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Autore: Miss H_    21/06/2012    14 recensioni
Spoiler Mockingjay!!!!
Ho deciso di raccontare ciò che secondo me avviene tra l'ultimo capitolo capitolo di Mockingjay e l'epilogo. Spero vi piaccia, anche se sono sicura che è un obrobrio con la O maiuscola, visto che è solo la mia seconda FF.
Vi prego recensite in ogni caso, sia che vi sia piaciuta che in caso contrario. Accetto qualsiasi critica costruttiva perché nella vita si può sempre migliorare e questo vale anche per la scrittura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I ~ Anche stavolta ha vinto lui.

 
Ho passato una delle giornate più strane della mia vita, forse la più strana in assoluto.
Quando mi sono svegliata nel mio letto, anzi direi nel nostro letto visto che ormai sono quindici anni che dormiamo insieme io e Peeta, e ho aperto gli occhi, la prima cosa che ho visto sono stati due occhi azzurri che mi stavano fissando e un sorriso scintillante da togliere il fiato. Peeta. Quest’uomo non smetterà mai di sorprendermi con il suo entusiasmo di tutti i giorni. Io a malapena riesco a sorridere la mattina perché subito il ricordo di tutte le vittime causate dal mio egoismo mi assale. Lui invece nonostante abbia al mondo solo me e Haymitch come parenti (se così si può definire il nostro ex mentore) ogni mattina si sveglia allegro e sorridente anche se la notte è rimasto sveglio a causa dei miei incubi che purtroppo non se ne andranno mai. Mi da il buongiorno con un bel bacio e quando le sue labbra si staccano dalle mie ne voglio subito un altro. Lui non mi nega mai niente e così mi accontenta, ma non andiamo più in là di questo perché sa come la penso riguardo all’avere dei figli. Quando ci stacchiamo definitivamente vedo che sul comodino è appoggiato un vassoio con una tortina sopra. L’ha fatta Peeta ne sono sicura. Mi allungo per prendere il vassoio, ma lui subito mi interrompe dicendo – No, ferma che fai? Ti servo io, tu non devi fare niente.- Rimango sorpresa ma lo assecondo e così mi metto comoda sul letto aspettando che mi serva lui. Sul vassoio arancione tramonto, il colore preferito di Peeta, ci sono un bicchiere di latte e una tortina con una candelina accesa sopra. Sono sconcertata. Oggi non è il mio compleanno e nemmeno il suo, cosa dobbiamo festeggiare allora?
Peeta capisce che sono confusa e allora con un tono di voce molto allegro e soave mi dice- Oggi sono passati precisamente 15 anni da quando stiamo insieme e cinque da quando ci siamo sposati. Tanti auguri amore!- Quell’ultima parola mi fa rabbrividire, ormai Peeta la infila in ogni discorso ma io ancora non mi sono abituata, non sono mai stata una persona sdolcinata, Cinna era quasi riuscito a rendermi tale con tutti i suoi vestiti da bambina innocente, ma poi tutti i suoi sforzi sono svaniti dopo che è morto. Io rispondo- Già sono passati quindici anni e non abbiamo mai festeggiato, perché dovremmo festeggiare adesso?- Peeta paziente mi risponde- Perché è venuto il momento di cambiare abitudini amore e perché ho deciso di farti una sorpresa. Vatti a vestire che oggi ti aspetta una giornata indimenticabile.- Spengo la candelina involontariamente con uno sbuffo, trangugio il latte e mangio un pezzo della tortina, poi mi dirigo in bagno per lavarmi e sistemarmi. Quando sono pronta usciamo di casa e appena sorpasso la porta Peeta mi ferma e mi chiude gli occhi con una bandana per non farmi sbirciare. Mi prende per mano e mi guida dicendomi di tanto in tanto se c’è un ostacolo da superare o se dobbiamo girare, ma io inciampo continuamente e così alla fine mi sento sollevare da terra e vengo sostenuta per aria da due mani forti e muscolose ma allo stesso tempo delicate. Peeta mi ha preso in collo e mi sta portando alla nostra destinazione. Saliamo da qualche parte e lui mi lascia solo quando sono seduta su un sedile. Dal rumore delle ruote sulle rotaie capisco che siamo su di un treno. La cosa mi sconvolge ma Peeta mi rassicura dicendo che non c’è niente di cui aver paura. Gli chiedo se posso togliermi la bandana ma ovviamente lui risponde di no. Ad un tratto il treno si ferma e Peeta mi dice che è ora di ripartire. Mi riprende in collo e usciamo dal treno. Abbiamo percorso non so quanti chilometri quando alla fine mi lascia andare e mi posa su un terreno soffice e granuloso. In un attimo capisco ciò che mai avrei voluto capire. Siamo su una spiaggia. Peeta mi slega delicatamente la bandana dagli occhi e mi dice- Sorpresa!! Ho pensato che una bella giornata al mare ti sarebbe piaciuta, ma per andarci dovevamo andare nel Distretto 4, spero di non averti fatto un torto…-  Peeta inizia a preoccuparsi. Non rispondo ma dal mio viso si devono intravedere le mie emozioni. Non riesco a trattenermi, sbotto dicendo- Il mare non è un posto adatto per una ragazza in fiamme!! E poi questo posto mi ricorda…- La mia frase si tronca a metà, non posso continuare. In un attimo mi passano davanti tutti i momenti passati nell’arena dei Giochi della Memoria. Finnick, Mags, la Cornucopia in mezzo all’acqua,le ghiandaie chiacchierone, Peeta in bilico tra la vita e la morte.
Mi osserva in silenzio. Sicuramente si starà pentendo di ciò che ha fatto. Ad un tratto mi dice – Se vuoi torniamo a casa, forse ho sbagliato.- Cerco di tranquillizzarlo. No, non posso rovinare questa giornata. E’ iniziata bene per una volta e non sarà certo la mia debolezza a rovinarla. Passiamo la giornata galleggiando nell’acqua, io lo aiuto a rimanere a galla perché a causa della sua gamba artificiale ha bisogno di un sostegno, e mangiamo il delizioso cibo che ha preparato con tanta cura e tanto amore. Quando viene il tramonto usciamo dall’acqua e ci stendiamo sulla sabbia per osservare il sole che sembra sprofondare all’orizzonte. Mi volto verso Peeta  e gli dico – Ti ricordi quando nei Giochi della Memoria prima di entrare nell’arena passavamo le giornate insieme e guardavamo il sole tramontare?- - Pensi davvero che Capitol City mi abbia fatto dimenticare tutto dolcezza?-
Un sorriso autentico mi compare sul volto. Sono grata agli psicologi del Distretto 13 perché hanno riportato da me il vecchio Peeta. Continuo dicendo- Una volta mentre ce ne stavamo al sole sul tetto del Palazzo d’Addestramento mi hai detto che volevi fermare il tempo e vivere così per sempre- Lui dice- E tu mi hai risposto con un semplice Va bene ma per me quelle tre sillabe sono significate moltissimo.- Le nostre labbra si fondono in un bacio e capisco che quell’amore che lui provava per me era ricambiato, ma che per qualche strano motivo io mi rifiutavo di crederci e di dimostrarlo. Quando ci allontaniamo mi distendo con il capo sulla sua pancia e lui come sempre inizia a giocherellare con i miei capelli. Ceniamo al chiaro di luna e poi ripartiamo per non perdere il treno. Stavolta Peeta non mi deve prendere in braccio perché posso vedere la strada da sola e così ci teniamo per mano. Quando arriviamo a casa sono esausta. Peeta appoggia il cestino del picnic sul tavolo e poi ci dirigiamo in camera. Lui si cambia davanti a me senza farsi troppi problemi, ormai ho superato lo shock da tanto tempo quindi non arrossisco più quando lui si spoglia davanti a me. – Vado in bagno- gli dico dirigendomi verso la porta di mogano. – Ah… ok.- Lo dice con un’aria un po’ strana, con incertezza. Mi avvicino al lavandino per prendere la pillola che continuo a prendere per occasioni come queste. So che Peeta è contrario al fatto che io lo faccia, ma non ho mai avuto l’intenzione seria di sposarmi e di avere figli, quindi dovrebbe essere contento che almeno il mio primo divieto è stato infranto con il mio consenso. Inoltre non gli ho mai negato il mio corpo né “l’attività fisica” ovviamente entro certi limiti, ovvero non avere figli e di questo non mi pento.
Quando mi chino per prendere la pillola vedo che è appoggiata sopra un piccolo bigliettino arancione. Lo prendo in mano e leggo:
 
