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Autore: I Biscotti Inflessibili    16/07/2012    8 recensioni
Con la sconfitta di Loki, che ammanettato e munito di museruola è stato rispedito come un pacco ad Asgard, la pace sembra ristabilita. Chiuso in una cella, non può far altro che ricevere le continue visite di Thor, che non può proprio fare a meno di cercare di redimerlo in tutti i modi. Ma la sete di vendetta e di rivincita del Dio dell'Inganno non lo terranno calmo a lungo. Che sia l'inizio di una nuova sfida per gli Avengers?
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Salve!
Siete di fronte al primo esperimento di collaborazione tra lady hawke e Charme, e alla loro primissima incursione nel fandom degli Avengers.
La storia sarebbe idealmente umoristica, ma abbiamo cercato di mantenere i caratteri dei vari personaggi il più possibile fedeli agli originali (con una parziale eccezione, come vedrete, per quanto riguarderà il povero Cap).
Speriamo dunque di distogliervi da questioni tipo “Chi è il Vendicatore più figo di tutti?” e di farvi ridere, pure per sbaglio.
 
 
Prologo
 
  Il celeste palazzo di Fensalir, con le sue sorgenti che zampillavano qua e là nel salone principale, andando a creare il perfetto connubio tra meraviglie naturali e invidiabili opere architettoniche, era il luogo adatto per concedersi un attimo di pace dalla frenesia godereccia e combattente che permeava Ásgarð.
  Ma anche se ci si voleva nascondere da un fratello maggiore dall’inquietante istinto guerrafondaio apparentemente non in grado di comprendere l’evidenza dell’affermazione: “No, Thor, lasciami in pace”.
  Il giovane principe di Ásgarð, Loki Odinson, quella mattina si era alzato perfino prima dell’alba, solo per riuscire a sgusciare fuori dalle sue stanze prima che suo fratello gli piombasse davanti, istigandolo a unirsi a lui per partire all’avventura. Ciò che l’avventura in questione potesse riguardare era un concetto poliedrico ed estremamente variegato, poiché poteva andare dal tentare di convincere Heimdallr ad aprire un varco nel Bifrost – e la pazienza del Guardiano era decisamente ammirevole, vista la tenacia con cui Thor continuava a esporre le proprie irragionevoli richieste, alle volte parlando ininterrottamente per ore – all’andare a perdersi in una foresta a piacere e giocare a Æsir contro Jotnar.
  Che poi, in quest’ultimo caso, il plurale era decisamente superfluo, poiché nessuno si voleva prestare a interpretare il Gigante di Ghiaccio, pertanto la scelta ricadeva sempre su Loki, al quale, per una volta, non sarebbe dispiaciuto poter interpretare l’eroe, anziché essere preso a mazzate, spadate e martellate, per quanto le armi fossero in legno e non facessero poi troppo male. Il danno era prettamente psicologico, e Loki non sapeva neppure come spiegarne il perché a se stesso, figurarsi farlo intendere a quel testone di Thor.
  Ma l’ultima tragica avventura nella quale era stato trascinato Loki non riguardava finte baruffe contro i Giganti di Ghiaccio, bensì l’ennesima provocazione da parte della cricca di Thor.
  “Se vuoi far parte del nostro gruppo – aveva detto Fandral, facendo ondeggiare con aria tronfia il suo spadino di legno – devi superare una prova”.
  Loki aveva tentato di far presente di non essere particolarmente interessato all’ammissione di quel circolo, e che riteneva fosse un bene che certi gruppi fossero e restassero elitari. Riservati a pochi, aveva aggiunto, dopo aver notato lo sguardo vacuo del fratello.
  “Certo, se non credi di esserne all’altezza, oppure hai paura…” aveva ribattuto Fandral, scambiandosi uno sguardo d’intesa con il cupo Hogun, che accennò un ghigno.
  A quel punto, si era sentito punto sul vivo.
  Thor, non Loki.
  “NO, che non ha paura – aveva detto, strattonando il fratello e scuotendolo come un pupazzetto, nell’intento non troppo chiaro e ancor meno riuscito di enfatizzare le proprie convinzioni – Diglielo, Loki, che affronterai la Prova senza timore!”.
  A quel punto, per qualche motivo, Fandral e Thor avevano cominciato a parlare tra di loro di insuperabili ostacoli, inenarrabili sofferenze che, stando a quanto sosteneva Thor, Loki avrebbe affrontato senza battere ciglio e uscendone vittorioso.
  L’unica cosa che Loki poté constatare fu che, per una volta in cui Thor si rivelava possedere una parlantina e un carisma non indifferente, questa dote andava comunque a danno del fratello minore. Alla fine di quell’elaborata opera di convincimento era venuto fuori che la tanto temuta ‘prova’ consisteva nel tagliare le trecce alla giovane Lady Sif, occasionalmente loro compagna di giochi.
