Fifteen Days.
Chapter 5: Fairies
Wears Boots.
Minion si era presentato alla
webcam vestito di una salopette blu che le ricordava quella di un idraulico.
Precisamente, le ricordava SuperMario. Il tutto
coperto goffamente dal suo solito
grembiule ‘Kiss the Cook’ rosa.
E sproloquiava imbarazzantemente, lanciando sguardi allarmati al di là del
monitor, girato assurdamente verso il muro.
Che cosa stavano combinando quei
due?
Decisamente, c’era qualcosa che
non andava. Era piuttosto perplessa riguardo a come si sentiva in merito:
Minion agitato travestito da idraulico che tergiversava davanti alla
videochiamata per far guadagnare tempo al proprio padrone poteva significare qualsiasi cosa. Dall’invenzione di un
nuovo raggio teletrasportante intergalattico alle prove di un nuovo Black Mamba ad un guaio involontario (…decisamente
la peggiore delle ipotesi)
E giusto mentre Minion, a corto
di argomenti, le stava chiedendo per la
terza volta se avesse già mangiato le escargots, Megamind lo aveva scansato con poca grazia dalla poltrona e ne
aveva ripreso possesso, vestendo il suo migliore sorriso eccitato e gli occhi
verdi spalancati.
“Amore Mio!! Mia vita, mio tesoro
mio…”
“Megs.
Che sta succedendo?”
“…?”
“Non fare il finto tonto con me…”
“Roxanne,
Roxanne… ti preoccupi per nieeente.
Io e Minion stiamo lavorando come al solito e…”
SBAMMMMM!!!
Roxanne fece un salto sul materasso del
letto, facendo cadere il laptop di lato. Lo recuperò con una furia, solo per
poter vedere il riquadro di Skype completamente
grigio.
“MEGAMIND!”
“Coff …coff… Coff…!” La nuvola di polvere grigia si stava diradando
mostrando un Megamind sporco e tossicchiante. “Ma…
che cavolo…!”
“Megamind!
Sei ferito? Siete sotto attacco??? Cosa sta succedendo!”
“Tesoro…coff
coff… niente, davvero! Stiamo tutti bene. Credo. E’ solo… un incidente di percorso…
eh eh eh…. Coff coff…. Vero Minion?”
La voce di Minion tremava, mentre
rispondeva un poco convinto ‘Si, Signore’.
“Megamind, per favore, spiegami cosa…”
“NIENTE, tesoro, NIENTE. Te
l’assicuro. Stiamo solo… bah, le solite cose!”
“Distruggere il Covo rientra
nelle ‘solite cose’?”
“… Roxanne,
mi hai visto fare di peggio, qui dentro.”
“Questo è vero.” Roxanne sospirò, scostandosi una ciocca di capelli dal
viso. Stare con Megamind significava anche quello: Doversi aspettare
l’imprevedibile in ogni cosa, accettarlo e archiviarlo nella normalità. Se si
spaventasse per ogni singolo botto, colpo, esplosione o lampo accecante che
vedeva li dentro, le sue coronarie non avrebbero retto ancora a lungo.
Era tutto normale, andava tutto
bene. Megamind sorrideva (tossendo) e non c’era niente di grave.
Poi una voce fuori campo, che
spiegava qualcosa del tipo: Abbiate
pazienza, non ho mai appeso quadri in
vita mia. Attirò la sua attenzione. “Chi
c’è al covo? Questa voce mi pare di conoscerla…”
Megamind trasalì, sbattendo le
palpebre. Stava evidentemente ponderando l’idea di raccontarle o meno qualcosa.
Meglio forzarlo. “Megs,
c’è Wayne lì con voi?”
“Wayne?
Wayne chi? Metr… Music Man? E perché mai dovrebbe essere
qui?”
Ancora la voce fuori campo dal tono
molto allegro: “HEY, Salutami tanto Roxanne!!!”
A Megamind scappò un ringhio. A Roxanne una risatina. “Ho capito! State facendo una serata tra
uomini per risollevargli il morale, ma sei troppo orgoglioso per ammettere che
cerchi di aiutare il tuo ex nemico!”
Uhn? L’alieno sbatté nuovamente le
palpebre prima di prendere la palla al balzo ed esclamare un “CEEEEERTO!”
piuttosto sforzato. “Una serata tra di noi a base di Poker e Birra come veri
uomini, eh eh eh!!!”
“Sei dolce, lo sai?”
