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Autore: wari    15/08/2012    5 recensioni
«No, Uchiha, apri le orecchie e ascoltami bene: tu mi hai rapito?»
Sasuke parve ponderare la questione per qualche momento, assorto.
«Teoricamente suppongo che la terminologia corretta sia “sequestro di persona”, però fossi in te non la farei così tragica».
«Uchiha, tu mi hai rapito!»
«Vuoi denunciarmi?»
«No, voglio spaccarti la faccia!»
[AU scolastica, demenziale e, come se non fosse sufficiente, Neji/Sasuke. Ma giuro che la colpa è tutta di Nakaba ùù Buon compleanno, Jo!]
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing, Yaoi | Personaggi: Altri, Neji Hyuuga, Sasuke Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Un'AU scolastica. Non so se desiderare un biscotto o una randellata sulle gengive.
Mentre ci penso, facciamo i ri-ri-riauguri a Nakaba, che anche quest'anno è invecchiata (9/8) con la consueta classe che contraddistingue lei e il suo neurone Nathaniel ùù
Attenzione: l'avvertimento demenziale è lì per più di una solida motivazione.




Piano B


Neji Hyuuga faceva il rappresentante di istituto dall'alba dei tempi – cioè, quattro anni – ed era stato eletto sempre praticamente all'unanimità. Era intelligente – un vero genio –, carismatico, organizzato e sicuro di sé. La Sorte, o anche semplicemente l'evoluzione, l'avevano scelto come Individuo Adatto Allo Scopo: si era candidato ed era stato eletto, come ovvia conseguenza del suo essere se stesso. E così per gli anni seguenti, fino al fatidico giorno in cui s'era svegliato Naruto Uzumaki.
Ora, invero, Naruto Uzumaki era sveglio da secoli: era entrato nell'istituto lo stesso anno di Neji, salvo farsi brillantemente bocciare, anche a causa di una settimana di sospensione che si era giustamente meritato, dopo aver imbrattato l'intera Aula Magna – foto dei passati presidi comprese – accampando come scusa che a quel modo fosse “più allegra”. La sua carriera scolastica era proseguita così, tra assenze ingiustificate, rumore e risse di cui noiosamente Neji veniva informato dal collegio docenti a cadenza mensile. Un tipo problematico, ecco; uno sfigato con problemi relazionali e in costante ricerca d'attenzione, sosteneva rispettosamente il genio, nel suo intimo.
La cosa non l'aveva minimamente toccato finché quello sfigato con problemi relazionali non aveva deciso – così come la gente normale decide di comprarsi delle scarpe nuove – che quell'anno sarebbe stato eletto rappresentate d'istituto, dattebayo!
A massacrare le sue certezze, da quel dì Naruto Uzumaki si era rivelato ben diverso da come i suoi turbolenti primi anni l'avevano pubblicizzato: rumoroso, sì, ma anche biondissimo, arancione, carismatico – estremamente carismatico –, gioviale, sconvolgentemente generoso e altruista, senza un briciolo di malizia e naturalmente dotato de Il Sorriso Che Scalda I Cuori.
«Buongiorno, avversario!» gli berciò nelle orecchie proprio quel Naruto Uzumaki, non appena lo vide varcare la soglia dell'aula magna. Era già sul palchetto ad armeggiare con un microfono – più precisamente, stava cercando di impiccarcisi mentre Sakura Haruno, della sua sezione, si ingegnava a sistemare l'arsenale elettronico antidiluviano offerto dalle finanze statali.
Neji, ancora a metà strada tra le file disordinate di sedie, lo squadrò con aria critica per qualche lungo secondo, rispondendo al suo entusiasmo unicamente con un cenno del capo, prima che la sua attenzione fosse, come ogni volta, irrimediabilmente catturata dal Maligno.
Il principale problema di Naruto Uzumaki, difatti, non era tanto l'essere Naruto Uzumaki, bensì l'avere attorno Sasuke Uchiha: con i suoi capelli neri, la sua faccia pallida da “ogni giorno dalla mia nascita non è giornata” e la sua ferma intenzione di fare in modo che il suo migliore amico – sì, quell'Uzumaki lì – diventasse alla svelta rappresentate di istituto, così da non dover più subire l'assillo del “diventerò rappresentate d'istituto, 'ttebayo!”.
