamo all’obitorio. Lì sapremo qualcosa in più.-
- E dobbiamo anche capire
perché hanno cercato di incolpare gli Zaratrox.- disse Ron carezzandogli
goffamente la testa – Non possiamo stare qua con le mani in mano se quei
maledetti bastardi sono tornati. Dobbiamo andare all’obitorio, poi andremo da
Gillespie e gli diremo tutto, anche dei Bilancieri.-
- Ci facciamo dare il
caso e cerchiamo qualcuno che sappia dirci vita morte e miracoli sui Mangiamorte
rimasti.- finì Edward – E se sarà necessario andremo anche a cercare Hermione,
per chiederle direttamente che cavolo sta combinando ma per il momento vedi di
mantenere il sangue freddo, ok Harry?-
Potter non rispose, limitandosi a
tenersi strette le tempie. Un dolore allucinante gli stava martellando il
cervello. Sarebbe rimasto lì seduto se una forza invisibile non avesse
cominciato a tirargli il polso destro. Si ritrovò come sempre incollato a Malfoy
con la sua grazia rude l’aveva costretto a mettersi in piedi.
- Muoviti.- gli
sibilò, soffiandogli il fumo in faccia – Prima andiamo, prima torniamo a
casa.-
- Che idea di merda, che idea di merda…- mormorò il bambino
sopravvissuto, cercando le chiavi della macchina nelle tasche – Perché non sono
tornato dritto a casa, perché?-
- Perché sei Harry-Fiuto-I-Guai-Potter e
adesso metti in moto.- rognò Draco, infilandosi al suo posto – E vedi di guidare
decentemente perché voglio arrivare a vederci chiaro in questa storia,
intesi?-
- Non è che vuoi vedere Hermione?- cinguettò Edward evitando un
pugno in pieno viso.
- Pensa ai fattacci tuoi Dalton!-
- In fondo non
sarebbe male trovarla.- borbottò Elettra, guardando fuori dal finestrino – Se la
trovassimo, per noi sarebbe una valido aiuta in questa storia.-
- Già,
sperando che non abbia ancora quel mezzo demone alle costole.- frecciò Ron.
-
La finite di fare taglio e cucito come i vecchi?- si spazientì Potter – Prima o
poi cercheremo anche Hermione, questo è sicuro ma non è il caso che vi mettete a
fare i castelli in aria.-
- Certo, ma vedi di guidare come si deve!- ribatté
anche Dalton, terrorizzato dalla sua guida.
- E allora andate a piedi.-
sbuffò Potter guardando oltre il parabrezza – Dannazione, sta per venire su un
temporale!-
- Vogliamo finirla d’ignorare il problema principale?- chiese
Elettra seccata – Qualcuno ha camuffato il simbolo di
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato con quello degli Zaratrox. Perché?-
-
Perché i Mangiamorte si sono fatti furbi?- propose Draco velenoso.
- Si, ma
perché incastrare gli Zaratrox?- disse Edward – Non ha senso. Non li conosce
quasi più nessuno.-
- Oppure chiunque sia stato ha voluto e uccidere la
ragazza che forse ha visto o parlato troppo, e sistemare i conti in sospeso con
un Bilanciere. È facile accusare qualcuno in fondo, specialmente se le foto di
Hermione sono arrivate a qualcun altro al Ministero, no?- replicò Malfoy
secco.
- In poche parole secondo te stanno cercando di incastrare Hermione?-
Harry lo guardò appena, quasi sicuro che in fondo il principe dei serpenti
avesse ragione. Non era la prima volta che arrivavano loro voci sulla loro amica
e spesso veniva dipinta come una che aveva qualcosa a che fare con le forze
oscure. Ma anche se fosse stato, Harry e Ron su questo avevano qualche riserva,
senza però dimenticarsi quanto alla fine delle vacanze che avevano passato
insieme prima di diventare Auror, Hermione si fosse comportata in modo
strano.
Da allora non l’avevano più vista. Solo lettere, tante lettere.
-
Dannata mezzosangue…- ringhiò Draco, schioccando la lingua
rabbioso.
Stranamente gli altri sorrisero, risentendolo chiamarla in quel
modo. Sembrava essere tornati ai vecchi tempi.
