Will
era intento a lavorare
la lama della sua ultima creatura. Picchiava con foga il martello
sull’acciaio
damasco ancora rovente, eppure, la sua attenzione non era concentrata
in
quell’arte che praticava sin dal suo arrivo a Port Royal.
Elizabeth Swann: era quello l’unico pensiero di Will. Erano
passati otto anni
da quando si erano conosciuti. Già dal loro primo incontro,
sulla nave che li
aveva condotti a Port Royal, aveva intuito quanto quella bambina fosse
diversa
dalle damine inglesi che vedeva uscire dalla cattedrale di Saint Paul,
così
innaturalmente attente ai loro modi da sembrare delle copie in
miniatura delle
loro madri. Una
volta arrivati
sull’isola, le loro strade si erano divise, ma
l’amicizia che li aveva legati
durante il viaggio aveva permesso loro di frequentarsi più
spesso di quanto
avessero sperato. Ogni volta che il padrone di Will, Mastro Brown, tornava
alla bottega ubriaco, e questo accadeva spesso, lui ne approfittava
per sgattaiolare fuori e arrivare alla villa di Elizabeth, dove lei lo
stava
aspettando. I giochi infantili, sorvegliati dagli occhi vigili della
cameriera
della signorina, si erano trasformati presto in passeggiate nel parco o
in riva
al mare. Negli ultimi tempi, Will aveva ascoltato pazientemente i
racconti di
Elizabeth sugli abiti e le acconciature di questa o quella signorina
che aveva
partecipato al ricevimento avvenuto la sera precedente. Sotto i suoi
occhi,
Elizabeth si era presto trasformata da bambina in giovane donna,
imparando come
comportarsi nella buona società, ma mantenendo intatto il
suo spirito libero e
indomabile che la caratterizzava. Anche i sentimenti di Will erano
cambiati in
quegli anni, e questo aveva spezzato l’equilibrio che si era
creato tra loro.
Il fatto, poi, che Elizabeth fosse in età da marito aveva
imposto al povero
Will di diradare le sue visite, sempre gradite da Elizabeth e mai
impedite dal
governatore, e passare da un linguaggio confidenziale a un registro
più
formale. All’inizio Elizabeth si era risentita per questa
decisione, ma presto
aveva dovuto adeguarsi alle scelte del ragazzo, accontentandosi di
riprenderlo
e chiedendogli di chiamarla per nome. Richiesta che otteneva la solita
risposta:
“Ancora una volta, Miss Swann, come al solito”.
Da quando si era imposto di ridurre le visite a villa Swann, Will si
era
accontentato di osservarla durante le cerimonie pubbliche o nelle sue
passeggiate insieme alla cameriera, dove le rivolgeva discreti segni di
saluto
e talvolta osava rivolgerle la parola in pubblico. Elizabeth non
sembrava
infastidita da questo suo ardire, eppure, lui non osava confessarle i
suoi
sentimenti.
E come avrebbe
potuto, pensò il giovane,
lei era la figlia del governatore e lui solo un fabbro.
Immerse la spada
nell’acqua per
temprarla. Dalla strada il rumore di una carrozza attirò la
sua attenzione:
come sempre, sperò che fosse quella del governatore. Corse
alla porta, nella
speranza di poter vedere la ragazza che gli faceva sussultare il cuore.
Deluso,
rientrò rassegnato a concentrarsi sul suo lavoro.
“Copri l’amore ”
la voce alle sue
spalle lo riscosse momentaneamente dai suoi pensieri.
“Avete detto qualcosa mastro Brown?”
domandò Will, voltandosi di scatto verso
il suo maestro.
“Ma non nasconderlo sotto il mantello
- biascicò l’uomo, evidentemente ubriaco - a
volte passa qualcuno, a volte c’è qualcuno che
deve vederlo” aveva
continuato sventolando davanti al volto una bottiglia di rum di pessima
qualità
e gesticolando quasi stesse tenendo un importante ragionamento
filosofico.
Will si avvicinò all’uomo e gli tolse la bottiglia
dalle mani.
