Summer Contest "Obbligo e Tabu"
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Titolo
storia: L’eau, le feu et une vie
oubliée
Personaggi scelti:
7- due donne sulla
quarantina che lasciano i mariti a casa
Location
scelta:
8-
in una cittadina sperduta di campagna.
Obbligo: crêpes
integrale, dolmen, ombrello a scacchi.
Tabu: animali da pascolo, mulini,
strade sterrate.
Piccola
intro alla one shot:
Due
sconosciute s’incontrano un pomeriggio d’inizio
estate, in luogo solitario,
apparentemente disabitato. La confidenza che s’instaura
istintivamente tra loro
e quel luogo misterioso, le
porteranno a
vivere una notte inaspettata e a ritrovare legami andati perduti.
L'eau, le feu et une vie oubliée
Yumiko
era perplessa.
Si
guardava intorno e non aveva la
più pallida idea del perché si trovasse in quel
luogo: Labastide-Marnhac, un
piccolo villaggio di campagna situato nella regione dei Midi-Pirenei,
che
contava a mala pena un migliaio di abitanti…
A
dire il vero, non era proprio un
mistero la sua presenza in Francia…
Da
pochi mesi aveva compiuto
quarant’anni: quello era un traguardo critico e le sue amiche
l’avevano
istruita a dovere su come si sarebbe potuta sentire, sul senso di
depressione
che sarebbe arrivato non appena si fosse resa conto di essere entrata
nel giro
degli “anta” e su come avrebbe sentito il desiderio
di rinnovarsi.
Era
così stanca di sentirsi
ripetere: “Vedrai come ti sentirai”, che alla fine,
quand’era giunta la
fatidica data, non le aveva quasi dato peso, non sentendo cambiamenti
in lei sia
durante quel giorno, che nei successivi.
I
suoi figli le avevano organizzato
una festa a sorpresa con la complicità di suo marito, che a
sua volta le aveva
regalato una settimana di relax prepagata, in una meta a sua scelta.
Grand’uomo
suo marito.
L’aveva
sempre appoggiata e
spronata nei momenti più bui, l’amava da
vent’anni sempre con la stessa luce negli occhi ed ogni volta
che Yumiko si
fermava a guardarlo, non poteva fare altro che ripetere a sé
stessa, quanto
fosse fortunata.
Sì,
Yumiko era fortunata.
La
sua vita era praticamente
perfetta: aveva un lavoro come responsabile in un’azienda
produttrice di
cosmetici e il suo piglio deciso le aveva fatto guadagnare il rispetto
dei
colleghi, nonostante il suo aspetto. Piccola di statura, dai lunghi
capelli
neri, aveva sempre dovuto lottare per essere rispettata,
perché la sua figura
riusciva a scatenare tutto tranne rispetto: Yumiko sembrava
un’eterna bambina e
in un mondo di uomini, sembrare innocente e indifesa equivaleva ad
essere
sbranata ogni singolo giorno.
Ma
del resto, chi conosce meglio la
cosmesi, di una donna? Anche se negli ultimi anni, molti uomini
avrebbero
potuto rubarle lo scettro della conoscenza, lei aveva chiaro nella
mente ciò
che le donne cercavano dai cosmetici e faceva di tutto per far
sì che l’azienda
fosse all’avanguardia nella
qualità dei
prodotti.
E
se dal punto di vista
professionale non aveva assolutamente di che lamentarsi, nemmeno la
vita
privata faceva eccezione.
Aveva
due figli meravigliosi:
Richard e Claire, rispettivamente di quindici e dodici anni. Erano la
sua gioia
e il suo orgoglio: nonostante l’età critica che
stavano attraversando, non
avevano mai mancato in rispetto verso di lei e suo marito. Erano stati
davvero
una benedizione per il loro matrimonio.
Matrimonio
che durava da
diciassette anni.
Lei
e Paul si erano conosciuti
all’università e si erano innamorati
all’istante, così appena terminati gli
studi, il suo ragazzo aveva trovato un lavoro e l’aveva
chiesta in moglie come
da tradizione: in ginocchio, dopo una romantica cena a lume di candela.
Quella
era stata la serata più bella della sua vita, prima della
nascita dei suoi
figli.
Sì,
lei era una donna fortunata.
Eppure
la crisi dei quarant’anni le
era piombata addosso ugualmente.
Per
caso, all’improvviso.
Quando
meno se l’aspettava.
Stava
ritirando un abito dalla
lavanderia, quando aveva urtato un giovane che, scusandosi, le aveva
dato del
lei, apostrofandola con il termine “signora”.
Non
era un caso strano: da quando
si era spostata aveva messo in conto di dover abbandonare
l’appellativo
giovanile di “signorina” e non le era mai pesato,
perché quella sostituzione
indicava semplicemente che aveva trovato un compagno per la vita, con
cui
condividere il suo cammino. Inoltre il suo aspetto giovanile, se non
bambinesco,
l’aiutava a non sentire il tempo scorrere.
Invece
in quell’occasione, qualcosa
si mosse dentro di lei e si ritrovò ad uscire dalla
lavanderia come
imbambolata, girarsi verso la vetrina, osservarsi e dire ad alta voce:
“Sto
invecchiando!”
Così
nel tempo di una settimana,
andò a riscuotere il suo regalo, partendo senza dare troppe
spiegazioni alla
famiglia.
All’agenzia
di viaggi le avevano
consigliato il sud della Francia per i suoi paesaggi naturali, per la
poca
contaminazione urbana e per la ricchezza del folklore dei luoghi,
così intrisi
di storia.
