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Autore: Miss_Nothing    15/06/2012    4 recensioni
Non vi sono veri e propri capitoli in questa storia. Sono pensieri, pensieri di una ragazza che ha visto troppo della vita.
Ciao a tutti il mio nome è Sarah Walsh, sono nata il 5 Maggio del 1995 e sono morta il 3 Marzo 2007.
Posso parlare, scrivere e fare tutto quello che vi viene in mente. Il mio corpo è ancora qui, cerca di sopravvivere ma la mia anima ha già attraversato il ponte.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell’autrice: vi do un consiglio, quando Sarah accende l’mp3 ascoltate la canzone dei The pretty reckless: Under the water. Ho un dubbio  sul titolo della storia: Pensieri di una ragazza suicida o Under the water?
 
 
Le mie guancie erano rigate da nere lacrime che mi sporcavano il viso. I miei occhi avevano la stessa consistenza della nebbia e il mio cervello non riusciva ad essere razionale. Era come se fossi ubriaca, ubriaca di ricordi, di dolore. Mi lavai il viso notando la mia fragilità. Prima di conoscere Lanny ero più forte, non avrei mai pianto in quel modo ma ora che non portavo più quel peso gravoso solo sulle mie spalle ero tornata ad essere un essere umano e non più un ombra. Era stato strano il passaggio da ombra a umano, strano come tutto nella mia vita. Qualcuno entrò nel bagno mentre tiravo su con il naso cercando di eliminare completamente le tracce di quello che era successo.
“Sarah, hai portato qui quel cretino?” mi urlò contro Sophie.
“Primo non è un cretino e secondo è venuto da solo” le dissi con voce tremante guardandola attraverso lo specchio. La sua voce da gallinella mi dava fastidio, era stridula in quel momento, era come le unghie che grattavano sulla lavagna. Mi faceva tremare.
“Oh lo proteggi anche? Bene diventa chi vuoi resta nell’oscurità, muori stupida leccapiedi” gridò.
Guardai i miei occhi divampare nelle fiamme che erano scoppiate dentro di me. Mi voltai di scatto prendendola e sbattendola contro al muro.
“Senti troietta da quattro soldi non mi conosci, non sai nulla di me. Ho cercato di esserti amica ma si vede che tu mi hai sempre considerata una leccapiedie questo mi fa capire quanto sei insulsa, vuota, superficiale. Non cercarmi mai più, non rivolgermi neanche più la parola. Per me sei morta da adesso in poi” Le dissi per poi lasciar cadere la mano, con cui la tenevo ferma. Se qualcuno scriverà mai una storia sulla mia vita avrebbe scritto di certo questa frase: Se ne andò, con la rabbia nel cuore sapendo che presto o tardi sarebbe diventata dolore.
 
 Quella sera dormii nella stessa stanza di Jenny, nello stesso letto a dire il vero. Sembrava un dura a scuola ma in fondo era una ragazza dolce, gentile ed era anche molto intelligente. Mi rispecchiavo in lei, forse per certe situazioni che ci erano capitate.
“Quando torna tuo padre?” gli chiesi guardando il soffitto decorato da stelle che illuminavano la stanza con la loro luce verdastra.
“Lanny l’ha cacciato, non penso che tornerà” sussurrò con la sua flebile voce.
“Ma non era al lavoro? “ le chiesi spaesata, Lanny mi aveva detto che era in viaggio per lavoro.
“No, Lanny l’ha visto obbligarmi a fare un brutta cosa e ha picchiarmi allora a reagito e dopo una lite la cacciato minacciandolo di chiamare la polizia” Mi spiegò per poi sbadigliare.
“Lanny è veramente fantastico” bisbigliai per poi sentire la sua testa appoggiarsi a me.
 
