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Autore: Savannah    28/01/2007    44 recensioni
Una normalissima serata al Club dei Duellanti: Gryffindor e Slytherin, ai due lati di un camino, che cercano il modo più opportuno di scannarsi. A un certo punto la radio diffonde una notizia: il solito pazzo è scappato da Azkaban. Poco male, pensano tutti, qualcuno che, tanto per cambiare, vuole accoppare Potter...
Genere: Romantico, Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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HL2
HOGWARTS LEGEND


[Part #2: Lullabye for a Stormy Night]




Black is the kiss, the touch of the serpent sun
It ain't the mark or the scar that makes you run
And run,
And run,
And run

My Chemical Romance, Thank you for the venom

Pansy Parkinson aveva l’aspetto stravolto di chi ha passato la giornata a potare un Tranello del Diavolo particolarmente infernale.
Gli occhi brillavano e le guance erano accese come se fosse stata preda di una febbre altissima. Hermione vide il suo sguardo oltrepassare, impaziente, Draco Malfoy, per poi frugare, frenetico, alle sue spalle, alla ricerca dell’ombra di Zabini.
Per la verità, la Caposcuola Slytherin doveva sapere benissimo che Zabini non aveva nessun motivo valido per trovarsi lì in quel momento, ma la remota possibilità che potesse succedere, bastava ad accenderla, come un fiammifero, di una vampata destinata a spegnersi presto in un fumo soffocante di zolfo.
Per colpa di quel giovane demonio che camminava un passo davanti a lei.
Gli effetti di un Filtro d’Amore, intensi e dolorosi, disorientamento e sofferenza che trovavano senso e causa solo nell’esistenza di una persona; desideri oscuri e dolcezza travolgente, sogni che erano come sangue che spandeva goccia a goccia da una vena recisa.
E lui le avrebbe inflitto tutto questo solo per averla.
Ma, del resto, che cosa aveva creduto?
Che lui non avrebbe usato una qualsiasi scorciatoia, quel viottolo sepolto nella boscaglia che serve per prendere l’avversario alla schiena?
Avvelenare i pozzi e bruciarsi città alle spalle.
Nessun espediente era troppo basso per una persona che conosceva a memoria ogni termine dei patti a cui era sceso con se stesso.
Draco fissava Pansy, tranquillo, troppo indifferente per essere veramente divertito. Aveva avuto la sua vendetta perché fosse chiaro – a se stesso non meno che agli altri – che non avrebbe mai lasciata impunita una colpa nei suoi confronti. La Viola di Slytherin aveva accumulato abbastanza debiti di quella natura, da riuscire a saldarli solo nel lungo periodo. Tuttavia la sua sofferenza non lo toccava: non era una benda da applicare alla ferita della loro storia finita o del duplice tradimento di un’amicizia.
Era solo una voce da depennare sul libro nero per poi non pensarci più.
- Che cosa ti succede? -
La precedeva di un passo e pur non guardandola direttamente, la sua voce era sicura nel porle quella domanda, tanto da spingerla a domandarsi se il suo intuito fosse davvero un’estensione di quello che provava per lei.
Draco Malfoy non era una persona sensibile, non nella comune accezione del termine, ma il suo istinto aveva qualcosa di disturbante, quando sembrava che la violenza di un’emozione potesse rompere anche l’argine del suo corpo e giungere fino a lui, per quanto lei potesse sforzarsi di mantenerla nei confini dell’autocontrollo.
Aveva un’inclinazione naturale per avvertire all’istante qualsiasi turbamento nella serenità altrui, ed era infallibile nel riconoscere un momento di debolezza, quel punto vulnerabile in cui scavare, il tallone in cui spezzare la punta di una freccia; il nervo scoperto con precisione chirurgica, su cui battere fino al tracollo dei nervi.
- Nulla -
- Stai mentendo –
Pansy aveva voltato loro le spalle e non poteva sentire i loro discorsi né la sicurezza del suo tono. Si era allontanata da loro come ci si allontana da una palude infetta.
Questo non le dispiaceva, nonostante i suoi pensieri volgessero, rapidi, verso la tempesta, desiderava poter restare sola con lui.
A litigare, a tacere, ma sola, insieme con lui.
Lui che aspettava in silenzio l’eventualità che volesse comunicargli qualcosa.
Non voleva sapere se per Pansy aveva avuto gli stessi silenzi e le stesse attese, quando l’amore artificiale del filtro gli era entrato in circolo.
Probabilmente no, Pansy lo amava e lottava da anni per averlo: chi gli aveva inflitto la condanna, gli aveva anche dato la grazia.
Non era stato lo stesso, quando aveva sospettato di amare lei, Hermione, quando il dolore e una rabbia inimmaginabile avevano consumato la sua resistenza.
Aveva sofferto.
Inciampare in quel pensiero la costrinse ad aggrapparsi alla sua mano per non cadere, o forse per trascinarlo con sé mentre cadeva.
Draco intrecciò le dita alle sue e ricambiò la sua stretta con la forza che, senza parole, gli aveva chiesto. Si fermò di colpo, cosicché lei gli finì addosso e per un lungo, estatico attimo, si appoggiò al suo fianco e alla sua spalla, sentì il suo sospiro come un’estensione del proprio.
- Nemmeno un minuto fa, sembrava volessi vedermi morto – disse lui e, voltando il capo, sfiorò con le labbra quella testa abbandonata contro la sua spalla – Adesso mi sei di nuovo …affezionata? -
Hermione ebbe quasi l’impulso di ridere: quando credeva di doverla trattare con circospezione, si rivolgeva a lei sempre in quel tono estremamente educato, ai limiti della formalità e i suoi eufemismi diventavano tali fino all’esasperazione.
- Già -
Lui sospirò ancora e riprese a camminare, adeguando il passo al suo. Erano soli, così lei si avvinghiò al suo braccio e gli appoggiò la guancia sotto la spalla.
- Sì, - mormorò lui, in tono basso e decisamente soddisfatto - sei molto affettuosa. Qualcuno ti ha già fatto notare i tuoi squilibri mentali o sono il primo anche in questo? -
La voce strascicata e cerimoniosa le fece vibrare le spalle di una risatina silenziosa, nondimeno si sentì in dovere di dargli un pizzicotto, visto che la sua frase era doppiamente oltraggiosa.
- No, non sei decisamente il primo - rispose, parodiando il suo tono e trascinando le parole in maniera esagerata – Ron mi dice in continuazione che sono pazza, ultimamente più del solito. Hai idea del motivo? -
- E’ superfluo farti notare che Weasley con le donne non ci sa davvero fare – rispose lui, con sufficienza – Non bisogna dirti che sei pazza: bisogna trattarti come tale senza fartelo capire –
Questa volta si guadagnò un pugno sul bicipite e scoppiò a ridere. Scesero una rampa di scale fino al pianerottolo del primo piano; Draco si voltò e le posò le mani intorno alla vita, aiutandola a saltare l’ultimo gradino.
Le sue mani le scivolarono sui fianchi, mentre la traeva a sé, poi l’abbracciò e chinò la testa verso il suo collo.
Labbra fresche e tenere l’accarezzarono sotto l’orecchio, ma la delicatezza di quel gesto era largamente bilanciata dalla sfacciataggine di una mano che risaliva, disinvolta, sotto la sua gonna.
Lei l’allontanò, strattonandogli il polso – Malfoy! C’è mezza scuola in giro stanotte! –
Ebbe come risposta un’altra risata sommessa, lui tirò indietro il viso per guardarla, un braccio che le cingeva ancora la vita, se c’era qualcosa che aveva sempre il potere di divertirlo era vedere la sua espressione scandalizzata.
- Andiamo a sbrigare in fretta questa seccatura, mia pudibonda Caposcuola – le disse – Così dopo potremo stare un po’ in un posto dove non c’è mezza scuola in giro -
- Quando ci saremo sbrigati sarò stanchissima – mormorò lei.
- Allora vorrà dire che quando ti riporterò al tuo dormitorio sarai distrutta -
Soffice e tentatrice, la sua voce era glassa da raccogliere con le dita sulla superficie di un dolce, era solo l’avvisaglia di quanto sarebbe successo dopo.
Quando si chinò per baciarla, chiuse gli occhi e gli porse le labbra aspettandosi il seguito appassionato di quella promessa. Il bacio vellutato che le toccò la guancia la colse completamente di sorpresa e, senza pensare, girò il viso per inseguire il suo, alla cieca: labbra, pelle serica, le ciglia che l’avevano sfiorata. Lui le racchiuse il volto tra due mani e le premette un altro bacio, casto, sulla fronte.
- Questo per dimostrare che tu con le donne ci sai fare? – tentò di scherzare lei. La voce rauca le cedette prima di riuscire a completare la frase.
Lui rise, piano, le mani ancora sul suo viso.
Aveva tanta luce negli occhi da rischiarare anche una notte di incubi e lei sentì male alla gola, la stretta della tenerezza talmente violenta da inumidirle le palpebre.
- Non è una fortuna che, in caso contrario, io possa sempre chiedere una consulenza a Paciock? -
***

Looking for the victim
Shivering in bed
Searching out fear in the gathering gloom


