Anime & Manga > Ranma
Ricorda la storia  |      
Autore: Walpurgisnacht    27/06/2012    4 recensioni
Secrets si è appena conclusa. Ranma e tutta la gang sono da Tofu a festeggiare lo scampato pericolo. Eppure manca qualcosa. O meglio, manca qualcuno.
Qualcuno che sta per conoscere l'ultraviolenza.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Maledetto quattrocchi! Maledetto!
Dal punto in cui si trovava - tra i vari cumuli di rifiuti posti sul retro del Neko Hanten, Xi-Lin lanciava mentalmente maledizioni ed improperi verso Mousse e gli altri mocciosi, mentre cercava in qualche modo di liberarsi dalla trappola in cui si trovava.
Stupida che sono, stupida...
In un eccesso di sicurezza nelle proprie capacità - e, soprattutto, del suo status di braccio destro di Wei-Zan, aveva sopravvalutato Mousse e le sue tecniche... trovandosi totalmente spiazzata quando il ragazzo le aveva lanciato contro le sue catene.
Così ora si ritrovava lì, legata come un salame, alla disperata ricerca di un modo per liberarsi, vergognandosi per la propria disattenzione. Un'onta non da poco per un'amazzone del suo rango.
Poi si fermò, di colpo.
Qualcosa non quadrava.
Wei-Zan... il suo ki... non lo avvertiva più.
Che fine aveva fatto?
"No-nobile Wei-Zan!" si trovò a urlare.
Cercò di strisciare, pur con tutto il peso dei ceppi che la imprigionavano tipo salmone appena catturato dal pescatore.
Era lenta. Assurdamente lenta.
Si sporcò il volto di terra e i suoi bei capelli bianchi si macchiarono di marrone e verde.
Vergognandosi come un ladro per la pessima figura che stava rimediando, continuava ad avanzare senza neanche avere bene in mente la meta precisa. Il combattimento si era spostato rispetto alla sua attuale posizione e non aveva pensato di seguirlo con lo sguardo, quindi si ritrovò senza punti di riferimento.
Montava la rabbia, in lei. Rabbia verso i ragazzini. Rabbia verso la loro impudenza. Rabbia soprattutto verso se stessa.
E più la rabbia montava, più la sua aura si espandeva.
Si accorse che, forse, poteva forzare le catene e romperle.
Tentò. Una volta, a vuoto. Due volte, a vuoto. Tre volte, a vuoto.
Con l'aumentare dei fallimenti aumentava anche il rossore d'ira delle sue guance.
Al quarto tentativo riuscì in quel che si era prefissata. I ceppi si spezzarono come se fossero fatti di margarina.
Finalmente! Si rialzò e si diede una velocissima ripulita, per poi precipitarsi non sapeva dove. Doveva trovare il Decano e assicurarsi che stesse bene.
Quando, dopo una breve ricerca, la vide nel centro di uno dei tanti crateri che adornavano il giardino...
Il suo cuore si fermò. Per modo di dire, eh. Ma neanche troppo.
Si avvicinò. Le tastò il polso. Non trovò battito.
Si lasciò cadere sulle ginocchia.
La nobile Wei-Zan... battuta... e...
E morta. Ma non osava dirlo, né pensarlo. Perchè l'avrebbe reso ancora più reale del piccolo cadavere che si trovava davanti.
E adesso cosa faccio...?
Per quanto profondamente addolorata per la perdita del Decano, adesso le sue priorità erano diventate altre.
Primo: il Gran Consiglio.
Ben sapendo il modo in cui i membri più anziani si muovevano, probabilmente erano già al corrente di quanto successo. E se non lo erano ancora, non ci sarebbe voluto molto prima che ne venissero informati dalle spie che avevano sparse in tutto il Giappone...
Si guardò attorno circospetta, conscia del fatto che proprio in quell'istante poteva esserci qualcuno che la osservava.
E non va bene. Per niente.
La sua seconda priorità era infatti nascondersi dagli altri sicari che avrebbero inviato. La morte del Decano era un evento gravissimo, soprattutto se avveniva al di fuori di Joketsujoku. E per mano di stranieri.
Inoltre, in quanto fedele servitrice di Wei-Zan, Xi-Lin era in una posizione assai rischiosa. Non solo non era riuscita a risolvere la questione dei due giovani cinesi senza danni, ma non era neanche stata in grado di proteggere il decano. Un sicario del suo rango è addestrato a proteggere il suo superiore e persino a sacrificare la sua vita per esso, se necessario.
Lei invece aveva fallito, su entrambi i fronti.