Le
piaceva l’idea di ritrovare sé
stessa in un luogo di pace, ma non voleva finire in ritiro spirituale
come i
comuni Cattolici.
A
dir la verità, non si era nemmeno
mai considerata tale.
A
dir la verità, non si sentiva
parte di alcuna religione.
Era
nata in Giappone da genitori
inglesi che, presi da una passione improvvisa per il Sol Levante,
avevano
deciso di trasferirsi in quello stato e darle un nome che
l’integrasse in
quella società.
Purtroppo,
a discapito delle buone
intenzioni dei due, Yumiko non si era mai sentita davvero a casa sua in
Giappone. Non riusciva a sentirsi a suo agio con le regole di vita che
dominavano quel popolo e non riusciva a concepire sé stessa
come giapponese. Di
conseguenza, una volta conseguito il diploma, decise di andare via da
quella
nazione e tornò a Birmingham dai suoi nonni.
Credeva
di stare meglio in un
ambiente che le appartenesse per DNA, eppure continuava a sentire
dentro di sé
che qualcosa le mancava…
Quando
incontrò Paul credette di
aver trovato quel qualcosa e quando lui la chiese in moglie,
pensò di essere
finalmente ad un passo dalla serenità.
Eppure
ancora sentiva di non essere
appagata.
Cercò
di costringere sé stessa in
una vita che seguiva le normali regole, cercò di dare una
direzione a ciò che
doveva essere… In mancanza di una volontà
precisa, tutto doveva essere ben
controllato, in modo che la sua inquietudine fosse tenuta sotto
controllo e in
catene.
Ma
in quel “Mi scusi signora”,
tutte le sue paure erano riemerse: Yumiko sentiva che la sua vita stava
andando
in una direzione che non riusciva a sentire sua, non riusciva a vedersi
nel
ruolo che si era ritagliata nella società.
Era
in crisi esistenziale e forse
un minimo di spiritualità le avrebbe fatto bene, anche se in
forma leggera e
non da Cattolica praticante.
Così,
era finita a Cahors,
cittadina situata nella regione dei Midi-Pirenei, sulla rotta del
Cammino di
Santiago.
Non
sapeva perché avesse scelto
proprio quella cittadina, si disse che qualcosa doveva averla colpita
inconsciamente…
Ma
perché il giorno dopo, nel tardo
pomeriggio, aveva deciso di scendere a valle e farsi lasciare dal taxi
ai
margini di quel villaggio sperduto, a nove chilometri da Cahors?
C’era
davvero qualcosa di oscuro e
incomprensibile dentro di lei!
Un
accenno dell’anima vagabonda che
aveva portato i genitori a vivere in Giappone, fece capolino anche in
lei e le
disse che tutto sommato, valeva la pena di fare un giretto turistico in
quel
villaggio; magari in quel luogo avrebbe trovato le risposte che
cercava…
S’incamminò
per quella che doveva essere
la strada principale: una lunga via asfaltata che
sembrava dividere in due quel piccolo
agglomerato di case, costruite tutte in pietra locale, tagliata in blocchi regolari,
ordinatamente messi in
fila, come dei grossi mattoni. Le imposte erano in legno, ma solo
alcune case
le avevano mantenute del colore naturale, poiché la maggior
parte di esse era
corredata di porte e finestre di un azzurro vivace, che ricordava
quello delle
case greche.
L’atmosfera
generale di quel luogo
era pacifica e riconduceva all’assoluta
tranquillità… anche troppa a dire il
vero: da quando era lì, Yumiko non aveva ancora incontrato
un solo abitante!
E
proprio in quel momento, quasi a
confutare quell’ultimo pensiero, sentì una voce
arrivarle dalla sua destra:
“Oh
finalmente vedo qualcuno!”
L’inglese
si voltò e vide arrivare
una donna minuta, dai tratti asiatici e dai capelli di un rosso ben
poco
naturale, raccolti in due code alte e gonfie. Portava dietro di
sé un grosso
zaino da campeggio, a
cui erano appesi un
pentolino in acciaio, quello che sembrava un sacco a pelo e un ombrello
a
scacchi bianchi e neri, l’unica cosa che quella donna avesse
di poco colorato!
I suoi abiti erano di foggia sportiva: una semplice canotta e cargo
pants, e
tutto l’insieme le dava l’aria di essere reduce da
un campeggio, ma i colori
pastello di quei vestiti (rosa confetto per la canotta e celeste chiaro
per i
cargo, più un giallo pallido per le scarpe), ben poco si
adattavano
all’abbigliamento tipico di chi è in giro per il
mondo. Sembrava una caricatura
più che un essere umano e d’improvviso, i ricordi
della sua vita in Giappone
presero il sopravvento e una strana malinconia si fece largo in lei: a
Tokyo
aveva visto tantissime ragazze vestirsi con quei colori e con quei
capelli
sgargianti… ragazze con cui non si sentiva affatto in
sintonia…
La
donna arrivò alla sua altezza e
le rivolse un sorriso cordiale e amichevole:
“Che
bello vedere qualcuno in
questo villaggio! Non so più da quanto tempo sono qui a
rigirarmi queste
quattro strade in cerca di un essere umano!”
A
quanto sembrava, Yumiko non era
la sola ad essere arrivata per qualche oscura ragione in quel
luogo…
“Sono
Sabine, piacere di
conoscerti” le porse la mano in attesa di
stringerla…
“Sabine?”
L’inglese
le lanciò un’occhiata
perplessa: non si sarebbe aspettata un nome occidentale per quella
donna che
aveva tutta l’aria di essere giapponese…
“Sì,
Sabine Matsumoto…” guardò la
sua mano, ancora in attesa e riportò lo sguardo su Yumiko,
con espressione interrogativa:
“Non
è così che usate salutarvi voi
occidentali?”