Di fatto, sarebbe stato molto più logico che a candidarsi fosse stato Sasuke stesso, già per il semplice fatto che la sua sola bella presenza gli sarebbe valsa l'appoggio dell'intera popolazione femminile della scuola; ma evidentemente Uchiha preferiva sostenere da dietro le quinte, ovvero stare seduto mollemente in aula magna alle otto del mattino, con una sigaretta in mano a litigare stizzito con Sai e la gigantografia del volantino che lui avrebbe dovuto appiccicare al muro. A quanto pareva, dalla sua angolazione anche un asse cartesiano gli sarebbe sembrato storto.
«Sasuke, mettiti gli occhiali e piantala di assillarlo, è dritto!» gli gridò Naruto, dentro al microfono che credeva spento. Il fischiò per poco non fece cadere Neji, che andò a barcollare qualche metro più in là.
Ignorando la rispostaccia di Sasuke – in merito al luogo in cui Naruto si sarebbe dovuto ficcare gli occhiali di cui lui non necessitava affatto, guai a sostenere il contrario –, Hyuuga si concesse una panoramica dell'aula, corrucciato: dov'erano Tenten e Rock Lee, per esempio? Era già abbastanza intollerabile essere arrivato in ritardo rispetto alla cricca di Naruto Uzumaki for president – così recitava l'imbarazzante volantino disegnato da Sai –, ma non poteva tollerare di essere lasciato solo nel momento del bisogno proprio da quelli che avrebbero dovuto essere i suoi migliori amici. Il Destino si stava facendo beffe di lui, da un po' di tempo a quella parte – in verità dalla sua nascita, ma anche semplicemente a concentrarsi sull'ultimo mese, c'era dell'ottimo materiale su cui lavorare.
Per esempio, perché Sasuke Uchiha era sempre tra i piedi? E perché lo guardava così fisso?
«Non si fuma nei locali della scuola!» realizzò, dopo averlo studiato a sua volta per quasi un minuto intero senza quasi accorgersi della sigaretta accesa, che invece avrebbe dovuto notare per prima. A pochi metri da loro, Sakura stava cercando di strozzare Naruto col filo del microfono per ragioni ignote, ma Sasuke non ne parve toccato.
«E quindi?»
Strafottente testa di cazzo.
«E quindi sono ancora il rappresentate in carica degli studenti. Sei pregato di non infrangere le regole davanti a me».
«Puoi voltarti dall'altra parte, non te lo impedirò».
Strafottente, arrogante, irritante testa di cazzo.
Resistette per altri quindici lunghissimi secondi in cui la testa di cazzo in questione aspirò una boccata con l'aria di non essere molto pratico, ma sufficientemente determinato, finché Neji si ritrovò a inspirare a sua volta troppi centimetri cubi di fumo passivo: la cosa non giovò ai suoi nervi.
«Fuori, Uchiha» sillabò, monolitico nella sua autorevolezza.
Sasuke lo squadrò da capo a piedi per l'ennesima volta e Neji sostenne il suo sguardo fosco con maestosa imperturbabilità; fu una piccola vittoria vederlo alzarsi svogliatamente e precederlo lungo l'aula, diretto all'uscita.
Lo seguì deciso sia ad assicurarsi che lui non sgattaiolasse nuovamente dentro sia, principalmente, per provare ad avvistare Tenten o Lee: avrebbe tanto desiderato possedere una supervista a trecentosessanta gradi, ma si dovette limitare a sporgersi dal cancello e spiare guardingo lungo la strada, solo per individuare sparuti gruppi di studenti perdigiorno che sembravano tutti squinternati potenziali elettori di Naruto Uzumaki.
Percorse a ritroso il breve tratto di cortile, solo per ritrovarsi ancora davanti la faccia di Sasuke Uchiha. La faccia soddisfatta di Sasuke Uchiha.
«Uchiha» chiamò, quando ancora mancavano tre gradini a separarli – ma il fatto che l'altro fosse in una posizione sopraelevata non istillava comunque il minimo dubbio in Neji su chi fosse effettivamente superiore. «Tu non hai idea del perché Tenten e Rock Lee non siano già qui, vero?»
Le sopracciglia di Sasuke non si mossero d'un millimetro.
«Dovrei?»
Paranoia. Era sicuramente paranoia: Sasuke Uchiha non aveva rapito i suoi collaboratori per intralciare le elezioni. Insomma, siamo seri: Naruto pareva tenerci parecchio alla carica e così Neji stesso, ma queste cose ai confini della realtà, con lotte all'ultimo sangue per questioni pressoché ridicole, esistevano solo nei manga. Neji trasse un breve respiro seccato e si convinse che, semplicemente, a Lee non fosse suonata la sveglia e Tenten stesse già sotto casa sua a lanciargli oggetti contundenti contro la finestra: tutto regolare, nessun contorto complotto da menti malate.