 
Mi svegliai, dovevo aver sognato visto che avevo le guancie rigate. Doveva essere stato un ricordo sottoforma di sogno. Mi alzai, Jenny dormiva come un bambina cullata dalla sicurezza di aver qualcuno che l’avrebbe protetta a ogni costo. Me ne andai in salotto e mi preparai una tazza di caffè. Amavo il caffè, il suo profumo, il suo sapore.
Una mano mi accarezzò il braccio con un movimento delicato.
“Stai meglio?” mi sussurrò Lanny.
Annuii senza troppa convinzione guardando la moca sul fornello e sentendo le narici scorgere quel profumo che mi faceva venire l’acquolina.
Il mio cellulare squillò, lo presi. In questi giorni il mio cellulare era bombardato in confronto al solito. Risposi con un lieve e poco udibile pronto. Sentivo il suo respiro pesante all’altro capo, sapevo chi fosse senza che parlasse.
“Torna a casa ora” mi disse con voce rauca mentre mi sentivo male al solo pensiero-
“No” risposi con lo stesso tono di prima.
“Devi tornare a casa ora” urlò obbligandomi ad allontanare la testa dal telefono.
“Sei ubriaco” gli feci notare.
“Sarah vieni qui, vieni qui” urlò ancora. Lanny mi rubò il telefono proprio quando il mio labbro cominciò a tremare. I suoi erano occhi freddi, duri e la sua voce li rispecchiava.
“Lei non tornerà da te, sei un mostro. Un mostro della peggiore specie e se proverà anche solo avvicinarsi a lei io la denuncerò”  chiuse la chiamata per poi abbracciarmi. Non so cosa deve aver visto nel mio sguardo ma avevo davvero bisogno di un abbraccio.
“Sono felice che non hai creduto alle mie bugie” sussurrai.
“Sono felice che ti sei fatta aiutare, in due è più facile” mi disse.
“Perché Lanny? Perché lo fai? In fondo hai già tua sorella da proteggere perchè devi complicarti la vita?” gli chiesi cominciando a parlare velocemente.
Lui si staccò un poco da me per guardare il viso.
“Ehi calma baby, se parli così veloce faccio fatica a seguirti”  Mi schernì con il suo solito sorriso.
“Ti aiuto perché anche se non vuoi ammetterlo a te stessa hai bisogno di essere salvata, quando ti ho vista in quel parcheggio ho visto un anima, un anima che stava morendo piano piano e che aveva bisogno di qualcuno che la capisse” mi spiegò per poi legarmi ancora in un altro abbraccio.
“E poi come ti ho detto la prima volta che ti ho parlato, le tue reazione sono le più vere che io abbia mai visto. Ammetto anche di essere stato un tantino curioso, questo si” aggiunse ridendo.
Lanny profumava di menta e vaniglia, era un profumo dolce, un profumo che mi dava sicurezza. Lanny non sapeva tutta la verità, non sapeva come era morta mia madre e non sapeva neanche della pistola che nascondevo ma Lanny era forse l’unico vero amico che io abbia mai avuto, era la persona di cui mi fidavo, era la persona che aveva cercato più funi per legarle insieme e per tirarmi fuori dal pozzo.
 
 
Quel giorno né io né Lanny andammo a scuola. Restammo a casa, a giocare a uno stupido gioco da tavolo e a guardare un film. Avevo bisogno di staccare e lui mi dava la possibilità di farlo. Quel pomeriggio andai dalla mia psicologa. Ero pronta per parlarle di mio padre, per dirle che me ne ero andata da casa. Arrivata allo studio di Mrs Chamberlain mi sdraiai sul lettino.
“Mrs Chamberlain” la salutai con un sorriso che non aveva di certo mai visto sul mio volto.
“Sarah questa sarà una seduta molto speciale” mi disse per poi deglutire. “Abbiamo qua con te i tuoi zii, Maria e Giorgio e tuo padre. “ mi spiegò aspettando una mia reazione.
Mi alzai subito a sedere e li vidi, tutti lì davanti alla porta. Sorridenti. Più che sorrisi quelli erano ghigni.
Zia Maria mi salutò con la mano, aveva i capelli biondi come quelli di zio Giorgio, solo che i suoi erano brizzolati. Lui mi salutò mandandomi un bacio che mi fece tremare. Ricordavo bene quelle settimane passate da loro. Ricordavo le labbra e le mani di mio zio sulla mia pelle mentre mia zia riprendeva e commentava. Ricordavo le visite di mia zia a casa mia, mi ricordava tutto, mi ricordava cosa ero successo ogni volta.
“Li mandi via, li mandi via” gridai quasi piangendo mentre prendevo a testa tra le mani.
“La prego Mrs Chamberlain non mi lasci qui con loro, li cacci “ piagnucolai per poi tirare su con il naso.
Mrs Chamberlain mi guardava a bocca aperta, non mi aveva mai visto così debole.
“Sophie mi ha raccontato tutto Sarah, mi ha detto che avete un rapporto difficile e che tu li cacci sempre via” mi spiegò la psicologa.
“Sophie” sussurrai a denti stretti per poi deglutire. Con un balzo scesi dal lettino e li fissai. No, non potevo resistere. Il mio cuore era più in tempesta del solito, lo sentivo non solo battere veloce ma anche fermarsi a volte per qualche secondo.
Corsi velocemente verso alla porta come se fossi inseguita da qualche predatore. Può esistere un predatore più spietato e pericoloso dei ricordi e del presente? Questi ti prende, vogliono, questi ti troveranno sempre . Puoi scappare se vuoi ma è inutile.
Sentii la mano di mio zio sfiorarmi il corpo in un movimento malizioso ma non mi fermai corsi, corsi più veloce che potevo. Mi avevano teso un imboscata e l’aveva proprio organizzata Sophie.
 