“Oh,
che maleducata, scusami! Il
fatto è che non mi aspettavo che avessi un nome del
genere… Io sono Yumiko
Gainsborough”
A
quel punto toccò a Sabine
guardarla sorpresa:
“Stavo
per dirti che ci sono
abituata, ma ho come l’impressione che anche tu abbia qualche
problema con il
tuo nome!”
Le
rivolse un sorriso cordiale e
Yumiko non poté che sentirsi contagiata dal suo buon umore.
*****
“Quindi
sei in fuga dalla tua vita!”
Le
due donne erano sedute su una
delle panchine che si trovavano davanti ad un edificio isolato di
grandi
dimensioni: la targa apposta accanto all’entrata
l’indicava come la sala per le
feste, gestita dal comune e affittabile per ogni tipo di evento che
richiedesse
un grande spazio.
L’edificio
era attorniato di verde
e il piccolo parco giochi antistante, aveva costituito
l’unico punto a
disposizione per accomodarsi e fare due chiacchiere.
Yumiko
aveva raccontato, senza
troppi giri di parole, il motivo che l’aveva spinta a
ritrovarsi in quel luogo
a quell’ora, dopo che Sabine gliel’aveva chiesto.
Parlare con la donna le
risultò facile, quasi come se si stesse confidando con
un’amica… anzi anche
meglio. Era sempre stata una persona schiva e non era mai riuscita a
confidare
ad alcuna delle sue amiche quella sua continua inquietudine, che invece
aveva
descritto senza battere ciglio a quell’estranea.
Non
sapeva di preciso cosa ci fosse
in Sabine che l’attraeva: il suo aspetto avrebbe dovuto
ricordarle i tempi bui
della sua adolescenza, in cui era un’estranea per tutti e non
si sentiva a suo agio
nemmeno nella sua stanza… Invece quegli occhi scuri,
così diversi dal grigio
dei suoi, sembravano raccogliere una saggezza antica e una comprensione
che
l’avevano attirata a sé quasi come se fosse stata
ipnotizzata.
Quella
fu una delle prime volte in
cui Yumiko agì quasi esclusivamente d’istinto,
come quando aveva deciso di
giungere in quel luogo.
Sabine
a sua volta le raccontò la
sua storia: era figlia di una coppia giapponese e il suo nome era un
omaggio ad
un’amica della madre, morta prematuramente. In
realtà era il suo secondo nome,
ma da adolescente aveva deciso che Sabine le piaceva di più
di Kanako e decise
di adottarlo definitivamente, quando iniziò la sua carriera
di mangaka.
Sabine
disegnava manga, i
fumetti Giapponesi
che, nel Sol Levante,
costituiscono una lettura amata da tutte le fasce
d’età. Yumiko ricordava
benissimo di averne letti anche lei, erano una delle sue
attività preferite,
perché leggere la faceva evadere da quella vita che non
sentiva sua.
Sabine
le disse di essere un’autrice
affermata ma che la casa editrice le stava chiedendo un nuovo manga,
che fosse
diverso dal solito, per migliorare le vendite. E lei, che era stata
sempre
un’appassionata di folklore, aveva pensato di cercare la sua
ispirazione,
percorrendo il Cammino di Santiago. Non era una Cattolica: era
giapponese da
generazioni e, per quanto la sua famiglia fosse aperta alla vita
occidentale, il suo
credo era rimasto
quello tradizionale shintoista. La donna però aveva sempre
subìto il fascino
della Cristianità, con i suoi culti e le sue credenze e si
era convinta che
percorrere il Cammino fino a Santiago de Compostela, fosse
un’esperienza che
avrebbe accresciuto la sua interiorità a prescindere dalla
sua fede.
Yumiko
era sorpresa dalla
singolarità di quella donna, ma era felice di averla
incontrata e si chiese se
non si fossero sfiorate il giorno prima…
“Hai
dormito anche tu a Cahors? Io
ero da Les Mathieu, un
Bed&Breakfast davvero carino…”
“A
dir la verità vengo da Tolosa”
“DA
TOLOSA? Ma è a chilometri da
qui! Come diavolo hai fatto ad arrivare in questo posto a piedi e
così presto?
Senza contare che in questo modo hai allungato il percorso: Tolosa
è molto più
vicina al confine con la Spagna!”
“Proprio
per questo motivo ho
voluto risalire di un po’ il tragitto: sono arrivata a Tolosa
con l’aereo e poi
ho preso il taxi… un’ora e mezza di
autostrada… il tassista mi avrà amato!”
Sabine fece una risata soddisfatta mentre Yumiko restava sempre
più senza
parole…
“Ma...
ma è una follia!”
“Non
particolarmente: volevo
iniziare da qui il mio percorso, Tolosa mi sembrava troppo
vicina… e poi questo
luogo ha qualcosa che mi affascina”
“Queste
quattro case?”
“Non
proprio il paese a dir la
verità… a quattro chilometri da qui, verso
sud-ovest, c’è un dolmen” Yumiko
rimase in attesa, ma Sabine sembrava aver terminato la sua
spiegazione…
“Hai
percorso un’ora e mezzo di
autostrada, per vedere un DOLMEN?”
“Ti
ripeto, volevo iniziare da
questo luogo il mio cammino e quando ho scoperto che c’era
anche questo
monumento, ho capito che avrei dovuto assolutamente vederlo: amo tutto
ciò che
è opera dell’uomo, mi piace immaginare la storia
che può esserci dietro ad ogni
monumento e mi aiuta a creare”
“Ma
è una tomba Sabine, niente di
più!”
