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Autore: Tenar80    28/07/2012    2 recensioni
Chi mi avesse osservato ieri pomeriggio, avrebbe scorto una visione assai peculiare, per non dire incongrua. Mi avrebbe colto sdraiato su un prato, indifferente alla splendida vista sulle montagne che mi stava dietro, la pipa in bocca e un libro di poesia tra le mani.
Il mio era in effetti in tutto e per tutto un deliberato tentativo di essere sentimentale.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 Che cosa ci fa Holmes con in mano Catullo? Me lo sono sempre chiesta, dato che è proprio con in mano Catullo che si presenta a Watson, travestito da libraio, ne “La casa vuota”. Questa, dunque, è la storia di quel libro. Mi sembrava inoltre un buon modo per augurare a tutti buone vacanze, dato che ci permette di andare fino in Tibet, anche se solo con la fantasia.
FULSERE VERE CANDIDI TIBI SOLES
 Chi mi avesse osservato ieri pomeriggio, avrebbe scorto una visione assai peculiare, per non dire incongrua. Mi avrebbe colto sdraiato su un prato, indifferente alla splendida vista sulle montagne che mi stava dietro, la pipa in bocca e un libro di poesia tra le mani.
 Per quanto riguardava le montagne, la loro presenza era del tutto indipendente dalla mia volontà. Negli ultimi mesi non riesco ad apprezzare appieno la bellezza dei paesaggi d’altura, specie se vi si ode in lontananza il fragore di cascate, ma in Tibet non vi è molta possibilità di evitarli e il volgere le spalle alle vette più belle è quanto mi è concesso per cercare di ignorarle.
 Devo ammettere, però, che il libro di poesia era una mia scelta consapevole. Certo, il fatto che non vi fosse nessuno nel raggio di molti chilometri in grado di comprendere che cosa avessi tra le mani era stato un fattore determinate nella decisione di aprire infine tale libro, il mio ultimo acquisto prima di lasciare l’Europa.
 Il mio era in effetti in tutto e per tutto un deliberato tentativo di essere sentimentale.
 Watson aveva amato Catullo. 
 Nelle sere umide d’autunno, quando la gamba gli dava più fastidio del solito, sceglieva immancabilmente Catullo e io vedevo la sua espressione farsi più distesa man mano che, immergendosi nella lettura di poesie che pure conosceva a memoria, dimenticava il dolore.
 Leggendo anch’io Catullo desideravo trovare tra quei versi latini i motivi per cui li aveva amati. 
 Dato che  non vi è miglior ritratto di un’anima di quello che si può tracciare a partire dai testi presenti nella sua libreria, forse quello che cercavo così ostinatamente negli spazi vuoti tra una parola e l’altra era il riflesso della personalità stessa del dottore. Un legame che potesse ricongiungermi, sia pure in modo fittizio e temporaneo, a una persona dalla quale mi divide ormai metà del globo, una sua promessa indissolubile e una mia definitiva menzogna.
 Invano.
 Watson mi ha rimproverato spesso di essere quasi inumano e di certo il mio tentativo di essere sentimentale era un completo fallimento. 
 L’unica cosa a cui riuscivo a pensare, leggendo quei versi, era quanto sciocca fosse la personalità di Catullo e quella della sua Lesbia. Lei una sventata, lui un idiota. Aveva avuto in dono dalla sorte la possibilità di vivere in una delle epoche più interessanti della storia umana - la Roma della tarda repubblica deve essere stata così piena di stimoli che la mia mente non avrebbe languito di noia un solo istante - e aveva scelto di riempirsi l’esistenza solo di un sentimento nocivo come l’amore, oltre tutto rivolto a una creatura palesemente indegna. Nulla di sorprendente che la sua salute si fosse rovinata tanto rapidamente. In effetti, ho pensato, quel libro avrebbe dovuto essere prescritto ai giovani come un esempio di pensieri e di attitudini da evitare con ogni cura.
 C’era una pagina, tuttavia, tra le prime, a cui i miei occhi continuavano a tornare. 
 Un carme leggermente diverso dagli altri, sebbene finisse per scivolare negli abituali deliri dell’autore a base di baci e di labbra. 
 I primi versi, tuttavia, avevano una musicalità inusitata e ipnotica dalla quale non mi riuscivo a staccare.
Miser Catulle, desinas ineptire
et quod uides perisse perditum ducas.
Fulsere quondam candidi tibi soles...
 Traducevo a braccio, aiutandomi con la mia conoscenza del francese. 
 Sventurato Catullo, smettila di impazzire e ciò che vedi perduto, consideralo perduto. Splendettero un tempo per te giornate luminose...
 Vi era sopra di me il più fulgido sole dell’Asia, eppure io pensavo ai nebbiosi meriggi di Londra.
Fulsere vere candidi tibi soles
  
 Splendettero davvero per te giornate luminose.
 Nei libri non possiamo trovare altri che noi stessi.
Note: al contrario di Holmes, io amo tutto Catullo, ma il carme 8 è oltre, una delle più belle poesie di sempre. Fulsere quondam candidi tibi soles è di fatto intraducibile, comunque si girino le parole, rimangono sempre lontane dall’originale. Il nostro Holmes, poi, non è particolarmente dotato per la poesia e per questo ho optato per una versione molto semplice. La traduzione di Enzo Mandruzzo per BUR dei primi tre versi è:
Basta con la pazzia, sventurato Catullo.
E ciò che vedi morto impara che è perduto.
Ci sono stati giorni splendidi, nel sole.
   
 
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