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Autore: I Biscotti Inflessibili    20/08/2012    5 recensioni
Con la sconfitta di Loki, che ammanettato e munito di museruola è stato rispedito come un pacco ad Asgard, la pace sembra ristabilita. Chiuso in una cella, non può far altro che ricevere le continue visite di Thor, che non può proprio fare a meno di cercare di redimerlo in tutti i modi. Ma la sete di vendetta e di rivincita del Dio dell'Inganno non lo terranno calmo a lungo. Che sia l'inizio di una nuova sfida per gli Avengers?
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Note: Nel capitolo in questione troverete un lungo sbrodolamento su Loki, teoricamente IC ma non si sa quanto. La sottoscritta Ladyhawke spera sia venuto bene come le caratterizzazioni nel resto della storia. Beneinteso che qui finisce in caciara in quanto storia demenziale, con tutti, su per giù, felici e soddisfatti. Nel finale troverete in riferimento idiota al caffè, che solo Ladyhawke e le sue adepte comprendono, ma ora andiamo, stile Alberto Angela, a spiegare.
A maggio scorso, Ladyhawke, rientrando da una sessione di esami universitari con una sua amica, incontrò un amico della suddetta e si misero a chiacchierare.
Venne subito fuori come argomento l'ex della mia amica, un meraviglioso demente degno di favolose avventure.
Le varie avventure comprendevano l'uso di un telecomando come cellulare, il chiamarsi con due cellulari e il caffè, appunto. Pare che questo genialoide, una mattina durante una settimana bianca con gli amici, mise su la caffettiera senza acqua, lasciando bollire il caffè per millenni, e sorprendendosi sul perchè non salisse! Immaginate la risate della truppa. Il dramma è che io, essendo creatura molto impressionabile, la notte stessa sognai Thor afflitto dalla stessa incapacità di preparare decentemente un caffè e lo raccontai più o meno al mondo, con il risultato che potete vedere oggi sullo schermo del pc.
Bene, detto questo, vi salutiamo, vi ringraziamo per averci seguite e vi lasciamo all'epilogo di questa scemissima storia. Come sempre, qualora voleste lasciare una recensione, certo noi non ce la prenderemmo a male ^^

Ladyhawke e Charme.



 

Epilogo     
 
  Loki e Thor caracollarono su quello che rimaneva del ponte che portava al portale del Bifrost in modo molto poco aggraziato.
  “Diamine, questo Tesseract non ne fa una buona!” esclamò Thor, trattenendo il fratello per il mantello, mentre già tentava di darsi alla fuga. “Dove pensi di andare?”
  Loki lo fissò con odio. Se c’era qualcosa di peggio di Thor al naturale, questo era Thor in vena di pessime battute.
  “Da nessuna parte, figurati…” non aveva finito la frase che già il Dio del Tuono se l’era caricato in spalla come un sacco di patate e, con l’aiuto del suo Mjolnir, si stava velocemente dirigendo verso il palazzo di Odino.
  “Nostro padre vorrà sicuramente vederti. Sarà impazzito al pensiero della tua fuga.”
  “Vedermi? Per fare che? E non è mio padre, né mai lo sarà!” tuonò Loki, tentando vanamente di liberarsi dalla presa del fratello.
  “Lo è stato per lunghissimo tempo, e continuerà ad esserlo sempre. Accettalo, Loki.” Mentre Thor parlava, la presa sul fratello divenne sempre più stretta, tanto che il Dio dell’Inganno temette di rimanerci secco, pur essendo un dio. Stupido omone senza cervello! Con quel poco di sangue che ancora arrivava alle sue sinapsi, Loki tentò di sdoppiarsi e liberarsi da quella stretta d’acciaio, ma l’idea gli venne quando era ormai nella sala del trono di Odino e finì per franare a terra molto poco elegantemente.
  “Loki! Allora sei riuscito a riportarlo a casa!” squittì Frigg, in piedi accanto a Odino.
  “Dov’era fuggito?” chiese Odino, mortalmente serio, mentre il suo secondogenito si rimetteva in piedi.
  “A Miðgarð, padre. Mi ha seguito, e ha portato scompiglio al quartier generale dei difensori di quel mondo.”