The Cure, Lullaby

Nella Sala d’Ingresso, c’era una grossa confusione di professori, Capiscuola, Prefetti, studenti e fantasmi e custode. I quadri ci mettevano del loro, facendo domande ad alta voce e allungando il collo dalle loro cornici per capire cosa stesse succedendo.
La Professoressa McGranitt era vestita di tutto punto nonostante l’ora, mentre il piccolo Professor Vitiuos aveva l’aria sconsolata di chi è stato interrotto durante la parte migliore del sonno. La Vicepreside spostò lo sguardo da Malfoy a Hermione senza che sul suo volto si registrasse una sola increspatura. Probabilmente aveva rimosso all’istante la sola idea che loro due stessero scendendo la medesima rampa di scale senza insultarsi, pensò Hermione; al contrario di Severus Piton, i cui occhi scuri e freddi come cubetti di fango ghiacciato, si soffermarono su di lei, malevoli.
- Credi che Piton sospetti qualcosa? – domandò sottovoce a Draco, senza guardarlo.
- Solo perché ti ha appena accoltellata con gli occhi? – fece lui, di rimando – No, è solo geloso: del resto tu gli hai dichiarato il tuo amore e adesso vai in giro con un altro –
La superò per raggiungere il direttore della sua Casa, lasciandola a mordersi le labbra per trattenere una risata. Hermione si premette il dorso della mano sulla bocca, emettendo qualche artistico colpo di tosse che le valse un’occhiata poco convinta della McGranitt e un’energica battuta sulle spalle da parte di Ron.
- Va meglio? – le domandò il ragazzo, serafico.
- Grazie, Ron – disse lei, ironica.
Lui le diede un ultimo colpo in mezzo alle scapole – E’ sempre un piacere –
Padma Patil e Anthony Goldstein erano occupati a sedare una piccola rivolta tra gli allievi di Ravenclaw che non volevano saperne di tornare nel loro dormitorio. Ragazzini del primo e del secondo anno, letteralmente terrorizzati, correvano ad ammucchiarsi dietro le spalle del Professor Vitious, con il solo risultato di rischiare di schiacciarlo. Quelli più grandi stavano mantenendo la calma, ma non per questo sembravano maggiormente disposti a mostrarsi ragionevoli.
Padma Patil aveva l’atteggiamento combattivo di chi si prepara a rimboccarsi le maniche e prendere i bambini per la collottola, rimandandoli di sopra a calci; Anthony cercava di mettere ordine con la sua voce calma e i modi pacati e decisi, senza, in verità, raggiungere più risultati della collega. Dal suo fianco, Tess si sbracciò all’indirizzo di Hermione come se la rivedesse dopo dieci anni o giù di lì.
- Signorina Granger, sei in ritardo, mi meraviglio di te - disse la Vicepreside in tono secco e, senza aspettare che lei si scusasse, proseguì – Sembra che sia sorto un problema nel dormitorio di Ravenclaw … -
- Ehi, Capogranger! –
Tess indossava il mantello della divisa, chiudendo il colletto sulla gola con una mano; sotto l’orlo inferiore spuntavano pantofoline dai tacchi alti, di vernice e piume turchesi, molto femminili e perfettamente intonate alla vestaglia di seta finissima che si intravedeva tra le falde del mantello.
- Non abbiamo ancora prove che sia in realtà successo qualcosa. Tuttavia se dovessimo capire che è così, la situazione si prospetterebbe alquanto difficile -
La Professoressa McGranitt stava parlando, e Hermione sollevò le sopraciglia e roteò gli occhi per segnalare a Tess di fare silenzio. Ron, approfittando di un momento in cui la McGranitt non stava guardando dalla loro parte, fece un gesto molto eloquente sollevando le palme al cielo e strabuzzando gli occhi. Per prima cosa Hermione pensò che gli avessero scagliato a tradimento una Maledizione Cruciatus, poi comprese che stava domandandosi quando diavolo la professoressa si sarebbe decisa a dire cosa stava succedendo e, allo stesso tempo, stava chiedendo lumi a Hermione. Lei però era troppo occupata a zittire Tess.
La Vicepreside non parve notare tutto quel tramestio, ma le sue narici fremettero.
- In ogni caso il Preside vuole che si faccia una perlustrazione dell’intero Castello, dalle soffitte ai sotterranei -
- Capogranger! Hai saputo la novità? –
Inutile, Tess non aveva intenzione di desistere.
- Vi darò istruzioni su chi e cosa cercare – continuò la McGranitt – State all’erta e comunicate via fantasma -
Di qualsiasi cosa si trattasse, non doveva avere lasciato strascichi eccessivi, a giudicare dalla disinvoltura delle Blue Ladies. Jalice Love, per la verità sembrava molto pallida, ma stava rimediando largamente al problema passandosi di nascosto il rossetto e una buona mano di rosa naturale sulle guance; Reese Hewitt teneva un braccio intorno alle spalle di Jalice, con aria incoraggiante e protettiva.
- A questo punto è il caso di dirvi cosa sta succedendo – la McGranitt guardò i ragazzi radunati intorno a lei e un’espressione di autentica preoccupazione le attraversò il volto; abbassò la voce nell’evidente sforzo di comunicare la cosa in modo delicato.
- E’ possibile che qualcuno si sia introdotto nella nostra scuola – riprese a bassa voce – Ma non allarmatevi prima del dovuto –
A giudicare dalle facce, la gente che aveva intorno non doveva considerare la cosa esattamente un inedito storico.
- Capogranger, è una cosa terribilmente eccitante! -
- E’ possibile che … - la McGranitt prese un respiro.
Tess sprizzava eccitazione da tutti i pori.
- C’è pazzo con l’ascia che gira intorno al nostro dormitorio! –
***

So many
Bright lights to cast a shadow
But can I speak?
Well is it hard understanding
I'm incomplete