Mezz’ora dopo, alle due e
mezza di mattina, arrivarono alla loro meta.
Al Mary Alice Hospital e pochi
metri accanto, l’obitorio.
Non c’era un’anima in giro, tantomeno i due
inservienti che da come potevano vedere dalla macchina, praticamente dormivano
nelle cabina che controllava i passanti, davanti al cancello.
- Serve il
mantello di papà.- sussurrò Harry, scendendo dalla macchina con gli altri.
-
Vado io.- assicurò Elettra. Sparì in un puf e quando riapparve col mantello
dell’Invisibilità di James Potter, gli Auror avevano già trovato un modo per
entrare, senza far Smolecolarizzare Ron che era ancora senza licenza. C’era una
folta e intricata siepe sul lato sinistro dell’obitorio e potandola un po’,
coperti dal mantello, avrebbero potuto entrare senza essere visti. Ci volle un
bel po’ di pazienza e qualche bestemmia ma alle fine riuscirono a penetrare
all’interno della struttura. Dalle porte scorrevoli però per il momento entrò
solo Draco. Coperto dal mantello, gettò della polvere soporifera sui medici e
sul personale presente. Una volta stecchiti a terra, fece una fischio e
apparirono gli altri.
- Ok…si va.- disse Harry, coprendosi la testa col
cappuccio.
E mugugnando lo seguirono anche Ron ed Edward, non molto contenti
di ritrovarsi di nuovo fra i cadaveri. Il silenzio era totale e le luci al neon
di certo non contribuivano a dare un’aria meno tetra a quel luogo.
- Te lo
dico adesso…- rognò Weasley mentre percorrevano i corridoi in punta di piedi –
Non intendo più infilare le mani in stomaci o staccare pezzi alla gente,
ok?-
- Dio, ma che schifo!- sbuffò Elettra, protetta fra Harry e Draco.
-
L’ultima volta hai dovuto staccare un orecchio a un demone perché lo voleva la
missione.- sibilò Potter, fermandosi davanti a una pianta dell’edificio – Cazzo,
ma dall’ultima volta hanno spostato tutto questi babbani dementi?-
- E poi
quel demone era già morto.- finì Malfoy – Datti una calmata Donnola, sono solo
cadaveri!-
- Ah, bella roba!-
- Insomma, tacete si o no?- li zittì Dalton,
tirando fuori la spada – Ho sentito un rumore…-
- Vuoi mettere giù
quell’arnese?- sibilò la biondina – Sono solo babbani, Ed!-
Ma in quel
momento un cigolio sinistro li fece sobbalzare, tanto che i quattro Auror si
pigiarono tutti gli uni contro gli altri, chiudendo in mezzo Elettra a
panino.
Harry li fece scollare quasi a suon di pugni dalla sua ragazza, poi
finalmente trovarono la stanza giusta.
Guardando dalle piccole finestrelle
presenti sulla porta di metallo, videro parecchie barelle. Sopra dei cadaveri
coperti da lenzuola bianche. E meno male che era solo giovedì sera.
Harry
entrò per primo ma prima di fare un passo, sentì un suono che conosceva bene.
Non fece in tempo a girarsi e a sguainare la spada che una lama gli arrivò
dritta al collo. Si ritrovò schiacciato contro il corpo di qualcuno e quando gli
altri, armati e bellicosi, fecero per attaccare il suo aggressore, si
fermarono.
- Sempre fra i guai, eh Mc?- rise Edward divertito, abbassando la
spada.
- Sempre fra i guai voi ragazzini!-
Un mago sui ventotto anni stava
davanti a loro. Benestante, visti i suoi abiti, era avvolto in un lungo mantello
nero. L’espressione e il portamento erano eleganti e orgogliosi, quasi alteri ma
i suoi occhi verdi erano addolciti anche grazie al suo sorriso caloroso che con
gli anni fortunatamente non era cambiato. Qualche ciocca bionda gli copriva il
bel viso e l’Auror se lo scostò, paziente e divertito nell’averli trovati
proprio lì.
- Ciao Harry!- disse Tristan Mckay serafico e
poi sogghignò, in quel modo che ricordava tanto il passato. Si, decisamente in
molti avevano avuto la stessa idea, pensò il bambino sopravvissuto abbracciando
il suo amato mentore.