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Autore: _Paprika    29/06/2012    15 recensioni
Qualcosa, a Jusenkyo, va orribilmente storto. Il monte Hoo fa da scenario ad un finale decisamente più cupo. Irreversibile? Forse. E quali le conseguenze?
Vi do tre motivi per leggerla:
-perché è betaletta da Kuno84;
-perché, per quanto ne so, le What if su Ranma ½ non sono poi così numerose;
-perché la colonna sonora è stata accuratamente selezionata.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia ha inizio nell'ultimo volume del manga, precisamente qui. Consiglio a tutti di leggerlo, indipendentemente da questa FF - è molto intenso-, e poi Kuno è stato così carino da metterlo online!
Ringrazio con tutto il cuore Selina per la sua fiducia e per il suo immediato permesso. Blue riprende vagamente la struttura ed uno spunto del suo Kokoro no Namida, sebbene io sia ovviamente lontana anni luce dal suo talento drammatico. Ringrazio altrettanto calorosamente il senpai Kuno84 per la sua comprensione, nello sfortunato caso in cui il mio Prologo dovesse involontariamente ricordare a molti lo splendido l’inizio del suo primo capitolo, e per il suo lavoro accuratissimo e prezioso di beta- reader.
Last but not least, la mia omonima artista: se non ho virtualmente appallottolato questo prologo e gettato la spugna lo devo al suo commento entusiasta: Vale, mi hai dato una carica incredibile, è tutto merito tuo!
Infine, dedico questa FF a lei che mi abbraccia sempre con lo stritolo.








Nessun albero è stato abbattuto per produrre questo racconto.













Out of the blue and into the black
Neil Young






Prologo





E quando il potente getto lo investì, il sollievo fu quasi doloroso.
Ranma si sentì proiettato in alto con il cuore in gola, verso la promessa luminosa della vittoria in quella battaglia dalla posta in gioco inammissibile - la vita di lei.
Una parte periferica del suo cervello registrò che anche il suo corpo veniva scagliato in su dalla forza dell’acqua, mentre a lui sembrò che l’unica parte viva, reale, fossero le sue mani – le sue mani, con la presa scossa e delicata e salda attorno al piccolo simulacro di Akane.
Akane, ti ho portato l’acqua!
Senza mai distogliere gli occhi dalla bambola, sperò di trasmetterle la forza che quel pensiero conteneva. Mentre altri pensieri confusi ed intensi sfrecciavano come pietre nel buio su quanto impotente e spaventata e fragile dovesse sentirsi in quel corpo inorganico.
Ed all’improvviso c’era Akane in carne ed ossa fra le sue braccia, era tornata, era tornata da lui, ed in un primo momento si sentì travolgere dal sollievo. L’aveva salvata, come sempre. Perché non apriva gli occhi, non diceva il suo nome?
Era fradicio fino al midollo, ma per la prima volta sentì davvero freddo, mentre un dubbio atroce si faceva strada nel groviglio delle sue emozioni.
Sgomento, si rese conto che non stava respirando. Lei non respirava. E per un lungo istante Ranma non poté fare altro che fissarla, muto, ad occhi sbarrati, una preghiera che moriva nella sua mente, mentre il mondo andava in pezzi e qualcosa dentro di lui si rifiutava di elaborare il pensiero successivo.
Precipitò.

Era di fronte al dragone di pietra che continuava a vomitare acqua. Immagini confuse di qualcuno – Plum? Mousse? Non riusciva a ricordare, ma non importava, nulla importava- che lo aveva fatto tornare uomo. La luce cadeva sulla superficie opaca di una teiera, che giaceva dietro di lui. Vuota. Rovesciata.
Ranma si sedette.
Era di fronte al dragone di pietra che continuava a vomitare acqua , e pensò vagamente che avrebbe voluto far tacere quel liquido rumore incessante. Forse, se ci fosse stato silenzio, Akane l’avrebbe sentito meglio.
Akane. Akane. Il suo nome un mantra nella propria testa, avrebbe voluto gridare fino a far crollare quelle rocce di una bellezza inumana, e invece si ritrovò ad ascoltarsi pronunciarlo piano.
«…ane».
Per un lungo istante, guardandola, fu pervaso da una calma perfetta. Non poteva essere morta, non dopo quello che avevano passato, non era concepibile. Semplicemente non poteva. Forse quella che teneva fra le braccia non era la sua fidanzata, e la vera, viva lei sarebbe sbucata da qualche parte, e con uno dei suoi sorrisi abbaglianti gli avrebbe detto «Sciocco, sono qui». C’era un buco a forma di Akane dentro di lui, così spesso che quasi non riusciva a ricordare quello che era stato prima di conoscerla.
O forse c’era ancora un modo. Se le avesse detto quello che provava – che avrebbe ucciso ancora, che sarebbe morto, per lei. Che si sarebbe piegato, se lei glielo avesse chiesto- nessun dio sarebbe stato così crudele da portargliela via. Era questo l’amore? Doveva esserlo, perché non riusciva ad immaginare come potesse esistere un’emozione più violenta, un bisogno più disperato. Dal pozzo dei suoi pensieri emerse un ricordo nitido come inchiostro su carta: sedici anni e respirava il profumo dei capelli di Akane stretto alla sua schiena, sedici anni e si innamorava sotto il cielo antracite di Tōkyō, l’aria che sapeva di cose belle e terribili1.
Poi cominciò a parlare.
«…Ma ho sempre finito facendoti arrabbiare. Svegliati Akane. C’è qualcosa che devo dirti. Ho aspettato troppo, e non posso rimandare oltre».
«Puoi sentirmi? »
«…Volevo dirti…»
La strinse a sé, mentre lui singhiozzava aishiteru, e con il peso lieve di Akane, lontana e fredda fra le sue braccia, pianse per i baci che non si erano dati nella metro di Shibuya, e perché non l’avrebbe più sentita cantare Teru Teru Bozu portami il sole domani2 nei giorni di pioggia.
Al pensiero di tutti i sorrisi che sarebbero morti con lei, quelli che rendevano il suo mondo più leggero e quelli che gli sconosciuti non avrebbero ricambiato, qualcosa si spezzò nella mente di Ranma.
Mentre cominciava ad urlare, lunghe grida convulse che non avevano nulla di umano, il suo ultimo pensiero cosciente fu che avrebbe voluto insegnarle a nuotare