My Chemical Romance, Famous Last Words



Testimone d’eccezione era stata Jalice Love. Reese Hewitt era arrivata in un secondo momento e Tess era intervenuta insieme a mezzo dormitorio Ravenclaw richiamato dalle urla disperate delle sue amiche.
Era andata più o meno così: Jalice e Reese erano uscite dal dormitorio per andarsene a fare la loro toilette in un più ampio e accogliente bagno riservato ai Prefetti o ai Capiscuola – le parole d’ordine ovviamente non erano un problema, visto che anche i pivelli del primo conoscevano quelle dei bagni riservati – solo che, poco fuori del loro dormitorio, avevano sentito un rumore strano. Avevano acceso le bacchette e avevano visto una porta aprirsi lentamente e…
E adesso tutti si ritrovavano a ricostruire la situazione in base ai ricordi di Jalice.
Hermione pensò che peggio di così non poteva andare.
- Quell’attrezzo con un bastone e una cosa tagliente in cima è un’ascia, vero? -
Evidentemente si sbagliava.
- Beh, anche una lancia è fatta così – osservò Reese Hewitt, piena di buon senso – Ma dovrei controllare -
Poteva andare peggio.
- Oh, - Jalice si guardò intorno, con aria delusa – Forse, dopotutto, era un pazzo con la lancia -
- L’ho intravisto anche io. Ma mi è sembrato che avesse un uncino – aggiunse Reese, timidamente, poi si affrettò a rassicurare l’amica – Non per contraddirti, tesoro. Vedrai che sicuramente era un’ascia o una lancia –
Era un incubo, e per nessun motivo che riguardasse pazzi con l’ascia, la lancia e simili quisquilie.
- Tesoro, - Jalice strinse affettuosamente la mano dell’amica – se anche dovesse risultare che era un uncino, non mi offenderei -
La verità era che non si riusciva assolutamente a venire a capo di quella faccenda. Da quel poco che si sapeva con sicurezza, verso le undici e mezza, Radio Strega Network e Radio Strega Rock e Radio Dimensione Strega, avevano allarmato la popolazione in merito a un’evasione da Azkaban: sembrava che un pazzo maniaco, condannato in passato per una serie di efferati delitti, fosse di nuovo in circolazione.
Gli Slytherin, a quel punto del racconto, si erano guardati, speranzosi, chiedendosi quale fosse il fortunato trai loro parenti.
- Malfoy, secondo me è tua zia – disse, in tono esperto, un pupetto ridicolmente piccolo, introdottosi clandestinamente nella saletta dei Caposcuola, dove si stava cercando di fare il punto della situazione.
Malfoy lo fissò, stupito e infastidito: difficilmente qualcuno gli si rivolgeva direttamente, specialmente trai più piccoli.
- Ci conosciamo? - domandò, freddo.
- Rosier, primo anno –
Rosier. Un’antichissima, onorata, famiglia di purosangue che aveva fornito ad Azkaban il suo doveroso tributo di presenze.
Malfoy si rilassò all’istante, poi considerò quanto aveva detto e scosse il capo, dubbioso. I suoi parenti – che da soli avevano fornito un valido pretesto per tenere aperte, e col personale a pieni ranghi, le patrie galere – erano evasi da parecchio tempo. Nonostante il Mondo Magico preferisse glissare sugli aspetti meno gradevoli della sua cronaca nera, la notizia che la famiglia Black-Malfoy-Lestrange aveva felicemente tagliato la corda, si era sparsa già alla fine del quinto anno.
Causando al rampollo, rimasto in quel di Hogwarts, non pochi problemi, tanto per chiosare.
- Non è lei? – bisbigliò il piccolo Rosier – Cioè, non voglio dire che tua zia è una pazza che se ne va in giro ad ammazzare gente, secondo me è solo una patriota … -
- E’ già evasa da tempo. Inoltre hanno detto che si tratta di un maschio – disse Malfoy.
Rosier annuì – Giusto – disse, assorbendo quella confutazione che poteva mettere un punto fermo alla faccenda.
- Fuori! -
Hermione Granger si erse in tutta la sua altezza davanti a quel soldo di cacio e gli indicò la porta – Non è prudente che i più piccoli stiano in giro, con quello che sta succedendo, trova immediatamente qualcuno che ti accompagni in Sala Grande -
Rosier la guardò in cagnesco, aveva capelli lisci e neri come spaghetti, limpidi occhioni azzurro chiaro,e un visetto, nemmeno troppo pulito, che lei avrebbe trovato adorabile, se non avesse avuto stampato sopra un ringhio da mettere spavento anche a una tigre inferocita.
– Stai attenta, Caposcuola Mezzosangue – abbaiò – Sono piccolo, ma sono anche potente e incavolato -
Prima che riuscisse ad aggiungere altro, Malfoy si alzò e gli indicò la porta verso la quale lo accompagnò, assicurandosi che uscisse – Qui sono ammessi solo i Caposcuola – disse – Torna immediatamente di sotto e rimani in Sala Grande. Se scopro che mi hai disobbedito te ne pentirai. Chiaro? -
Quello che complicava le cose in maniera spropositata, era che ciascuno raccontava una storia diversa. Padma Patil era talmente esausta che poco prima aveva mandato a chiamare la sorella e le aveva rifilato una cravatta di Ravenclaw. Adesso come Caposcuola di Ravenclaw c’era effettivamente una Padma Patil (l’altra si era eclissata per fumare), ma nessuno sapeva se fosse quella giusta.
Hermione pensò che bastava sventolarle sotto il naso un gustoso pettegolezzo e la sua comare Lavanda, per vederle gettare la maschera.
Tuttavia era troppo indaffarata per farlo: insieme a Anthony Goldstein stava rimettendo insieme, con pazienza, pezzi diversi di storia di almeno due dozzine di ragazzi di Ravenclaw del primo e del secondo anno.
Il maniaco era un tizio alto. No, era basso, replicava un altro. Aveva il naso adunco e i capelli unti. No, quello era Piton, che era andato a controllare che diavolo fosse tutto quel chiasso che arrivava fino ai sotterranei.
Il fantomatico pazzo, insomma, aveva un uncino al posto della mano. No, aveva delle lame al posto delle dita. Aveva una bacchetta in mano e sembrava sul punto di scagliare qualche Avada Kedavra a casaccio. No, no, quello era ancora Piton.
Portava una maschera bianca davanti alla faccia. No, la maschera era traforata. Aveva un vestito nero veramente brutto e un mantello nero, che, se possibile, era ancora più brutto. No, quello era sempre Piton, che era nero anche in faccia, a voler essere pignoli…
- Jalice – Anthony sembrava distrutto – Per favore, puoi ripetermi com’era vestito il maniaco? -
Se la stava interrogando per cercare di mettere ordine in quel caos, pensò Hermione, Anthony doveva essere davvero disperato.
- Beh – Jalice parve lievemente perplessa, come se non si fosse aspettata una domanda così ovvia – Esattamente come si presume debba essere vestito un maniaco -
- Vale a dire? -
- Male
Appunto.
Per sicurezza tutti i dormitori erano stati evacuati e gli studenti si stavano godendo una romantica nottata a far finta di dormire sotto le stelle della Sala Grande, come succedeva ogni volta che un pazzo assassino scappava da Azkaban, con gli occhi socchiusi, le orecchie e le antenne tese, modello Spioscopio di ultima generazione, pronte a captare ogni parola degli insegnanti o dei Capiscuola di guardia, e a dividerla, fraternamente, con il resto del corpo studentesco.
Pansy Parkinson, era ancora alla ricerca di Zabini, così affidò gli studenti più giovani a un Prefetto di Slytherin, Elinor Nott, una rossa snella e nervosa, sorella di Theodore Nott che al momento non era reperibile, ma che sicuramente era da qualche parte a osservare la luna.
Nott non era mai stato un tipo propriamente normale, però ultimamente, dopo la rischiata espulsione per via di un duello che aveva coinvolto lui e Malfoy - ma la cui responsabilità si erano dovuti addossare soltanto Nott e lei, Pansy, che gli aveva fatto da secondo – aveva cominciato seriamente a dare i numeri.
Tanto per cominciare Gregory Goyle sosteneva di averlo visto appollaiato sul bastioni dell’ala est mentre urlava verso la luna. Vincet Tiger, con un tono pesante come il piombo, aveva detto che in realtà Nott non stava urlando, ma ululando; e che subito dopo era corso da lui per chiedergli di controllare se gli fossero spuntati peli in faccia.
Adesso, Tiger non era sicuramente tipo da rispondere con cortesia a un tizio che pretendeva gli si facesse la conta dei peli, così gli aveva mollato un cazzotto. Quello allora si era messo a guaire per il dolore.
Poi aveva cercato di mordere Goyle.
La Caposcuola Pansy Parkinson, stava pensando a queste cose poco piacevoli, quando inciampò in un bimbo alto più o meno come due mele impilate.
- Di che Casa sei? – domandò, aguzzando la vista nella penombra della Sala Grande, dove gli insegnanti sorvegliavano il riposo apparente e forzato dei loro allievi.
- Slytherin – bisbigliò quello – Rosier -
Pansy gli diede una lieve scrollata alla spalla – Allora vai dai tuoi compagni –
Quello la guardò andare via e un’espressione determinata si disegnò sul suo visetto da monello - Non prima di averla fatta pagare a quella Caposcuola insolente – borbottò, sgattaiolando verso la porta.
***
- Ron, vieni con noi? -
Da sempre, Anthony Goldstein, aveva la posizione, tacitamente assegnatagli, di coordinatore delle attività dei Capiscuola. Era l’unico ad avere il carattere adatto: Hermione Granger, per esempio, era troppo rigorosa e autoritaria e qualcuno avrebbe finito per strozzarla, mentre Padma Patil aveva decisamente altri interessi; Draco Malfoy avrebbe probabilmente inviato Ron Weasley di ronda nelle fogne un giorno sì e l’altro pure, quindi era fuori discussione, e Weasley avrebbe ricambiato con gli interessi di un’occhiatina alla Foresta Proibita, settore Centauri, quindi era fuori discussione pure lui. L’unico altro candidato adatto era Ernie Macmillan, che insieme a Anthony era forse il solo che per un motivo o per l’altro non aveva smesso di rivolgersi la parola con uno dei colleghi – fattore da non sottovalutare per via delle necessarie comunicazioni riguardo le attività – ma il pacioso e solenne Caposcuola di Hufflepuff non aveva aspirazioni del genere.
Al momento Anthony stava organizzando la squadra che avrebbe effettuato una perlustrazione nei dintorni della Torre di Ravenclaw.
- Certo, sono dei vostri – rispose Ron, di buon grado.
- Malfoy, tu cosa fai? -
Malfoy scrollò le spalle e fece per andarsene – No, devo tornare nei sotterranei –
Weasley tossì – Vigliacco –
Ci fu un attimo di silenzio completo, in cui Anthony Goldstein investì Ron con un’occhiata irosa, che andò del tutto sprecata, poiché l’altro era troppo occupato a trattenere lo sguardo di Malfoy, con quel solito atteggiamento che avevano dalla prima volta che si erano visti: quando sembrava che ne sarebbe andato della vita di chi avesse abbassato gli occhi per primo.
Draco Malfoy si limitò piegare la testa da un lato e sulle sue labbra apparve una specie di sorriso, quasi quello che aveva davanti agli occhi fosse qualcosa di incredibilmente divertente per un motivo noto soltanto a lui.
Per un attimo Hermione vide un bambino sottile, con un ghigno di rabbia sul viso, stringere i pugni le guance chiazzate di rosa per l’ira, pronto a saltare al collo di chi aveva davanti; al suo posto, poi, apparve un ragazzino ugualmente magro col il viso infiammato da una rabbia che esplodeva dentro di lui senza trovare sfogo esterno.
Infine entrambi disparvero, lasciando il giovane uomo controllato, i suoi occhi amari e irridenti, le ombre che si avvicendavano sul suo viso, così rapide che era impossibile indovinarne la forma.
Tre gradi diversi di vita, tre gradi di dominio sulle proprie apparenze, tre gradi d’orgoglio.
- Vuoi andare tu a perlustrare il sotterraneo, Weasley? - la sua voce era dolce come il miele, come sapeva essere solo quando il morso delle sue parole gocciolava veleno – Poco fa mi hanno mandato a dire che anche lì è stato visto qualcosa di strano. Vuoi accomodarti? -
Ronald Weasley sollevò il mento, risoluto – Certo che posso farlo, se è necessario – replicò, brusco.
Di nuovo il fremito di un sorriso sulle labbra di Malfoy, Hermione scorse, inquieta, il bagliore che gli attraversò gli occhi, un fulmine su cielo già illividito dalla tempesta.
- Accomodati, Weasley – un aperto sorriso sbocciò sulla bocca di Malfoy – Il sotterraneo è pericoloso per chi non lo conosce: rischi di perdere la strada o di finire in un trabocchetto. Ma chi sono io per ostacolare il coraggio Gryffindor? -
Ecco cos’era quel lampo nei suoi occhi.
- Oppure preferisci che ti accompagni? -
La gentilezza impalpabile della sua voce era la sottigliezza di una ragnatela, vischiosa, la trappola nemmeno del tutto invisibile in cui un insetto attende paziente la propria fine.
Hermione, quel tono di voce, lo conosceva bene.
- Cercate di non fare gli idioti – intervenne, dura – Non abbiamo tempo da perdere con queste cose -
Ron la guardò, rabbuiato. Draco invece la gratificò con uno sguardo singolare, che somigliava alla malizia.
Lei comprese, oscuramente, che col suo intervento, aveva salvato Ron da qualche strano incidente. Conoscendo Draco, sarebbe stato da lui fare affidamento sull’ostinazione di Ron in modo da averlo tra le grinfie, mentre si trovavano da soli nel sotterraneo.
Tre diversi stadi di pericolo.
Malfoy aveva imparato a controllare le proprie reazioni, non il proprio odio.
Adesso comprendeva anche quello sguardo: si era aspettato un suo intervento, quindi non era troppo arrabbiato perché lei gli aveva rovinato il divertimento.
Senza aggiungere altro, Malfoy voltò loro le spalle e si allontanò lungo il corridoio, il serpente tornava nella sua tana sprofondata nelle viscere del castello. Hermione fissò la sua schiena rigida e poi la faccia di Ron, nera di rabbia.
Sospirò e seguì gli altri verso le scale che li avrebbero condotti verso le Torri dell’ala ovest. Ron aveva le mani contratte e una smorfia che non sarebbe sparita tanto presto; e non appena lei cercò di incrociare il suo sguardo, si girò dall’altra parte. Indispettita, Hermione voltò la testa verso la fila di strette finestre alla sua sinistra.
Il cielo era così nero e pesto che tutto l’esterno sembrava coperto da una colata di vernice scura, né una stella né un raggio di luna a romperne l’uniformità; ma ad un tratto, una luce livida e il rumore di una scarica di energia ferirono il cielo, rivelando coaguli di nuvole gonfie e livide. L’attimo di silenzio sospeso, in cui le pietre del castello sembrarono trattenere il fiato, sembrò infinito e, allo stesso tempo, troppo breve. Poi esplose il tuono e una pioggia torrenziale cominciò a riversarsi dal cielo.
Non fu graduale, piuttosto sembrò che lassù si fosse squarciata la parete di una diga, lasciando cadere sulla terra cascate incontrollate di un’acqua nera e fredda come lo sconforto di un demonio, di quelli che, in definitiva, alla Grande Ribellione nemmeno ci avevano creduto, ma che per indolenza o opportunismo, o forse sperando in un nuovo Miracolo Celeste, avevano votato per un partito fino ad allora relegato all’opposizione senza speranza.
Accidenti, pensò Hermione, era davvero una notte buia e tempestosa.
***

Little child, be not afraid
The rain pounds harsh against the glass
Like an unwanted stranger
There is no danger
I am here tonight

- Caposcuola Mezzosangue -
Quel bisbiglio proveniva da dietro un angolo del corridoio; tuttavia, quando Hermione si girò, non vide nessuno. Il richiamo si ripeté e lei, con una smorfia di disappunto si fermò. Le mani sui fianchi e l’espressione contrariata, allungò una mano nell’ombra per afferrare un braccio magrolino. Lo scricciolo era decisamente più veloce dei suoi riflessi allenati da Prefetto e Caposcuola perché lo rivide, parecchio più lontano di quanto si sarebbe aspettata, che la guardava e ridacchiava.
- Rosier, vero? – ringhiò lei puntando l’indice ai propri piedi – Qui! -
Il bambino le mostrò un largo ghigno insolente.
Lei proruppe in un’esclamazione irritata che riuscì solo a farlo ridere di più – Devi tornare di sotto! – lo sgridò lei – In questo momento ho altro di cui occuparmi che non di giocare a nascondino con un bimbo indisponente! –
- Non sono un bimbo! – gridò lui, stringendo i pugni, ugualmente infuriato.
- Oh, va bene, Signor Rosier, fammi la cortesia di andartene in Sala Grande o giuro che … -
- Hermione, perché stai gridando? –
A giudicare dal rumore pesante e cadenzato dei passi, Ron stava correndo verso di lei a tutta velocità. Tutto il disappunto era scomparso quando si fermò davanti a lei, sostituito da un’espressione allarmata che le avrebbe strappato un sorriso se non fosse stata arrabbiata con lui e con quella miniatura di peste che aveva davanti.
- Va tutto bene, Ron – rispose, impaziente – Solo che Mister Rosier si rifiuta di raggiungere i suoi compagni in Sala Grande. Voi andate pure avanti, io vi raggiungo subito –
- Ma… - Ron era titubante. Spostò lo sguardo da lei al piccolo, poi dovette decidere che dopotutto quel cosino non doveva essere particolarmente nocivo.
- Mister Rosier – disse, spalancando un sogghigno per la verità abbastanza amabile.
Rosier gli rivolse un’occhiataccia da sotto in su - da molto sotto a molto in su, visto che, considerata l’altezza di Ron, forse gli arrivava al fianco – ma così feroce che Ron smise all’istante di ridere e sollevò un sopraciglio, incredulo.
- Beh – sentenziò – Ti lascio con questo campione, Hermione. Ma eravamo così piccoli noi, quando eravamo al primo anno? -
Se ne andò alla svelta, ridendo, e lasciando Rosier letteralmente fumante di rabbia a dare in escandescenze battendo i piedi sul pavimento.
- Andiamo di sotto – Hermione tese tranquillamente una mano per acciuffarlo, ma ancora una volta doveva aver calcolato male le distanze perché la spalla scarna del ragazzino non era là dove aveva pensato che fosse.
- Vacci da sola, se ne hai tanta voglia –
Hermione trasse un profondo respiro e alla fine esplose - Accidenti, ma lo vuoi capire che non ho tempo da perdere? Parlerò col Direttore della tua Casa e da domani sei in punizione! -
Riuscì a stento a terminare la frase perché un altro boato percosse le nuvole, lo schianto fu così violento che per un istante temette di essersi sbagliata sulla sua natura e che, in realtà, il pavimento di pietra sotto i suoi piedi stesse andando in pezzi.
Il piccolo Rosier se ne stava finalmente zitto, con le braccia magre strette intorno al corpo, ma gli occhi azzurri che le restituirono lo sguardo avevano l’indefesso orgoglio di prima.
Il cipiglio di Hermione si ammorbidì – Niente punizione, va bene? Ma adesso lascia che ti accompagni in Sala Grande. E’ pericoloso stare in giro: hai sentito cosa sta succedendo, vero? –
Il ragazzino la guardò – Già. Quanto chiasso – disse, con sufficienza.
Sembrava scettico e per niente impaurito, sicuramente l’idea di un pazzo armato in giro per il Castello lo preoccupava molto meno del temporale. Infatti, quando credeva che lei non se ne accorgesse, rivolgeva occhiate apprensive alla finestra, come temendo che, da un momento all’altro, l’impeto del vento che sferzava i vetri d’acqua torrenziale, potesse sfondare le finestre.