Quindi, a quel punto, non poteva far altro che trovare un nascondiglio dove rimanere il più possibile.
E preparare la sua difesa.
Pensa in fretta, Xi-Lin. Pensa in fretta. Più tempo perdi e più l'ascia si avvicina alla tua testa per staccartela.
Si trovò senza una risposta adeguata. Non conosceva per nulla quella città giapponese, a parte i pochi posti che aveva visitato nella sua breve permanenza: il Nekohanten e la casa di quei locali, Tendo le pareva si chiamassero.
Luoghi che sicuramente erano sorvegliati dal Consiglio, e in cui lei comunque non avrebbe potuto dirsi al sicuro.
Mise le ali ai piedi e cominciò a correre alla cieca. Non sapeva dove andare ma non poteva neanche restare ferma dov'era, impalata come uno stoccafisso.
Passò circa una mezz'ora, durante la quale la bianca amazzone cercò disperatamente qualcosa che potesse fungere da riparo. Senza scovare nulla di adatto.
Poi svoltò l'ennesimo angolo, che ai suoi occhi di forestiera apparivano tutti uguali, e vide qualcosa che la mandò letteralmente in bestia: appena al di fuori di un uscio, al bordo della strada, c'era quell'odioso ragazzo giapponese con tutta la sua combriccola. Tutti lì, che fluivano fuori da quell'edificio con un'insegna in un giapponese troppo complesso per lei. Riconobbe giusto la parola "Ono", ma per lei poteva essere ugandese per quel che ne stava capendo.
Coprì a ritroso i suoi ultimi passi, svelta. Chiedendosi se poteva permettersi il lusso della vendetta.
Piccoli bastardi...
Sapeva che era terribilmente rischioso deviare dal suo piano originale, soprattutto se, come sospettava, c'era già qualcuno a darle la caccia. Ma la ferita che il suo orgoglio aveva subito da quel branco di mocciosi bruciava ancora ed esigeva di essere lavata col sangue.
Al diavolo, sono già nei guai! I miei piani subiranno un lieve ritardo...
Senza farsi vedere, seguì il folto gruppo fino alla villa dei Tendo, dov'era già stata altre volte. Si nascose in giardino e, da lì, spiò i loro movimenti. Nonostante la battaglia estenuante e le ferite, sembravano piuttosto allegri e desiderosi di abbandonarsi al divertimento.
Piccoli insolenti, come osavano festeggiare la morte del Decano? In un angolo della stanza notò Ku-Lun, intenta a farsi medicare da un giovane uomo con gli occhiali, che non riconobbe. Le ferite che aveva sulla schiena erano piuttosto profonde, segno che la lotta era stata furiosa anche per lei, nonostante l'esito a suo favore. Almeno Wei-Zan le aveva dato parecchio filo da torcere, lasciandole segni evidenti che avrebbe portato per tutta la vita - e conoscendo il soggetto, nonostante i già trecento anni e più, poteva essere parecchio.
Più li osservava più li odiava.
Odiava il loro essere così spensierati dopo aver ucciso il Decano, dopo aver deriso le millenarie leggi delle Amazzoni di Joketsuzoku, e soprattutto essersi presi gioco di lei, Xi-Li, sicario scelto di Wei-Zan.
Stupidi giapponesi, meritereste la più atroce delle morti.
Stava quasi per fiondarsi nella stanza e compiere la strage che pregustava, quando si fermò. Un brivido le attraversò la schiena.
Si voltò a osservare il giardino, ma non vedeva nessuno.
Non che fosse una garanzia. Se non erano già lì, potevano comunque essere molto vicini.
Osserò ancora quell'allegro quadretto familiare, poi, con passo felpato, si nascose nella parte più profonda del giardino di casa Tendo.
Eh no, però. Il brivido non la abbandonava.
Erano lì. Ne era sicura. Mortalmente sicura.
Quanti potevano essere? Due? Tre? Quattro? Non percepiva presenze, se non quelle dei padroni di casa ancora intenti a darsi pacche sulle spalle e a festeggiare come se avessero vinto alla lotteria rionale.
Si trovò combattuta fra la voglia di spezzare ossa del collo giapponesi e la necessità di impedire che qualcuno spezzasse il suo, di osso del collo.
Che fare? Che fare? Potrei irrompere e provare a stenderli tutti assieme, per poi dedicarmi a chi mi tallona.
Sì, certo. Come l'ultima volta, vero? E quella prima? Hai inanellato una serie di figuracce tale da impedirti di mettere il naso fuori di casa per i prossimi centocinquant'anni, tanta è la vergogna.