Poi però la campanella suonò, e Neji riconobbe parecchi studenti del suo anno che sciamavano fiacchi nell'aula magna; la stessa aula magna in cui Naruto Uzumaki aveva sistemato volantini e microfoni circondato da entusiastico sostegno morale, mentre lui stava lì ad aspettare quelli che con i suoi volantini e il suo sostegno morale si stavano lavando i denti, presumibilmente.
«'Giorno Hyuuga» lo salutò Temari, del suo anno. Neji le rispose con un cenno breve alquanto rigido e la guardò passeggiare seriosa seguita dai fratelli, Kankuro e Gaara. Si sentì alquanto abbandonato, mentre anche le loro schiene si allontanavano per prendere posto nell'aula mezza vuota; vittima del Fato e degli amici idioti: possibile che persino Tenten e Lee fossero rimasti a dormire come metà del corpo studentesco, quello composto da amebe disinteressate alla vita scolastica? Maledizione.
«Maledizione».
Neji aggrottò le sopracciglia: lui l'aveva solo pensato, mica detto. Si voltò di scatto, solo per doversi poi trattenere dall'arretrare appiccicato al muro. Non l'aveva sentito avvicinarsi, ma Sasuke Uchiha era accanto a lui, e spiava con occhio altrettanto critico la situazione all'interno dell'aula. Neji fece per dire qualcosa – anche semplicemente “come ti salta in testa di spuntare così alle spalle della gente” –, ma quello lo precedette, volandosi verso di lui con una determinazione inquietante dipinta negli occhi.
«Devi venire con me» spiegò, diretto e conciso.
Per un momento – un momento di panico nebuloso – la mente di Neji fu attraversata da implicazioni sconvolgenti: una proposta del genere, con quella foga così sfrontata da affascinarlo, gli era arrivata solo da una ragazza, una volta. Cioè, aveva ricevuto una serie infinita di proposte più o meno sensuali, più o meno imbranate, più o meno allettanti, ma non aveva mai ceduto a nessuna per ragioni che si era sempre astenuto bene dall'approfondire. La sola volta che davvero l'idea di intrattenere rapporti più stretti con un individuo di sesso femminile gli aveva veramente sfiorato la fantasia, era stata con Temari, che gli si era proposta con la sicurezza di chi non accetta un no perché sicura delle sue carte. Poi non aveva funzionato – e Neji sapeva che era stata colpa sua, ma non voleva approfondire il motivo, Destino infame – e così aveva accantonato nuovamente la questione, nell'archivio delle cose “meno importanti del test d'ammissione all'università”.
Ora, Sasuke Uchiha non era una ragazza, ma il geniale cervello che Neji si ritrovava lo aveva collegato a Temari in maniera così fluida da fare spavento e fu principalmente per questo – l'essere rimasto allocchito con la bocca semiaperta –, che Sasuke poté prendere corpo e cervello e spintonarli direttamente via, lontano dall'ingresso dell'aula magna, verso le scale laterali che conducevano in palestra.
Neji si trovò coi piedi sul parquet senza avere la più pallida idea di come ci fossero arrivati e per un lungo momento restò a fissare imbambolato il canestro rotto che penzolava sulla sua testa, prima che un rumoraccio cigolante lo riportasse nel mondo degli esseri senzienti.
«Che diavolo stai facendo?» domandò un poco vacuo alla schiena di Sasuke Uchiha, che armeggiava vicino alla porta come un capomastro.
Lui non si voltò.
«Chiudo a chiave. Le ho prese stamattina dalla guardiola».
Il mento di Neji fece quasi per annuire – è che quello lì aveva detto in un tono talmente compreso, come stesse spiegando un nesso causale che era un capolavoro di linearità, piuttosto che delirando dentro una palestra –, prima di realizzare l'assurdità della frase.
«Le hai rubate dalla guardiola?»
«Preferirei considerarlo un prestito» rispose Sasuke neutro, prima di voltarsi finalmente a guardarlo. «È colpa tua e di questa scuola di merda, io non volevo arrivare ad usare il piano B».
Certo. Il piano B.
«Il cosa, di grazia?»