Little child
Be not afraid
Though thunder explodes
And lightning flash
Illuminates your tearstained face
I am here tonight

Vienna Teng, Lullabye for a Stormy Night

Un altro fulmine disegnò la sua silenziosa cicatrice sulle nuvole, illuminando il visino inquieto di Rosier, che si irrigidì percettibilmente, in attesa. Approfittando di quel momento di distrazione, prima che il tuono percuotesse l’aria, Hermione riuscì finalmente ad afferrargli il polso.
Almeno credeva che fosse così, ma ancora una volta lui era stato più veloce e lei era riuscita solo a sfiorarlo: se il suo aspetto era fragile ed emaciato, al tatto era addirittura inconsistente e aveva la pelle gelata. Istintivamente, lei gli si inginocchiò davanti, frapponendosi tra lui e la finestra sulla quale l’acqua scorreva a torrenti.
Il tuono finalmente riversò tutto il suo fragore sul castello, ma Hermione vide che questa volta, il viso del bimbo non era atterrito. Aveva invece un’espressione tranquillissima e i grandi occhi la guardavano intenti, così luminosi nella luce scarsa del corridoio.
Il suo aspetto era abbastanza selvatico, pensò Hermione: i capelli neri spiovevano dappertutto sul visetto bianchissimo, lisci come filo bagnato; sotto la frangia un paio di sopraciglia nerissime e oblique sormontavano occhi azzurro chiaro, enormi sul faccino sottile e così limpidi e luminosi da sembrare cristalli bagnati; sulla guancia destra aveva uno sbaffo di sudiciume, e sotto un ciuffo di capelli neri qualcosa che sembrava una ferita rimarginata.
- Qualcuno ti ha fatto male? – domandò lei, improvvisamente allarmata.
Rosier scosse il capo – No, è successo molto tempo fa – disse.
Lei allungò una mano ma, mentre faceva per toccargli il viso, il ragazzino indietreggiò. Hermione guardò la propria mano, vuota, dove prima c’era il suo polso esile e poi guardò di nuovo lui.
- Anche l’altra Caposcuola è stata gentile con me -
Hermione inarcò un sopraciglio – Hanna Abbott? – domandò – Pansy Parkinson? –
- La Caposcuola Mezzosangue – disse lui, che chiaramente preferiva fare l’insolente invece di rispondere, infatti le rivolse un sorriso sfrontato mentre indugiava su quel termine scortese – La fidanzata dell’altro Caposcuola, quello antipatico e strafottente, che infastidisce sempre tutti –
- Oh – le guance di Hermione si imporporarono di dispetto – Devo andare – disse in fretta, alzandosi e slacciandosi, nel contempo, il colletto del mantello – Adesso tu resta qui e non ti muovere, chiaro? –
- Ma … -
- Zitto. Hai capito che puoi essere un pericolo? -
Soffocando le sue proteste con un’occhiataccia, lei gli buttò addosso il proprio mantello e si rialzò.
- Non ti muovere da qui -
- Non lo voglio il mantello di una Mezzosangue! – ringhiò lui.
Hermione sbuffò una mezza risata, andandosene – Vorrà dire che domattina me lo ridarai – concluse, poi all’ultimo istante si girò – Come ti chiami? -
Quello ci pensò un istante di troppo, sempre imbronciato, poi quando lei stava per andarsene rispose.
- Hartemius Rosier –
- Hartemius?
Lui la fulminò con un’occhiataccia, evidentemente imbarazzato da quel nome pomposo – Harry – disse, arrabbiato.
A quel punto lei scoppiò francamente a ridere – E non ti imbarazza chiamarti come Harry Potter? –
Lo aveva detto per farlo infuriare, ma, inaspettatamente, Hartemius Rosier, il visetto pallido che spuntava dal groviglio nero del mantello, piegò la testa verso una spalla e le rivolse un ampio sogghigno sarcastico, assolutamente irresistibile.
- Oh no – sussurrò – E’ lui che si chiama come me -
Hermione rise.
- Resta qui e se senti qualcosa di strano, nasconditi, va bene? -
Poi corse via.
***
Nei pressi della Torre di Ravenclaw c’era un gran trambusto. Nel momento in cui Hermione stava svoltando per uno corridoio, nei pressi del quale era nascosto l’accesso segreto al dormitorio, un fracasso terrificante stava facendo concorrenza ai tuoni – ampiamente surclassandoli – e un coro di strilli femminili stava svegliando anche i morti.
Quelli dei cimiteri australiani, per l’esattezza.
- E’ lì che l’ho visto! -
- Anche io! – strillò un’altra voce terrorizzata – E aveva l’ascia! E’ così grossa! –
Il tono di Jalice Love era così impressionato che un qualsiasi maniaco si sarebbe sentito estremamente fiero delle dimensioni della propria ascia.
- Stai indietro Jalice! – quella era la voce di Tess, decisamente, – Ci penso io! -
- Oh no!
Hermione, la bacchetta stretta nella destra, aumentò il ritmo della corsa.
- Mi si è rotto un tacco! -
Se il problema era quello, dopotutto, poteva anche rallentare.
- Reducto! -
Una voce regale, ruggì quell’incantesimo al quale fecero seguito urla ancora più alte che, tuttavia, sembravano di protesta più che di terrore.
- Ron quello era solo un lampadario! – protestò Padma Patil
- Scusate –
Altro schianto che somigliava sinistramente al suono di un muro che si sgretolava.
- Accidenti …il soffitto. E adesso Gazza chi lo sente? -
- Scusate – ripeté la voce di Ron.
- Perché Weasley è il nostro Re –
L’ultima voce che aveva parlato, fredda e sarcastica, convinse Hermione che, davvero, era il caso di affrettarsi.
- Malfoy chiudi il becco! -
- Altrimenti cosa mi fai? Mi fai cadere addosso un lampadario? –
- Bada piuttosto alla voragine che hai fatto sul pavimento! -
Ecco, per l’appunto.
Il corridoio in cui sbucò avrebbe indotto un triste senso di déjà-vu nelle Squadre per la Pulizia Magica alle quali era toccato mettere in ordine quello che restava del Dipartimento dei Misteri. Qualche mente superiore aveva con estrema furbizia fatto cadere le torce e adesso l’illuminazione era solo quella di un paio di volenterose bacchette, ma visto che quella di Reese era momentaneamente impiegata per esaminare il suo tacco rotto, la situazione da quel punto di vista era alquanto infelice. Sul pavimento c’era un cratere di discrete dimensioni col suo gradevole pendant sul soffitto, dove prima c’era il lampadario. Da un lato c’erano pezzi di legno, che potevano appartenere indistintamente a un armadietto, a una scultura o a una grossa sedia, ma che in ogni caso erano destinati a giacere in un ripostiglio per l’eternità a rendere più scomodi gli appuntamenti delle coppiette.
Quando Tess la vide arrivare, le spalancò un sorriso di benvenuto, stile incontro in una sala da tè del centro.
- Ciao, Capogranger! -
- Tess – disse lei, col fiato corto – che cosa ci fate voi qui? – e con un gesto deciso del mento indicò anche Jalice e Reese.
- Non riuscivano a individuare il punto esatto dell’avvistamento – spiegò Tess – Così hanno chiesto a Jalice e Reese di indicarglielo –
Erano tutte e tre in delicate vestagliette di raso e seta pastello, le gambe nude e il mantello nero sulle spalle, perfette (tacco a parte), truccate e sorridenti.
Hermione si chiese se, dopotutto, non fossero supereroine sotto mentite spoglie.
- Gli altri stanno decidendo cosa fare – spiegò Tess.
A giudicare dalle discussioni, non sembravano essere giunti a grandi risultati. Ron e Malfoy si urlavano ancora addosso indicando il buco sul soffitto e quello sul pavimento. Anthony Goldstein e Padma Patil stavano parlando con Hannah Abbott che, a un certo punto, si girò per correre via, dicendo – Vado a chiamare gli insegnanti -
Hermione si diresse verso Ron e Draco, a passo di marcia e parecchio arrabbiata.
- Ma vi sembra il momento di litigare? -
Era una domanda retorica, ma naturalmente, per precauzione, aveva pronta la risposta. Quello che non si aspettava era che entrambi si girassero verso di lei e cominciassero a urlare in simultanea.
- Dove dannazione sei stata? -
- Mi allontano un attimo ed ecco che sparisci e per giunta senza avvertire! –
- Avevi detto che arrivavi subito! -
- Donna, ti pare il momento di andartene in giro da sola? –
Con somma indignazione di Hermione, Ron non insorse in sua difesa davanti al tono un tantino maschilista di Draco, ma, se il suo intero patrimonio genetico non gli avesse ingiunto a gran voce di fermarsi, probabilmente avrebbe anche applaudito.
Li fissò, oltraggiata, poi girò sui tacchi e li mandò a quel paese, decidendo che dopotutto era meglio piantarli lì a decidere di chi fosse il buco più grosso.
- Anthony – esclamò, rivolgendosi all’unica persona ragionevole che c’era nei paraggi – Allora, dov’è? -
Anthony indicò davanti a sé con un cenno del capo – Precisamente, lì dentro -
Esisteva un luogo di intrighi e arcani, dimora di spettri del passato e dolorose memorie, dove si erano consumate trame contorte, iniziative audaci e azioni suicide; in quei luoghi si erano compiuti efferati delitti, lì si era deciso il destino di intere generazioni, si erano orditi complotti e lì avevano avuto inizio eventi destinati a influire sulla distruzione o la salvezza del Mondo Magico.
Lo aveva compreso per primo il Fondatore che, come in una metafora ispirata, aveva celato in quel luogo avvolto dal mistero l’accesso della sua Camera dei Segreti; lo aveva compreso il suo Erede, Tom Marvolo Riddle che, essendo lo studente brillante che tutti gli Slytherin ricordavano (altro che Black & Potter), era andato proprio lì a cercarne l’accesso al Sacrario che gli avrebbe restituito la sua Eredità.
Hermione Granger seguì la direzione indicata da Anthony Goldstein e spalancò gli occhi.
Un attimo di silenzio.
- Un bagno delle femmine? -
***

