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Autore: Eloise_Hawkins    18/07/2012    56 recensioni
Hermione Granger ha appena visto il bacio tra Lavanda e Ron; distrutta dal dolore e in preda alle lacrime, si rifugia nel bagno delle ragazze del terzo piano, disabitato da quando il Troll di Montagna, penetrato nella scuola durante il suo primo anno, l'aveva distrutto.
Draco Malfoy ha solo sedici anni, ma sulle sue spalle grava un peso non indifferente. Oppresso dai pensieri riguardo la missione affidatagli dal Signore Oscuro, cerca conforto nel silenzio del bagno delle ragazze del terzo piano, ignaro del fatto che qualcuno, quella sera, ha già avuto la stessa idea. Pur non conoscendo l'identità l'una dell'altro, e nonostante le iniziali reticenze, i due ragazzi accettano quell'anonima compagnia, un po' per solitudine, un po' per affinità. Parlano a lungo, e tra di loro nasce un rapporto particolare, fatto di confidenze, parole e segreti chiusi a chiave nel loro cuore.
Ma se uno dei due scoprisse l'identità dell'altro? Continuerebbe a rinnovare l'appuntamento o si tirerebbe indietro?
Tra favole dal sapore dolce-amaro e parole che sembrano non bastare mai, tra i due nascerà una relazione destinata a diventare speciale.
Si può uccidere il male seppellendolo di risate?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cenerentola e altre fiabe'
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Epilogo:
E vissero tutti felici e contenti – o quasi

 

«Ecco perché preferisco non parlarne con gli altri.
Non capirebbero,
e io non sento il bisogno di spiegare,
semplicemente perché il mio cuore sa quanto sia stato vero.
Quando penso a lui, non posso fare a meno di sorridere,
perché sento che mi ha completato.
Lo amo, non solo adesso, ma per sempre»
[Ricordati di guardare la luna – Nicholas Sparks]

 

