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Autore: _Misery    16/08/2012    3 recensioni
Ogni tanto fa bene cambiare atmosfera – lasciarsi accettare da altri pianeti.
Dobbiamo cambiare aria, a sentire questo mondo sembra quasi che siamo malati di noi stessi.
[Piccolo accenno nonsense]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Trattasi di anticiclone balcanico, dicono i meteorologi'
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L'alba è azzurra su Marte

(Il malato e la sociopatica)




... laughing in the open air; have yourself another dream.
Tonight, maybe we can start again.





L’istinto di Effe era secco, preciso, senza sbavature: rigettare tutto e inondare un vicinato che gli stava stretto.
Ad essere sinceri, l’istinto di Effe era più una specie di strano imperativo intermittente, non un capriccio né un bisogno – tuttavia i suoi piedi dovevano avere proprio un meccanismo sbagliato, gli ingranaggi s’erano tutti incastrati e l’inventore non era al momento reperibile. Non si muoveva, ecco, nonostante avesse gambe da ballerino; si lasciava portare dallo scirocco e da quell’assatanato del suo cane, giù per i campi dietro casa.
Lui non voleva andarci, al mare, e svegliarsi alle cinque del mattino e tornare sotto gli occhi di tutti solo per doversi nascondere.
L’istinto di Effe non era davvero capace d’odiare, eppure qualcosa gli diceva che quel quartiere di boschi stremati da nuove strade e cantieri lo meritava tutto – sì, l’odio, insomma. Ondate di bile nera e gelida e incandescente.
 
Come quelle due settimane di neve a febbraio. Il problema era che poi tutti s’erano risvegliati e i fiocchi erano divenuti fanghiglia, pietra e infine marzo. Una bella fregatura.
 
Non era facile: a volte cedeva. Ma in fondo, pur giovane com’era, c’aveva messo anni e ancora sembravano non volerlo vedere. O vedere troppo, giusto perché persino a quarant’anni parlare di politica e tradimenti e Paesi in via di sviluppo risulta noioso: era come se il primo Effe si fosse preso una brutta polmonite, così, di colpo, e tutti scuotevano la testa pensando che non sarebbe più guarito.
La gente poteva anche sfarsi di droga nelle pinete, ma lui era davvero preoccupante. E aiutarlo a capire quanto tutto questo fosse sbagliato, per il mondo in cui era cresciuto, pareva di certo molto più importante che… chissà cosa.
Ogni discorso era trito e ritrito alle sue orecchie eppure, ancora, c’erano cose che aveva voglia di percepire. Senza le parole: allora, cento volte meglio la solitudine.
 
Strane creature, gli adulti. Pochi conservavano l’esperienza, l’unica cosa che li rendesse vagamente interessanti: per il resto, anzi, si limitavano a ballare su un’onda piatta, grigiastra, quasi uno stagno.
E poi prendevano tutto così, come una malattia o qualcosa di cui poter ridere in vecchiaia.
 
Dal lato opposto della strada, l’altra Effe si chiede se non stia cominciando anche lei a barcollare su quella cresta esangue, se la sua marea turchese non si sia già bella che logorata su qualche spiaggia (magari affollata, ed ecco che sente torcersi le viscere).
No, perché falene e ragnatele la sommergono, lasciano più cicatrici del ferro e del fuoco – ma nessuno, a cena, sembra essersi accorto che rideva soffiando per non piangere.
Fa così da un po’: evidentemente ognuno ha il suo limbo, ma qualche maledizione li rende tutti invisibili. Curioso. Forse dovrebbe strepitare, invece di rimuginare? Ma sono cose che pensano i bambini, e lei è già troppo vecchia.
Lei, quando scavalca le cianfrusaglie del piccolo bagno e s’affaccia a guardare la luna, nota sempre che la gracile falce di latte è appesa sulla casa dell’altro Effe – e ricorda che non potrà più avere – mai al mondo – estati belle come le sue. Come le loro.
Perché poi, prima di capire quale inutile, affilato sentimento fosse la pietà, aveva ancora il coraggio d’imbestialirsi in faccia alle persone, per quanto grandi fossero; aveva ancora la forza di difenderlo, mentre adesso sono solo deflagrazioni di disprezzo che in pochi comprendono.
Ha odiato anche il primo Effe, a volte, quando capivano di non amarsi più di quel loro affetto piccino, cocente; ma, seppur a scoppio ritardato, il destino trova sempre il modo di riunire gli amici – se ne esistono. E l’altra Effe, senza vederlo, percepisce un dolore che non è suo e quasi se ne sente in colpa. Può permetterselo? Può avere il diritto di detestare e provare empatia? Lei ne sarebbe gelosa, estremamente gelosa.
 
In ogni caso, s’è persino ricordata di accendere la televisione: qualche notiziario sperduto mormora che su Marte l’alba è azzurra.
Forse, se rubasse una di quelle sonde che di solito ci si dimentica in orbita, potrebbe decidere di uscire e tornare dall’altro Effe: fare colazione tra le dune rosse, chiacchierando amabilmente sotto il Monte Olimpo nell’attesa, con le dita puntate sulla ghirlanda di Giove e Venere, non sarebbe poi una cattiva idea.
Ogni tanto fa bene cambiare atmosfera – lasciarsi accettare da altri pianeti.










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Solitamente, devo ammetterlo, considero questo sito una sorta di stimolante esercizio continuo - per dare forma alla propria ispirazione e vedere che effetti possa dare. Ma stavolta si tratta di un vero e proprio sfogo, lì in mezzo ci sono davvero io (indovinate chi è la seconda Effe, la 'sociopatica'? :P) come forse capita solo nelle poesie.
E' per questo che, oltre a scusarmi (difetto di fabbrica u_u) per essermi intrufolata nell'ennesima sezione, questa volta non voglio scrivere molto (e tanto lo farò): ho buttato il tutto giù in una serata, su un block-notes pure abbastanza imbarazzante e, per quante parole poi possa aver corretto/aggiunto/cancellato, la sostanza è questa - non ho mai badato di meno alla forma come adesso, probabilmente si nota (come il passaggio dal passato remoto all'indicativo... ma suppongo che ci sia un motivo inconscio ò_ò)... bah, mi sento agitata anche solo a pubblicarla, forse perché sono davvero agitata pensando a ciò che il primo Effe sta passando - storia lunga e per niente piacevole, ma tanto perbenismo e pregiudizi sono sempre lì a rigirare il dito nella piaga... (E poi m'hanno detto che non si dovrebbe mai scrivere di cose basate sulla propria esperienza, non servirebbe a stare meglio.)
In realtà mentre scrivevo per me aveva un senso ma, a rileggerla... effettivamente sembra uno strano stream of consciousness adolescenziale - perciò ho aggiunto l'avvertimento nonsense, si sa mai.
Poi, ad essere proprio precisi, su Marte è il tramonto ad essere azzurro (licenza poetica...?): in questi giorni girano le foto della NASA, anche se la notizia risale a qualche tempo fa, e la cosa mi ha davvero colpito - e poi s'è fusa con tutto quel che mi sta capitando.
Ahh vabbè, passando a qualcosa di più allegro (?) la canzone citata è "Only The Young" di Brandon Flowers e tecnicamente, nonostante le titubanze, avrei dovuto pubblicare domani prima di partire (me ne vo al mare dal 20, mi avrete fuori dalle scatole per 4 o 5 giorni beati voi :3), ma conoscendomi ho bisogno di tempo per prepararmi psicologicamente allo stress dei bagagli e d'un viaggio di - udite udite - ben un'ora e mezza.
é_____é
*torna ad appisolarsi*


 

   
 
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