Little child
Be not afraid
The wind makes creatures of our trees
And the branches to hands
They're not real, understand
And I am here tonight

Vienna Teng, Lullabye for a Stormy Night

Beh, il bagno delle femmine era sempre stato punto di incontri abbastanza imprevedibili e non sempre piacevoli. Una volta, per esempio, lei ci aveva trovato un troll con la clava (ed era stata salvata da due troll con la bacchetta); in un altro celebre frangente, un Leggendario Signore del Male ci aveva portato a pascolare un Basilisco. Quindi non era troppo irragionevole supporre che in un altro bagno si fosse nascosto un pazzo maniaco scappato da Azkaban.
Che fosse un mitomane?
- Di che cosa è armato? – domandò Hermione, ansiosa.
- Ascia – disse, laconico, Anthony – anche se Reese continua a sostenere che forse è un uncino -
- Un’ascia grossa – specificò Jalice Love dietro le loro spalle.
Qualcosa si agitò dietro la porta del bagno delle femmine: forse il maniaco stava esprimendo tutto il suo compiacimento.
Immediatamente otto bacchette si puntarono in quella direzione e Ron Weasley mosse un passo avanti, di conseguenza, tutti i Ravenclaw presenti, sollevarono uno sguardo preoccupato verso l’alto, in corrispondenza del loro dormitorio.
All’improvviso, dall’altro lato del corridoio, avvolto nella più fitta oscurità, si intuì un movimento.
- Chi è là? – ruggì Ron.
- Sono il maniaco – parodiò una voce in falsetto.
- Taci, Malfoy –
Oddio, ecco che ricominciavano, ma non erano occupati a confrontare il diametro dei rispettivi buchi?
- Non è niente – disse Padma, aguzzando la vista.
- Se è uscito siamo nei guai – disse Anthony – Anche se …come avrebbe potuto con noi tutto il tempo qui fuori? –
- Forse c’è un’altra uscita – ipotizzò Ron.
- Come no, – commentò Malfoy – lo scarico del gabinetto -
- Malfoy, per quanto è vero Merlino, io prima o poi … -
- Abbiamo solo un modo per scoprirlo – esclamò Hermione, più che altro nell’intento di distrarre Ron – Al mio tre apriamo quella porta! –
- Sono con te Capogranger – disse Tess liberandosi tranquillamente dei tacchi con un calcio. A piedi nudi si mosse verso l’amica.
- No! – strillò Reese, terrorizzata, zoppicando in avanti per via del tacco rotto – Non aprite quella porta! –
Jalice la seguì, tenendola per un braccio – Per favore – supplicò – Aspettate! -
Ron Weasley avanzò di qualche passo e si affiancò a Hermione Granger, si guardarono poi lui disse – Stai dietro di me. Sei pronta? –
- Sì, ma non starò dietro di te – rispose lei, sfrontata. Poi si sorrisero, sorriso virile: sarebbe stato di una pignoleria imperdonabile rilevare che uno dei due era una femmina.
Scambio di coraggiosi convenevoli Gryffindor, di quelli che avrebbero reso fiero un sergente istruttore dell’Accademia Auror.
Draco Malfoy li fissò, poi commentò, acido, rivolto ai Ravenclaw – Sarete fortunati se vi ritroverete almeno con delle macerie del vostro dormitorio –
Il suo sarcasmo da manuale andò completamente sprecato: i Ravenclaw, al momento, erano fin troppo propensi a condividere quel tipo di preoccupazione, infatti Ron Weasley stava cominciando a contare.
O a dare i numeri, che dir si voglia.
- Uno, due … -
- Tre!
La porta del bagno si spalancò e Jalice urlò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre una figura alta ed emaciata, avvolta in abiti laceri, emergeva dall’oscurità. Nella luce scarsissima, si intravide una faccia distorta e occhi vuoti, il riflesso di una bacchetta illuminata balenò per un attimo sulla lama di una grossa ascia.
- Oddio è lui! - disse Reese, con un singhiozzo. Cercò di tirare via Jalice, ma la ragazza, impietrita, guardava l’uomo con gli occhi sbarrati colmi di panico. La sua paura era così intensa che sembrava irradiarsi tutto intorno a lei, gli occhi erano spalancati e vitrei e le gambe tremavano. Stava aggrappata a Reese, che aveva anche lei il viso congelato dal terrore.
Il maniaco sollevò il braccio sinistro: invece della mano aveva un uncino che scintillò, sinistro, alla luce di un fulmine che per un attimo, illuminò a giorno il corridoio.
- Sembra Potter – commentò qualcuno di molto prevedibile.
- Stupeficium
- Stupeficium
- Stupeficium!
- Stupido imbecille! – urlò Ron rivolto a Malfoy.
Il maniaco, nel mentre, non sembrava per nulla toccato dalla pioggia di Schiantesimi che gli era finita addosso. Imperturbabile, mosse un altro passo avanti.
- Qualcosa non va – Draco Malfoy sembrava aver perso tutta la voglia di fare lo spiritoso. Rivolse un’occhiata preoccupata all’espressione combattiva della sua ragazza, la quale non staccava gli occhi dalla figura emaciata che continuava ad avanzare, lenta e barcollante, verso di loro.
Hermione era pallida, ma la mano che stringeva la bacchetta aveva una fermezza che Malfoy aveva visto raramente anche negli adulti, i suoi occhi scuri non abbandonavano l’obiettivo nemmeno per un istante, sembrava che quasi non battesse le palpebre. Incurante della propria incolumità, quasi nemmeno possedesse un corpo da ferire, teneva la guardia alta e se indietreggiava era soltanto per cercare un punto migliore da cui prendere la mira.
Jalice urlò ancora e Draco, con un’imprecazione sulle labbra, procedette verso Hermione, deciso, in caso di necessità, ad afferrarla e portarla via a costo di Schiantarla.
Poi col maniaco se la sarebbero potuta anche vedere gli eroi di professione.
Loro, intanto, sarebbero stati in salvo.
Prima che potesse raggiungerla Hermione sollevò la bacchetta – Incarceramus –
Quella variante della formula lui non l’aveva mai sentita, così vide, con stupore misto a dispetto e ammirazione, un getto di luce uscire dalla bacchetta di Hermione e poi scindersi in anelli di luce rossa che raggiunsero la figura del maniaco e la circondarono, ancorandogli saldamente le braccia al corpo.
L’uomo o quello che era emise un urlo e allargò le braccia forzando gli anelli che però non parvero cedere né allargarsi di un millimetro. Sulle labbra di Hermione si dipinse, lento, un sorriso trionfante.
- Non funzionerà – singhiozzò Jalice, con la voce appena udibile.
Fu solo un attimo, poi gli anelli di luce, semplicemente, scomparvero.
- Non è possibile! – gridò Hermione, incredula e per un istante parve perdere il suo sangue freddo. Immediatamente però puntò di nuovo la bacchetta, mentre intorno a lei ricominciavano a piovere Schiantesimi.
- Impedimenta -
Anche questa volta, l’incantesimo aveva una precisione millimetrica e colpì l’uomo alle ginocchia.
Anche questa volta non sortì alcun effetto.
- Tess, rimanete indietro – Anthony si parò di fronte alla ragazza e superò anche Padma, ponendosi tra loro e la prima linea – Jalice, Reese, allontanatevi -
Tess, ignorando l’ordine, andò verso le amiche e afferrò Jalice per un braccio, nel tentativo di farla arretrare. Quella però sembrava radicata al suolo e, con il viso estraniato in un incubo, fissava l’uomo e l’ascia affilata che brandiva.
- Schiantesimi al mio tre –
Ron Weasley diede quell’ordine e sollevò la bacchetta all’altezza della testa. Il viso concentrato, gli occhi blu rannuvolati dalla tensione, con due passi delle gambe lunghissime si portò a pochissima distanza dall’individuo.
Senza perdere d’occhio la situazione, Draco si spostò accanto a Hermione e calcolò velocemente il tempo che gli sarebbe occorso per trascinarla via.
- Uno – disse Weasley.
Poi accaddero contemporaneamente molte cose. L’uomo, invece di muoversi col solito passo barcollante, parve volare letteralmente in avanti verso di loro. Jalice Love si accasciò al suolo, svenuta. Tess e Reese furono velocissime ad afferrarla per le spalle e a trascinarla via.
Scartando precipitosamente di lato, Malfoy alzò la bacchetta mentre, nella sua mente, un’altra formula si sostituiva a quella dello Schiantesimo.
Hermione si girò verso di lui e i loro occhi si incontrarono e lui lesse, insieme alla preoccupazione che l’aveva spinta a cercarlo, anche la consapevolezza di quello che lui stava per fare.
Poi il corpo dell’uomo cadde a peso morto in terra e Ronald Weasley emise un urlo di raccapriccio.
Improvvisamente non era più una figura umana, ma aveva lunghe zampe e un corpo grosso e peloso.
- Un ragno? – esclamò una delle ragazze, forse Padma, sbalordita.
- Fatevi indietro! – urlò una voce inaspettata, e, quello che prima era un ragno, cambiò di nuovo.
Uno spirare di vento gelido e putrescente, e ancora il lampo che illuminava il cielo livido e il fragore di un tuono, poi la figura si erse dal pavimento, alta, avvolta in cenciosi strati di stoffa incolore. Una mano putrida e coperta di pelle squamosa si fece spazio tra i lembi del lacero mantello e si sollevò verso di loro, lucida, biancastra, come una mano di cadavere rimasta troppo tempo esposta all’umidità.
All’improvviso un’ondata di sconforto, fredda come era freddo il respiro della creatura, dilagò intorno a loro, seppellendo le loro speranze di riuscita. Sarebbero morti lì, prima che qualcuno potesse arrivare a salvarli.
Poi, tenue come la ragione nel panico, Hermione riuscì ad afferrare il filo di un pensiero. Si slanciò in avanti, schivando la mano di Draco che cercava di trattenerla. Spinse via Harry, lontano dal Dissennatore e subito dopo si ritrovò a guardare gli occhi neri e freddi della professoressa McGranitt – Signorina Granger - proferì quella, fredda – Mi hai estremamente delusa: andarsene in quel modo in giro per ripostigli e aule – le narici della donna fremettero, prima di esprimere la sua condanna finale – Consegnami il tuo distintivo: sei espulsa e in più sei bocciata in tutte le materie -
Era talmente reale che per un attimo le prese un colpo. Poi, furibonda e rossa in faccia come un pomodoro troppo maturo, Hermione sollevò la bacchetta.
- Riddikulus! -
La professoressa McGranitt la fissò, perplessa, poi barcollò, inciampando nella lunga gonna scozzese.
- Riddikulus – ringhiò di nuovo Hermione e poi gettò indietro la testa e urlò – Harry James Potter, giuro che avrò la tua testa prima dell’alba! -
Ron e Harry la superarono per affrontare il Molliccio e lei vacillò. Era il momento che Draco stava aspettando: tese entrambe le braccia per circondarle la vita e la tirò indietro.
- Sta’ giù, - disse, brusco, posandole una mano sulla testa mentre sopra di loro volavano lampi di luce – Hai fatto la tua parte, adesso levati dalla linea di tiro -
- Malfoy, che ti salta in mente? Lasciami! -
La perentorietà di quell’ordine non lo toccò minimamente: accentuò la stretta del braccio intorno alla sua vita per prevenire prevedibili gesti di ribellione e la trascinò via, recalcitrante. A un certo punto lei, però, riuscì a respingerlo, ma inciampò a cadde sulle ginocchia. Rialzandosi si trovò davanti una gonna scozzese e poi un maglione verde fuori moda e poi, due occhi scuri freddi e pungenti circondati da occhiali squadrati.
- Riddikulus – strillò.
La professoressa McGranitt deviò l’incantesimo con un movimento automatico della bacchetta.
- Signorina Granger – disse, stupefatta – Che cosa stai facendo? -
***
Harry Potter aveva salvato la situazione. Era incredibile: per quanto potesse essere un guaio ambulante, se il complesso dell’eroe non avesse fatto la sua parte, forse, trascinati dall’idea del maniaco, avrebbero impiegato ore prima di accorgersi che si trattava di un Molliccio, combattendo con la paura di avere davanti un pazzo per di più invulnerabile. Naturalmente anche Jalice aveva contribuito, perdendo i sensi e smettendola di proiettare il suo terrore sul Molliccio, per il resto dell’anno scolastico Malfoy avrebbe sostenuto che era stato tutto merito suo. Adesso le Blue Ladies erano probabilmente assiepate davanti a qualche specchio per controllare se l’intonaco teneva oppure se era il caso di dare un ritocco.