E poi doveva smetterla di sottovalutare la gente. Fra le sue colleghe c'erano alcune delle migliori combattenti della tribù, era suicida far finta che non esistessero solo per poter assaporare il dolce nettare del sangue di chi l'aveva umiliata.
Un pensiero orribile l'assalì: e se ci fosse qualche membro del Consiglio, assieme a loro? Come avrebbe potuto uscirne con la cotenna intatta?
Ebbe qualche minuto di furibondo tormento interiore, arrivando persino a mordersi le mani in più punti. Smaniava dalla brama di poter scorticare quegli assassini, ma al contempo sentiva premerle fra capo e collo un terrificante senso di pericolo.
Basta, Xi-Lin. Non puoi sentirti braccata come un agnello ancora per molto, sei troppo orgogliosa per sopportarlo.
Si allontanò dal giardino del dojo Tendo. Giunta in mezzo alla strada si fermò, alzando gli occhi verso i tetti circostanti.
"Venite fuori. Non ho paura di voi".
Per qualche attimo neanche una foglia si mosse.
Poi un gruppo di ombre saltò giù dai tetti e la circondò, per non darle modo di scappare - come se ne avesse mai avuta possibilità, poi.
"Finalmente ti abbiamo trovata, Xi-Lin. Eravamo sulle tue tracce da un pò."
Sbuffò internamente nel sentire quella frase. Ovviamente si stavano solo prendendo gioco di lei, era ovvio che la seguivano da molto prima, forse addirittura da quando lei e il decano erano arrivate in Giappone. Non poteva escludere che il Gran Consiglio avesse mandato altri sicari in incognito a coprire loro le spalle ed assicurarsi che tutto andasse per il verso giusto.
"Tu sai di non avere scampo, vero Xi-Lin?" disse una voce conoscente alle sue spalle.
Si voltò, e vide emergere dall'ombra una figura femminile, avvolta in un qi-pao nero e rosso, i lunghi capelli neri raccolti in una coda laterale e il trucco rosso a completare il tutto.
"Min.." sussurrò in direzione della donna, che ben conosceva.
Dicevamo prima di colleghe che potevano darle del filo da torcere? Ecco, Min era sicuramente una di quelle. Abile combattende e infida come una serpe, era particolarmente tenuta in considerazione dal Gran Consiglio per la sua assoluta devozione - e il suo portare a termine le missioni sempre e comunque, anche in maniera poco... ortodossa.
E ovviamente, non era venuta da sola.
"Cara. Te la ricordi Jūn, vero? E ti ricordi di Xiá, no? E non dirmi che ti sei dimenticata di quella simpaticona di Guìyīng. Venite fuori, ragazze. Abbiamo un'incompetente da raddrizzare". Il tono acuto ferì le orecchie di Xi-Lin. Quello e la lista dei nomi.
Erano le peggiori che le potessero capitare: Jūn dai Capelli Scarlatti era la più abile giocatrice di Guarda come il mio Coltello ti Entra con Grazia in gola. Xiá conosceva a menadito il testo che illustrava come fratturare ogni singolo osso corporeo. Guìyīng aveva il record come migliore torturatrice sadica dell'intero villaggio, includendo alcuni membri del Consiglio.
Vennero fuori come se fossero apparse magicamente dal nulla. Un attimo vedi solo un lampione e... pluff, l'istante dopo eccoci appoggiata una trentacinquenne cinese dall'aria pericolosa e un sorriso agghiacciante. Tutte molto piacenti fisicamente, giusto per gradire.
La accerchiarono senza fiatare.
Xi-Lin deglutì con fatica. Una contro quattro, con l'una già un poco provata a livello fisico. Se fosse riuscita a caversela con l'equivalente di qualche ustione di quinto o sesto grado si sarebbe considerata molto fortunata.
"Signore, vogliamo cominciare?" abbaiò Min, suonando come probabilmente suonava Rommel quando sbraitava ordini in mezzo al deserto egiziano.
Ci fu uno spostamento d'aria e la povera condannata si ritrovò colpita da quattro pugni, pesanti come macigni. Uno sulla schiena, uno in pancia, uno sul fianco sinistro e uno sul fianco destro.
Impressionanti. Non era riuscita a seguirle con lo sguardo.
Sapeva di avere ben poche speranze di uscirne viva, ma non aveva intenzione di arrendersi così facilmente. Aveva già dato il peggio di sé durante il suo soggiorno a Tokyo, ma almeno per la sua vita avrebbe lottato fino all'ultimo.
Riuscì miracolosamente a evitare l'ennesima raffica di pugni accovacciandosi ai loro piedi e spostandosi velocemente di lato, lasciando che le quattro amazzoni si colpissero allo stesso momento.
