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Autore: Lightning00    05/06/2012    1 recensioni
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Dall’altra parte del lago, una figura esile si stava abbeverando sulla sponda. Delle lucciole nei paraggi, e la luna piena davano all’ambiente un’aria misteriosa. Non vidi bene il viso, ma le lievi luci delle lucciole e della luna misero in risalto dei lineamenti femminili, ma soprattutto qualcos’altro.
La donna aveva degli indescrivibili capelli rosa. [...]
questa storia parla di Zaraki Kenpachi, raccontata dal suo punto di vista, prima che diventasse Zaraki Kenpachi! Godetevela!
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zaraki Kenpachi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa dell’autrice

Buongiorno, lettori e lettrici, o buonasera, o buon pomeriggio. In questa fanfiction ce la metterò tutta per mettere in risalto lo spirito gentile del più violento shinigami di tutta la Soul Society, senza però fargli mancare la sua natura, sia chiaro. Magari verrà un po’ corta, e sinceramente avrei voluto parlarne di più, di questo delicato argomento, ma non avevo abbastanza idee per fare più capitoli, e, anzi, fare una storia di tre capitolo mi sembra tristissimo. Ma questo è il massimo che posso fare. Perciò godetevi, e spero lo apprezziate, il periodo che diede inizio a tutta la vita spericolata del grandissimo e fichissimo Kenpachi Zaraki! Buona lettura!
 