Invece, Blaise Zabini che, grazie al grosso ascendente che aveva sulla Caposcuola Parkinson, non era sicuramente obbligato a restare relegato insieme agli altri, si era recato sulla scena del crimine per raccogliere notizie di prima mano.
- Visto che c’era Potter, questa sarà ricordata come la Grande Battaglia del Bagno delle Femmine? – domandò.
- C’è una forte probabilità – rispose Malfoy, annoiato.
- La Torre di Ravenclaw è ancora tutta intera? –
- Stranamente, sì –
Attimo di pausa, poi Zabini aggiunse.
- A proposito, quel poveretto scappato da Azkaban lo hanno trovato -
- Dove? –
- Daphne mi ha detto che lo hanno preso nemmeno una mezz’ora fa vicino Hogsmeade. Era solo un ex Mangiamorte che voleva tentare di abbattere Potter -
La significativa scelta del termine non sfuggì a Malfoy che annuì, concorde.
Entrambi dedicarono un minuto di silenzio commosso all’ennesimo Caduto per la Causa.
- Come al solito, – disse Zabini, malinconico, - si rivela una missione suicida -
Draco annuì ancora, ugualmente scoraggiato.
La sua ragazza, che qualche minuto prima aveva cercato di assassinare la Direttrice della sua Casa, adesso sedeva, distrutta, sul pavimento, con Piattola Weasley accanto, spuntata col medesimo tempismo di Potter, che le teneva la mano e cercava di consolarla.
Aveva detto che avrebbe ammazzato Potter e aveva cercato di ammazzare la McGranitt.
Altro che consolarla, Draco l’avrebbe sposata.
Per il resto c’era solo da chiedersi quando avrebbero fatto la loro comparsa i giornalisti della Gazzetta del Profeta. Potter a breve sarebbe stato convocato nell’ufficio del Preside, dove avrebbe rilasciato una deposizione che sarebbe stata conservata negli Annali dell’Eroismo lasciando cadere qua e là, casualmente, il nome del Signore Oscuro pronunciato per esteso.
Poi Gryffindor avrebbe avuto qualche miliardo di punti o giù di lì, la Coppa del Quidditch e la Coppa delle Case, tanto per gradire, e tutta la scuola avrebbe festeggiato: era sempre così quando Potter salvava la situazione. Tranne che al quarto anno, naturalmente, perché, visto che c’era Diggory da seppellire, la cosa sarebbe parsa di cattivo gusto. In quel caso però Potter si era portato a casa anche la Coppa del Tremaghi.
Decisamente inacidito da quei pensieri, Malfoy si avvicinò a Anthony Goldstein che, insieme a Padma Patil, stava spiegando a Hannah Abbott e Ernie Macmillan, che cosa era successo.
- Questa sera siamo rimasti ore a raccontarci storie del terrore al Club – stava dicendo – Quando le ragazze sono uscite dalle Torre, il Molliccio nel bagno si è trasformato in un maniaco. Lo avevano detto, che era la cosa che le spaventava di più… -
Padma aveva l’aria di una che desidera ardentemente avere la propria gemella presente per poter lasciare la controfigura e imboscarsi da qualche parte a fumare. Non in un bagno, per una volta.
- Già, - commentò – e tutti quelli che si sono affacciati per vedere, quando loro si sono messe a urlare, avevano la testa piena di tutte quelle storie che avevano appena ascoltato per radio sul pazzo scappato da Azkaban –
- Che come ogni volta, finisce qui – Draco Malfoy rise, sarcastico, e gettò un’occhiata a Potter – Che coincidenza –
- Tutti si sono fatti prendere dal panico per questa storia del maniaco e così il Molliccio ha preso quella forma – continuò Padma – Era per questo che ognuno dava una versione diversa: ognuno l’ha visto esattamente nel modo in cui immaginava fosse un pazzo maniaco -
- E nel modo in cui immaginava dovesse essere vestito – mormorò Anthony - Benedetta Jalice, aveva ragione lei –
- Beh, - intervenne Ron con espressione pensierosa – Allora Piton c’era sul serio, oppure era sempre il Molliccio? –
- No, Weasley - intervenne una voce gelida alle loro spalle – C’ero davvero -
Dall’altro lato del corridoio Hermione Granger si copriva la faccia con la mano desiderando solo di avere al più presto una buona scusa per andarsene.
A impiccarsi nel bagno di Mirtilla oppure a buttarsi dalla Torre di Astronomia, per esempio, ma era sempre aperta a nuove proposte purché, al momento, contemplassero il suicidio.
- Hermione, calmati – le disse Ginny, spazientita – Non è successo niente –
- Ho cercato di uccidere la McGranitt! -
- Non è che Malfoy … -
- Ginny, non essere ridicola -
- Scusa, era tanto per dire –
Hermione tiro su col naso e fissò il vuoto con gli occhi sbarrati, poi dopo un poco parve riaversi e sollevò lo sguardo verso l’amica.
Ginny aveva l’aria di una che desidera fumare, così disperatamente da essere disposta a dividere fraternamente il bagno con un Molliccio.
- Ma non ti avevamo detto di trattenere Harry nel dormitorio?-
L’altra alzò le spalle – Sai com’è fatto: si è messo a strillare che Tu-Sai-Chi aveva ucciso i suoi genitori e poi è schizzato via a tutta velocità -
Ginny aveva una gran faccia tosta, di quelle contro le quali si poteva sbriciolare anche il granito, così sostenne il suo sguardo con estrema disinvoltura.
- Ci ho provato -
Hermione stava per risponderle che beh, non c’era decisamente riuscita, quando comprese che l’amica intendeva nell’accezione gergale nonché letterale dell’ espressione.
- Merlino, Ginny… - esclamò esasperata – Ti avevamo chiesto di trattenerlo non di obbligarlo a scappare –
Nel mentre, Draco Malfoy aveva deciso che la nostalgica rimpatriata tra Potter e un Dissennatore meritava una deroga alla regola dell’ostentata indifferenza, in vista di opportuni festeggiamenti.
Così, bellamente incurante del fatto che era passata l’alba e che tutti avevano avuto una nottata a dir poco spossante, si era avvicinato al Ragazzo-Sopravvissuto-Alla-Toilette-Delle-Femmine e poi si era immobilizzato, con gli occhi dilatati per il terrore e le labbra socchiuse.
- Un Di.. Di.. Dissennatore! -
Il suo talento interpretativo era da sempre notevole, gli istinti omicidi che scatenava pure.
Harry gli rivolse un’occhiata raggelante – Taci, Malfoy –
- Potty – naturalmente non ancora domo, Malfoy gli rivolse un sorriso accattivante – Però fai progressi. Questa volta non sei svenuto, almeno -
Così dicendo si portò le mani alla gola, strabuzzò gli occhi e fece finta di accasciarsi per terra.
Harry strinse gli occhi verdi in due fessure gelide – Come è successo a te quando ti sei mascherato da Dissennatore e ti sei beccato il mio Patronus? –
Il sorriso di Malfoy perse un poco di smalto – No, come è successo a te quando hai visto quelli veri e sei caduto dalla scopa -
Uno pari e Pluffa al centro.
Deprimente.
Forse comportarsi come imbecilli poteva essere un modo per smaltire lo stress. Alla luce di questo, si poteva ragionevolmente dedurre che Malfoy e Potter ne avessero accumulato parecchio e che le operazioni di smaltimento richiedessero da anni buona parte del loro tempo e tutta la loro applicazione.
Di quel passo, dopo aver esaurito tutti i loro dissidi dei tredici e dei dodici anni, probabilmente si sarebbero ritrovati a rinfacciarsi la faccenda dell’uovo di drago o la trappola del duello del primo anno: tanto per celebrare il periodo in cui la loro maturazione mentale si era inesorabilmente arrestata.
- Potter, non mi sei piaciuto dalla prima volta che ti ho visto sul maledetto treno della scuola -
Ecco, appunto.
Intorno a loro c’era il solito capannello di spettatori perplessi, Hermione e Ginny li stavano guardando con delle facce addirittura schifate.
- Professore, Potter mi rompe i Bolidi – parodiò Ginny, spalancando la bocca in uno sberleffo sprezzante – Professoressa, Malfoy fa il Dissennatore -
- Idioti – borbottò Hermione, alzandosi.
La Pluffa era in mano Gryffindor e in campo Slytherin.
- Sentiamo, Malfoy, che forma prenderebbe il tuo Molliccio? Il Boccino d’Oro? Deve spaventarti parecchio da come te ne tieni alla larga –
- No, Potter – a giudicare dal tono serafico, la parata Slytherin si preannunciava efficace – Prenderebbe la forma di te che hai perso la verginità: praticamente il Primo Segno dell’Apocalisse -
Le guance di Ginny si chiazzarono di rosso – Andiamocene – disse – Sono stufa –
- Che razza di deficienti – borbottò Hermione, preparandosi a seguirla.
- Malfoy! – stava dicendo Harry, a voce bassa e minacciosa – Giuro che un giorno io … -
- Vai con le minacce – disse Ginny - Ma sentilo, l’uomo coi calderoni e i controcalderoni
- Ridicolo. Andiamocene, Gin –
- Già, tanto sono così maturi che tra poco finiranno da qualche parte a misurarsi la bacchetta magica -
Mentre le due ragazze si allontanavano lungo il corridoio, il piccolo professor Vitious e Piton stavano cercando di decidere cosa farne del Molliccio.
Hermione aveva sentito, di sfuggita, che per il momento intendevano lasciarlo nel bagno – opportunamente segnalato - per vedere se poteva tornare utile in futuro, magari per tenere qualche lezione. Stava pensando che poteva trattarsi di una buona idea, quando una mano le afferrò il braccio, costringendola a fermarsi.
Era Draco. Ginny proseguì, con discrezione, lasciandoli soli.
- Hai finito di dare sfoggio di intelligenza? – sbottò Hermione.
Lui la guardò, indispettito – Non sono stato io a cominciare –
La sua faccia tosta era addirittura scandalosa – Come non sei stato tu a cominciare? E chi ha nominato per primo i Dissennatori? –
- Beh – non si chiamava Draco Malfoy senza un motivo, in fondo, - Lui non era certo obbligato a rispondermi, no? -
Hermione alzò le mani al cielo per non stringergliele intorno a collo, poi gli voltò le spalle e ricominciò a percorrere il corridoio a passo marziale.
- Dove stai andando? – fece lui, in tono decisamente contrariato, standole dietro senza nessuna difficoltà.
- A fare quello che tu dovresti fare. Invece di metterti a litigare a bella posta per delle stupidaggini – esclamò lei, infuriata, fermandosi e puntandogli un dito contro il petto – Vado a recuperare uno dei tuoi e lo riporto vicino al dormitorio di Slytherin –
- Ma di chi parli? –
- Di Hartemius Rosier, l’ho lasciato in un corridoio qui vicino ed è rimasto al freddo tutta la notte! –
- Aspetta un attimo –
Mentre lei si voltava per andarsene, Draco le afferrò il polso, costringendola a girarsi di nuovo. Lo sguardo con cui ricambiò quello di lui aveva la perentorietà di un ordine che non andava disatteso.
- Lasciami andare, dopo parleremo -
Draco Malfoy socchiuse gli occhi e il suo volto perse immediatamente ogni espressione, tuttavia non accennò a recepire il tono di avvertimento nelle sue parole. Al contrario, la stretta intorno al suo polso aveva la gentilezza che soltanto lui sapeva dare a una minaccia: le aveva messo in chiaro più di una volta che non avrebbe preso ordini da lei e provocarlo su quel punto poteva portare a una serie di conseguenze, non tutte piacevoli.
Inciampare in uno scontro di volontà era inevitabile, per quanto accuratamente potessero cercare di evitarlo. Ancora si giravano intorno, circospetti, emozioni e coltelli in mezzo ai denti, fiere costrette a condividere lo stesso territorio: ogni giorno era conquistare e perdere un palmo di terreno.
Hermione strappò il polso dalla sua presa e gli voltò le spalle.
Draco fece per inseguirla, ma una voce dal timbro profondo e tetro lo fermò.
- Rosier, ha detto? -
Malfoy si voltò, incredulo, riconoscendo a stento quella voce. In sette anni, forse era la terza volta che sentiva parlare il Barone Sanguinario.
Rimase ad ascoltarlo a lungo, nel corridoio che andava lentamente sgombrandosi, mentre Vitious e la McGranitt mettevano una segnalazione di stelline rosse intorno alla porta del bagno delle ragazze. Infine, comprese che doveva andare a cercare Hermione.
***
If I'm so wrong
How can you listen all night long?