Senza neanche pensarci scappò, mentre un coro di improperi e bestemmie in cinese la inseguiva.
Non aveva idea di dove andare, non conosceva la città e poco le importava, doveva solo fuggire - e ottenere qualche minuto di vantaggio per riflettere.
Una parte di lei, quella fedele alle leggi amazzoni, sapeva che meritava qualunque sorte la attendesse - e di sicuro non sarebbe stata rosea. Ma un'altra parte di lei non voleva soccombere al suo destino, voleva scappare e decidere cosa poteva fare per provare a salvarsi.
Si trovò a correre tra quelle che riconobbe come lapidi. Un cimitero. Il destino si divertiva a prenderla per i fondelli, pensò.
Fece appena in tempo a nascondersi tra le fronde di un enorme albero secolare, quando le vide arrivare.
Si muovevano circospette attorno alle tombe, e sembravano non aver notato il suo temporaneo rifugio.
Non l'avrebbe nascosta ancora per molto, ma forse aveva qualche minuto per inventarsi qualcosa e cercare di uscirne quasi integra.
O morire con la poca dignità che le rimaneva.
Al diavolo la prudenza. In quel preciso istante vide una bilancia, una di quelle vecchio stile con i piattini. Su uno c'era una sfera luminosa che, non sapeva come, riconobbe come rappresentazione della propria vita; dall'altra c'era una piuma. Che pesava di più. Questo per dire che si sentiva spacciata. E quindi perché non portarsi all'inferno almeno una o due di loro? Fare il viaggio da sola sarebbe stato assai triste.
Vide sotto di lei una massa di capelli rossi muoversi in maniera nervosa. Jūn. Nella destra reggeva un coltello, come facilmente prevedibile.
Bene ragazza mia, sei stata sorteggiata come prima vincitrice. Pronta a danzare con me?
Spiccò un salto e tentò di coglierla alle spalle. Quella percepì l'attacco e, ancora con movimenti per lei quasi invisibili, si voltò e fece partire la propria arma verso di lei.
Le entrò nella spalla sinistra. Ma il suo diretto la centrò in pieno volto, facendola rotolare all'indietro. Quando toccò terra cadde su un ginocchio solo.
Ai suoi piedi cominciava a formarsi una piccola pozza di sangue.
Il dolore alla spalla era acuto, ma sopportabile. Senza stare a pensarci troppo sfilò il coltello dalla spalla con un movimento veloce, e tamponò la ferita alla meglio con un pezzo di stoffa del suo abito.
Jūn si rimise impiedi, ringhiando nella sua direzione.
"Sgualdrina, pagherai per questo!"
Vieni avanti cara, ti aspetto, pensò Xi-Lin.
Si assicurò di poter muovere il braccio sinistro - poteva, anche se faceva male, dopo di che si mise in posizione di difesa. La sua avversaria probabilmente nascondeva chissà dove molti altri coltelli, ma avrebbe fatto in modo di usare quell'unica lama a suo favore.
Senza troppe cerimonie Jūn le fu di nuovo addosso, stavolta con un coltello per mano. Cercò di pugnalare Xi-Lin, che stavolta riuscì ad essere più veloce e si spostò all'ultimo secondo, lasciando che i pugnali della rivale si conficcassero nella corteggia.
La rossa lanciò un urlo, probabilmente nella speranza di attirare le compagne verso la zona in cui si trovava, poi sfilò velocemente i coltelli dalla corteccia.
Fece per voltarsi ma non fu abbastanza veloce.
Xi-Lin la prese alle spalle e col suo stesso coltello le tagliò la gola.
Osservò il cadavere dell'amazzone accasciarsi ai suoi piedi in un lago di sangue, che andava a confondersi col rosso dei suoi capelli.
Meno una.
Ansimò, un poco affaticata. Non poteva stare ferma, l'urlo aveva sicuramente allertato le altre della sua presenza.
Fece per correre via quando si sentì afferrata alla vita. Abbassò lo sguardo e ci vide due braccia.
"Ehi...". Non ebbe nemmeno il tempo di esternare la propria sorpresa che venne sollevata per essere schiantata al suolo, all'indietro.
"Xiá. Devo cercare di attutire la caduta". Sapeva che le piaceva schiacciare le vertebre cervicali dei nemici con questa mossa, quindi aveva una vaga idea su come contrastarla.
Riuscì, non senza fatica, a usare i gomiti per frenare l'impatto. Come premio per la propria solerzia rimediò due grossi ematomi e buchi sulle maniche del suo qi-pao.