“Hai già bevuto abbastanza per questa
mattina” sentenziò, osservando il poco
contenuto rimasto. L’altro cercò di riappropriarsi
di ciò che gli era stato
tolto. Rassegnatosi, appoggiò la schiena alla parete e cadde
addormentato.
Will ritornò alla sua spada, il sudore gli rigava il volto,
riprese a battere
sul ferro rovente. Per quanto si sforzasse di concentrarsi solamente
sulla lama
di acciaio damasco, non poteva impedirsi di rimuginare sulle parole del
suo
maestro.
“Di certo, sarebbe bello se Elizabeth potesse
conoscerli” ammise, finalmente, a
se stesso.
“Cosa dovrei conoscere?” domandò allegra
una voce femminile alle sue spalle che
lo fece sussultare bruscamente: non si era accorto di aver pronunciato
quel
pensiero a voce alta, e ancor meno si aspettava che Elizabeth entrasse
nella
sua bottega.
“Nulla, Miss Swann – cercò di sviare
l’argomento, appena riuscì a riprendersi
dalla sorpresa – ma permettetemi, cosa ci fate, voi,
qui?”
“Ho accompagnato mio padre – spiegò la
ragazza, come se fosse la cosa più
naturale del mondo, per poi continuare a voce più bassa
– e, a essere sincera,
avevo desiderio di vederti. Perché non vieni non
più a far visita a una vecchia
amica?”.
“Ma voi non siete vecchia” si lasciò
sfuggire Will, per poi bloccarsi subito
dopo, accorgendosi di quanto quella frase fosse infelice, cercando di
porvi
rimedio ma con scarsi risultati.
“Perdonatemi, Miss Swann, io … non volevo certo
… intendevo solamente …”
“So benissimo cosa intendevate” riprese gioviale
Elizabeth, sorridendo
dell’imbarazzo sul volto del giovane.
In quel momento entrò il Governatore Swann, e subito Will
tornò a essere il
fabbro ed Elizabeth l’adorata figlia del governatore.
Il ragazzo ascoltò attentamente le richieste
dell’uomo e promise di mettersi
subito all’opera.
“Mi raccomando, Signor Turner, la spada deve essere pronta
tra due settimane,
per la promozione del Capitano Norrington”.
“Non temete, Governatore Swann, avete la vostra spada quella
mattina stessa” lo
rassicurò Will, cercando di dissimulare la delusione
nell’intuire che il suo
lavoro non sarebbe rimasto a casa Swann.
“Molto bene. Vieni, Elizabeth” concluse il
governatore, invitando la figlia a
seguirlo.
“Arrivo subito, padre” lo assecondò la
ragazza, avvicinandosi, a Will, per
potergli parlare liberamente.
“Allora posso sperare che tu venga a far visita a
un’amica non così vecchia?”
domandò la ragazza, facendolo arrossire, prima di uscire
insieme al padre. Will
li accompagnò fin sulla strada, e rimase fermo a fissare la
carrozza del
governatore allontanarsi.
“Per me non siete solo un’amica,
Elizabeth” confessò, una volta sicuro che lei
non potesse più sentirlo.
NdA:
Storira scritta per il contest"Scrivi, fanwriter, scrivi!" _di
zukkerina_ e classificatasi seconda.
La citazione (in corsivo, nel testo) "Copri l'amore, ma non nasconderlo
sotto il mantello; a volte passa qualcuno, a volte c'è
qualcuno che deve vederlo." è tratta dalla canzone
“Sogna ragazzo sogna” di Roberto Vecchioni, i
personaggi della fiction non mi appartengono. La frase
“Ancora una volta, Miss Swan, come al solito”
è stata tratta dal primo film della saga: “la
maledizione della prima luna”.
Come mi è stato fatto notare in fase di giudizio, Will usa
due toni di registro diversi per rivolgersi a mastro Brown (prima usa
il "voi" e subito dopo gli da del "tu") questo perchè la
prima volta, Will si rivolge al suo maestro, la seconda volta all'uomo
ubriaco che si trova davanti.