La pioggia cadeva ininterrottamente da ore, dissetando la terra ansante, livida, in sussulto, con gocce che, accumulatesi dopo un lunghissimo e cupo stillicidio, avevano formato rigagnoli fangosi e acquitrini sudici, alimentando pozzanghere ormai enormi, in cui si rifletteva il cielo, ferito da luminose saette. Una casa apparì all’improvviso, per poi scomparire subito dopo, come un occhio che, largo, esterrefatto, si apre e richiude nella notte nera. Il vento scuoteva i vetri delle finestre, tormentati e frustati dalle gocce di pioggia, che scandivano il tempo dei sospiri di quella giovane che, accovacciata nel suo letto, con la testa seppellita sotto il cuscino, respirava pesantemente, in preda ad un’evidente crisi adolescenziale, probabilmente così opprimente e grave da non consentirle di udire nemmeno il quieto scatto della serratura.
«Tesoro, ho fatto la crostata ai mirtilli»La testa di sua madre, sormontata da una matassa di riccioli impossibili, spuntò da dietro lo stipite della porta, subito seguita dall’aroma fragrante e dolciastro della torta da lei cucinata.
«Non mi piace» bofonchiò la ragazza. Il cielo, ingombro di nuvole nere come la pece, brontolò tragicamente, imitandola, e fu squarciato da un cupo lampo, che illuminò di riflessi biancastri la stanza della giovane.
Hermione trasse un respiro profondo, ed entrò nella camera della figlia, richiudendosi la porta alle spalle ed avvicinandosi al letto in cui la figlia sospirava.
«È la tua preferita»le ricordò con tono dolce e paziente.
«Non mi va»La voce della ragazzina risultò soffocata dal cuscino, ma fu comunque chiara.
La donna emise un lungo sospiro, poggiò la torta sul comodino e si sedette sul bordo del letto. La sua mano scivolò sulle lenzuola, sino a raggiungere il rigonfiamento che era il corpo della figlia.
«Tuo padre dice che fai così solo perché hai preso un brutto voto»disse, arcuando le labbra in un sorriso consapevole.
«Mh»mugolò lei in risposta.
«Tuo fratello pensa che il motivo di questo sciopero della fame sia che Victoire ha scelto Lily, e non te, come damigella»riprese paziente Hermione.
«Mh»ribatté ancora una volta la ragazza, totalmente ignara dell’espressione sul viso di sua madre.
«Ma se ti conosco abbastanza bene, direi che questo è mal d’amore»concluse quest’ultima. Solo in quel momento Rose riemerse dal groviglio di capelli, cuscini e lenzuola in cui si era rifugiata, e le lanciò un’occhiata penetrante e torva.
«Niente Legilimanzia con me, grazie»borbottò aspra, la fronte corrugata in un’espressione oltraggiata e collerica. La donna scosse il capo lentamente.
«Solo intuito materno»la corresse, con la dolcezza di sempre, senza più insistere sull’argomento.
Il silenzio che seguì fu riempito solo dal lontano bubbolio del cielo, e dal ticchettare insistente della pioggia sui vetri. Alla fine, vinta dal muto sguardo della madre, Rose emise un lungo sospiro, e, ormai rassegnata alla presenza della donna, lanciò il cuscino di lato e si mise a sedere, le gambe incrociate e il capo chino. Pochi secondi prima che il rombo cupo di un tuono facesse tremare i vetri delle finestre, una saetta tagliò il cielo a metà, lanciando all’interno della stanza un bagliore che illuminò i riflessi rossastri dei capelli della giovane.
«C’è un ragazzo»cominciò lei, senza riuscire a guardare la madre negli occhi. «che mi piace. Voglio dire, non è che mi piace, è solo che…» si affrettò a spiegare, alzando lo sguardo su sua madre con gli occhi spalancati dall’imbarazzo, il viso già tinto di un intenso color porpora.
«Non c’è niente di male, Rose. Va bene se ti piace un ragazzo»la rassicurò subito Hermione, poggiandole la mano sul ginocchio e stringendo appena, come se bastasse quel solo gesto per darle forza.
«No, non va bene»replicò la ragazza, scuotendo il capo con foga. La donna aggrottò la fronte, confusa.
«Perché?»domandò, evidentemente perplessa, fissando con insistenza la figlia.
«Tanto per cominciare, questo ragazzo mi odia. Non fa altro che insultarmi»spiegò Rose, con un filo di voce. Sul viso di Hermione si aprì un sorriso tranquillo.
«Allora probabilmente gli piaci da impazzire. Chi disprezza compra»ribatté con il tono di chi la sa lunga. Sua figlia inarcò un sopracciglio, e scosse il capo; poi, decidendo di ignorare il commento della madre, riprese.
«James non la smetterebbe di prendermi in giro»affermò, e una smorfia le contrasse il viso dai lineamenti delicati e dalla pelle chiara. Le lentiggini che le macchiavano la pelle divennero un’unica massa indistinta.
«James prende in giro chiunque»la tranquillizzò la donna, con un sospiro spazientito.
«Lily e Dom non mi parlerebbero più»proseguì Rose, che a quanto pareva non era disposta a lasciar trionfare la madre in quel confronto che doveva vederla vincitrice – una sfida verbale che aveva come unico scopo quello di convincere se stessa a lasciar perdere.
«Allora non sono grandi amiche»replicò Hermione, con il tono pacato di sempre.
«Hugo riderebbe, e poi lo direbbe a papà. E papà mi ucciderebbe»concluse la ragazza, schioccando le labbra con fare definitivo.
La donna emise una risata beffarda.
«Questo è da vedere. Tuo padre sa che sei cresciuta e non può impedirti di vivere la tua vita…»cominciò a dire, il tono improvvisamente agguerrito. Rose, tuttavia, la interruppe.
«Non è questo»bisbigliò con tono sconfitto, chinando il capo ancora una volta.
«E cosa, allora?»domandò Hermione, curiosa e sospettosa al tempo stesso. La ragazza tacque, stringendo le labbra come se volesse costringersi a non dire nulla.
«Rose, a me puoi dirlo»la incoraggiò allora sua madre, cercando di incrociare lo sguardo dalla figlia che, come calamitata dagli occhi della donna, alzò il viso e la fissò.
«Il ragazzo è…»emise un sospiro, e nei suoi occhi brillò il coraggio Grifondoro che aveva ereditato dai genitori. «Malfoy»disse seccamente, in un sussurro. Poi, a voce più alta, aggiunse: «Scorpius Malfoy». E guardò sua madre. E quando la guardò, la trovò immobile, incredula, quasi frastornata da quella rivelazione. Per un attimo, la giovane pensò che quella donna che aveva di fronte aveva reagito esattamente come si aspettava. In un secondo momento, però, si rese conto, con sorpresa e perplessità, che quello che brillava negli occhi di Hermione non era disgusto: era qualcosa di molto diverso, che lei non riuscì a distinguere. Difficile dire cosa quella rivelazione avesse significato per sua madre. Il buio della stanza non permetteva di discernere colori e forme con precisione, ma Rose era certa di aver visto un lampo di amarezza negli occhi di Hermione, qualcosa che somigliava molto al dolore. Eppure, era un dolore stemperato da una dolcezza che lei conosceva bene: era la stessa che da sempre accompagnava quell’amore materno che le aveva riservato fin da quando era piccola.
 