"Brava" fu l'acido commento della sua assalitrice "ma non ti sarai mica dimenticata del fatto che, se fallisco col primo, non mollo finché il mio bersaglio non è carne maciullata".
Certo, lo sapeva perfettamente. Per questo provò una mossa azzardata e avvolse le gambe attorno al suo collo.
"Vogliamo ridiscuterne, cara?".
Sentì Xià ringhiare e mugugnare attraverso le sue gambe e gli abiti, vicinissima a parti del suo corpo che solo poche persone, tra uomini e donne, avevano avuto l'onore e il piacere di vedere. Xià ovviamente non rientrava nella cerchia di eletti.
Strinse più forte, mentre l'altra amazzone agitava le braccia e la graffiava lungo le cosce, sperando di liberarsi.
Illusa. Xi-Lin conosceva un paio di tecniche con le gambe che avrebbero fatto impazzire chiunque - o mandato all'altro mondo. Adorava le tecniche multifunzione.
Continuò a far presa sul collo dell'avversaria, finchè non la sentì cedere e accasciarsi per terra. Aveva solo perso i sensi, ma aveva comunque ottenuto qualche minuto di vantaggio sulle altre due.
Mentre combatteva una leggera nebbia aveva coperto l'intero cimitero, e ora faticava a vedere oltre una certa distanza. Uno svantaggio non da poco, ma si augurò che valesse anche per le altre due. Nel dubbio, Xi-Lin decise di risalire sull'albero... non prima di essersi assicurata qualche altro minuto di vantaggio.
Un colpo secco, e il collo di Xià assunse una posa innaturale da cui non si sarebbe ripreso. Poi tornò sull'albero.
Meno due. Metà dell'opera è fatta.
Conteggio danni: una spalla bucata da un pugnale e i gomiti insanguinati. Niente di troppo grave, tutto considerato. Quando però si rilassò, cercando di farsi venire in mente un piano d'azione, si rese conto più lucidamente che muovere le braccia le causava un dolore non indifferente. Non che non potesse combattere ma chissà, poteva essere causa di problemi.
Speriamo di no. Sarebbe stato... antipatico finire sgozzata solo perché il suo corpo non rispondeva perfettamente.
I suoi pensieri vennero interrotti da una voce sotto di lei.
"Min! Maledizione, vieni qui subito!".
Guìyīng. E presto non sarebbe stata sola.
Si chiese se le sarebbe convenuto aspettare che si separassero o se invece avrebbe dovuto giocarsela sull'effetto sorpresa, piombando tipo falco su di lei adesso, e riempirla di botte per poi affrontare il capo in santa pace.
Si trovò a un bivio da cui poteva dipendere la propria vita. Perché, nonostante tutto, stava guadagnando sempre più speranza di potersela incredibilmente cavare uscendone quasi intera. Prospettiva che, solo dieci minuti prima, l'avrebbe fatta scoppiare a ridere.
Scendere o non scendere, questo era il dilemma.
Guìyīng scelse per lei: alzò lo sguardo verso l'albero e con un balzo saltò verso i rami più alti, quelli su cui Xi-Lin se ne stava appollaiata cercando di risolvere il bandolo della matassa.
"Ciao, Xi-Lin. È sempre un piacere rivederti".
Imprecò mentalmente in cinese, cercando di apparire più calma di quanto in realtà non fosse.
Se finora aveva avuto non poche difficoltà a rimanere viva, le cose ora si facevano anche più complicate.
Guìyīng era nota in tutto il villaggio per la sua propensione al sadismo e i metodi di tortura in generale. Godeva nell'infliggere sofferenza agli avversari, e più poteva prolungarne l'agonia più ne traeva piacere.
Non perse neanche tempo a pensare, il suo corpo si mosse per puro istinto.
Saltò giù dall'albero e corse tra le lapidi, alla ricerca dell'ennesimo riparo.
Ora più che mai aveva bisogno di qualche secondo per pensare; quella donna era il sadismo personificato, e non aveva intenzione di finire in mano sua. Perchè finire tra le sue grinfie significava una morte lenta e atroce. E se proprio doveva morire, preferiva fosse il più veloce possibile.
"Non scappare Xi-Lin, prolunghi solo le tue sofferenze!" urlò la sadica da chissà quale punto del cimitero, emettendo una risata sguaiata che le gelò il sangue. Si guardò attorno, ma non vide nulla se non una coltre di nebbia che rendeva il paesaggio indistinguibile. Individuò una sagoma che riconobbe come la casetta del custode del cimitero, e decise di nascondersi lì.
Sapeva che era un rifugio fin troppo prevedibile, ma al momento decise di farselo andar bene.