“Davvero?”
“Si, e sono molto orgogliosa di
te, zucchero…”
“Oh,
no, ricominciato….” La voce fuori campo di Minion
suonava scocciata. Roxanne poteva immaginarselo
roteare i giganteschi occhi di pesce.
“Dura
molto, di solito? Perché è imbarazzante….” Questo era Wayne.
“Potrei suonargli qualcosa, per creare
l’atmosfera.”
“Oh, zitti voi due, fatevi gli
affari vostri!” Megamind gli lanciò qualcosa. “Wayne,
posa quei bongos, non ti azzardare a… No, no, quello
NO! ESPLODERA’!!”
KABOOOOOOM!
Era normale. Era tutto ok.
Rientrava tutto perfettamente nella solita routine. L’importante, per Roxanne, era crederci.
“Hey piccoletto… scusa per prima… sai,
volevo solo rendermi utile.”
“Sgrunt.”
“Forse potrei aiutarti a
dipingere la parete del soggiorno…”
“No.”
“… e se invece posassi le
piastrelle del bagno?”
“No.”
“Magari Minion ha bisogno di una
mano a collegare la canna fumaria…”
“No.”
“…oppure…”
“No.”
“Potrei suonare qualcosa per
alleggerire l’atmosfera.”
“NO!!”
Wayne afferrò le spalle di Megamind
avendo cura di non stringere troppo e lo costrinse a voltarsi verso di sé.
“Megamind, davvero… io vorrei solo sdebitarmi per avermi… ehm… coperto con quella
storia della finta morte… Ti prego, permettimi di
onorare questo mio immenso debito con te.”
Megamind fissò intensamente gli
occhi grigi del suo ex nemico mortale, studiandone l’intensità e soppesandone
la determinazione: “D’accordo.” Sospirò.
“Credo proprio che in zona soggiorno i brainbots
abbiano bisogno di te.”
Un largo sorriso si fece strada
sul volto pronunciato di Music Man. “Ottimo!” Scattò
in piedi, salendo i gradini della scala a due a due: “Quali sono le tue
istruzioni?”
“Mettiti davanti alla parete
appena dipinta…”
“Certo!”
“E fissa la pittura. Controlla
che si asciughi, d’accordo? SENZA TOCCARE!”
“Affermativo, Megamind! Non la
perderò d’occhio un secondo!” cinguettò al settimo cielo.
Solo dopo venti minuti passati
immobile davanti alla parete colorata ebbe il sospetto di essere stato raggirato.
Ma no, impossibile. Megamind era
uno dei buoni, no? I buoni sono eroi. E gli eroi, si sa, non ingannano.
“Music
Man, Spuntino?”
“Come? Oh, no grazie Minion, ma
sono impegnato a guardare la pittura che asciuga, non ho tempo. Spero tu non ti
offenda.”
Minion alzò gli occhi al cielo. Dio delle Squame, quanto è cretino. “Mi permetta di darle il cambio, resterò io a
fare questo lavoro di vitale importanza, mentre lei si rifocilla.”
Wayne tentennò, prima di muoversi
dalla sua posizione, girarsi verso Minion e, posandogli le mani sulle spalle,
esprimere la sua più profonda gratitudine. “Sei davvero una persona d’oro.”
“Ma si può sapere cosa c’era nel
sandwich?”
Minion alzò le spalle: “Le solite
cose! Uovo sodo, insalata, tonno, burro di arachidi, cipolla, salsa worcester…”
Megamind si grattò il mento. “Che
sia stata la salsa worcester? Non credo che non abbia
mai assaggiato gli altri ingredienti…”
“La salsa worcester
però è un prodotto molto popolare, signore…”
“Una spiegazione ci deve essere.”
Sbuffò. “Anni e anni spesi a cercare il suo punto debole e poi una banalissima
salsa worcester guarda che cosa combina…”
Entrambi sospirarono: Ai loro piedi, Wayne
Scott fissava un punto imprecisato del soffitto con le pupille dilatate e la
bocca aperta. Di tanto in tanto
biascicava qualcosa o pareva ridacchiare tra sé e sé. Completamente assente.
Drogato.
“E’ una cosa irritante, non trovi
Minion?”
“Assolutamente, signore.”
“Avrei potuto
inventare un Raggio della Morte Worcester. O uno Scudo del Dominio Worcester. O
un Missile del Terrore Worcester.”