«Il piano B. Adesso siediti pure, perché resteremo qui dentro per un bel po'. Ed è una fortuna che non ti abbia dovuto stordire».
Certo, stordire. Sicuro! Cosa c'era in quelle sigarette?
«Uchiha, di cosa diavolo stai parlando?»
Sasuke Uchiha si permise persino di indulgere in un'occhiata di commiserazione nei suoi confronti – come fosse stato Neji e non lui, lo psicolabile in preda al delirio –, prima di andare ad accomodarsi su una delle panche accanto all'armadietto delle palle, a litigare con l'accendino quasi scarico.
Assodato che non avrebbe ricevuto risposta, Neji si diresse a gran passi davanti a lui, per poi piantare i piedi a terra con un cigolio di suole sul legno. Sasuke gli rifilò un'occhiata obliqua, prima di decidersi a voltare del tutto il capo.
«Te lo chiedo un'altra volta, Uchiha: cosa diavolo ci facciamo qui?»
Sinceramente, Neji si chiese da dove gli uscisse tutta quella pazienza: un altro, davanti agli occhi al cielo di quella testa di cazzo, sarebbe già partito con i pugni. Lui si limitò invece ad irrigidire i muscoli facciali, in attesa, incurante persino del fumo che salì a prudergli contro le narici.
Quando Sasuke si alzò in piedi, a fronteggiarlo, di nuovo la testa di Neji giocò sporco sparandogli davanti agli occhi un'immagine inquietante – inquietantissima – di un bacio hollywoodiano con tanto di colonna sonora che gli costò un'espressione da gatto abbagliato dai fari sulla statale e il conseguente sguardo di sufficienza di Sasuke. Questi, lungi dall'essersi trasformato in Audrey Hepburn, si era semplicemente alzato per portarsi al suo livello e spiegargli meglio, con lo stesso tono del cattivo di qualche remake scadente di 007, che l'aveva intenzionalmente chiuso in palestra e che ivi sarebbero rimasti fino alla fine dell'assemblea di istituto, amen.
Neji soffocò dignitosamente con l'aria, gli occhi che sfuggirono prima alla porte poi alle finestre, solo per tornare increduli sulla faccia perfettamente seria di Sasuke.
«Stai scherzando».
«Per niente» replicò lui, convinto. «Non ho alcuna intenzione di subire un altro anno di questa tiritera delirante: Naruto vincerà queste maledette elezioni e le vincerà oggi, fosse l'ultima cosa che faccio».
Ed era serio. Seriamente serio: la serietà fatta persona. La proverbiale sicurezza di Neji Hyuuga vacillò.
«Aspetta, ricapitoliamo: tu mi hai rapito perché Uzumaki possa vincere le elezioni a tavolino?» e se non era sicuro che fosse stata una buona idea chiedere una cosa tanto ridicola, a sentire la risposta comprese che avrebbe decisamente fatto meglio a restare zitto.
«Naruto aveva tutte le possibilità di vincere, ma è troppo ingenuo. Praticamente tutti quelli che voterebbero per lui, sono anche tutti quelli che mai e poi mai rinuncerebbero ad un giorno di assenza giustificata solo per partecipare a qualcosa di frivolo come un'assemblea» enunciò, lineare. «Hai visto anche tu: quei quattro gatti che si sono presentati sono tutti tuoi compagni di classe o comunque gente che partecipa alle attività extrascolastiche, che ti conosce e che quindi ti voterà: non ci sarebbe stata storia. Da qui, il piano B».
Neji si rifiutò categoricamente di domandare quale fosse il piano A.
«Ovviamente, Naruto non lo sa. E sarà meglio che non lo venga mai a sapere» concluse Sasuke, e l'ultima frase suonò alquanto minacciosa.
«No, Uchiha, apri le orecchie e ascoltami bene: tu mi hai rapito?»
Sasuke parve ponderare la questione per qualche momento, assorto.
«Teoricamente suppongo che la terminologia corretta sia “sequestro di persona”, però fossi in te non la farei così tragica».
«Uchiha, tu mi hai rapito!»
«Vuoi denunciarmi?»
«No, voglio spaccarti la faccia!»
Neji si accorse d'aver alzato la voce solo quando la sua eco riverberò contro il soffitto alto della palestra; fissò ancora Sasuke negli occhi, chiedendosi se per caso non stesse avendo a che fare con un pazzo pericoloso. Infine giudicò che la sua cintura di karate sarebbe bastata a salvarlo nel caso lui si fosse dimostrato poco collaborativo, così trasse un profondo respiro, inspirando fumo e tutta la pazienza che aveva sudato via, per poi semplicemente limitarsi a tendere una mano verso di lui, il palmo in alto.