La
donna si fermò a guardare Yumiko
con un’espressione grave sul volto:
“Hai
mai pensato che le tombe
contengono i resti di una persona? E che quella persona, ha vissuto
proprio
come noi? Ha amato, ha odiato, ha dovuto combattere contro qualcuno e
probabilmente anche contro la società per potersi affermare?
Se potessi, non
vorresti conoscere chi fosse quel qualcuno e quale sia stata la lezione
profonda che ha ricevuto dalla vita?”
L’inglese
rimase nuovamente senza
parole: non aveva mai visto le cose da quell’ottica, non si
era mai fermata a
pensare al passato a cui appartenevano quei tipi di monumenti funebri.
Per lei
erano stati sempre dei semplici lastroni in pietra, situati un
po’ ovunque
anche in Inghilterra, per lei non erano differenti dai ponti delle
autostrade o
dai palazzi moderni… erano semplice parte del panorama. Non
si era mai
appassionata a quel genere di argomenti e a dirla tutta, probabilmente
non si
era mai appassionata in quel modo a qualcosa…
La
sua vita era stata tutto un
aggrapparsi per non sentire il buco dentro di lei: si era aggrappata
all’università
e all’Inghilterra, in seguito si era aggrappata a Paul e al
suo matrimonio e
poi al lavoro e ai figli. Tutto pur di non pensare al grande vuoto
interiore
che la stava torturando sempre di più.
Sabine
invece era così
appassionata, così piena di vita, così ansiosa di
scoprire… era il suo esatto
opposto e forse proprio per quel motivo si sentiva attratta da lei, al
punto da
confidarle le sue paure più grandi.
“Yumiko-san,
credo che dovresti
venire con me”
“A
vedere il dolmen?”
“Non
solo: dovresti fare il Cammino
anche tu”
Non
aveva idea di cosa risponderle:
Sabine era una perfetta estranea e inoltre lei non aveva progettato una
cosa
simile per quella settimana di ritiro… anche se a dir la
verità, non aveva
progettato proprio nulla…
La
giapponese non attese la sua
risposta e si alzò allungandole la mano:
“Che
ne dici se cerchiamo un luogo
dove cenare? Inizio ad avere fame”
*****
Rientrarono
nel paese, ma non
sembrava esserci un ristorante o anche un semplice bar nei
paraggi… inoltre le
case, dalle imposte azzurre rigorosamente chiuse, non davano molte
speranze che
il paese fosse stato finalmente rianimato dalla vita dei suoi
abitanti…
“Questo
è davvero strano, dove sono
tutti ora?!”
Sabine
era sconcertata: non aveva
mai visto un luogo più desertico e non era a suo agio in
quel silenzio
innaturale.
“Forse
ci conviene andare a Cahors
per cenare… questo luogo sembra disabitato, che motivo
abbiamo per rimanerci?”
Yumiko cercò di trovare una soluzione a quella situazione,
che si faceva sempre
più inquietante…
“Ma
io la cena ce l’ho con me,
avevo solo bisogno di un tavolo a cui sedermi”
“Ah…
Beh allora io vado, qui non
credo di riuscire a trovare un luogo per sfamarmi…”
“Ma
no, dove vai?” Sabine prese per
il polso Yumiko “Guarda che ho la cena anche per te, non
avrai pensato che
avessi intenzione di lasciarti a digiuno?”
Dopo
qualche altro metro percorso
in cerca di un appoggio, decisero di accomodarsi sul muretto basso che
delimitava il retro della chiesa e Sabine estrasse la cena dal suo
zaino: prese
due contenitori per alimenti e ne porse uno a alla sua compagna, che
l’aprì con
ansia. Non si era resa conto di essere affamata, fino al quel momento.
Ma
quando scoprì l’identità del suo
pasto, rimase perplessa:
“Crêpes?”
“Integrali”
Vide
Sabine sorridere soddisfatta,
ma l’inglese non fu così entusiasta
dell’idea: si aspettava un panino, o forse
persino un bento, ma di certo non pensava a qualcosa di così
poco comodo da
mangiare come una crêpes salata, da cui gli ingredienti
saltassero via in
continuazione dopo ogni morso…
Sabine
vide il suo sguardo
perplesso e intervenne:
“Guarda
che sono buone! Mi sono
specializzata a farle… ma soprattutto a mangiarle!”
“Ma
da quanto tempo le hai nello
zaino? Voglio dire, le hai fatte in Giappone?”
Quella
donna era del tutto fuori
dal comune! Eppure avrebbe dovuto immaginarselo: nella nazione in cui
era
cresciuta, tutto ciò che era considerata normale
quotidianità era una sorpresa
per lei, una donna dalla tipica mentalità
occidentale…
Le
bizzarrie orientali non
avrebbero dovuto sorprenderla, ma a dirla tutta, Sabine era fuori dal
comune
anche come Giapponese! In quel luogo del mondo, le persone sono
solitamente
chiuse e riservate, strette nella rigida formalità che la
loro società impone.
La sua interlocutrice invece, sembrava sprizzare spontaneità
da tutti i pori,
senza dare alcun peso alle rigide imposizioni sociali con le quali
doveva
essere cresciuta…
Per
quanto assurdo potesse essere, Yumiko
si ritrovò a pensare di essere più simile lei
stessa ad una giapponese tipica,
rispetto alla sua compagna: Sabine riusciva sempre a farle assumere
quell’aria
stralunata e sconvolta!
“No,
no, queste le
ho comprate a Tolosa, ho
chiesto esplicitamente che fossero integrali, perché sono
più salutari… mio
marito ed io seguiamo un’alimentazione macrobiotica”
“Ah…
capisco… Quindi sei sposata…”
“Certo!