Jusenkyō era solo l’ultimo di innumerevoli nomi.
I Rifugi degli dei: cupole così in alto da bucare il cielo, e grotte piene di segreti marini, e bivi dimenticati in mezzo ad un niente di montagne di cartapesta. Dei multiformi antichi come la terra stessa avevano guardato imperi sorgere e crollare, eroi morire su campi impregnati di sangue e disperazione, e foreste di una bellezza primordiale disgregarsi.
Al riparo dal sole abbagliante, nella Montagna D’Avorio in Jusenkyō, Jing Zha sognava. L’aria attorno al suo profilo riverberava le sue visioni: stormi di corvi con sfere di acciaio nel becco, Sheng Yi3 che camminava su una lastra di vetro, la minaccia quieta e potente dell’arco nella sua mano, e tre soli rosso rubino in un cielo livido. Chang’ E sapeva che se si fosse avvicinata troppo ne sarebbe stata contagiata, avrebbe intravisto stralci di quelle immagini.
All’improvviso, Jing Zha aprì gli occhi. Nel buio della stanza splendevano come neve.
«Qualcuno sta gridando», disse.
«Sì», rispose Chang’E, semplicemente. E restò in attesa: Jusenkyō stava riempiendosi di un’energia spaventosa e tragica, una corrente di un'angoscia densa ed insostenibile, tale che si ritrovò le guance bagnate di lacrime. Da qualche parte, Yama della morte ululava la sua gioia. Lei rabbrividì.
Jing Zha volse lentamente lo sguardo verso di lei. Adesso c’era una consapevolezza nuova nella sua voce.
«Safulan. Stupido moccioso. Guarda cosa ha combinato». Non era una domanda, e Chang’E non rispose, ma gli inviò una supplica muta. Il dio sorrise, impercettibilmente. Avrebbe sculacciato Safulan come si meritava.
Poi.





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1 Personalmente, faccio cominciare l'attrazione di Ranma qui
2 Filastrocca giapponese.
3 Shen Yi è il leggendario arciere che, nella mitologia cinese, abbatte ben nove soli, salvando la Terra da un immenso barbecue. Perché lo nomino qui? Semplice: ambisco al rivoluzionare il modo in cui vengono trattati i sogni. Detesto quelli lineari, i miei non hanno nessun senso logico! E così sarà per i miei personaggi. Amen.



Soundtrack consigliata: Maybe not- Cat Power.

We all do what we can
So we can do just one more thing
We can all be free
Maybe not in words
Maybe not with a look
But with your mind


Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate, sono apertissima a suggerimenti e critiche. Non pretendo, come ho detto in altra sede, di essere riuscita a commuovervi perché io per prima ero impassibile mentre scrivevo, ma se sono riuscita a farvi dimenticare anche per soli sei minuti di lettura, che dovevate andare a fare la spesa, o l'esame che vi aspetta fra qualche settimana, posso ritenermi già pienamente soddisfatta :).
Un'ultima cosa: da lettrice so che magari si tende ad aspettare qualche capitolo in più prima di lasciare qualche riga di commento. E lo capisco perfettamente! Ma se volete darmi un cenno di incoraggiamento, non importa se non recensite, inseritela nelle storie seguite: regalatemi l'illusione di raccontarla a qualcuno! ;)
PS ritengo spesso che per le tragedie basti la vita reale. A buon intenditor poche parole :).

  
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