My Chemical Romance, Disenchanted

- Sapevo che saremmo arrivati a questo punto -
La voce aveva una freddezza che si avvicinava più alla noia che non alla collera e questo faceva male.
Ma lui sapeva benissimo a che cosa andava incontro: il dolore a distanza di sicurezza e maledizione a Potter che lo aveva costretto a pensarci.
- Vorrei sapere che cosa speri di ottenere, tutte le volte, quando litighi coi miei amici. Desideri per caso che io prenda una posizione? -
Una vena di disprezzo, di quelle da recidere con una lama e poi cauterizzare.
Lui non rispose, si limitò a guardare i raggi del sole che piovevano dalla finestra direttamente sui suoi capelli castani, lasciando striature di miele scuro, dolci come quelle che lei aveva negli occhi.
Ma non in quel momento; adesso i suoi occhi erano duri e freddi.
Non ripose, non avrebbe detto una parola, era lì per ascoltare ed era l’unica cosa che avrebbe fatto.
Attaccato al metaforico tronco di un albero, avrebbe atteso che le frecce gli si conficcassero nella carne, convergendo lentamente verso i punti vitali, fino a che l’ultima non gli avrebbe trafitto l’anima.
- Ma non è soltanto questo. Posso sapere che cosa stavi per fare quando stavamo affrontando quello che credevamo un malato di mente? -
Lei si voltò, la furia fredda sul suo volto era pietra contro cui avrebbe voluto infrangere una carezza.
- Una Maledizione senza Perdono? E’ con l’assassinio che ti hanno insegnato a reagire? Avresti torturato o ucciso uno sconosciuto, senza nemmeno valutare le circostanze, soltanto perché non sai come gestire una situazione? Forse l’avresti fatto per me? -
Lui attese, sapeva che quello era soltanto l’inizio.
- E’ questo che hai tu da offrirmi? -
Sì, era questo.
Senza Perdono né sconti sulla pena, e quella era una promessa: una prigione che avrebbe avuto le sbarre più tenaci che fosse riuscito a costruirle intorno.
Poi le sevizie delle emozioni e dei sogni.
Avrebbe salvaguardato ciò che era suo a qualsiasi costo e, per Dio, lei era sua.
- E che altro? Il tuo nome è rovinato, la tua reputazione non esiste più, se mai ne hai avuta una. Perché credi che abbia cercato di condurre la nostra storia con più discrezione possibile? Non capisci che il tuo comportamento mi mette in imbarazzo? Ron mi ha sempre offerto rispettabilità, invece -
C’era disprezzo nelle sue parole e da qualche parte, vicino alle costole, lui sentì la prima fitta. I polsi e la gola - sentieri di vene che stabilivano quale sangue dovesse prendere la via del cuore e quale sangue, nero e sporco e usato, dovesse essere gettato via - gli dolevano già da un pezzo, dal momento in cui aveva incrociato i suoi occhi a aveva letto quello che era andato a cercarvi.
- E’ stato tutto un errore -
Adesso lei aveva distolto lo sguardo e fissava il vuoto, come se anche il solo guardarlo le provocasse un fastidio intollerabile.
- Non si può semplicemente dire che siamo diversi. Tu rappresenti tutto quello che io odio e disprezzo a questo mondo. Siamo onesti, Malfoy, tu sei un intollerante, un arrogante che non può nemmeno permettersi di esserlo. Sei cresciuto con una mentalità così gretta e meschina che soltanto ascoltare le tue parole mi disturba -
Un’altra pausa, un’altra fitta, questa volta vicino al diaframma.
- E poi, diciamocelo, Malfoy – lei si voltò di nuovo a guardarlo e adesso al suo posto c’era una ragazzina con i denti troppo grossi placcati di pezzetti di metallo – Tu ricordi che cosa mi hai fatto per tutti questi anni? Gli insulti, le umiliazioni; quando mi hai trattata come se non fossi nemmeno degna essere uno straccio con cui pulirti le scarpe? -
Lui chinò il capo.
- Tu, al mio posto, avresti dimenticato? -
No, sapeva benissimo che non sarebbe mai stato capace di dimenticarlo o di perdonare. Doveva dargliene atto: nessuno poteva obbligarla a farlo.
- C’è dell’altro – riprese lei.
Questa volta quella nota che si addolciva nella sua voce, l’espressione trasognata che le colse sul viso di giovane donna, prima che lei chiudesse gli occhi come per trattenere un’immagine troppo dolce che rischiava di fuggire via, gli annunciarono la freccia più dolorosa, quella avvelenata.
- E’ …è Harry – sussurrò lei, e il suo tono aveva una tenerezza che faceva più male di un coltello incandescente conficcato nella carne - Lo sai bene anche tu. In fondo, lo hai sempre saputo -
Le sue guance erano imporporate, di quel rossore adorato che aveva creduto soltanto le sue carezze potessero accendere.
E’ Harry, in fondo, lo hai sempre saputo.
Era così che gli sarebbe apparsa al momento di perderla? Cosparsa dell’oro intenso di un autunno dalla bellezza infinita?
Dolorosamente bella e distante, la combattente senza paura alcuna e l’innamorata fedele; il ricordo della ragazza dolce e dell’amante arrendevole.
La guardò e ruppe il voto di silenzio che si era imposto.
Nessuna agonia o dibattersi nel dubbio: in quel caso, almeno, conosceva la risposta.
- Io amo te – disse, con semplicità.
Gli occhi di lei erano bronzo e lava fredda.
- Non me ne importa niente -
L’ultima freccia, quella che trapassava l’anima.
Lui sollevò la bacchetta e la fissò per un ultimo istante.
- Riddikulus
***
You open my heart with a sapphire skeleton key
I ache to taste your breath on my skin
Say you love me