Per una volta sii la mia Ghiandaia Imitatrice.
Sai chi ti sta parlando e cosa intende vero?
 
Certo che lo so. Questo biglietto l’ha scritto Peeta, riconosco la sua calligrafia, e so anche cosa intende. Prendo la pillola in mano e mi soffermo a guardarla mordendomi un labbro. Dopo circa un minuto sono ancora in preda all’indecisione, penso che Peeta mi abbia dato per dispersa. Mi risveglio dai miei pensieri quando sento la sua voce che mi chiama e mi chiede – Katniss stai bene?-
Non rispondo. Riposo la pillola sul lavandino senza guardarla, penso che se lo facessi verrei travolta da tutti i miei dubbi e le mie paure. Tengo stretto al petto il bigliettino e con passo deciso mi dirigo verso la porta della camera da letto. Quando arrivo apro la porta e mi appoggio allo stipite. Peeta è disteso sul letto con una posizione molto provocatoria, io lo guardo e inizio a sventolare in aria il bigliettino per fargli capire che so perfettamente cosa intende. Dopo diversi minuti entro nella camera e mi siedo sul letto. Peeta mi prende delicatamente un braccio con una mano, con l’altra mi afferra il fianco e mi tira verso di sé. Non ci posso fare niente: anche stavolta ha vinto lui. 
  
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