  Era da chiarire che la deliziosa bambina era affezionatissima ai suoi capelli color del grano, ma quello era uno dei suoi pochi vezzi squisitamente femminili. Per il resto, picchiava duro, e se non se l’era mai presa con Loki era perché evidentemente riteneva che privare Odino Sanngetall* di uno dei suoi eredi non sarebbe stato un gesto apprezzabile. In ogni modo, Loki non aveva mai fatto niente che potesse causare una rappresaglia da parte di Sif. Fino a quel momento.
  Sì, perché alla fine gli altri ragazzini erano riusciti a convincerlo a prender parte a quella che un paio d’ore più tardi Loki aveva catalogato come la cosa più stupida che mai avesse fatto nei suoi otto anni di vita.
  Era anche per dimenticare i drammatici fatti avvenuti il giorno precedente che il bambino si era rifugiato nel palazzo dedicato alla madre Frigg, leggendo per distrarsi. Il libro che gli era stato suggerito dal padre era stato da lui portato direttamente dal regno di Miðgarð, e narrava quelle che parevano essere le leggende di una lontana popolazione che venerava un pantheon simile ma non identico a quello dei popoli con cui solitamente Odino aveva a che fare, e che lo riconoscevano come divinità. La leggenda di cui stava leggendo in quel momento riguardava una fanciulla che si era vantata di poter filare meglio di una divinità di nome Atena, la quale era giustamente intervenuta a placare una simile vanteria e aveva provveduto a tramutare la giovane in ragno**. Sebbene la storia non possedesse il tono epico delle mirabolanti imprese di cui amava leggere solitamente, Loki si trovò a rimuginare sul fatto che fosse in qualche modo giusto che esseri impotenti imparassero a rimanere al loro posto, e che gli Dèi glielo ricordassero. Perso in simili elucubrazioni, Loki non si accorse che nel palazzo era entrato qualcuno. Qualcuno con cui lui non voleva aver niente a che fare almeno per i successivi mille anni. E forse anche un po’ di più.
  “Fratello!” proruppe Thor, al che Loki sobbalzò, e il libro gli cadde in acqua.
  “Che c’è?” tentò di ringhiare Loki, ma tutto ciò che emise fu una specie di gracidio.
  “Ti ho cercato dappertutto!” continuò Thor, guardandolo con aria stupefatta, quasi non riuscisse a immaginare che qualcuno potesse non volere la sua compagnia.
  “Che coincidenza, pensa che io ti ho evitato dappertutto”
  Un vago lampo di comprensione balenò negli occhi del giovane Thor.
  “Non sarai ancora arrabbiato per ciò che è successo ieri?” domandò, ponendosi di fronte al fratello e impedendogli così di recuperare nella polla d’acqua il libro caduto, che s’inabissò e scomparve alla vista.
  “No di certo, anzi, vorrei proprio ringraziarti per avermi spinto a fare una cosa estremamente stupida che come unico risultato ha prodotto un occhio nero!” esclamò Loki con voce stridula, tentando senza successo di torreggiare sul fratello maggiore.
  L’altro non sembrò impressionato, e fece una cosa che mandò Loki ancora più in bestia: gli mise una mano sulla spalla e scoppiò a ridere di cuore.
  “E dai, nessuno pensava che le avresti davvero tagliato le trecce! Ed è stata una sorpresa anche per me, quando i capelli sono passati dal biondo al nero”
  “Un po’ come il mio occhio!” stridette Loki, regalando al fratello uno sguardo fulminante che però non parve sconvolgerlo più di tanto, visto che continuò a ridere.
  Ispirato dalla lettura che aveva – suo malgrado – interrotto, Loki si concentrò e tentò di tramutare suo fratello in un ragno, gioendo all’idea di vederlo zampettare goffamente in giro, ma le sue conoscenze nel campo della magia erano ancora decisamente acerbe, e tutto ciò che riuscì a fare fu far comparire un ragno esattamente sulla faccia del fratello, che, colto di sorpresa, lanciò un grido che si confaceva ben poco al suo apparire solitamente tronfio e sicuro di sé.
  Il ragno, forse più spaventato da Thor di quanto Thor non lo fosse dal ragno, si mise in posizione intimidatoria, alzando le due zampe anteriori e soffiando minacciosamente.
  Fu solo quando Thor sparì all’orizzonte e l’eco delle sue urla (“MADRE! MADRE!”) si affievolirono che sul volto appuntito di Loki iniziò a farsi spazio un ghigno malizioso che ben presto Ásgarð avrebbe imparato a riconoscere e temere.
  E quindi Thor aveva paura dei ragni.






  Buono a sapersi.
 
*‘Che intuisce il vero’, uno degli epiteti di Odino.
** Riferimento al mito classico di Atena e Aracne.
*** No, non stiamo giocando a fare Rapunzel. Il mito norreno dice che Loki era, da vera diva, invidiosssa dei capelli di Sif, e la lasciò pelata, salvo che poi Thor s’incazzò come un dugongo e gli fece procurare dei capelli sostitutivi molto fighi. La Lady Sif della Marvel subì un destino un po’ diverso, perché, sempre per colpa di Loki, i capelli passarono dal biondo al nero, come qui, appunto. Non è noto se Lady Sif abbia o meno pestato Loki, però.

  
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