Hermione era rimasta senza fiato. Quelle parole – quel nome – avevano risvegliato in lei fantasmi di un passato sopito, seppellito sotto strati di vita vissuta, ma non per questo dimenticato. Non avrebbe mai potuto dimenticare, e nemmeno voleva, d’altronde; ma si sforzava di vivere una vita diversa, che era quella che le era stata destinata, per un crudele e indesiderato gioco del fato – o forse, solo per volontà; o mancanza di coraggio.
Malfoy.
Cosa significava, per lei, quel nome? Non ci aveva più pensato. Sapeva cosa non significava – non era il sangue, non era colpa, non era pregiudizio, né disgusto o odio. Non era il nome giusto.
Draco.
Quello era il nome giusto. Significava favole, amore, risate, bagni in disuso, anni meravigliosi.
Il ricordo era come una boccata d’aria fresca dopo minuti interminabili di apnea: piacevole, ma intensamente doloroso. Era vita, ma era anche morte. E tuttora, a distanza di anni, lei sapeva dare un nome a quel volto, ma non una definizione.
Prima lui era stato terra straniera, mondo sconosciuto da cui distaccarsi e con cui non mischiarsi; poi era diventato medicina, cura da ogni male e ferita con cui macchiarsi, colpa da estirpare e, soprattutto,  casa: era stato tutto ciò che rimaneva del mondo che aveva conosciuto quando era bambina, quando ancora riusciva a credere nelle favole – quelle stesse favole che aveva raccontato proprio a lui, la notte, nel buio, e nel silenzio di un bagno dimenticato.
Ma ora, Draco Malfoy era un segreto. Un segreto soffocato, ma bellissimo – perché le cose più belle sono sempre un segreto: è sempre lì che si ava a nascondere la felicità. Ora, Draco Malfoy era favola da raccontare.
Quando Hermione aprì le labbra per parlare, Rose vide sul suo volto l’ombra di un’inattaccabile felicità.
«Rose, posso raccontarti una favola?»
«Sono un po’ grande per le favole»
«Questa ti piacerà»

 

***

 