«Le chiavi» ordinò, rigido.
Sasuke incrociò le braccia e dell'illogico disappunto gli si coagulò in viso. Aggrottò le sopracciglia, cupo.
«Non te le do, credevo d'essere stato chiaro».
«Certo. E mi sembra chiaro che, se adesso non me le dai, non finirà bene per te».
«Non essere idiota, Hyuuga, posso stenderti quando voglio».
Restarono immobili a fissarsi torvi per un lungo momento; all'esterno, Neji fu sicuro d'udire il brusio che annunciava l'inizio dell'assemblea.
«Qui c'è un solo idiota e non sono io. Ora, dammi quelle chiavi e può darsi che io decida di dimenticare questa delirante faccenda, invece che denunciarti».
«Sono minorenne, idiota. Non finirei comunque in galera» gli sibilò in risposta, acido.
«Potrei comunque uscire dalla finestra, siamo al primo piano» osservò di rimando, nel tentativo vano di ricercare un filo logico in tutta quella folle situazione. Davvero, in qualunque modo fosse finita, prima di tutto avrebbe fatto sì che lo psicolabile fosse seguito da uno specialista, perché lasciare a piede libero gente del genere era contro il senso civico.
«È per questo che mi sono chiuso con te, invece di chiuderti da solo. Se ti avvicini ad una finestra, ti stendo».
«Sequestro di persona e violenza?»
«Parli come se avessi progettato di stuprarti, Nejiko».
Al che, accaddero due cose contemporaneamente: all'esterno, l'impassibile Neji Hyuuga usò la mano che ancora teneva tesa dinanzi a sé per spintonare Sasuke Uchiha contro la panca e farlo ricadere seduto come un sacco di patate. Nella sua testa, che aveva di recente scoperto essere un ricettacolo di immagini compromettenti, lui e Sasuke Uchiha, per l'occasione nudo, lo facevano sui tappetoni del salto in alto in compagnia di un pallone da basket e una racchetta da tennis tavolo. La sconvolgente visione che occupò un intero emisfero cerebrale per quasi un secondo, servì a Sasuke per assestargli una ginocchiata nelle parti basse e lasciarselo crollare addosso incurante del suo rantolo sofferente.
«Non eri cintura nera di qualcosa, tu?» dovette pure sentirsi sbeffeggiare, tra l'altro contro il suo orecchio, direttamente dal fiato caldo e puzzolente di sigaretta di quell'individuo disturbato – l'individuo disturbato che gli attivava il lobo pornografico del cervello, per di più.
Recuperò abbastanza in fretta da decidere che anche basta: quella situazione si stava tirando troppo per le lunghe, apriva scenari terrificanti e lui aveva un'elezione da portare a termine.
«Hyuuga, che cazzo stai facendo?» ringhiò Sasuke, quando ruzzolarono entrambi giù dalla panca, avviluppati in un groviglio rissoso.
«Prendo quelle dannate chiavi!»
Sotto le sue mani, Sasuke sgusciò di lato per poi cercare di rifilargli una gomitata; Neji schivò ruotando sul ginocchio e sarebbe quasi riuscito a bloccarlo a terra, se quello non gli avesse assestato una capocciata da trauma cranico. La visuale di Neji si riempì per un momento di uno sfarfallio luminoso che gli calò davanti agli occhi come un sipario, lasciandolo stordito e a stento consapevole d'essere mezzo accasciato sul pavimento di una palestra; registrò solo vagamente le braccia di Sasuke che si agitavano contro di lui per liberarsi del suo peso. Quando la nebbia luminosa si fu diradata, però, era così furioso che, al diavolo la dignità, agguantò le caviglie di Sasuke e, senza risparmiarsi un rantolo belluino, lo fece crollare schiena a terra in un tonfo sordo.
«Cintura nera di karate, Uchiha» gli ansimò contro, una volta assicuratosi d'averlo bloccato in via definitiva. «Ma non disdegno il judo».
Lui rispose solo con uno sguardo di raggelante astio, tutt'altro che domato; Neji lo ignorò, ignorò il fatto d'essere seduto cavalcioni su di lui e tutte le conseguenti, preoccupanti immagini che il suo cervello vittima degli ormoni gli inviava, per concentrarsi esclusivamente nella ricerca di quelle dannate chiavi.
