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Autore: LadyProud    26/06/2012    5 recensioni
«C’erano parecchie cose che mi facevano diventare sentimentale: le scarpe di una donna sotto il letto; una forcina dimenticata sul tavolo da toilette; quel loro modo di dire: “Vado a far pipì”; i nastri per capelli; camminare lungo il boulevard all’1,30 di pomeriggio, due persone, un uomo e una donna, insieme; le lunghe notti passate a bere e a fumare, a parlare; le liti; il pensiero del suicidio; mangiare insieme e star bene; le battute, le risate senza senso; sentire la magia nell’aria, star chiusi insieme in una macchina parcheggiata; parlare dei propri amori finiti alle 3 di notte; sentirsi dire che si russa; sentirla russare; madri, figlie, figli, gatti, cani; a volte la morte a volte il divorzio, ma sempre andare fino in fondo; leggere il giornale da solo in una tavola calda e avere la nausea perchè lei adesso è la moglie di un dentista con un quoziente di intelligenza di 95; gli ippodromi, i parchi, i picnic al parco; perfino le galere; i suoi amici noiosi, i tuoi amici noiosi; il tuo bere, il suo ballare; il suo flirtare, il tuo flirtare; le sue pillole, le scopate clandestine; dormire insieme…»
-Charles Bukowski, Donne
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO.

 
Un letto, una ragazza distesa sopra di esso.
Un letto sporco di sangue, una ragazza con il volto macchiato, sopra di esso.
Un letto sporco del sangue della ragazza con il volto macchiato che era sdraiata sopra di esso.
Cassandra riuscì a sorridere di quel pensiero. Ci voleva così poco, per unire due elementi, ma non tutti riuscivano a prenderne atto. Sicuramente, non ci riuscivano i due ragazzi che l’avevano conciata a quel modo.
Sollevò una mano e se la poggiò sul viso, dove un lungo taglio verticale sembrava dividerle in due la guancia.  Al contatto, una lacrima involontaria, non desiderata, si fece timidamente spazio tra i pori della pelle, quasi sapesse di trovarsi lì senza permesso, seguendo il solco del taglio, per andare a tracciare un confine immaginario, ma nello stesso tempo così maledettamente definito, tra asciutto e bagnato, felicità e tristezza. La tamponò subito con la manica del pigiama, un gesto impulsivo della mano, dettato dalla semplice speranza dell’assenza di dolore.
Cassandra amava le cose semplici, tuttavia sapeva che, per cancellare quel tipo di dolore, non sarebbe bastato uno dei suoi ingenui gesti.
Una gomma può cancellare un tratto a matita, pensò, non un’intera serie di parole vacue scritte a penna.
E quello che le avevano fatto, era decisamente qualcosa che le sarebbe rimasto impresso nella mente, indelebile come i graffiti sui muri della sua scuola.
«Non toccarti la ferita, o si infetterà».
Un ragazzo esile, di media statura, fece per avvicinarsi al letto.
«Posso?», domandò, titubante. Cassandra sorrise.
«Prego». La ragazza si mise a sedere sul letto con un po’ di difficoltà, poiché le coperte le si erano avvolte attorno alle gambe; scalciò e incrociò queste ultime, poggiando il viso sulle mani e i gomiti sulle ginocchia. «Che palle», sentenziò, come se avesse appena detto la cosa più importante del mondo, scandendo bene le due parole. L’altro rise.
«Vedo che niente può buttarti giù, mh?»
«Beh, dipende. In senso letterale, mi hanno buttata giù eccome. Se intendevi il senso figurato della frase… Sono ancora qua, sì». Il giovane sembrò sentirsi in colpa per un momento, poi scosse la testa.
«Sai che non riesco sempre a comprendere i tuoi discorsi, Cassie. Dammi tregua. Come stai?»
«D’accordo, ma avresti potuto scegliere una domanda meno banale».
«Hai ragione. Quando tornerai a scuola?». Cassie si stiracchiò, ma a metà del movimento si bloccò, come se le avessero dato un pugno alla schiena. Per qualche breve secondo tenne i grandi occhi verdi spalancati, dopodiché li richiuse.
«Ti basta come risposta?», disse, rabbuiandosi.
«Perché l’hanno fatto, Cassie?»
«Non so, Rudi, prova ad indovinare!». La ragazza alzò il volume della voce, senza neanche rendersene conto. «Forse perché queste», continuò, piazzando la mano di Rudi sopra al suo seno, «Non erano a loro disposizione? Forse perché questa», sempre piazzando la mano dell’amico in un posto molto intimo, «gli era stata rifiutata?»
Il ragazzo si ritrasse, con un’aria vagamente schifata.
«Calmati, stai urlando», bisbigliò, spostandosi impercettibilmente in fondo al letto.
«Hai ragione», disse lei in un sussurro, «Scusami. Sai quanto tutto questo mi faccia impazzire».
«Non te ne preoccupare, tesoro, ora l’importante è che tu stia bene. Che fine hanno fatto, quei due?»
«Credo che uno sia ancora in ospedale». Il viso della ragazza era sadicamente soddisfatto.
«A proposito, prenderanno dei provvedimenti?»
«Per il mio coltello o per la loro aggressione?»
«Entrambi, suppongo…»
«Ho detto alla polizia che l’ho colpito con un coltello da cucina e che l’avevo con me solo perché avevo notato un interesse morboso nei miei confronti da parte di quei due e volevo essere pronta a difendermi. Dovrebbero finire entrambi in galera, sono maggiorenni. Veramente dovrebbero finire entrambi impiccati».
«Cassie…»
«Potrei impiccarli io. Sarebbe una soddisfazione passare una corda intorno ai loro colli butterati e pieni di cicatrici…»
«Cassandra?»
«…Infilando accidentalmente le unghie nella loro carne madida di sudore…»
«Fai abbastanza schifo, smettila».
«E sentire i loro gemiti di dolore, mentre il sangue comincia copiosamente a…»
«Cazzo, fai schifo!» Rudi si alzò dal letto, portandosi una mano alla bocca con fare teatrale. «Sto per vomitare».
«Non qui, non in camera mia, pezzo d’idiota!»
Cassie gli lanciò un cuscino con fare scherzoso, alzandosi dal letto. La maglietta del pigiama, che le arrivava quasi fino alle ginocchia, era l’unico indumento che portava, oltre alle mutandine.
«Ma ti fa schifo vestirti?», la punzecchiò l’amico.
«Non ne ho bisogno, quando sono in compagnia di persone come te», rispose lei, lanciandogli un cuscino; Rudi la imitò subito, e continuarono a lanciarsi pressoché tutta la casa per l’intera serata.
 
 
 
_______________________________
(Buonasera! Questa è la prima storia che pubblico, su EFP. Mi sono limitata a mettere un prologo molto breve, poiché questa è solamente una 'prova'; effettivamente, non si capisce bene quale sia il problema di Cassandra. Beh, se vorrete, potrò continuarla -lo sto già facendo, ehm-, ma: voglio una vostra opinione sul cortissimo prologo. Grazie in anticipo!
   
 
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