Sentì una frusta schioccare non lontano dalla sua posizione.
Smise di tentennare e si chiuse la porta alle spalle.
Si fermò un attimo, lo sguardo sul pomello appena girato, prendendosi qualche secondo per riordinare le idee.
"Ok. Adesso devo solo sprangare la porta e..." disse ad alta voce.
Un calcio sulla schiena le mozzò il respiro e la spinse contro il legno dell'uscio.
No. Non ci credo.
Le giunse all'orecchio un rimarco sprezzante: "Ma piccola cara, davvero nascondersi nella baracca del custode? Non ti ricordavo così ingenua".
Min. Maledizione. Come diavolo aveva fatto ad anticiparla?
Il primo sicario continuò a premere sulla schiena, togliendole un ritmo respiratorio normale, e insistette nel prenderla in giro per fiaccarla nel corpo e nello spirito.
Tentò una reazione ma era in una posizione davvero poco invidiabile e fallì.
Coff coff. Forse ci siamo. Forse il mio momento è giunto.
Poi, come se tutto questo non fosse abbastanza, la mano di Min la afferrò per il collo e con una forza inaudita le fece sfondare la porta con la testa.
Dio santissimo.
"Guìyīng" sbraitò sperando che quell'altra la sentisse "c'è una vittima tutta per te".
Xi-Lin si guardò attorno cercando di vederla appropinquarsi. Tutto ciò che vide era il suo flagello abbattersi sul suo viso, sfregiandolo.
"Molto bene. A quanto pare il topino ha smesso di correre qua e là per lo scantinato e i gatti l'hanno messo all'angolo. Ora posso finalmente divertirmi come dico io".
Ci fu un altro schiocco e Xi-Lin si ritrovò per terra con un piede di Guìyīng sulla testa.
Non aveva mai capito come quella maledetta riuscisse a muovere il flagello quasi fosse dotato di vita propria; riusciva ad avvinghiarlo agli arti dell'avversario per poi trascinarlo verso di sè.
Le schiacciò il viso sotto il tacco come fosse una sigaretta da spegnere.
"Allora Xi-Lin, che ne dici di un pò di sana ultraviolenza?" disse, mentre stringeva il flagello attorno al collo dell'amazzone dai capelli bianchi, che iniziava a soffocoare.
Mentre le si offuscava la vista, pensò a come il destino l'avesse ancora una volta presa per i fondelli. Non voleva ancora saperne di arrendersi, non sarebbe morta senza lottare... proprio come i due cinesi a cui aveva dato la caccia fino a poche ore prima.
Sottile ironia, non c'è che dire.
Vide il viso della sadica avvicinarsi al suo.
"Che c'è Xi-Lin, il gatto ti ha mangiato la lingua?"
Ora o mai più.
Lasciò che si avvicinasse ancora un pò, prima di stringerle le mani attorno al collo bloccando l'afflusso di sangue e ossigeno al cervello.
"Oh no, non... puoi sperare... di battermi al... al mio... mio gioco" mormorò Guìyīng. Ma le sue azioni non corrispondevano alle sue parole, visto che non fece altro oltre a stringere ulteriormente la presa della frustra attorno alla giugulare di Xi-Lin.
Match mortale. La prima gola a cedere avrebbe perso e nessuna delle due era intenzionata a dare questa soddisfazione all'avversaria.
In tutto questo Min, abbattuta definitivamente la porta, si era appoggiata allo stipite della suddetta osservando divertita la scena. Guìyīng sapeva dei potenziali rischi della missione e non era una poppante bisognosa della balia. Pertanto si permise di assistere allo scontro di volontà senza intervenire. E poi, pensò, qualunque fosse stato il risultato di quel piccolo gioco lei ci avrebbe guadagnato: o Xi-Lin sarebbe morta soffocata o ne sarebbe uscita così male che sarebbe stato un gioco da ragazzi terminare il lavoro iniziato dalla sua compagna.
Sbadigliò e si strusciò distrattamente la coda di cavallo, pensando persino che sul lato non le donava poi così tanto. Prima o poi avrebbe provato a tenere i capelli sciolti.
Alle sue orecchie arrivavano solo rantoli a mezza voce e grugniti non ben identificabili ma, al momento, quella cosa non la riguardava. Poi però riflette su come era poco raccomandabile presentarsi da sola di fronte al Consiglio dopo che erano partire in quattro per sistemare una sola sottoposta poco efficiente. Pertanto, sempre nella noncuranza totale, si avvicinò e cominciò a percuotere la schiena di Xi-Lin bombardandola di calci. Ognuno di quei colpi era forte a sufficienza da piegare una lastra in ferro.