Che non erano in nessuno dei due palmi riottosi che dovette forzare all'inverosimile per aprire, non erano nelle tasche né da nessuna altra parte.
«Dove le hai messe?» si ritrovò a domandare, stizzito e quasi retorico: sicuramente erano cadute da qualche parte durante la colluttazione, ma non potevano essere lontane e...
«Le ho messe dove non puoi prenderle» lo interruppe Sasuke, tronfio.
Le sopracciglia di Neji si esibirono in un tuffo corrucciato al centro della sua fronte.
«Non le hai ingoiate, Uchiha, c'è attaccato l'orribile portachiavi della preside» sentenziò, mostrandosi sicuro. Non era certo che Sasuke Uchiha non fosse abbastanza psicopatico da aver trovato il modo di mandare giù il pupazzetto a forma di lumaca grosso come un indice che penzolava dal mazzo di chiavi, ma che fosse riuscito a ingoiare quello e del metallo così, come un drogato professionista, gli pareva seriamente improbabile. O comunque apriva scenari ancora più destabilizzanti sulla reale natura delle sue già evidenti psicopatologie.
«Non le ho ingoiate, imbecille» ribatté fortunatamente il pazzo, ancora steso a terra. E mentre lui sembrava inspiegabilmente più rilassato, Neji si irrigidì di reazione.
Distolse lo sguardo e percorse il pavimento polveroso con le pupille, attento.
«E non sono cadute» aggiunse però la voce ora vagamente vittoriosa di Sasuke, che si era messo a studiare il soffitto con espressione di neutro distacco.
Le palpebre di Neji si assottigliarono quasi automaticamente, con sospetto. Senza sciogliere la presa, percorse con lo sguardo l'intero corpo sotto di lui: sicuramente non se l'era ficcate nella maglietta, sarebbero cadute subito; voltò il collo per studiargli le scarpe e i calzini, ma anche lì nessun rigonfiamento sospetto. Rigonfiamento. Sospetto.
Neji serrò le palpebre, cercando di calmarsi.
Non sarebbe finito in balia di quello psicolabile, no – e non ne era per niente già in balia: aveva tutto sotto controllo –, era fuori discussione. Doveva calmarsi e ragionare con lucidità, come sempre.
«Uchiha» cominciò, trovando difficile articolare suoni. «Dimmi che non te le sei infilate nelle mutande».
Sotto di lui, le labbra di Sasuke si stirarono un poco in disappunto.
«Non che ci fossero molti altri posti» spiegò, serioso.
«Uchiha, ti sei infilato le chiavi nelle mutande!»
«Non dirlo come se fossi fuori di testa. Dove avrei dovuto metterle secondo sua signoria il genio?» ebbe il coraggio di ribattere, superiore. Neji lo sbatacchiò un poco contro il pavimento, incapace di trattenersi.
«Non puoi averle messe dentro le... Sasuke, dentro le mutande!»
«Perché siamo passati al nome proprio?»
«Perché hai messo le chiavi nelle mutande!»
E quando lui sgranò gli occhi come a crederlo pazzo, Neji fu quasi tentato di staccargli la testa lì, a mani nude.
«Per non fartele prendere. Sei sicuro di essere un genio?»
«Non era una domanda... Dei. Stiamo calmi» tentò, inutilmente. Non stava calmo, non stava calmo per niente.
«Qui l'unico agitato sei tu».
L'avrebbe preso a pugni. Ecco cosa: la soluzione era prenderlo a pugni!
«Hyuuga, togliti di dosso».
«No».
Sasuke sbuffò, sollevando polvere e cominciando a mostrare segni di insofferenza.
«Togliti e basta».
«Dammi le chiavi».
«No» e ormai sibilava. «Togliti».
«Dammi quelle maledette chiavi».
«Piuttosto la morte».
Dei, che drammatico.
«Uchiha, te lo ripeto per l'ultima volta: se non mi dai quelle chiavi, me le prendo da solo».
Sasuke lo scrutò dubbioso per un lungo momento, poi emise uno sbuffo fin troppo simile ad una risata di scherno.
«Non ne hai il coraggio».
Neji deglutì.
«Mi stai dando del codardo?»
«Te lo stai dando da solo».
«Uchiha, io non ti infilerò le mani nelle mutande!»