Quando Hermione concluse, con un una voce fievole che sapeva di dolore, aveva gli occhi lucidi, ma sulle sue labbra aleggiava un sorriso che sua figlia non le aveva mai visto addosso.
La pioggia si era attenuata, e ora solo una vaga nuvola di condensa indugiava nel cielo, sormontato da ciuffi di nubi grigie che cominciavano a diradarsi mostrando rari lembi di una volta stellata che si mostrava con restia timidezza.
Rose aveva gli occhi spalancati dalla sorpresa e dall’incredulità, ma nel suo sguardo brillava qualcosa di molto simile all’ammirazione, e persino quello sconcerto aveva il sapore dell’invidia, e non del disgusto. Sua madre indugiò ancora un attimo, le iridi puntate verso la finestra appannata e macchiata da gocce di pioggia e residui di foglie trasportate dal vento; poi, con un lieve sospiro, chinò il capo.
«Vorrei aver qualcosa da raccontare in eterno, vorrei non dover giungere a una fine»mormorò, con una voce stanca, sfinita, spossata.
«Allora non farlo!»guaì immediatamente Rose, rapita da quel racconto. Scosse il capo, e guardò sua madre con occhi colmi di desiderio e passione riflessa.
«No, Rose»disse con una sconcertante pacatezza Hermione. Il suo tono era definitivo e secco, e pur nella sua dolcezza, conteneva una nota di dolore difficile da nascondere o ignorare. Sua figlia contrasse il viso in una smorfia contrariata, ma tacque. «Devo farlo. C’è sempre una fine. Nella vita arriva sempre il momento in cui si deve mettere un punto a tutto»proseguì allora la donna, e, benché fossero evidente le emozioni che quella storia aveva risvegliato in lei, sorrise con un’amarezza che ferì la ragazzina.
Rose spostò gli occhi scuri dal volto della madre alla finestra, e per qualche minuto rimase in silenzio a fissare le ultime gocce scivolare in rivoli sinuosi, come perle scivolate dal filo di una preziosa collana.
«Non capisco»mormorò, scuotendo piano il capo, per nulla rassegnata alla perentoria conclusione che sua madre le aveva imposto.
«Cosa?»domandò Hermione, fissandola con la fronte aggrottata. La ragazzina emise un sospiro inquieto, quasi ferito, e puntò gli occhi dritti in quelli della madre.
«Sembra tutto così perfetto… perché è finita?»chiese, con espressione evidentemente confusa: qualcosa le sfuggiva, ma non riusciva a capire cosa.
«Perché era così che doveva andare»replicò la donna con voce altrettanto bassa, senza riuscire a guardare la figlia negli occhi, ben consapevole che quella risposta non le sarebbe bastata.
«Ma perché?»insistette infatti la ragazzina, cercando di incrociare, con esagerata insistenza, lo sguardo della madre. Hermione sospirò, sconfitta.
«Eravamo incompatibili»disse, con voce ferita, l’amarezza ad impregnare ogni sillaba di quell’ammissione.
«Incompatibili?»ripeté Rose, senza capire, mentre sul volto di sua madre comparve l’ombra di un sorriso antico, da lei mai conosciuto.
«A me piaceva il cioccolato, lui amava la menta. Io volevo studiare, lui dormire fino a tardi. Io preferivo battermi per i diritti degli elfi domestici, lui li torturava e bistrattava»La sua voce aveva sfumature incomprensibili: c’era dolcezza, senz’altro, e una dose non indifferente di sentimento; dietro ad ogni parola c’era un ricordo, legata a una risata, a una sofferenza, a un bacio. E Rose riusciva quasi a sentire ogni singola inclinazione del timbro di sua madre, a vivere ciascuna di quelle memorie, ognuna delle quali era stata strappata a forza dal suo cuore ed era stata brutalmente trasformata in parole – parole che mai sarebbero riuscite ad esprimere la forza di quei sentimenti.
«Ma vi amavate»protestò la ragazzina, che, nella sua adolescente ingenuità, non riusciva a comprendere le dinamiche e le motivazioni di quella divisione.
«Sì»concesse Hermione. «Ma l’amore non basta, Rose, non basta mai»affermò, e nei suoi occhi brillò la fierezza Grifondoro che il Cappello Parlante le aveva riconosciuto già ad undici anni.
«Ma siete stati insieme. Dopo quella volta al campo di Quidditch, avete continuato la vostra storia»continuò la ragazzina, del tutto decisa a spalancare l’armadio dei segreti di sua madre: aveva scassinato, con i suoi occhi pretenziosi e il suo cuore da adolescente ferita, la serratura del cassetto di Hermione, quel cassetto che ciascuno di noi possiede, e in cui si rinchiudono le esperienze più preziose e i desideri più proibiti. Lei lo aveva scoperto, ma non le era bastato uno sguardo superficiale: aveva bisogno di andare a fondo, così da comprendere quella storia incredibile e assolutamente inaspettata – e quindi, indirettamente, anche sua madre.
«Sì»ammise Hermione, senza però aggiungere nient’altro. Forse perché non era disposta a dire altro, forse perché voleva che fosse sua figlia a chiedere ciò che più le piaceva, o le premeva sapere.
«E poi?»chiese infatti Rose, che non si lasciava affatto intimidire dalla reticenza di sua madre.
La donna emise un altro lungo sospiro, e chinò il capo. Prima di rispondere, deglutì, come se volesse mandar giù il dolore, l’amarezza – o forse voleva solo ingoiare il coraggio, quell’improvvisa follia nata nella sua nata; inghiottì tutto, per impedire a se stessa di compiere assurdità di cui si sarebbe potuta in seguito pentire.
«Poi, lui se n’è andato»rivelò Hermione. Rose sgranò gli occhi, la bocca spalancata da uno sconcerto oltraggiato, come se la sola idea che un uomo – un uomo come Draco – avesse potuto abbandonare sua madre la ripugnasse e offendesse al tempo stesso.
«Perché se n’è andato?»domandò, cercando di trattenere l’impellenza del suo desiderio, e la rabbia che cominciava a pizzicarle le dita.
«Perché doveva farlo»replicò lapidaria la donna. Ma la ragazzina non aveva alcuna intenzione di lasciar perdere, non ora che era entrata nel vivo di quella storia.
«Ma perché?»volle sapere, con il tono capriccioso di una bambina che deve a tutti i costi ottenere il nuovo giocattolo appena adocchiato.