 
Avendo vissuto tutta la vita in un posto dove tutti, non appena ti vedevano, volevano ucciderti, era abbastanza strano ritrovarsi per giorni senza incontrare anima viva. Le persone dell’ 80° distretto di Rukongai non erano abbastanza intelligenti da costruirsi dei grandi centri, perciò praticamente tutto il distretto, con qualche eccezione, era un’immensa foresta. Il vantaggio di quel luogo era che il minimo rumore causava fruscii e scricchiolii, e nessuno quindi poteva sfuggire alle mie orecchie ben allenate.
Ormai erano diversi giorni che arrancavo in cerca di qualcuno da combattere, e sinceramente cominciavo ad annoiarmi a morte, e più guardavo la mia spada a penzoloni dai miei calzoni, più mi innervosivo. Dopo un intero giorno passato a camminare sotto un sole cocente, mi fermai al tramonto nei pressi di un lago, per assetarmi e per riposarmi. Mi specchiai nell’acqua. Quasi mi mancava l’abitudine di dover risistemarmi i capelli e le ferite, anche se fino a quel momento non avevo avuto nessuna cicatrice permanente sul viso, che mi sarebbe tanto piaciuto avere, perché dava un’aria potente a chi le possedeva, non che avessi avuto bisogno di cicatrici. Mi addormentai, tenendo sempre un occhio aperto, non si sa mai, qualcuno avrebbe potuto imbattersi in me con cattive intenzioni.
Ad un certo punto, nella notte, un lieve rumore mi svegliò, e io misi mano subito alla spada, aspettandomi di sentire il familiare sibilo di lame sconosciute nelle orecchie. Invece mi apparve davanti uno spettacolo diverso.
Dall’altra parte del fiume, una figura esile si stava abbeverando sulla sponda del lago. Delle lucciole nei paraggi, e la luna piena davano all’ambiente un’aria misteriosa. Non vidi bene il viso, ma le lievi luci delle lucciole e della luna misero in risalto dei lineamenti femminili, ma soprattutto qualcos’altro.
La donna aveva degli indescrivibili capelli rosa.
Erano un rosa che non avevo mai visto, troppo chiari per essere viola, troppo scuri per essere un semplice rosa, e così, a prima vista, non sembravano nemmeno fucsia.
La donna lentamente si alzò e se ne andò per la sua strada. Sul suo fianco avevo scorto un luccichio.
Mentre spariva dalla mia vista, io ero rimasto semplicemente a bocca aperta: ero stupito e confuso, senza nessuna spiegazione. Avrei voluto semplicemente continuare a guardarla. Ancora oggi non so spiegarmi il perché, ma mi alzai subito, e, afferrata la mia fedele spada, oltrepassai il lago a nuoto per seguirla. All’inizio ero un po’ spaesato perché non riuscivo più a vederla, ma poi, eccoli lì. I suoi capelli, al buio, sembravano blu, e vidi che erano legati in un’elegante e lunga treccia. La seguii per ore a debita distanza, finché, dopo essersi guardata intorno per un po’, non si distese e si addormentò. Avrei voluto guardarla tutta la notte, ma quel poco tempo in cui avevo dormito non mi aveva giovato, e mi accorsi in quel momento che ero ancora esausto dalla camminata sotto il sole. Mi accovacciai lontano da lei, e chiusi gli occhi.
Il mattino dopo un nuovo scricchiolio mi svegliò. Alzai leggermente la testa, e vidi in lontananza la donna che si alzava, si stiracchiava, e si lisciava i vestiti, per poi rimettersi in marcia. Ero troppo lontano per vederla meglio, ma alla luce del giorno fui sicuro che avesse l’aspetto di una giovane ragazza. Aspettai che si allontanasse e tornai all’inseguimento.
Alla luce del giorno aveva un aspetto decisamente diverso: i capelli non sembravano più viola o blu, ma avevano sempre un rosa abbastanza scuro, forse vicino al lilla, insomma, erano di un colore unico e indefinibile! Ero incredibilmente attratto dai suoi capelli, e non avrei saputo dire perché. Approfittai della luce per vederle anche gli indumenti. Era vestita abbastanza strana. Sembrava che un tempo avesse indossato un kimono rosa con motivi floreali, ma era strappato a metà, e al posto della parte inferiore del kimono indossava dei pantaloni corti da uomo abbastanza comuni, e degli zoccoli, inoltre mi sembrò anche che avesse un seno notevole. Mi stupii nel vedere che il luccichio della sera prima proveniva da una lunga spada con il fodero argentato. Avanzava con passo sicuro e calmo, davanti a me.
Ad un certo punto fece una cosa che non mi sarei mai aspettato: afferrò la spada e la lanciò dietro, verso di me. Io, preso alla sprovvista, mi spostai prima che la spada mi trapassasse il cranio, e mi nascosi dietro a un albero quando questa andò a conficcarsi nella corteccia di un albero.
-Cazzo, l’ho mancato.- Sputò tra i denti. Quella ragazza non aveva niente a che fare con le femmine normali: probabilmente era una macchina assetata di sangue. Come me. Iniziai a sorridere. La ragazza, andando a recuperare la spada, mormorò tra sé: -Almeno avevo visto giusto…- Si fermò davanti alla spada, e con uno strattone la liberò dalla corteccia. Vidi con stupore che aveva scavato l’albero in profondità.
-Avanti, ormai ti ho scoperto, esci fuori e combatti!- Urlò a gran voce.
Io uscii fuori dal mio nascondiglio, e risposi: -Chi ti ha detto che voglio combattere?-
lei scattò subito, ma questa volta ero preparato: lo scontro tra le nostre spade liberò centinaia di scintille. –Io voglio combattere, checca.- mi disse con un sorriso pazzo stampato in volto. Per la prima volta le vidi gli occhi da vicino: erano di un intenso color cioccolato. Le restituii il sorriso, a mo’ di invito. A dire la verità anch’io morivo dalla voglia di combattere, ero stato in astinenza troppo a lungo. Lei si rilassò un momento, per studiarmi.
-Dici di non volermi combattere, ma la tua espressione non è quella di qualcuno che non vuole combattere, e perché mi stavi seguendo?-
Mi prese alla sprovvista. Non me lo sarei potuto spiegare da solo, figuriamoci spiegarlo ad una femmina.
-Ero abbastanza incazzato perché non trovavo più nessuno da combattere. Ne sai qualcosa?-
replicai lanciandole uno sguardo di sottecchi. Lei serrò gli occhi, senza abbandonare quel sorrisetto di sfida. –A quanto pare hai avuto la sfortuna di seguire il mio cammino…sì, ho sterminato tutti quelli che mi hanno sbarrato la strada, e mi sono divertita un sacco.- Allargò il sorriso fino a mostrare trentadue denti, mostrando anche un canino affilato.
-Non sembri come le femmine che ho incontrato finora…come ti chiami?-
-Ma come siamo curiosi!- fece una pausa di qualche secondo, poi assunse un’espressione che mostrava subito che aveva avuto un’idea.
-Facciamo così: se vinci tu mi potrai fare tutte le domande che vuoi, se vinco io ti ammazzo. Ci stai?-
Dio, già adoravo quella ragazza. Le restituii il sorriso di sfida, e non persi tempo. Mi lanciai in un primo fendente, ma quella schivò facilmente e me la ritrovai dietro. Mi girai velocemente e parai il colpo. Dava dei potenti colpi di spada, quella ragazza. Ma non demorsi e l’attaccai ripetutamente con dei colpi veloci. Lei non indietreggiava, e parava tutto con facilità. Ad un certo punto lei fu più veloce di me a muovere la spada, e mi tagliò lungo il braccio, lasciando una lunga riga di sangue. Il dolore era forte, ma mai come il divertimento che stavo provando in quel momento. Erano giorni che non combattevo, e poi era arrivata una ragazza meravigliosa che mi aveva ferito senza problemi, e si era divertita nel farlo. Mi girai verso di lei. Sembrò disorientata dal fatto che non avevo cambiato espressione nel momento in cui mi aveva ferito, e io ne approfittai per restituirle il colpo. la mia spada la colpì nello stomaco, ma non riuscii a farla andare in profondità, perché lei si ritrasse subito, tenendosi la ferita. Aveva abbandonato la sua espressione divertita per sostituirla con una smorfia di dolore. Peccato. Continuammo per molto tempo a scambiarci dei colpi potenti e precisi, finendo per essere ricoperti di lievi graffi e di lunghi tagli. Nessuno dei due indietreggiava, ma vedevo che lei si stava stancando. In fondo non era molto corretto, io ero pur sempre un uomo, e gli uomini hanno una struttura migliore delle donne. Non l’avessi mai pensato! All’improvviso la ragazza sembrò provare una furia cieca e con mia grande sorpresa fece un lungo balzo. Scese come un bolide verso di me, e io non potei fare altro che aspettare il colpo con la spada alzata. Le nostre Zampakuto si scontrarono in un mare di scintille, e la sua potenza fu tale che trascinò la mia spada verso il basso. Quell’azione le diede un’ultima spinta verso l’alto, e fu troppo tardi quando vidi la lama dirigersi verso di me.
Sentii un dolore acuto in faccia, ma per mia fortuna fu lieve. Perché non mirava al viso, bensì al petto, dove aprì un lungo squarcio. All’epoca non ero ancora in grado di resistere a dei tagli troppo profondi, mica come oggi! Persi un sacco di sangue e sentii che stavo per svenire, ma prima di ciò radunai le ultime energie e abbassai la spada verso di lei, in un posto che non vidi. Dopo fu tutto buio.
 
  
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