La poveretta dai capelli bianchi cercò di tenere duro più che poteva ma più i secondi passavano, più il suo grande desiderio di sopravvivenza era fiaccato su due fronti diversi. E per quanto non le dispiaceva l'idea di portarsi Guìyīng all'inferno, aveva abbandonato il punto di non ritorno e non era più rassegnata a morire come un capo di bestiame portato al macello.
All'ennesimo calcio sputò un fiotto di sangue direttamente sul viso di Guìyīng, la quale ormai non respirava quasi più.
"Non vorresti gentilmente farmi la cortesia di morire adesso, Xi-Lin? Al Consiglio non piace aspettare..." borbottò Min, mentre continuava a calciare l'amazzone bianca con noncuranza.
Non udì nessuna risposta, a parte un tonfo.
Volse lo sguardo verso il basso, ma fece appena in tempo a vedere il piede di Xi-Lin contro il suo naso.
"Tu! Puttana!" urlò cercando di fermare l'emorragia. Quella maledetta le aveva probabilmente rotto il naso.
Xi-Lin si rialzò a fatica, la frusta di Guìyīng in mano. Non aveva intenzione di cedere, non ora che era aveva una minima possibilità di salvezza.
"Non credere di aver vinto, stronza" ringhiò l'altra col viso sporco di sangue. Decisamente le avrebbe restituito il favore con tutti gli interessi, ma non aveva importanza. Già vederla così fuori dai gangheri era musica per le sue orecchie.
Min mosse qualche passo nella sua direzione. "Ti giuro che tornerai a casa in un feretro."
"Allora spero che il consiglio ne abbia portati due" rise Xi-Lin, la voce resa rauca dal soffocamento "perchè non ho intenzione di morire da sola."
Un pugno. Uno sterno fracassato.
Una testata. Una fronte aperta come una cozza.
Un calcio. Un bacino fratturato.
Min sembrava posseduta dallo spirito di Asura. Ogni colpo che sferrava sarebbe stata una condanna a morte per qualcuno di meno forte e meno determinato di Xi-Lin. Forse era il sangue che le colava dal naso, forse la sfrontatezza della sua ex collega, forse una somma di questi fattori. Fatto sta che, nonostante avesse ricevuto anche lei la sua buona dose di danni sottoforma di frustrate, in quel momento dello scontro era in vantaggio. Anche piuttosto netto.
Xi-Lin, nonostante tutto, restava in piedi e rispondeva ad ogni affondo. Era ormai stremata, ferita ovunque e non ancora del tutto ripresasi dallo strangolamento portatole da Guìyīng. La furia di Min, per quanto terrificante, non riusciva a buttarla per terra.
Solo in quel momento, finalmente, Xi-Lin comprese parte dei motivi che avevano spinto Mu-Si e Xian-Pu a ribellarsi a Joketsuzoku. Ardeva in lei lo stesso spirito indipendente, la stessa volontà di decidere se e come la sua vita sarebbe finita invece di mettere passivamente la testa sotto delle forche caudine e prendersi in silenzio gli sputi e gli insulti della folla schiamazzante.
Provò orgoglio per essere finalmente giunta a una così ovvia e giusta conclusione, e nel contempo si vergognava di non aver mai sfiorato un simile pensiero se non quando era stata messa con le spalle al muro.
L'ultima gomitata di Min le centrò in piena pancia e la fece barcollare all'indietro di parecchi passi.
Ora o mai più, Xi-Lin.
Gettò la frusta. Si scagliò verso la nemica, l'impeto di una bestia ferita che lottava strenuamente fino alla fine.
"Io... sono... libera!".
L'impatto con il volto di Min rimbombò per tutto il cimitero.
Xi-Lin si accasciò a terra, intontita dalla craniata alla sua avversaria.
Non era stata una mossa ragionata, si era buttata d'istinto verso Min con la sola idea di metterla fuori gioco, in un modo o nell'altro. E ora era lì stesa a terra che mugugnava, probabilmente svenuta. Almeno sperava.
Si trascinò verso la casetta del custode, senza sapere bene cosa fare. Magari poteva trovare una cassetta del pronto soccorso, o una corda per legare Min. O una cosa qualunque che le potesse suggerire un'idea per uscire da lì, possibilmente viva.
Min non sarebbe rimasta a terra per molto.
Si guardò attorno, poi qualcosa attirò la sua attenzione.
Forse la conclusione era vicina, dopotutto.
"E' l'ultima volta che... fai una cosa del genere..." sentì biascicare alle sue spalle. Si voltò e vite Min appoggiata allo stipite della porta, piuttosto provata.