«Sua madre era malata. Ha preso il primo treno ed è andato da lei»Non era chiaro se ci fosse risentimento nelle sue parole; ciò che era certo, era che gli occhi di Hermione avevano cominciato a brillare di lacrime trattenute.
«E non è mai tornato…»intuì Rose, e le sue parole erano solo un sussurro, deluso e amareggiato. Questa volta, però, la donna accanto a lei non si limitò a tacere: con lo sguardo perso in tempi estranei a quel momento, e con una voce sognante, proveniente da angoli della sua mente seppelliti e negati, Hermione parlò.
«L’ultimo ricordo che ho di Draco, è un gigante verde e argento, che alle dieci precise è partito dalla stazione di Hogsmeade in direzione di quella di King’s Cross. Davanti alle porte di quel vagone, mi sono sentita piccola: per quanti baci potessi continuare a desiderare, sapevo, nel mio cuore, che nulla avrebbe potuto fermare il tempo. Non si può interrompere l’attimo in questa vita; ma riuscire a viverlo, a sentirlo, credo sia già un gesto particolarmente coraggioso»Una pausa. Un sospiro. L’angolo delle labbra della donna si arcuò in un lievissimo sorriso. «Ho ancora le sue labbra a sfiorarmi, le sue mani che mi accarezzano il viso e la sua voce sussurrarmi grazie. A volte mi fermo per strada, e mi sembra di essere nuovamente lì, su quei binari, a dirgli tacitamente addio»Un tuono squarciò il silenzio della notte, coprendo il sussurro flebile di quella confessione, un’esplosione di sentimenti e ricordi che aveva provocato in Hermione un uragano simile alla tempesta che si stava consumando fuori. «Quando le porte si sono chiuse, ricordo che mi sono voltata di scatto e ho cominciato a camminare. Non ho avuto il coraggio di dire nulla, non ho avuto il coraggio di osservarlo andar via. Non volevo che mi vedesse piangere, non volevo mostrare altre lacrime. E non l’ho fatto»Il sorriso si accentuò: era un sorriso consapevole, perché lei sapeva già come quella storia sarebbe andata a finire, e questo le dava un non indifferente vantaggio sul suo cuore. Rose, invece, ascoltava incantata, con lo sguardo di chi ha sete di sapere ma non osa chiedere per paura di dire qualcosa di stupido.
«Ma sono una codarda, e sono tornata indietro. Ho rincorso quel treno mentre ripartiva, camminando al suo fianco: sono tornata indietro per vederlo, ma lui non c’era. Non c’era più. E l’ho immaginato, bastardo com’era sempre stato, prendersi gioco di me. Lui è sempre stato così» Il sorriso sul suo volto mutò, e divenne ironico, ma addolcito da una punta di tenerezza.
A quelle parole seguì un silenzio carico di riflessioni e respiri. Hermione si era perduta tra le nebbie di ricordi troppo lontani, e i suoi occhi brillavano di sentimenti che credeva sopiti, e che invece riscopriva, fastidiosamente vividi, dopo anni di fissità, come un carillon dimenticato in un baule in soffitta e rispolverato dopo un’eccessiva inattività, che si scopre creare una musica meravigliosa e inaspettata proprio a causa del prolungato sciopero.
Rose, invece, sembrava rigirare tra sé quella storia allo stesso modo in cui stropicciava le lenzuola, con lo sguardo assorto e la bocca storta in una smorfia di fastidiosa consapevolezza.
«Perché hai sposato papà, allora?»domandò, cercando di modulare il tono di modo che non risultasse evidente l’astio e la ripugnanza che il solo pensiero di quell’idea le provocava. «È stato solo un ripiego?»aggiunse, in un mormorio quasi spaventato.
Sua madre fu rapida a rispondere: non c’era esitazione, nella sua voce, mentre prendeva la mano della figlia e la stringeva con rassicurante calore.
«No. Nonostante tutto, io amo molto tuo padre. L’ho amata da bambina, e lo amo adesso»chiarì con dolcezza, sforzandosi di sorridere per mitigare la paura che brillava negli occhi di quella ragazzina – così simili ai suoi da far quasi paura, perché sembrava di guardarsi in uno specchio che, invece di restituire la propria immagine, rifletteva il passato.
«Ma non come ami lui»precisò Rose, sottraendo la mano alla stretta di quella della madre, sul volto una smorfia impertinente e anche profondamente offesa.
«È diverso, Rose»spiegò subito Hermione, stringendo le labbra per trattenere lo sconforto che le aveva fatto precipitare il cuore.
«In cosa, è diverso?»chiese la ragazza, senza abbandonare quell’aria di ostilità che aveva assunto.
«Tuo padre ho imparato ad amarlo. Con lui doveva andare a finire così, siamo stati vicini per sette anni, abbiamo combattuto una guerra; il nostro era un legame che non poteva sparire»chiosò la donna con tranquillità. Rose strinse le labbra, come se volesse ricacciare indietro quella linguaccia da vipera che stava per pronunciare parole di cui, ne era certa, si sarebbe pentita. Per gli insulti ci sarebbe stato tempo; ma quella storia, doveva essere raccontata adesso, perché era arrivato il suo tempo.
«E con Malfoy, invece?»Aveva un tono sospettoso, guardingo, ma curioso; e nei suoi occhi brillava una certa, infantile aspettativa, come se quella ragazzina in fondo sognasse un lieto fine che però sapeva già non poteva essere possibile, ma in cui continuava a sperare fermamente, con la spensierata ingenuità dei suoi diciassette anni.
«Con Draco è stato diverso. Lui è stato come una parentesi, aperta per sbaglio e improvvisamente, e chiusa altrettanto repentinamente. Non me l’aspettavo, nessuno se l’aspettava. Ma è successo»Hermione sembrava più propensa alle spiegazioni, adesso, forse perché pensava di doversi farsi perdonare tutti quegli anni di silenzio, o magari perché temeva che sua figlia si facesse idee sbagliate sul futuro che aveva scelto per sé.
«È per questo che papà lo odia tanto?»domandò con tono incredibilmente mite la ragazzina, fissando la madre con sospetto e ostilità.
«No. Lo odia perché ha fatto delle cose davvero orribili, prima»replicò Hermione, scuotendo il capo, e rispondendo con pazienza e sincerità ad ogni domanda.
«Prima di te»affermò Rose, e non era una domanda, ma sua madre si sentì comunque in dovere di rispondere.
«Sì»confermò con tono neutro.