  “Per dei ragni, capirai…”
  “SILENZIO!” Urlò Odino, richiamando involontariamente un nugolo di curiosi, inclusi Lady Sif, Fandral, Hogun e Volstagg, ad assistere a quell’interessante spettacolo che era il rientro del fuggitivo senza gloria né onore.
  “Per me Odino avrebbe dovuto lasciarlo dov’era, quel gigante di ghiaccio rachitico.”
  “Chiudi il becco, Fandral!” Sif richiamò brutalmente al silenzio l’amico. Voleva capire che sarebbe accaduto ora.
  “Due guardie ibernate, due pugnalate e condotte nella camera della guarigione. Speravi di poter sfuggire alla legge?”
  “È difficile che un prigioniero accetti di buon grado la sua condanna, di norma. Stolte le guardie a perdermi di vista.” Replicò l’interessato, con molta calma. La pacchia era momentaneamente finita, e Loki sapeva quando tenere un profilo basso.
  “Dovresti ammettere che ti è stata riconosciuta una certa indulgenza, poiché sei mio…”
Loki interruppe il non padre con veemenza: “Perché questa indulgenza? Per quale motivo? Ve l’ho mai chiesta, forse? L’ho implorata? Questo sciocco…” e indicò Thor che alzò un sopracciglio con fare perplesso “crede che io sia disposto a cedere, ammorbidirmi, sottomettermi al suo volere. Crede ancora che io possa volere il suo bene! Arrendetevi alla realtà…” Loki quasi sorrise, mentre parlava “Continuerò a desiderare la vostra distruzione, finché non vi avrò in pugno. A cosa mi serve, dunque, la clemenza?”
  L’uditorio abusivo inorridì a quelle parole. Come osava rivolgersi così ad Odino, il padre degli dei? Come osava dirgli in faccia simili cose?
  “Che pensi ora?” disse Fandral a Sif.
  “Io penso che siamo ancora in tempo ad ucciderlo.” Disse Hogun. “Volstagg, perché hai un cosciotto di cinghiale in mano?”
  “Era rimasto solo, non volevo che i servi lo portassero via!”
  “Zitti tutti quanti!” minacciò nuovamente Sif, irata.
  Il Padre degli Dei rimase muto e immobile, sentendo le parole del figlio. Per un attimo, Loki temette di vederlo franare di nuovo al suolo a causa del sonno di Odino, eventualità che per certi versi avrebbe accelerato le cose, ma il non padre rimase sveglio e pimpante.
  “Ancora a lungo dovremo attendere la tua redenzione, figlio. E ancora lunga sarà la prigionia, o il confino.” Del resto, l’esilio aveva raddrizzato un figlio, poteva funzionare anche con il secondo.
  “No! – urlò però Frigg, improvvisamente. – No, non il confino, non stavolta.”
  Odino, Loki, Thor e tutti i presenti erano ugualmente perplessi. Frigg scese dalla sua postazione accanto al trono e si avvicinò al suo figlioletto.
  “Non dovresti dire cose del genere, Loki. Ti amiamo tutti qui, e non devi sentirti in mezzo a nemici. Ogni tua azione maligna può essere perdonata, puoi redimerti, anche se pensi di non meritarlo. Fidati della parola di tua madre.”
  “Fidarmi? Fidarmi di chi mi ha allevato costantemente nella menzogna, come un animale di cui avere pena e da dimenticare alla prima occasione utile? Tu non sei mia madre, sei la madre di Thor, l’unico figlio che hai partorito!” urlò Loki, furioso. Che la smettessero con questa storia.     Dopo millenni passati nell’ombra ora era il figliol prodigo? Avevano forse sensi di colpa nei suoi riguardi? Benissimo, non li avrebbe certo aiutati a stare meglio.
  “Tu non sei mio figlio? E di chi, allora? Di Laufey, che ti ha lasciato a morire? Io ti ho nutrito con il mio latte, ho vegliato le tue notti, ti ho lavato, nutrito, assistito. Ti ho lavato via il sangue che ti colava dal naso dopo aver giocato con Thor innumerevoli volte. L’ho fatto con te come con lui. Questo, Loki, fa di te una mia creatura.” Disse Frigg solennemente, mentre il povero Dio dell’Inganno, alla luce delle tremende immagini evocate, cercava di rimpicciolirsi sempre più.