Ne dubitavi?” Sabine fece
un sorriso dolce, “Hiroshi è l’amore
della mia vita. Non siamo riusciti ad
avere figli, purtroppo, per cui siamo l’una il conforto
dell’altro”
Yumiko
ripensò a Paul, al suo
rapporto con lui, al fatto che fosse andata via senza dargli
spiegazioni…
quanto di sé stessa aveva celato anche a lui? Eppure lui
l’amava, sapeva che il
suo sentimento era sincero…
Sabine
sicuramente non aveva
nascosto i suoi desideri al proprio compagno, come aveva fatto lei..
“Tuo
marito cosa ne pensa della tua
fuga?”
“Niente
di particolare. Ha capito
che avevo bisogno dei miei spazi creativi e mi ha augurato buon
viaggio”
L’inglese
calò la testa, sentendosi
improvvisamente colpevole: non aveva dato a Paul alcuna
possibilità di
comprenderla, non gli aveva permesso di provare a capire la motivazione
che
l’aveva spinta così lontano… forse
perché non la conosceva nemmeno lei… ma
sapeva che lui meritava una spiegazione. Era sempre stato un marito
meraviglioso, il suo orgoglio e l’invidia di tutte le sue
conoscenti… e forse
anche di qualche amica…
“Avete
preparato le fascine? Forza sbrigatevi! Dobbiamo sistemare i fuochi
prima che
cali il buio!”
All’improvviso
le due donne
iniziarono a sentire un vociare
concitato: sembravano degli uomini e sembrava che le loro
voci
provenissero dalla campagna circostante.
“Allora
qualcuno c’è!”
Dopo
aver terminato le loro crêpes,
Sabine si alzò entusiasta e andò in direzione
delle voci, ma non le sentì più e
dopo aver percorso qualche metro si fermò.
“Le
hai sentite anche tu, vero
Yumiko-san?” quest’ultima, rimasta ancora sul
muretto di pietre della chiesa,
fece un cenno affermativo, prima di rispondere:
“Forse
si sono allontanati lungo la
campagna… parlavano di fuochi… Che si stiano
preparando per qualche festività?”
Si
ricordò all’improvviso che
quella sarebbe stata la notte tra il ventitré e il
ventiquattro Giugno, la
Notte di San Giovanni. Era tradizione, per tutti i popoli
dell’ovest europeo,
accendere dei fuochi durante quella notte, che da secoli era parte dei
riti di
passaggio dalla Primavera all’Estate. Si diceva che i fuochi allontanassero le
streghe e che le
erbe raccolte in quella notte, fossero più ricche e potenti
nelle loro
caratteristiche. Inoltre la rugiada del mattino successivo aveva
proprietà
guaritrici, tra cui quella di rendere fertili le donne…
Era
la Festa del Fuoco e
dell’Acqua, un’antica celebrazione che aveva radici
nell’alba della storia…
“Ma
certo, che stupida! Sabine
stanotte ci sarà di sicuro gente e si farà una
gran festa, stanne certa!”
Rivitalizzate
dall’idea
d’incontrare qualcuno, le due donne iniziarono a camminare in
direzione della
campagna, intenzionate a viversi quella festa. Il sole stava
tramontando e
presto sarebbe calato il buio e con esso il villaggio si sarebbe
sicuramente
rianimato.
“Sabine,
siamo sicure che questa
sia la direzione giusta? Non c’è
un’anima in giro e non vedo nemmeno le
fascine…”
“Abbi
fiducia Yumiko-san, ho
trascorso mezzo pomeriggio perlustrando questo luogo, so bene dove
siamo
dirette”
Percorsero
tutto il villaggio senza
vedere un solo abitante e quando oltrepassarono l’ultima
casa, prima di
avventurarsi nella campagna circostante, iniziò ad alzarsi
una nebbia
improvvisa…
“E
questa ora da dove spunta?!”
“Dev’essere
un fenomeno del luogo…
magari quando cala la sera, in questo villaggio si alza la
nebbia…” disse
Yumiko conciliante, intenta più a rassicurare sé
stessa che la sua compagna.
“Questa
è la giornata più assurda
di tutti i miei quarant’anni di vita!”
esordì Sabine esasperata, ma
successivamente si fermò per riflettere: “Uhm…
dunque… Torniamo indietro!”
La
giapponese s’incamminò a passo
svelto, nuovamente in direzione della campagna, ma dal lato opposto al
precedente e Yumiko la seguì in silenzio.
Ma
anche in questo caso, trovarono
solo silenzio e quella strana foschia…
“È
assurdo! Con questa dannata
nebbia non si vede ad un palmo dal naso!”
La
stessa scena si ripeté più
volte: ovunque cercassero di uscire dal villaggio, si ritrovavano con
la quella
nebbia troppo fitta davanti agli occhi. Sabine cercò di
andare oltre quella
coltre grigia, ma il buio della notte era ormai fitto e fu impossibile
penetrare quella barriera.
Stremata
da quel continuo
andirivieni, Yumiko rimase ferma ad osservare la sua compagna
finché
un’orribile consapevolezza la raggiunse:
“Siamo
in trappola!”
Rimase
impietrita finché Sabine,
stanca di lottare, tornò da lei.
“Yumiko-san
che hai? Sei pallida…
hai visto uno yurei?”
“Sabine,
siamo bloccate qui”
“Questo
lo vedo anch’io!”