«E tu l’hai cambiato»intuì la ragazzina, senza smettere di fissare la madre, con quell’aria di curiosità mista ad astio che aveva assunto quando aveva capito i suoi veri sentimenti.
«No. Lui è cambiato da solo, Rose. Io mi sono limitata a tenerlo per mano lungo il difficile cammino che doveva percorrere per salvare la sua anima»Era da Hermione, la poesia. C’era poesia nel suo fare, nel suo essere: la leggera poesia delle cose belle e fragili.
Rose tacque, pensierosa, cercando di capire quella storia, di metabolizzare quelle notizie inaspettate che, tuttavia, non erano riuscite ad intaccare l’immagine di sua madre e anzi, forse per l’intensità del racconto e dei sentimenti da esso scaturiti, l’avevano resa migliore, in qualche modo più umana di come voleva apparire, sempre così rigida e ligia alle regole, nonostante gli slanci d’affetto e le attenzioni quotidiane.
Quando alzò di nuovo lo sguardo su di lei, la trovò inspiegabilmente sorridente, con le labbra già socchiuse per continuare la sua storia.
«Quando la gente mi chiede di quel bagno, del mio settimo anno, di Draco, difficilmente dico la verità»ammise, con un tono di voce quieto, indubbiamente sincero. «Alcuni, sono ancora convinti che in quella camera si siano consumate solo notti di sesso, di cui immaginano anche i dettagli più scandalosi; per loro, sono solo una poco di buono. Altri, credono che ad Hogwarts sia rimasta talmente coinvolta da essermi innamorata; per questi, sono sempre la solita bambina ingenua e fragile, con poco senso della realtà. Alcuni, credono che io e Draco siamo destinati a ritrovarci; per loro, è questione di destino. C’è chi pensa che io abbia vissuto qualcosa di meraviglioso; sono i più realisti. C’è chi è invidioso, chi disprezza. C’è chi pensa di sapere tutto, senza conoscere nulla. C’è chi parla; quasi nessuno ascolta»Una pausa, un sorriso, l’ombra di una lacrima a brillare negli occhi scuri, accesi di ricordi, infuocati di sentimenti. «La verità, è che la verità su noi due è nascosta tra le pieghe di quella scuola. È conservata tra le piccole pietre della Torre di Astronomia, nella luna che risplende sul Lago Nero, tra i libri della Biblioteca, in una camera di legno che ci ha visti consumare l’attimo. E nel mio cuore»L’ultima parola fu un sussurro, a stento udibile al di sotto del continuo ticchettare della pioggia contro la finestra. Hermione non guardava più sua figlia, troppo immersa in un dolore vivido e dolorosamente vero per preoccuparsi di quanto quelle parole significassero in realtà. «Èstato doloroso. Ogni minuto, ogni ora, ogni giorno del nostro rapporto, è stato un dolore nuovo, per me»La voce della donna si incrinò, ma non arrivò mai a spezzarsi: il fiato le mancò prima, e lei tacque, vinta da un senso di impotenza che durava ormai da anni.
Rose non riusciva più a smettere di guardarla. Rapita da quelle parole, da quel racconto dolceamaro che nascondeva in sé molti più significati di quanti lei sapesse dargliene, guardava sua madre, ferita, sorpresa, sognante come solo una ragazzina innamorata sa esserlo.
«E la lezione, quindi, quale sarebbe?»domandò, in un tono che non voleva essere supponente, o adirato. Rose voleva capire: voleva sapere da chi era più grande di lei, da chi aveva avuto più esperienze, come avrebbe dovuto comportarsi. E non seppe trattenersi dal fare a sua madre quella domanda, nonostante pensasse di conoscere già la risposta – nonostante sapesse che il responso l’avrebbe ferita. «Che devo lasciar perdere? Che mi farò solo del male?»Aveva gli occhi colmi di delusione, mentre poneva quella domanda a sua madre. Quando lei rispose, tuttavia, le sue iridi brillarono di sconcerto – e di vita.
«No, Rose, tutt’altro. La lezione è che se vuoi una cosa devi fare di tutto per ottenerla. La morale è che tutto il dolore viene ripagato dall’amore»rispose Hermione con tono paziente. Gli occhi di sua figlia si sgranarono dallo stupore, e lei comprese che Rose aveva capito.
«Allora lui è tornato»sussurrò piano la ragazzina, incredula e sorpresa.
«Sì»Hermione annuì, e sorrise, e una punta di selvaggia soddisfazione le brillò nello sguardo: in fondo, sua figlia aveva preso molto da lei. «Dopo qualche mese è tornato. Sua madre era morta, e con lei anche una parte di Draco; non è mai più stato lo stesso dopo quei mesi»Gli occhi della donna erano fissi sulla finestra, ma Rose era certa che la sua mente e il suo cuore fossero molto più lontani, persi da qualche parte nel Wiltshire. «Credo sia tornato da me solo perché vedeva in me una parte di Narcissa. Aveva bisogno di qualcuno che gli raccontasse una favola, prima di andare a dormire. Che gli desse il bacio della buonanotte. Che lo facesse sentire protetto, speciale»spiegò, la voce incrinata da una punta di quella che Rose individuò come delusione. Ciò nonostante, sua madre non versò nemmeno una lacrima. Il desiderio di rinchiudersi in se stessa e piangere era evidente nel suo sguardo perduto, nelle pieghe del suo volto, nell’amarezza del suo sorriso; ma la ragazza in fondo sapeva che lei era abbastanza forte da non lasciarsi abbattere dal passato, e fin troppo orgogliosa per permettersi lacrime di rimpianto che non si sarebbe mai perdonata.
«Quanto siete stati insieme?»domandò Rose, guardando negli occhi sua madre.
«Tre anni»rispose lei, quasi meccanicamente.
«Poi è finita»disse la ragazzina al posto della donna, con una voce fievole che lasciava trasparire tutta la delusione e l’amarezza della sconfitta.
«Era diventato tutto troppo difficile. Troppi litigi, troppe incomprensioni; troppi scontri, troppe idee diverse»Hermione si rese conto solo in quel momento che stava cercando disperatamente una scusa accettabile da dare a sua figlia, un motivo da regalarle, una ragione sufficiente per spiegarle che l’amore non basta. Ma in quel momento si rese conto, con orrore e disperazione, che, anche se spesso l’amore, da solo, non basta, è esso stesso una ragione sufficiente e per questo necessaria.