  “Resterò per sempre un gigante di ghiaccio.” Tentò di dire.
  “Non per me!” Frigg si avvicinò per abbracciare il figlioletto, che anche prima di scoprire la sua vera natura non era mai stato particolarmente espansivo. Il dio arretrò di qualche passo, ma presto la sua schiena finì per cozzare contro l’armatura di Thor, e lì rimase, immobile, stretto tra l’incudine e il martello, a farsi abbracciare. La situazione era a dir poco assurda.
  “E ora?” chiese Volstagg, masticando ciò che rimaneva del suo cosciotto. Tutti i presenti erano curiosi.
  Loki, dal canto suo, sperava che tutto finisse alla svelta. C’era qualcosa di mortalmente imbarazzante nell’essere lì, abbracciato dalla propria finta madre, sotto lo sguardo del non fratello, del non padre e della corte tutta.
  “Loki non si merita tanto affetto” sospirò Hogun, in un rigurgito di sentimentalismo.
  Thor, invece, che sentimentale lo era senza sforzi, ad una visione del genere quasi si commosse, e cominciò a stritolare di abbracci il fratello e la madre, insieme.
  “Così dovrebbe essere, Loki, così! Perché non lo vuoi capire, che importa se sei un gigante di ghiaccio?”
  “Importa. Importa a me, e importa a tuo padre, non è così, Padre degli Dei?” benché stritolato, Loki riuscì a fissare nell’occhio rimasto suo padre, che osservava la scena con distacco, immobile sul suo trono.
  “Non desidero altro che vederti in pace, figlio mio.” iniziò a dire, mentre alla parola “figlio mio” il Dio dell’Inganno aveva un principio di tic all’occhio “E so che tua madre continuerà a non amare la mia decisione, ma non posso lasciarti libero di combinare altri disastri, devi imparare ancora cosa sono la moderazione e l’equilibrio.”
  Loki alzò gli occhi al cielo: per tutta la vita era stato il figlio calmo, posato, tranquillo, mentre era sempre stato Thor a combinare disastri. Ora che faceva qualcosa di male LUI dovevano definirlo squilibrato. Ridicolo.
  “Tornerai alla tua cella...”
  “Odino, no! È come un bambino, non lo vedi?” pigolò Frigg, stringendo il figlio ancora di più.
  “Non ti impedirò di vederlo, Frigg, o di farlo uscire se sorvegliato dal fratello, ma non possiamo permettere che torni a Miðgarð. Thor, dovrai essere il suo custode, ancor più di quando eravate bambini.”
  “Lo farò con piacere, padre.”
  “Resterebbe valido l’esilio perpetuo.” Loki interruppe la solennità del momento. “Lo accetterei di buon grado.”
  “No, Loki. Non stavolta. Non vogliamo perderti mai più.”
  Perderti. Mai. Più. Tre parole e una condanna alla tortura per il povero Dio dell’Inganno. Non appena fu libero dall’abbraccio di Frigg e Thor, questi lo ammanettò, preparandosi a ritrasferirlo nella cella che aveva occupato fino a poche ore prima.
  “Dunque è così? Niente di più?” si chiese Sif, sconvolta. “Con tutto quello che ha fatto?”
  “Lady Frigg ha il potere di intenerire perfino Odino, che vuoi farci!” disse Fandral. “Ma vedrai che stavolta non fuggirà più”.
  “Perdonami, fratello” disse poi Thor a Loki. “Ma non sempre posso fidarmi di te”.
  Loki alzò gli occhi al cielo; il sangue della pugnalata che Thor aveva ricevuto da lui ancora gli macchiava l’armatura, ma il Dio del Tuono ora si era messo ad interpretare l’eroe saggio e maturo. Avrebbe potuto replicare con qualcosa di sagace ed offensivo in qualunque momento, ma preferì tacere, perché in caso contrario temeva che gli avrebbe fatto indossare, di nuovo, quella tremenda museruola. Il rientro in cella fu a dir poco penoso: quattro guardie armate fino ai denti e dall’aria tremendamente sadica lo fissarono con odio e sospetto mentre Thor lo buttava dentro come se si fosse trattato di un sacco di patate e lo liberava delle manette.
  “Devo occuparmi del Tesseract ora, ma tornerò presto da te. Cerca di non metterti nei guai.” disse Thor con aria paterna, prima di andarsene.