“Non
capisci! C’è qualcosa che non
va in questo posto: le voci che sentiamo, la nebbia, il silenzio
intorno…”
Yumiko
era bloccata dalla paura:
non aveva mai creduto ai racconti sui fantasmi, sulle streghe e altre
creature
magiche, non era da lei lasciarsi andare a simili
suggestioni… Eppure sentiva
che c’era davvero qualcosa in quel luogo che non si poteva
spiegare
razionalmente; qualcosa che proveniva da lontano, qualcosa che le stava
chiamando…
“Figlie
mie”
Le
due donne si guardarono
spaventate: istintivamente si presero per mano.
“Figlie
mie”
La
voce riecheggiò nuovamente: era
una voce di donna e il suo tono sembrava amorevole…
Yumiko
e Sabine rimasero ferme mano
nella mano per un tempo che sembrò infinito,
finché non sentirono suonare le
campane della chiesa.
In
quel preciso istante, videro in
lontananza accendersi i fuochi nella campagna.
“Le
streghe! Le streghe! Cacciamole!”
Come
se si fosse svegliata da un
torpore improvviso, o come se le voci fossero dirette verso loro due,
Yumiko
sentì una strana consapevolezza farsi strada in lei:
“La
chiesa! Dobbiamo entrare nella
chiesa!”
Serrando
la sua stretta sulla mano
di Sabine, la condusse decisa
verso
l’edificio sacro, lo stesso intorno al quale avevano cenato
poche ore prima.
Giunte
davanti alla porta, la
spinse senza indugi, come se sapesse che fosse aperta.
Mano
nella mano, le due donne
osservarono l’interno dell’edificio in cerca di un
indizio, ma tra quei mattoni
in pietra ordinatamente disposti uno sull’altro, privi di
decorazioni, non
sembrava esserci risposta ai loro quesiti. Yumiko osservò
l’altare, che per
contrasto era riccamente lavorato nell’oro e
d’improvviso ebbe la risposta che
cercavano: si diresse decisa verso la navata di destra, mentre nuove
voci
sembrarono riempire l’aria circostante.
“Gwenael
devi fuggire!”
“No,
resto con te, sorella mia”
In
fondo alla navata c’era una
porticina in legno, che sembrava custodire qualche ambiente in
direzione
dell’abside: Yumiko l’aprì senza trovare
resistenza e si ritrovò davanti ad una
scalinata misteriosamente illuminata, che conduceva esattamente in un
ambiente
sotterraneo, situato sotto l’altare.
“Io
vi proteggerò mie signore, non abbiate paura, Belenos e
Morrigan sono con me”
Le
due donne scesero decise,
guidate dalla calma sicurezza di Yumiko.
Superato
l’ultimo gradino, si
ritrovarono in un piccolo ambiente circolare, dal soffitto basso,
delimitato da
piccole pietre.
Al
centro del cerchio, sopra un
piedistallo, c’erano tre statue: rappresentavano tre donne in
piedi, che si
davano le spalle, una fanciulla, una madre e una vecchia. La
più giovane e
l’anziana recavano in braccio delle cornucopie strabordanti
di cibo, mentre la
donna centrale aveva un neonato in fasce tra le braccia.
Al
suo cospetto, le due donne si
ritrovarono in ginocchio, senza nemmeno rendersene conto.
E
fu in quel momento che,
attraverso le loro mani ancora serrate, accadde tutto.
Yumiko
e Sabine furono avvolte da
una luce accecante e si ritrovarono travolte da immagini in
scorrimento. All’improvviso
videro quel luogo come doveva essere stato secoli addietro, con sparute
abitazioni costituite
da semplici capanne
e un popolo che vestiva di pelli, che percorreva una campagna
costellata di
collinette da cui emergevano ingressi in pietra.
In
un lampo, videro lo scorrere del
tempo e nuovi abitanti che si ritrovavano in quello stesso luogo,
davanti ad un
fuoco o a tanti falò sparsi per le campagne, accanto a cui
ballavano e
cantavano… videro un bardo che istruiva i giovani con la sua
sapienza, videro le
donne e gli uomini nei campi,
intenti a raccogliere il frutto del loro lavoro…
La
scena cambiò e le due donne si
trovarono ad osservare un bosco, il cui cuore era costituito da un
cerchio di
pietre, quello stesso cerchio in cui si trovavano loro, con quella
stessa
statua al centro, che veniva adorata da donne, vestite di una tunica
azzurra e
un ciondolo a forma di mezzaluna al collo, che ricevevano il rispetto
degli
altri abitanti… Videro le collinette della campagna
distrutte, rivelanti le
ossature in pietra che le sostenevano, in cui ancora si potevano
scorgere i
resti funebri…
Il
tempo scorse nuovamente in
avanti e ci fu battaglia, ci furono le invasioni di un popolo diverso,
che non
era di quelle terre, un popolo di militari che non conosceva la
dea… Le due
donne osservarono la folla nelle campagne che accendeva i fuochi, ma
che ora
intonava parole d’odio contro le streghe…
Videro
un uomo armato che si ergeva
a protezione di quel luogo, pronto a scagliarsi contro la folla, videro
due
donne vestite con quella tunica azzurra che si stringevano la mano
proprio come
loro due…
“Come
hanno potuto arrivare ad odiarci così? Eravamo amate e
rispettate!”
“I
tempi cambiano sorella mia e le nuove religioni sostituiscono le
vecchie”
…
videro le due donne intonare un
canto:
“Noi
consacriamo a te le nostre vite Dea Madre,
di
volta in volta, di vita di vita,
saranno
legate tra loro e sempre ti onoreremo.
A
te sorella mia affido me stessa,
nel
nome della dea che sempre ci proteggerà”
Le
due sacerdotesse si guardarono
negli occhi: un paio grigi e un paio neri… Yumiko e Sabine
riconobbero sé
stesse in loro.