Xi-Lin sorrise.
"Concordo, siamo agli sgoccioli."
"Vogliamo davvero portarla fino alla conclusione definitiva?" chiese Xi-Lin mentre combatteva l'opprimente voglia di stendersi per terra e chiudere gli occhi. Nelle condizioni in cui era probabilmente per sempre.
"Che domanda del cazzo. Certo che sì. Una sola se ne andrà da qui sulle proprie gambe. E non sarai tu".
"Pensala come ti pare, finora i fatti hanno detto altro. Eravate in quattro, io da sola. Tre di voi stanno facendo compagnia ai vermi e la quarta non mi sembra messa tanto meglio".
"Le botte che hai preso ti fanno straparlare. Guardati: ridotta come sei, mettendo anche l'assurda ipotesi che tu riesca a sconfiggermi, non sopravviverai per più di un'ora".
"Forse. O forse no. O forse sono al punto in cui non m'importa poi così tanto di questo e trovo più importante altro. Tipo aver rivendicato il mio diritto all'individualità".
"La sola vicinanza con quegli eretici ti ha sconvolta oltre le peggiori aspettative. Parlare in questo modo fa di te una reietta senza possibilità di redenzione".
"Sbagli. Quei due ragazzini mi hanno mostrato la luce. Alla loro età io non avrei mai e poi mai osato alzare la testa fino a questo punto, fino a rischiare la vita pur di essere liberi di scegliere per sé. Ormai, perso per perso, non ho più paura nel dire che ora rispetto le loro scelte e il loro coraggio".
"Basta chiacchiere, traditrice. Nella mia veste di emissario di Joketsuzoku ti condanno ufficialmente a morte. Vite come le tue non hanno senso di esistere".
"Parla meno e picchia di più".
Ripresero a guerreggiare, sebbene molto più lente e molto più provate rispetto a prima.
I movimenti goffi e il sangue che continuava a fluire libero dalle numerosissime lacerazioni impediva loro di essere efficaci come avrebbero voluto.
Poi fu il patatrac.
Sentì una fitta intensa allo stomaco.
Quella maledetta... aveva sottratto un coltello a Jūn, probabilmente quando la stava ancora cercando in mezzo alla nebbia.
Ecco, ora aveva la sicurezza che non sarebbe sopravvissuta più di un'ora.
Ma il viaggio all'inferno l'avrebbe fatto in compagnia.
"Zài jiàn, Min."
L'altra non rispose, impegnata com'era ad osservare le piccole cesoie che Xi-Lin le aveva conficcato in petto.
A Min gorgogliò del sangue in gola.
Brutta... puttana... come ti... sei... permessa di... farmi... questo?
Poi i suoi pensieri si trasformarono in aria. Roteò gli occhi all'indietro e crollò con un sordo rumore sul pavimento in legno della casupola.
"Xi-Lin..." rantolò senza averne realmente l'intenzione, più morta che viva. Eventuali altri tentativi di comporre una frase furono bruscamente interrotti dal piedi di Xi-Lin che le precipitò sul volto.
"Tu e le altre mi aspetterete di là da brave compagne, vero?". Naturalmente non si aspettava una risposta, che altrettanto naturalmente non giunse.
Bene cara mia, adesso hai solo da decidere dove morire.
A piccoli passi uscì, la nebbia da film horror di serie B che ancora avvolgeva il cimitero.
Tsk. Neanche il piacere di vedere il cielo. Quanta sfortuna per questa povera anima che si è liberata da poco.
Avanzò molto tranquilla. Non aveva fretta e sentiva sulle sue spalle il peso del suo shinigami personale che veniva a reclamarla.
Beh, se non altro il posto è appropriato.
Vagò senza meta, sempre più debole. Le ferite che tappezzavano il suo corpo avrebbero già ucciso una persona normale da ore.
Si rese conto solo in un secondo momento che era tornata vicino all'albero su cui si era nascosta in precedenza, i corpi di Jūn e Xià abbandonati lì come scarpe vecchie. Appropriato spirare vicino a loro.
Si sedette alla base del grande tronco, accanto a Jūn che aveva faticosamente trascinato.
Che fine misera. Eppure... eppure c'era una sorta di quiete nella sua mente che andava pian piano spegnendosi. La quiete di chi si è reso conto dei propri errori, delle proprie mancanze, delle proprie paure e le ha sconfitte, o quantomeno affrontate, prima del momento ultimo.
Appagante, per certi versi.
"Ah... è finalmente ora... adesso potrò riposarmi un poco".
Chiuse gli occhi.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: Walpurgisnacht