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Autore: Honey to the poison    31/05/2012    2 recensioni
“saremo insieme per sempre vero?”.
I suoi occhi erano lucidi, le guance rosse di una risata scappata da sola nelle nostre conversazioni insensate.
Nata solo per rendere più veloce un pomeriggio noioso.
La sua testa s’incastrò sulla mia spalla, con leggerezza, sfiorandomi il collo con la punta del naso, i suoi capelli una massa scomposta che mi solleticava la spalla scoperta.
“per sempre” le accordai stringendola con un braccio, il suo corpo più piccolo del mio aveva l’immaturità di un frutto acerbo.
“sei la mia migliore amica” sospirò soddisfatta abbassando le ciglia, potevo sentirne la carezza sottile mentre si appoggiava alla mia pelle.
Un nodo scorsoio mi strinse la gola, in una parola dolce che non bastava più.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mamma mi ricordava sempre che il mio naso, assolutamente inutile nel riconoscere o meno un cibo scaduto, era invece perfetto per scovare le bugie.

Lo diceva arrossendo appena, per quando l’anno prima aveva tentato di coprire delle rose arrivate per posta da un corteggiatore.

Lo ricordava con il volto pallido, con in segno duro delle mie parole quando aveva provato a giustificare la fuga di mio padre.

 

Le bugie hanno un odore dolciastro di zucchero sciolto per il mio naso.

Qualcosa che non posso non notare e che scovo con una facilità quasi allarmante.

 

Immagino sia normale per una bugiarda patologica come me.

 

L’aria in casa mia, in quei giorni, aveva esattamente quell’odore.

Impregnava le stanze, copriva l’odore dei pasti, si infilava nel letto.

Probabilmente perché ne ero pregna, fino all’ultima cellula del mio corpo.

 

“Lori?”

Mi voltai sorridendo.

Con Vale era sempre così, mi veniva da ridere anche prima di voltarmi.

E non solo perché ero sicura di vederle addosso il suo pigiama preferito, quello con le paperelle gialle.

“dio, ho una fame allucinante, perché non prepari da mangiare?”.

Arricciò il labbro inferiore a cucchiaino, nella speranza di intenerirmi

 

Sarebbe bastato ancora meno.

 

“certo, dammi un attimo”, mi tirai su dall’anglo di pavimento dove avevo buttato il contenuto di un paio di cassetti.

Nella speranza di creare un ordine approssimativo nel caos perfetto delle mie giornate.

Vale abitava a casa mia da meno di 24 ore e già ero nel panico di quando sarebbe andata via, piuttosto di preoccuparmi di come avrei fatto a tenere in piedi la situazione.

 

Aveva dormito con me nel letto grande, chiusa a riccio tranne per la mano destra, stretta alla maglietta del mio pigiama.

Ma senza sfiorarmi.

A me andava bene così.

Non avevo neanche fatto il mio solito incubo.

 

“il pranzo”, mi ricordò a voce bassa, per rispetto ai miei pensieri.

Le passai accanto trascinandola per un polso, tirandola in spalla come una bambola di pezza per percorrere a cavalluccio i pochi metri del corridoio fino alla cucina.

 

Con lei che rideva contro la mia schiena mentre toccava di sfuggita uno scaccia pensieri appeso alla porta per il gusto di sentirne il suono.

Piccoli pezzi di vetro contro conchiglie colorate.

 

Il rumore cattivo del campanello cambiò di poco i nostri giochi, mentre, sempre avvinghiata alle mie spalle mi avvicinavo di corsa alla porta, aprendola di scatto.

Il sorriso teso di Martina scomparve immediatamente sulla soglia.

 

 

Sistemai la pentola piena d’acqua sul fuoco  mentre Martina e Vale accomodate sugli sgabelli dietro la penisola aspettavano il pranzo.

“mi dispiace per ieri Martina …”, le labbra di Vale incespicarono su una scusa, “è stata una giornata strana e non ci siamo nemmeno presentate”.

Martina continuò ad osservarla in silenzio.

“ti immaginavo un po’ diversa ...” improvvisò Vale imbarazzata.

“tipo come?”, Martina giocava con il coltello lasciandolo sbattere contro il piatto, in un gesto nervoso che non le riconoscevo.

“un po’ più alta” arrischiò Vale, pentendosi immediatamente nel sospiro rassegnato.

 

“Lori ha l’abitudine di circondarsi di persona basse”, le ricordò indicandola col mento, “perché io sarei dovuta uscire dagli schemi?”

 

La loro altezza semplice che contrastava con le mie misure alterate.

 

“non saprei … non ci ha mai presentate, supponevo ci fosse qualcosa di speciale in te per farmi attendere tanto prima di conoscerti”.

 

Urtai la padella con forza contro la piastra del fornello senza girarmi.

Un avvertimento di che Martina riconobbe senza incertezze.

 

“credo sia stata semplice dimenticanza”.

 

Lasciai il sugo amalgamarsi al soffritto e al tonno sfumato con il vino bianco mentre tagliavo le olive nere in pezzi grossolani.

 

I gesti concentrati delle ragazze dietro di me producevano un rumore troppo lieve per essere reale, mentre, ostinatamente, prestavo tutta la mia attenzione ai fornelli.

 

Una mano troppo piccola si poggiò sul mio braccio.

I capelli di Martina scivolarono su di me con docilità, tentando di frenarmi.

 

“Vale … per favore getta la pasta in acqua tra due minuti esatti, devo fare vedere una cosa a Martina in camera mia ok?”

 

 

“perché non mi hai detto di lei?”

 

Lo sguardo di Martina era molto più quanto riuscissi a sopportare, fissai lo spigolo appuntito della porta accostata cercando di trovarlo interessante.

“prima o poi sarebbe successo” mormorai a labbra strette.

“certo! Come i terremoti le inondazioni e il pagamento delle tasse”

Osservai il suo ciuffo sollevarsi in uno sbuffo spazientito ed ironico.

“c’è poco da fare la spiritosa”, commentai fingendo fastidio.

 

C’era solo tenerezza davanti a me, come di una bambina confusa che spera di non perdere il proprio animale di peluche.

Immaginai di essere un conoglietto viola con gli occhi a bottone.

 

“non volevo fare una battuta, Lori”

La sua voce era triste.

Lo sguardo, basso e molto più scuro scivolava sul letto sfatto dietro di noi.

 

Le mie cuciture tirarono di più.

 

“è solo un’amica” ammisi a mezza bocca.

“lo sa?”

 

Un interrogativo a troppi punti.

 

Sapere di me e di te.

Della mia vita che scorre su due binari troppo vicini.

Che vengo a letto con te mentre sogno i suoi capelli sul cuscino.

 

“no, non lo sa”.

Si accorse della rudezza di quattro parole scarne.

Dell’insensibilità forse.

Del brandello di imbottitura che sfuggiva da un angolo scucito.

 

Si guardò intorno cercando un appiglio, scivolando tra i miei libri sgualciti, sui fogli scarabocchiati e le penne masticate.

Solo alla fine venne a cercare un sostegno nei miei occhi.

“e non voglio che lo sappia, per ora”.

 

Inghiottì silenziosamente il boccone amaro.

 

 

 

N.D.A.

Lo so che non aggiorno da un tempo decisamente irritante.

Ma tanno succedendo tante cose nella mia vita e Lei … Lei sa di Vale, forse senza rendersi conto realmente di quello che è lei per me.

Altrimenti ne avrebbe decisamente più paura.

Dio solo sa cosa ne pensa di tutta questa storia.

  
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