Da
quel momento le visioni si
fecero più concitate: videro il guerriero che le proteggeva,
battersi con
onore, videro una strage di uomini macchiare il campo…
videro quell’uomo
onorevole, cadere morto mentre la folla tentava di penetrare la nebbia
protettiva…
Videro
loro stesse la mattina dopo,
scavare fosse per tutti i morti di quella notte e deporre il corpo
martoriato
del guerriero, lavato e ripulito, nel sepolcro sulla strada.
Videro
le due sacerdotesse abbandonare
quel luogo, per dirigersi a nord, dove forse sarebbero state
più fortunate,
dove forse la loro presenza non avrebbe più scatenato morte,
come durante
quella notte appena trascorsa…
*****
Yumiko
fu la prima a risvegliarsi:
erano nel retro della chiesa, protette dal muretto basso e
l’alba stava facendo
capolino nel cielo. Guardò immediatamente accanto a
sé e trovò Sabine
addormentata, con ancora la mano stretta nella sua.
La
donna dai capelli rossi si
svegliò in quel momento e quando le due paia di occhi
s’incontrarono, lessero
reciprocamente la consapevolezza che quello della notte precedente, non
era
stato un sogno.
Quello
che avevano visto, o meglio,
che avevano rivissuto, non l’avrebbero più
dimenticato.
Restarono
su quel muretto mentre il
sole sorgeva, consumando la colazione a base di crêpes dolci,
rigorosamente
integrali.
Quella
mattina, avrebbero fatto
visita al dolmen.
Secondo le tradizioni celtiche e nordiche, la notte del ventitré giugno, il mondo naturale e il soprannaturale si compenetrano e accadono eventi ritenuti impossibili. Il tempo si ferma. Cadono le barriere che separano le diverse manifestazioni dell’esistere. La notte di San Giovanni, questa porta misteriosamente si apre e i due mondi entrano in comunicazione.
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NOTE:
Labastide-Marnhac è un
villaggio realmente esistente, che potete
trovare su Google Maps
Se
cliccate su street view, potete
farvi una piccola
escursione lungo la strada principale del villaggio.
Veduta
d’insieme |
La chiesa (
dietro cui si
fermano a mangiare e dentro la quale avviene la visione.)
- Altare: Foto
1 |
Il suffisso –san che Sabine
applica al nome di Yumiko, è uno dei
tanti che si usano in Giappone per rapportarsi a colleghi, amici,
superiori e
inferiori, sia anagraficamente, che socialmente. Il –san, si
pone verso un
conoscente, un superiore, un collega.
Il Bento è
il tipico pasto
preconfezionato giapponese, contenente riso ed okazu (diverse
specialità di
pesce, carne, verdure, onigiri, tempura, verdure cotte o marinate, tofu
ed
altri cibi varianti a seconda della stagione) accompagnati da una tazza
di tè
verde. Viene venduto in scatole provviste di divisori interni, che
separano le
varie pietanze.
Yurei (spirito tenue) è il
nome che i Giapponesi danno ai fantasmi.
Gwenael è un nome celtico
attestato in Bretagna.
Belenos è il dio del sole, a
cui è tributata anticamente, la festa
celtica dell’equinozio primaverile.
Secondo alcune fonti, il corrispondente dio solare
gallico, si
chiamerebbe Sucellus, ma dato che il nome è chiaramente di
origine latina, ho
preferito mantenere quello conosciuto nel resto del mondo celtico.
Morrigan è la dea celtica
della battaglia, per cui l’ho associata a
Belenos, che in realtà è un dio pacifico, legato
alla terra ma non agli atti
cruenti delle morti violente e un guerriero investito a protettore
delle due
sacerdotesse, non poteva che invocare la dea che presiedeva agli
scontri
armati.
La
Dea Madre è una figura
tramandata dai miti celtici, una dea dal
triplice aspetto, originaria protettrice d’Irlanda, che ha
assicurato tramite
un patto con i primi celti, la sicurezza di quell’isola.
Le
figure delle sacerdotesse abbigliate
d’azzurro e con la mezzaluna come simbolo, sono riprese dai
libri di Marion
Zimmer Bradley, dedicati a queste figure:
Le querce di Albion, La
sacerdotessa di Avalon, Le Nebbie di Avalon.
Il titolo della OS tradotto
dal francese è: L’acqua , il fuoco e una vita
dimenticata.
I primi due elementi si riferiscono alla festa di San Giovanni, mentre la terza, alle vite precedenti di Yumiko e Sabine, in cui erano delle sacerdotesse e che entrambe hanno dimenticato.
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Giudizi delle giudicie:
1° POSTO - Deilantha "L'eau, le feu, et une vie oublièe", 59,33
Giudizio di Emily Alexandre
Stile: 10/10
Accattivante e coinvolgente, non ho trovato nessuna pecca.
Grammatica: 9.5/10
Alcune lievi scorrettezze di punteggiatura, qualche doppio spazio, ma nulla di grave. Più che altro, per quanto io stessa usi spropositatamente i puntini, mi rendo conto che, quando son troppi, rendono leggermente fastidiosa la lettura, spezzettandola eccessivamente, e tu ne hai usati davvero molti. Inoltre, le parole straniere vanno segnalate in qualche modo, corsivo, virgolette, o ciò che vuoi.
Originalità: 10/10
Storia deliziosa, originale e ben scritta, con un’accuratezza che deve essere premiata: perfetta la contestualizzazione e la ricostruzione.
Personaggi: 10/10
Li hai usati davvero bene, sono due donne complementari, sfaccettate benissimo e che lasciano dietro di sé uno splendido ricordo.