“…oppure un Pauroso Gavettone di Worcester.” Minion
punzecchiò l’ex eroe con la punta di un bastone. Nessuna reazione.
“O un RoboWorcester.”
“Mi permetta, DinoWorcesterBot suona meglio.”
“Assolutamente,
Minion.”
Con un lungo
sibilo gutturale, Wayne Scott si lasciò scivolare sul
pavimento, chiuse gli occhi ed iniziò a russare sonoramente.
“…ed ora che ne facciamo?”
“Lo riportiamo
nella sua Fortezza Solitaria. Ma prima…”
Al risveglio,
sette ore dopo, Wayne Scott non ricordava esattamente
nulla. Gli girava la testa, aveva la vista offuscata e sentiva lo stomaco
pesante. In più, si sentiva completamente confuso e con la gola riarsa.
“Per tutte le
chele di granchio, che cosa è successo?” farfugliò alzandosi incerto dal
divano.
Il suo divano. Nel
suo Bunker sotto la vecchia scuola.
Un momento. Perché
si ricordava di essere stato nel Covo di Megamind?
La testa girava… da quel poco che poteva capire, aveva i sintomi di
un post sbronza. Se non fosse per il fatto che a lui l’alcool non faceva mai
effetto, quindi non aveva mai provato l’ebbrezza di una sonora sbronza.
Quindi cos’era
stato? Appoggiandosi ai vari mobili, facendone cadere svariati oggetti, coppe e
trofei, si trascinò in bagno.
L’immagine che gli
restituì lo specchio era davvero curiosa. Ci impiegò qualche secondo per capire
che fosse realmente la sua. Sotto un casco di riccioli dorati, gli occhi gonfi
erano colorati da un pesante ombretto azzurro e una riga spessa di eyeliner nero e da lunghe ciglia finte. Parte della polvere
del fard rosa colorava anche la barba, mentre le labbra erano accese dal rosso
fuoco di un rossetto.
Si grattò la testa
solo per scoprire le unghie laccate di un colore rosa shocking.
Oh, diamine. Ma
com’era conciato?
Beh, non fosse
stato per la sbavatura del rossetto, non sarebbe stato neppure troppo male.
Roxanne fece scivolare le dita lungo il
bordo di cartone della confezione. Perfetto. Max aveva avuto un’ottima idea, e
Google non si era mai rivelato così utile come in quel momento, per scoprire
quel negozietti di dischi in vinile che vendeva rarità. “C’est combien?” Domandò al proprietario, dietro al bancone.
“Deux Cents Euros.”
Roxanne spalancò gli occhi. Accidenti! “Il est cher!”
provò a contrattare, ma l’uomo fu irremovibile.
In Inglese
stentato le spiegò che quel concerto del 1970 era pressoché impossibile da trovare
in vinile, dato che era stato pubblicato su larga scala solo in vhs e poi in dvd.
La donna annuì,
leggendo ancora l’elenco delle canzoni nel retro: War Pigs, Paranoid… Andiamo, questo ne era sicura di non averlo
ancora visto nella collezione di dischi di Megamind…
Che
vuoi che siano duecento euro per una rarità del Black
Sabbath?
“MINION, CE L’ABBIAMO
FATTA!!!!”
“Cosa signore?”
“L’asta online!”
“Oh, me ne ero
completamente dimenticato. Ci siamo riusciti?”
“Ma certo amico
mio!” Davanti al monitor, Megamind sembrava eccitato quasi sino alle lacrime. “Tra
una settimana sarà nelle nostre mani, ti rendi conto?”
“Mi sembra quasi
un sogno…”
“Anche a me
Minion!” Megamind sospirò, facendo vorticare la sedia di pelle. “Il Covo è
quasi pronto, Roxanne tornerà tra pochi giorni e sono
il felice proprietario del Live in Paris 1970 in vinile del Black
Sabbath!!!”
Con
Calma, qui si fa tutto, eh!
Scusate
il ritardo… piano piano
riuscirò a rimettermi in carreggiata. Forse.
Grazie
per i commenti precedenti!!!
Il
titolo del capitolo è una canzone dei Black Sabbath contenuta nell’album Paranoid.
L’ho messa in riferimento allo stato di Wayne: Questa
canzone è nata quando Ozzy e il bassista Geezer si trovavano in un parco a farsi le canne ed ebbero
la visione di fatine che ballavano in circolo vestendo scarponi. Roba buona,
neh!
Buona
lettura.
EC.