Come puoi spiegare a tua figlia, adolescente innamorata, che hai lasciato andare l’amore della tua vita perché a un certo punto tutto è diventato insostenibile? Come puoi spiegarle che non sei stata abbastanza forte da lottare, abbastanza coraggiosa da resistere? Come puoi dirle che tutto ti è scivolato tra le dita, e tu non hai fatto niente per fermare il tempo – per continuare – non hai stretto i denti – non hai detto – passerà – perché poi, in fondo, è passato – ma quando è passato era già troppo tardi – e il per sempre delle favole l’hai conosciuto a tue spese, e non con la stessa dolcezza.
«E avete sposato altre persone. Avete avuto figli da persone che non amavate»La voce di Rose era amara, e stranamente acquosa: sembrava galleggiare sulla superficie di lacrime che lei non avrebbe lasciato uscire – perché anche lei era orgogliosa come sua madre.
«Rose, il concetto di amore è molto più vasto di quel che credi. Io amo Ron, o non l’avrei mai sposato. Lui mi rende felice»Appellandosi a quell’ultima scusa, Hermione sorrise a sua figlia con espressione incoraggiante. Quello che non aveva considerato, però, era che quella ragazzina aveva anche potuto ereditare i capelli di suo padre, ma in quanto a cervello aveva preso tutto da lei.
«E Draco non lo faceva?»La spiazzò così, con quell’unica domanda che non avrebbe dovuto farle, e che invece le aveva lanciato a tradimento, spiaccicandogliela dritta in faccia. E lei – quella donna improvvisamente tornata ragazzina – tacque, e dentro il suo silenzio riecheggiarono favole, risate – le tubature che scricchiolavano e le gocce d’acqua che cadevano, i rintocchi della mezzanotte e il soffio del vento.
«Allora perché hai scelto papà?»domandò ancora Rose, a cui sfuggiva una parte fondamentale di quella storia.
Hermione aprì la bocca per rispondere, ma all’ultimo momento la richiuse, scuotendo il capo. Poi,estrasse la bacchetta dalla vestaglia – le sue dita tremavano – la agitò in aria e sussurrò due parole, troppo tremanti e inafferrabili per poter essere udite. Pochi secondi dopo, un libro galleggiava davanti alle teste di madre e figlia. La copertina era rovinata in qualche punto – sembrava che qualche goccia d’acqua, finita lì per sbaglio o disattenzione, ne avesse gonfiato la pelle e le pagine – ma in definitiva era in buono stato, per cui Rose non riuscì a capire il motivo per cui sua madre aveva quello sguardo addosso – era uno sguardo che semplicemente non si poteva definire.
Hermione, invece, lo sapeva bene. Quel tomo era rimasto rinchiuso in un cassetto per anni – dal momento in cui lui glielo aveva restituito, e tirarlo fuori dopo tanto tempo era un colpo al cuore: era il libro di fiabe che lei gli aveva regalato per Natale, in un tempo tanto lontano da sembrare che non fosse mai esistito.
«Potresti leggere una fiaba a Scorpius, la prossima volta che lo incontri»disse con voce tremante, porgendo il libro alla figlia. Rose lo prese tra le mani delicatamente, e lo accarezzò con reverenza: ne percorse con i polpastrelli la superficie, percorrendo gli incavi dorati delle lettere, e sfiorando le pagine croccanti e ingiallite dal tempo.
«Tu lo ami ancora?»domandò con voce assente, mantenendo lo sguardo fisso sull’immagine, impressa per sempre su quella facciata, di una principessa d’altri tempi.
«Sì»rispose Hermione, prima ancora di riuscire a frenare la lingua e inventare una risposta diversa.
Rose, tuttavia, non fu affatto sorpresa da quel responso: era l’unico che si aspettava, e l’unico che avrebbe accettato e dato per vero.
«E lui ti ama ancora, vero?»chiese, puntando gli occhi dritti in quelli della madre, che capì, dal suo sorriso consapevole, che lei non aveva bisogno di una risposta. Necessitava solo di una rassicurazione, perché potesse credere ancora nell’amore. Così, Hermione si fece forza, e, preso un respiro profondo, insegnò a sua figlia l’unica morale che aveva imparato da Draco.
«Vorrei aver un “E vissero per sempre felici e contenti” da raccontare, ma tutto tornerebbe ad essere noioso come nelle favole; vorrei poter dire che da allora, non ci sono state lacrime, paure, incomprensioni, litigi; vorrei poter dire che il passato non fa più male, e che non lo desidero ancora; vorrei poter dire che ci siamo incontrati di nuovo, e che è stato tutto ugualmente bello. Ma ho iniziato dicendo che ti avrei raccontato della vita vera, e non ho intenzione di smentirmi proprio ora che ho finito. Tutto quello che ho ricordato, rivissuto, tutte le parole, i luoghi, i momenti… sono reali, li ho sentiti e il mio cuore li ha trasformati in parole per te, adesso.
«Forse io e Draco eravamo le persone giuste nel momento sbagliato, o forse, se non ci fossimo incontrati in quel momento, in quel modo terribilmente intenso, sarebbe stato tutto incredibilmente banale.
«Ho imparato a credere al destino. Ho imparato a credere che ogni cosa ha il suo tempo e che la vita ci dona le risposte quando meno ce lo aspettiamo, per farci stupire di lei, e di noi stessi. E io so, in cuor mio, che un giorno tornerà il nostro tempo. E che qualsiasi tempo sia, sarà splendido»Alla fine, quella lacrima maledetta, a lungo trattenuta e in fondo desiderata, era scivolata lungo il viso di Hermione, infrangendosi sull’orlo delle sue labbra. Se faceva attenzione, se chiudeva gli occhi e cercava di figurarsi quegli istanti, riusciva ancora a sentire il sapore di Draco, ad avvertire l’esatta forma delle sue labbra, o il calore del suo respiro sulla pelle. Era per questo che piangeva, Hermione, piangeva e rideva, perché era tutto così bello, e così triste, e così enorme, che un cuore solo non bastava per contenere tutto – e forse era un po’ anche per questo che aveva raccontato tutto a Rose, dopo tanti anni. E mentre piangeva e rideva, piangeva e rideva, senza sosta, senza timori, ricordava due occhi grigi e due mani grandi, e si sentiva leggera. E leggero era il suo tono, quando, tra lacrime e risate, sotto lo sguardo incredulo e compassionevole di sua figlia, disse: «Questa non è una favola. Ma, in conclusione, posso dire che, anche nella vita, il lieto fine esiste».