«Vorrei ben vedere, è per questo che le ho messe lì, quelle dannate chiavi!»
E Neji perse la calma. Lì per lì, diede la colpa al Destino, ma che gli piacesse o meno era chiaro che la colpa fosse solo e unicamente dei suoi ormoni.


«Sono veramente basita».
Tsunade Senju assestò una botta contro il piano della scrivania e un fermacarte a forma di lumaca si spostò di qualche centimetro accanto ad una pila di registri.
Sasuke, seduto rigido sulla punta della sedia, taceva. Neji voleva un badile: prima lo avrebbe usato per colpire lui, poi ci si sarebbe scavato la fossa.
«È tutto un enorme equivoco» provò a spiegarsi, ma qualcosa gli bloccava la gola, rendendo le parole difficili a venir fuori. Doveva essere una cosa grossa e ruvida dotata di due occhiacci spaventosi quanto quelli di suo zio Hiashi. Quando sarebbe venuto a scoprire che-
«Atti osceni in luogo pubblico. Ecco per cosa vi arresterebbero, se la scuola decidesse di denunciarvi! Atti osceni in luogo pubblico e furto!» e la donna fece per tendere la mano verso le chiavi rimaste sopra la scrivania. Poi evidentemente dovette ricordare dove erano state rinvenute e lasciò perdere. Neji non riuscì a biasimarla e, anzi, la considerazione seguente del suo cervello – a lui quel posto non spiaceva – lo spronò a riacquistare la lucidità necessaria a spostare l'attenzione su qualcosa di più pressante.
«Davvero, è tutto un gigantesco, enorme equivoco. Possiamo spiegare».
Ma Tsunade, una vena pulsante sulla tempia, non sembrava disposta a sentire alcunché neanche da un ambasciatore straniero in missione di pace, figurarsi da uno dei due studenti che erano stati beccati in atteggiamenti equivoci in palestra solo venti minuti prima.
Quando le porte si erano aperte di colpo, Neji era stato come scagliato fuori dal suo corpo: l'aveva vista, la scena e non riusciva minimamente a trovare un modo per spiegarla ad un ignaro, così come ignari erano stati Naruto, Sai, Sakura, Temari e famiglia. C'era stato un momento di silenzio statico, denso come fango e poi tutto il suo genio, tutto il cervello che si diceva avesse, tutta la dignità, tutto il suo essere Neji Hyuuga, ed il suo orgoglio di esserlo, erano finiti in merda, bruciati in quattro parole: non è come sembra. E se ci fosse rimasto, fuori del suo corpo, forse avrebbe riso: perché, al contrario, sembrava proprio che lui avesse una mano nei pantaloni mezzi abbassati di Sasuke Uchiha e che lo tenesse ancorato al suolo con la forza, mentre lui si dibatteva furibondo lanciandogli insulti coloriti di varia natura, molti dei quali diretti ai suoi congiunti e ai suoi avi. Poi dalle mutande erano cadute le chiavi e finalmente il tintinnio si era guadagnato anche l'attenzione di Sasuke, che era rimasto zitto. Zitto e tendente al verde, così come continuava ad essere anche ora, seduto accanto a lui in un composto silenzio claustrale.
«'Eramente delusa, Hyuuga!» stava insistendo la preside intanto, infervorata. «I nostri migliori studenti, come vi è saltato in mente! Non prenderò provvedimenti più gravi unicamente perché...»
Non lo seppero mai, perché a quel punto entrò Naruto Uzumaki quasi sfondando la porta, impegnato a gridare che Neji Hyuuga stava stuprando il suo migliore amico e lui avrebbe testimoniato, seguito a ruota da Sakura Haruno, Temari e famiglia e tutti i testimoni oculari della presunta aggressione la cui unica vittima, sia chiaro, erano state le chiavi rimaste troppo a lungo nelle mutande di Uchiha.
Il colloquio con la preside si concluse con Naruto scazzottato dalla stessa in un impeto stressato di insofferenza per tutto quel trambusto e con Sai che, nel silenzio seguente, sorridendo svagato, domandò tranquillissimo: «ma allora queste elezioni chi le ha vinte?»


Gaara.
«Ma quando si sarebbe candidato, Gaara?»
Sasuke si prese tempo, steso sul letto a guardare il fumo della sigaretta scivolare su.