Buon utilizzo dell'obbligo: 15/15
Splendida la descrizione della cittadina; per gli obblighi hai usato splendidamente il dolmen, ma anche gli altri due obblighi sono ben inseriti e non sono mere parole senza scopo.
Gradimento personale: 5/5
Ho profondamente amato questa storia, con i richiami celtici in realtà con me “vinci facile” e tutto il discorso sulle tombe l’ho apprezzato moltissimo. Se potessi darti più di cinque punti, lo farei con gioia.
TOTALE: 59.50
Giudizio di Cinziabella1987
Stile:10/10
Scorrevole, senza intoppi, buona costruzione delle frasi e accattivante. Ti spinge a proseguire nella lettura.
Grammatica:9.5/10
Non ci sono affatto né errori di ortografia né altri problemi particolari. Unico neo: i corsivi mancati per le parole straniere (tipo bentu, io sapevo che è un piatto tipico ma c’è chi, leggendo, potrebbe non conoscere la parola e prenderlo per un refuso) e l’uso eccessivo dei puntini sospensivi che alcune volte sono davvero eccessivi, oltre che inutili.
Originalità:10/10
E’ un’ottima storia, davvero. Sei riuscita ad uscire da tutti i cliché in cui si poteva cadere con il pacchetto che hai scelto, sei riuscita a contestualizzare bene tutto e a dare un ottimo approfondimento ai personaggi. Bellissimi anche i riferimenti alle antiche leggende e alle culture diverse ma speculari delle due protagoniste. Punteggio pieno meritatissimo.
Personaggi: 10/10
Caratterizzati alla perfezione, entrambi i due personaggi principali hanno qualcosa da raccontare e si intrecciano benissimo nella costruzione della trama.
Buon utilizzo dell'obbligo: 15/15
Ottimo l’uso dei tre obblighi: il migliore è senza dubbio il dolmen, ma anche gli altri due non sono buttati a caso per assolvere un dovere ma frutto di un ragionamento. Perfetti.
Gradimento personale: 5/5 Ho particolarmente apprezzato questa storia, perché come ho detto, sei riuscita ad uscire da tutti i cliché, non è mai banale e anzi, fa conoscere nuove cose: una cultura lontana e affascinante come quella giapponese -carinissimo lo scambio di nomi! – e quella più vicina a noi ma comunque misteriosa della leggenda della notte tra il 23-24 giugno. Il tutto è condensato in una scrittura fluida, in un ottimo italiano, con delle descrizioni non eccessive eppure molto efficaci. Ottimo lavoro.
TOTALE: 59.5/60
Giudizio di Elle Sinclaire
Stile 10/10
Un buono stile, fluido e coerente dall'inizio alla fine, senza nessun problema da segnalare.
Grammatica 9/10
Troppi puntini, mi mettono ansia xD No, a parte gli scherzi, i puntini andrebbero messi solo quando si lascia una frase a metà; tu a volte li usi in maniera superflua. Per le parole non appartenenti al vocabolario italiano andrebbe usato unmetodo di identificazione come il corsivo o le virgolette.
Originalità 10/10
Molto originale, priva di banalità di qualsiasi tipo; tratti un tema con vari riferimenti particolari e contestualizzi tutto molto bene senza appunto scadere mai in qualcosa di già visto.
Personaggi 10/10
Ottima caratterizzazione delle due protagoniste che in qualche modo si completano a vicenda nelle loro diversità. Approfondimento veramente veramente buono, complimenti!
Obblighi 15/15
Ho adorato la cittadina e come hai utilizzato il dolmen, ma anche gli altri due obblighi sono ben inseriti e non lasciati a caso come parole superflue all'interne del testo.
Gradimento 5/5
Sicuramente la migliore storia del contest, molto originale e ben approfondita sotto tutti i punti di vista. I richiami alle due culture li ho adorati, anche perché sono un po' fissata con certe cose, ma è veramente una storia che merita, perciò complimenti!
TOTALE: 59
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NDA
Se siete arrivati fin qui, vi faccio i miei complimenti per aver letto le note e i giudizi, dopo questa lunga One-Shot (e una voce tra i neuroni disse: mia cara stordita, potrebbero anche aver saltato a piè pari tutto! U_U )!
Ma bando alle ciance: quando è stato indetto questo contest, non credevo assolutamente di poter giungere alla vetta, perché come ben sa chi mi segue, vivo da mesi in uno stato d'ispirazione molto latente e discontinuo e non credevo di riuscire a concepire qualcosa che potesse essere apprezzato in questo modo. Ho partecipato al contest principalmente per darmi uno scossone e cercare di ritrovare una creatività che sentivo spenta, oltre al piacere che provo nel mettermi in gioco, per cui quando ho letto i risultati, sono stata più che incredula e felice (e la mia Cicci sa come stavo, avendole mostrato in diretta le mie ansie e la mia incredulità) nel constatare che l'avventura di Yumiko e Sabine è piaciuta al punto da arrivare al primo posto. Chi mi onosce sa quanto io ami sia la cultura celtica che quella giapponese, per questo motivo, ho cercato di farle incontrare attraverso le vite odierne e passate delle due protagoniste. Sepro che quest'esperimento vi sia risultato gradevole, perché a me è piaciuto scrivere questa OS, Yumiko e Sabine sono spuntate dal nulla e si sono imposte sin da subito, desiderose di raccontare la loro storia e se sono riuscite a destare il vostro interesse, potrò sentirmi davvero soddisfatta di me e delle mie due bambine ^ ^
Grazie a tutti coloro che hanno letto, a chi recensirà e chi vorrà ricordare questa One Shot.