 

 

The end

 
 
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Nota dell'autrice:

Credo di dover chiedere scusa a tutti voi lettori per questo finale: lo so che non era quello che vi aspettavate. Ma se c’era una cosa di cui ero certa, quando ho cominciato questa storia, era come sarebbe andata a finire. D'altronde, avevo detto che avrei cercato di mantenermi il più fedele possibile alla storia della Rowling, e per quanto odi l'epilogo da lei scelto, ho dovuto farlo. Ho pianto anche io, nello scrivere questo capitolo. Davvero. E probabilmente è per questo che è così sintetico e poco intenso, del tutto diverso dagli altri, e forse nemmeno all'altezza. Ma questo è il loro finale.  Non dico quello che si meritavano; ma è quello che appartiene a Draco ed Hermione. E spero che riusciate a capire il vero senso di questa conclusione, perché è un lieto fine a tutti gli effetti.

Vi ringrazio tutti, dal primo all'ultimo lettore, per il sostegno che mi avete dato. Non mi aspettavo che questa storia sarebbe piaciuta così tanto, per cui mi sento in dovere di mandare un enorme bacio a tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite, e soprattutto a tutti quelli che hanno recensito, e che con il loro entusiasmo e le loro parole mi hanno riempito il cuore. Un grazie non è sufficiente, ma spero che basti almeno fino alla prossima storia.

Potete trovarmi qui.
 

Citazioni:
- La terra ansante, livida, in sussulto;
- Come un occhio che, largo, esterrefatto, si apre e richiude nella notte nera (Il lampo, G. Pascoli - Anche se leggermente parafrasata)
- Perché le cose più belle sono sempre un segreto. È sempre lì che si va a nascondere la felicità. (Oceano mare - A. Baricco)
   
 
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