Darling Violetta, Say you love me

- Proprio te cercavo! -
Dalla fila di alte finestre a feritoia entrava tanta di quella luce che lei fu costretta a ripararsi gli occhi con una mano.
In alto, dietro i vetri piombati, nuvole grigio chiaro, unica memoria della tempesta notturna, correvano disperdendosi su un cielo di smalto azzurro, limpido e caldo sullo sfondo di alberi dalle foglie d’oro e di rubino e di bronzo, che ancora stillavano acqua piovana, frusciando dolcemente nel vento.
Draco non le rispose, ma lo vide accelerare il passo. Lei si fermò, meravigliata, guardandolo correrle incontro; quando fu a un passo da lei, sollevò le braccia e le spalancò.
- Draco? -
Lei gli passò le braccia intorno alla vita, mentre l’impeto del suo abbraccio la sollevava un poco da terra. Gli appoggiò la guancia al petto e ricambiò con uguale slancio quella stretta appassionata di cui non conosceva né arrivava a intuire il motivo. Sentì la sua mano sulla nuca, poi sulle spalle e di nuovo sulla testa, trai capelli. Lo sentì deglutire a fatica e, alzando lo sguardo, vide che aveva gli occhi chiusi e l’espressione assorta, a stento controllata, quasi temesse i fiumi di parole che avrebbero potuto rompere gli argini e colargli sul viso.
- Ti stavo cercando – gli ripeté, mentre lui abbassava il viso verso il suo – Quel ragazzino della tua Casa deve essere tornato al vostro dormitorio, visto che non riesco a trovarlo. Ti dispiacerebbe andare a recuperare il mio mantello? Stanotte… -
Silenzio e oro.
Il sole era così dolce e forte da intorpidire, sidro caldo e miele che cadeva giù dal cielo in un torrente accecante che le appesantiva le palpebre costringendola a chiudere gli occhi.
Lei poteva sentirlo pioverle addosso, dappertutto; coprirla e accarezzarle la pelle delle braccia che stringeva intorno al collo di lui, il viso arrossato, e poi scorrerle veloce dentro le vene. Era polvere di seta trai capelli che erano raggi pallidi sotto le sue dita, sulle labbra e nel bacio che lei stava ricambiando con tutto quello che aveva da dare.
I suoi baci erano un silenzio infinito che copriva il rumore del mondo.
- Che cosa ti succede? – gli sussurrò sulle labbra.
Lui aveva il respiro leggermente affannoso e gli occhi chiusi, ancora disperso lungo le strade assolate dove aveva voluto condurla. Quando li riaprì e la guardò, lei pensò che la pioggia all’alba doveva avere la stessa purezza.
Gli prese una mano e se la portò al viso: era fredda e docile tra le sue dita. Se la fece scivolare tra il collo e la spalla, dove la pelle era più calda, coprendola con la propria e premendola contro di sé per scaldarla.
- Quando hai le mani così fredde sei sempre nervoso – continuò - Non hai fatto qualcosa di stupido, vero? -
Lui inarcò un sopraciglio, poi scosse il capo – No. Almeno, non che io sappia –
Hermione gli restituì lo sguardo, poco convinta.
- Avevi detto che volevi parlarmi -
Parole formali e tono circospetto; l’espressione del ragazzo adesso era neutra, gli occhi però avevano un scintillio febbrile.
Hermione piegò ancora la testa verso la spalla, premendo la guancia contro la mano appena tiepida e immota ancora posata sul suo collo. Lo osservò, le avvisaglie d’ansia che cercava di nascondere, le tracce di stanchezza sotto gli occhi, dove la il pallore della carnagione cedeva a una sfumatura d’ombra, attraente richiamo alla trasparenza degli occhi e alle ciglia scurissime.
- Riguardo quello che è successo di sopra – esordì lei, lentamente – Quando era chiaro che la situazione si stava complicando… -
Il braccio che le teneva intorno alla vita si irrigidì di riflesso. La tensione che emanava dal corpo del ragazzo era percettibile e lei penso che l’avrebbe sentita addosso anche se non fossero stati abbracciati.
- Sarebbe stupido da parte mia cercare di giudicare quello che può passare per la testa di una persona, quando è sotto pressione e sente il pericolo. Ma esistono sono soluzioni meno drastiche, non… irreversibili – sceglieva accuratamente le parole e il tono che stava usando era gentile e uniforme. Eppure lo sguardo di lui si faceva sempre più diffidente, la piega vicino alla sua bocca aveva qualcosa di amaro.
Lei la toccò con la punta di un dito, fino a che non vide la tensione cedere alla carezza leggera e allora alzò di nuovo gli occhi nei suoi.
- Non rendermi le cose troppo difficili – concluse.
Non c’era bisogno di aggiungere altro, non quando lei aveva ancora la mano sul suo viso e gli occhi scuri avevano screziature di bronzo dorato, profonde e dolci, mentre trattenevano con fermezza i suoi.
- Eviterò di metterti di fronte cose che non puoi tollerare -
Compromesso.
Non il primo, nemmeno l’ultimo.
Le spalle di lui parvero rilasciarsi di colpo, curvarsi come se il peso della stanchezza che portava addosso si fosse assestato diversamente, obbligandolo a cercare un nuovo equilibrio. L’istante successivo era tornato normale, il braccio che le circondava la vita la teneva senza imprigionarla, i lineamenti del suo viso sembravano aver perso rigidità e distacco.
- Draco devi andare a dormire – gli disse, preoccupata - Abbiamo tutti bisogno di riposare -
Malfoy crollò il capo e prima che lei cominciasse con le domande, disse – Vieni, con me, devo portarti in un posto –
Incurante delle sue proteste la condusse al terzo piano e si tirò di lato, educatamente, per invitarla a entrare, quando giunsero a destinazione.

And I hope that you'll know
That nature is so
This same rain that draws you near me
Falls on rivers and land
And forests and sand
Makes the beautiful world that you see
In the morning

- La Sala dei Trofei? – domandò Hermione, entrando da una delle doppie porte – Perché siamo venuti qui? -
Senza una parola lui la condusse verso una bacheca di cristallo, scintillate di targhe e piastre e medaglie d’oro e d’argento, nella luce quieta della mattina autunnale.
La sala dei Trofei dava sempre quella sensazione di sospensione temporale, come trovarsi contemporaneamente in più epoche di Hogwarts, dove non c’erano adulti né morti, e il tempo era il medesimo per tutti coloro di cui era serbata traccia e memoria, tra le coppe e le statue, i trofei e gli albi. Fotografie e iscrizioni che congelavano un’intera esistenza in suo frammento, consegnandolo, per sempre, a una memoria infinita.
La targa nella bacheca davanti ai suoi occhi, quella ai cui piedi giaceva il suo mantello ripiegato, recava inciso il nome di Hartemius Rosier, primo anno Slytherin, vincitore di un torneo di Scacchi Magici, datato 1976, più di vent’anni prima.
Una notte di ottobre, durante uno dei peggiori temporali che Hogwarts potesse ricordare, Rosier era uscito dal suo dormitorio per seguire e osservare i Capiscuola. Lo faceva sempre, anche di nascosto, era sempre alle loro calcagna, senza curarsi di dare fastidio. Da bravo carattere Slytherin, aveva molta ambizione e voleva arrivare ad avere quel distintivo sulla sua divisa, un giorno: essere l’autorità all’interno della sua Casa e della scuola, la sua volontà seconda solo a quella dei docenti.
La mattina seguente lo avevano trovato ai piedi di una rampa di scale. Forse spaventato dal temporale, aveva messo un piede in fallo e cadendo aveva battuto la testa.
Di un’altra vita, che aveva incrociato quella di Hartemius Rosier, c’era testimonianza su un albo alla fine del quale avrebbero trovato spazio, come nel suo gemello che si trovava nella saletta dei Capiscuola, anche lei e il ragazzo che la stava tenendo per mano.
La Caposcuola Mezzosangue, la fidanzata dell’altro Caposcuola, quello antipatico e strafottente che infastidisce sempre tutti.
Sotto l’anno 1976, l’albo dei Capiscuola, in corrispondenza del blasone del Gryffindor, portava i nomi di Lily Evans e di James Potter.
Mi chiamo Hartemius, Harry.
Harry.
L’oro delle targhe e lo scintillio del cristallo si confusero davanti ai suoi occhi e lei chinò il capo, lasciando che i capelli le cadessero intorno al viso, riparandolo. Rimase immobile, le spalle rigide e i pugni contratti, cercando di assimilare il racconto del Barone Sanguinario e misurandolo con quello che lei stessa aveva sentito.
E’ lui che si chiama come me.
Occhi azzurri come cristalli, così ironici sul visino da monello.
Dita bianche e rapide raccolsero le lacrime che avevano cominciato a scenderle dagli occhi. Una mano sulla sua schiena la guidò in un abbraccio che cancellò le ultime tracce del suo ritegno e la fece scoppiare in un pianto dirotto.
- Non c’è nulla da piangere – disse, esasperato, Draco Malfoy – E’ già morto! E’ successo vent’anni fa! –
A lui, per la verità, sembrava un’affermazione piena di buon senso, ma lei non doveva pensarla allo stesso modo perché emise un verso di protesta e pianse ancora più forte. Malfoy sospirò e scosse il capo, tenendola contro di sé e sperando che non arrivasse nessuno: se qualcuno li avesse visti, come minimo avrebbe pensato che lei stava piangendo per colpa sua.
Come si faceva smettere di piangere una ragazza?
Con la Maledizione Imperius?
Purtroppo era pronto a scommettere che lei l’avrebbe considerata una soluzione troppo drastica, di quelle che gli aveva suggerito, con tatto, di evitare.
- E’ uno spirito che vive a Hogwarts: lo rivedrai – disse, quasi a caso, poi si accorse, con stupore, che lei si calmava un poco, così le appoggiò il mento sui capelli e aggiunse – Devi solo aspettare la prossima notte buia e tempestosa -

Everything's fine in the morning
The rain will be gone in the morning
But I'll still be here in the morning

Vienna Teng, Lullabye for a Stormy Night


Fine



“Era una notte che faceva spavento, veramente scantusa”

Andrea Camilleri, Il Birraio di Preston
*

“Era una notte buia e tempestosa”

Snoopy di Charles Schulz
*

It was a dark and stormy night; the rain fell in torrents, except at occasional intervals, when it was checked by a violent gust of wind which swept up the streets (for it is in London that our scene lies), rattling along the housetops, and fiercely agitating the scanty flame of the lamps that struggled against the darkness.

Edward Bulwer-Lytton, Paul Clifford.



*******************************************************************

E anche questa è terminata. Spero vi sia piaciuta pure la seconda parte ^_^
Care fanciulle, e caro fanciullo, naturalmente, per ora ci congediamo di nuovo, speriamo per un tempo breve. Sto scrivendo un’altra storia, la cui sorte è attualmente nelle mani dei Fondatori (che vengono tirati giù un giorno sì e l’altro pure), se riesco a terminarla decentemente la pubblicherò quanto prima.

Questa storia è come sempre dedicata alla mia Opalix, alla mia Chiaretta e alla mia Euridice e questa volta, con tantissimi auguri di buon compleanno al tizio di Euridice che si chiama come Tiger. Auguri Pazzo con l’Ascia! Hai visto che ti ho fatto ben figurare?

Grazie a:

Janet Mourfaaill (ancora si sta tenendo Skate Hell! ^.^), Maty e Fex, ovviamente Pacey il Lupo Mannaro (consigliami sempre caldamente di cancellare certe diciture terrificanti, adesso dici “improcrastinabile”), Wherena (arrivata la mia e-mail? Ancora grazie), Lady Eowyn, Sakura_Kinomoto, pippimag, Opalix (evviva Max!), quella raffinata (mica tanto, in ultima analisi!), Emily Doe (impari anche a cucinare il sushi?), Claheaven (il Boss è Gryffindor???) , Briseide (ciao!! Grazie ^^), Merryluna (vero! Quella dell’arsenico per tingere di verde la carta da parati ^^), White_Tifa, Julietta (ehi!! ^_^), Bea_chan e sorella (siete voi le sorelline Black, vero? Un bacio), Kit_05 (e chi se le dimentica le cinque-sei pagine? ^.^ Lavanda inserita!), Chiaras, Venus (un bacio anche a te!), Vanessa (aggiornato a distanza di una settimana come al solito, ho fatto abbastanza presto, no? ^^), Carol87(ma ciao!! Che bello rivederti qui!), nevr8ika (carina che sei sempre, grazie), Valermione, Mica26 (sinceramente e umilmente grazie: il più bel complimento che chiunque ami scrivere si possa mai sentire rivolgere), Bad_Devil, Lunachan62, SweetSin, Lady Tsepesh (magari Zeus mi rende meno sconclusionata :DD), Minami 77 (il tizio del videonoleggio ha guardato anche te con aria di commiserazione?:D), Eleni (mi hai fatto ridere un’ora buona, tu sei matta!!), Mya, ranokkia, Silvereye (abbastanza in fretta da non dover ricorrere alla minacce? ^^), Ilaria_Davita (che mi ha fatto fare il pianterello arrivata l’e-mail? L’altra matta sta bene?), Contessa (grazie davvero!), JulyChan (ma ciao bella! Ancora per il seguito di OS non so, ho una mezza idea per una storiella non troppo lunga, ma prima ne devo finire un’altra ^.^’, poi vediamo…), Raod Kamelot, Jacklin (grazie!), MCat (arrivata la mia e-mail con le informazioni che mi chiedevi? In caso contrario te la rimando ^^), Xe (per il seguito di OS ancora ho solo un’ideuzza, per la verità sono troppo affezionata a questi personaggi per lasciarli perdere del tutto, quindi quando avrò finito la storia che sto scrivendo, forse butto giù qualcosina ^^) e Alewen.

Grazie a tutti!





   
 
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