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Autore: LawrenceTwosomeTime    13/08/2012    1 recensioni
Gente, questa è pura follia.
Ma è una follia lucida e calcolata.
È speranza.
È disperazione.
È tutto quel che vi può venire in mente.
Genere: Demenziale, Generale, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stavo spaparanzato sul divano di poliuretano a bere una bibita dietetica, diuretica e oftalmica, quando improvvisamente mi specchiai nel televisore spento. Il riflesso mi guardava storto, distorto nel suo alveo di sporco, e per un momento fui distolto dal risucchio del cannolicchio.
Si, ero ancora abbastanza bello, ma l’esatta precisa immediata puntuale concava sovietica immagine che avevo di me qualche mese fa non combaciava con l’attuale prognosi riservata. Per spiegarlo in parole più comprensibili: ero inesatto perché ingrassato, impreciso perché semiaddormentato, ritardatario perché ritard… bé, diciamo poco avvezzo a sfruttare debitamente l’impulso motorio, doppiamente ritardatario perché non avevo un cazzo da fare tutto il giorno e perciò mi rifiutavo di adeguarmi agli orari impostimi dagli altri (le sporadiche volte che si facevano vivi) e democristiano perché masochista.
Ora, chiariamo che… anzi, fanculo, non c’è bisogno di chiarirlo. Sono un figo della madonna, e lo sono sempre stato.
Vorrei, ah, ringraziare le mie concubine per avermi reso ciò che sono: Lussuria, che non è mai in casa (ti penso sempre, soprattutto al gabinetto); Gola, che mi fa degli scherzi un sacco brutti, qualche volta; Avarizia, compagna di nottate passate a cercare di ordinare un CD prodotto in culo al mondo e confezionato con fibre di canapa, salvo scoprire che costa come una partita di reni umani e comprarlo lo stesso; Invidia, che a essere onesto trovo poco attraente, ma che ogni tanto mi spinge a migliorarmi; Superbia, che ho ripetutamente castigato per impedirle di affermarsi; Accidia, che mi uccide lentamente, con dolcezza; e infine Ira, la mia preferita, con cui ho trascorso momenti di fuoco, che mi ha procurato meravigliose bili, parentesi di ci vedo rosso e ti voglio morto, contrasti filosofici, furia cieca, rimpianto vendicativo e tanto sano esercizio cardiovascolare.
Per la prima volta dopo infimo tempo, mi sembrò di vedere il vero me - sapete, tipo “guardare oltre lo specchio” e tutte quelle stronzate New Age/autoaiuto per macachi con disturbi dell’attenzione/Ave Scientology et similia…
E sapete che c’è? Non mi piacevo per niente.
Era estate, ma io non stavo vacanzeggiando. Stavo cazzeggiando. E non andava bene.
Così mi prese la fissa di fare un viaggio: non roba pretenziosa, tediosa, faziosa, preternaturale o prete barra suffisso anale. E nemmeno farmi di ganja.
Nossignore: volevo solo staccare il cervello e rinverdire il morale. Sferzare il metabolismo. Cablare il cervello.
Inforcai le ciabatte e spalancai il cancello.

Fu in cotanta maniera che presi a camminare.
Ci sono tantissimi modi di camminare, sapete: in bullet time – detto anche “in fondo al mar, son titubante per qualche motivo e giuro su Dio non c’ho un cazzo da far”, manageriale – se sei un omicida seriale, nervoso, intrattabile, o stai per arrivare in ritardo all’appuntamento della tua vita perché tuo figlio di sette anni ti ha vomitato sul gessato acquistato specificamente per l’occasione e l’hai pulito col Cif che invece era cera d’api e a quel punto hai bestemmiato i martiri cristiani in cinque lingue latine e sei uscito con la camicia e basta; spensierato – che non vuol dire rilassato, quanto piuttosto avvinto alla certezza che non ti potrà capitare niente di male, al punto che finirai murato vivo nel cemento fresco senza neanche accorgertene; e poi ce ne sarebbero molti altri, ma ho l’impressione che questi elenchi comincino a scartavetrarvi le palle – che ci volete fare, io adoro gli elenchi, sono un ottimo diversivo tra le degustazioni di yogurt e le sbirciatine underskirt. A proposito…
Se siete uomini, vi stringo la mano con cameratesca virilità e vi auguro di avere successo nella vita.
Se siete donne, lasciatemi il numero di telefono.
Dunque, dicevo… Io camminavo.
Camminavo come fa chi vorrebbe andare da qualche parte, ha chiara la destinazione ma non confida di poterla realmente raggiungere. È quando si producono queste contraddizioni intellettive che il tessuto della realtà si sfalda. Come dar vita a un’emulsione tra filosofia e meccanica quantistica. Come farsi le pippe con la mente che trabocca di immagini disgustose per prevenire l’eiaculo. Facile, no?
Girai l’angolo e vidi il Mare.
È bene precisare che io non abito vicino al mare. Casa mia sorge davanti a un fiume, anzi un affluente, una stringa di piscio piccina picciò.
Eppure, tutto intorno a me era Mare. Azzurro. Non sentivo la terra sotto i piedi.
E caddi.
Caddi in Mare, e mi sembrò di volare.
Riemersi, mi aspersi, tersi e detersi, e vidi: là, in fondo in fondo, una Spiaggia.
Era iniziata la Vacanza.
  
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