Non so per quanto tempo corsi ma so che arrivai al mare. Era così bello anche se in tempesta. Rispecchiava il mio cuore. Le gocce di pioggia cadevano copiose sui miei capelli, sui miei vestiti. I capelli si appiccicarono al viso e i vestiti al corpo mentre io cercavo un posto dove ripararmi. Dopo pochi minuti trovai un ombrellone, un po’ rovinato certo ma pur sempre un riparo. Avrei potuto andare da Lanny ma volevo restare sola, aveva già fatto troppo per me non volevo dargli altre preoccupazioni.
Il cielo era grigio, non azzurro, non blu grigio. Così il cielo mi andava bene.
Presi l’mp3 e premetti il tasto –riproduzione casuale-  una canzone partii. Era Taylor ma non riuscivo a ricordarmi il titolo. Mi ritrovai a canticchiarla con lievi sussurri.
“Lay my head, under the water, lay my head, under the sea”
Alzai il volto che avevo nascosto tra le gambe. Il mare si apriva davanti a me con onde impetuose. Mi chiamava come una sirena, m’intonava il suo canto. Mi alzai l’mp3 fra le mani. Mi avvicinai all’acqua e la guardai. Era dello stesso colore del cielo. Mi tolsi le scarpe per poi entrare nell’acqua. Era fredda ma mi rassicurava. Mi tolsi le cuffie e lanciai l’mp3 sulla sabbia. Cominciai ad entrare, ero già bagnata e l’impatto con l’acqua non fu forte. Le onde erano alte e il vento continuava a aumentare. Arrivata alle spalle presi un grosso respiro. Ogni passo che avevo fatto mi convinceva ad andare avanti. Forse per il ricordo di quella canzone o forse perché il mio cuore sapeva che quella era la mia fine. Mi buttai sott’acqua e le onde mi accolsero tra le loro forti braccia. Con un movimento incondizionato nuotai verso la superficie e ripresi fiato ma non servì a nulla perché un onda mi trascinò ancora verso il basso. Tutto intorno a me era scuro e io galleggiavo mentre gli ultimi pensieri si spintonavano per essere letti.
Chissà cosa dirà Lanny quando saprà che cosa mi è successo. Avrei voluto scrivergli una lettera dove gli spiegavo tutto, dove gli dicevo quanto gli volevo bene e quanto gli ero grata per aver scacciato gli spettri, che mi perseguitavano, per un po’.
“Lanny perdonami” sussurrarono le mie labbra muovendosi in modo impercettibile e facendo entrare nella mia gola altra acqua. Se avressi potuto avrei raccontato di quei mostri che mi terrorizzavano, li avrei condannati. Mi avevano tolto tutto, la libertà, la gioia, la gioventù, la voglia di vivere.
Non mi restava ancora molto tempo, mi sentivo soffocare. Era doloroso sentirsi spegnere così lentamente.
Mamma ti voglio bene, pensai mentre una lacrima cadeva e si mischiava con il mare come il fumo con l’aria. I capelli mi circondavano.
Ora non avevo più paura dei mostri, in quel momento non avevo paura di loro, non erano capaci di raggiungermi. Era questo allora il grande salto? Sentirsi in pace? Chiusi gli occhi scendendo sempre più giù e spinta da un posto all’altro dalla corrente.
Non riuscivo a deglutire ma sono sicura che l’avrei fatto. Infondo tutti prima di morire hanno qualche ripensamento.
Mi sentivo debole, o almeno la mia anima si sentiva così visto che non riuscivo più a sentire il mio corpo. Era come se non fosse più mio.
Un ultimo pensiero, avrei potuto sprecarlo per auto commiserarmi ma in fondo ne avevo usati tanti per questo.
Lo dedicai a Lanny. Ripensai a quella mattina a come c’eravamo divertiti.
Se mi hanno dato Lanny significa che esisti. Credo in te, Dio.
E questo fu il mio ultimo pensiero prima che fui inghiottita definitivamente dall’acqua. Fu il mio ultimo pensiero prima della fine. 
  
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