«Che ne so? Sono stato sospeso anche io, genio» gli soffiò, mentre spegneva il mozzicone nel posacenere che in realtà era la tazza della colazione di Neji – guai a farglielo notare. «Avranno rifatto tutto da capo. Avrei dovuto pensarci che Naruto piuttosto che accettare una vittoria a tavolino si sarebbe messo a sfondare porte per trovarti».
Neji si astenne dal ribattere qualcosa, perché sarebbe stato un “ovviamente, psicopatico”. No: visto che tanto la sospensione c'era e sarebbe durata fino alla fine della settimana, tanto valeva utilizzare quei giorni in maniera fruttuosa: non bisogna opporsi al Destino, era andata così.
«Pensa ancora che volessi stuprarti?» domandò quindi, supino e rilassato, perso ad osservare Sasuke che si liberava rudemente del lenzuolo e poggiava i piedi a terra. «Lo pensa anche Sakura» rispose, anche se non era esattamente una risposta; ma evidentemente non aveva voglia di approfondire, perché semplicemente annunciò «vado a pisciare», con eccezionale compostezza nonostante le chiappe nude.
Neji le seguì con lo sguardo fin dietro la porta, sospirando.
In un colpo solo era riuscito a perdere le elezioni, farsi sospendere e guadagnarsi la nomea di maniaco sessuale presumibilmente a vita: un disastro.
Eppure, steso nel suo letto alle undici del mattino, tra le lenzuola sfatte e un sentore non troppo vago di sigaretta, non poté trattenere una parte del suo cervello dal pensare che averci guadagnato la possibilità di mettere le mani nelle mutande di Sasuke a piacimento, fosse tutto sommato un contrappasso più che accettabile.
Stava quasi per lasciarsi sfuggire un sorriso, quando di colpo si ricordò.
«Sasuke?» chiese, al silenzio della casa vuota. Rispose prima lo sciacquone, poi la solita voce bassa e seccata emise un grugnito di attesa.
Neji tentennò, mentre le parole piano B gli ronzavano in testa con preoccupazione crescente.
«Non ho più sentito Rock Lee e Tenten».
Silenzio.
«Tu non ne sai niente, vero?».
Ancora silenzio
Al timido cigolio della porta Neji, ormai seduto al centro del materasso, serrò per un momento le palpebre.
«Tu non ne sai niente» ritentò, duro.
Sasuke, ancora platealmente nudo, roteò vago gli occhi, prima di grattarsi brevemente la nuca.
«Potrei essermene dimenticato».
«Dimenticato. Dimenticato di cosa» non c'era bisogno di andare nel panico, vero?
Dalla faccia di Sasuke, vaga tensione mista a ritrosia sostenuta, sembrava di sì.
«È che... Ti ho poi parlato del piano A... ?»


FINE ? ò__ò


Nda
Doveva essere una Neji/Sasuke, ma se li chiamate Ruggero e Gianfranco secondo me è uguale.
Comunque.

Ogni giorno dalla mia nascita non è giornata” è uno slogan gentilmente offertoci da slice, che poi mi ucciderà per averla ingiustamente associata a Sasuke. Tra l'altro c'è da fabbricarle un altarino, perché alle mie lagne accorate, invece di mandarmi al diavolo, ha risposto suggerendomi tipo tre trame molto più intelligenti di questa. Non sono riuscita ad usarle, ma grazie per aver cercato di farmi scrivere qualcosa di decentemente sensato XD
Per l'ambientazione indefinito-occidentalizzata ci sono ben due motivi:
uno, mi mancava il tempo di documentarmi sulle scuole giapponesi, quindi per evitare inesattezze mi sono direttamente tenuta sul vago: siamo da qualche parte e le scuole funzionano più o meno come da noi (cioè male *collasso*). Due, in Giappone hanno le divise e le divise hanno i *bleah*bottoni e poiché i *bleah*bottoni sono il Male, niente divise (questo è invero irrilevante, ma fa sentire intimamente meglio me e le mie psicosi).

Passando alle cose importanti: buon compleanno alla nostra eccelsa Nakaba!, fanciulla filosofeggiante a cui garbano pair che non stanno né in cielo né in terra e che, come se non bastasse, contengono sempre Sasuke XD
Questa cosa è preoccupante, Jo. Trova una soluzione tipo subito. O almeno entro l'anno prossimo, perché un'altra Neji/Sasuke (o Ruggero/Gianfranco) potrebbe uccidermi *sviene*

I personaggi fortuna loro non mi appartengono, sono di quello squintern- ahn, del sensei Kishimoto.


  
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