  “Per me puoi anche lasciarmi qui a morire.” replicò Loki, stizzoso.
  Rimasto solo, Loki si lasciò cadere sul suo misero giaciglio. Che in realtà era più che dignitoso, ma di certo NON per un figlio di re, come lui era. Ci sarebbe voluto tempo per fuggire di nuovo, e l’idea che sua madre avrebbe potuto fargli visita... di tutta la famiglia Frigg forse era la persona che meno odiava, ma c’era il non trascurabile dettaglio che, anche se gli aveva cambiato i pannolini da piccolo, non era sua madre, e non lo sarebbe mai stata. Voltò la testa di lato, annoiato, e notò qualcosa di assolutamente inconsueto. Sul tavolinetto accanto a lui c’era un pupazzetto, piccolo rispetto a quelli che aveva spesso visto in mano a Lady Sif o ad altre piccole Lady ad Ásgarð, e dalle chiare sembianze di Thor. Il Dio del Tuono aveva spesso, in uno dei suoi infiniti sproloqui, raccontato al fratello di come i Midgardiani facessero effigi dei loro eroi e di come, per colpa di Loki, anche Thor fosse diventato famoso ed amato in quel piccolo mondo, tanto da ricevere quegli omaggi. C’era da capire perché uno di questi oggetti fosse in quella cella. Loki ebbe un brivido: quel sentimentale idiota doveva avercelo piazzato di proposito come segno di affetto e di vicinanza. Sì, era una scemenza tipica di un amante dei Midgardiani come lui. Sulle prime pensò di volerla disintegrare e farne ingoiare i pezzi al non fratello, poi, ebbe un’idea migliore: il voodoo. Con la sua magia avrebbe potuto funzionare anche così, ma se, per caso, si fosse impossessato di un capello biondo di quell’energumeno l’avrebbe avuto in suo potere! Prese in mano il pupazzetto di Thor con gioia omicida, giocherellandoci come un gatto avrebbe fatto con un topolino. La presenza, grazie ad Odino non fisica, di Thor e lo stress per la giornata vissuta fecero però addormentare il Dio dell’Inganno in pochi minuti.
  Quando Thor tornò da lui lo trovò così sereno e pacifico che non osò disturbarlo, e avvisò Frigg e Odino che la pace, per il momento, era stata ristabilita. Frigg non resistette all’impulso di andare a sincerarsi delle condizioni del suo bambino, e alla fine anche Odino stesso cedette alla curiosità.
  “Guardalo” disse la donna, quasi commossa. “Non diresti mai che è capace di cose così orribili come ce lo hanno descritto.”
  “Eppure, mia cara, Loki conosce l’efferatezza, ed è stato corrotto dalla sua sete di potere.”
La donna si avvicinò al figlio. Dormiva completamente vestito e scoperto, con il pupazzetto a forma di Thor ancora stretto nella sua mano.
  “C’è speranza, forse.” Sorridendo, Frigg sfilò le coperte in modo da poter coprire il figlio, che si mosse nel sonno, mugugnando.
  “Cos’ha in mano?” chiese Odino.
  “Un’effigie di Thor, per questo ho detto che nutro speranze.” Disse la donna.
  “Thor…” borbottò Loki nel sonno, mentre la madre sorrideva.
  “Visto? Lo sogna. “ disse ancora, rivolta ad Odino.
  “Se ti prendo… me la paghi. No… no… non giocherò con te!” chiaramente, il fatto che stesse sognando suo fratello non rendeva troppo tranquillo il Dio dell’Inganno.
  “Questo lo faceva anche da bambino, se ben ricordo.” Disse Odino rivolto alla moglie.
  “Difficilmente ha un sonno quieto. E se l’è sempre presa con qualcuno, spesso con Thor quando si facevano male, visto che era così indifeso, da piccolo…”
  “Miðgarð sarà mia… Thor… il caffè…” borbottava intanto Loki “ci… ci vuole l’acqua.”
  “Questo è repertorio nuovo, però.” Fece Frigg, perplessa.
  “Retaggio Midgardiano, penso.” Le rispose Odino. Poi, entrambi, avvolti da un’ondata di amore genitoriale, uscirono dalla stanza, lasciando il loro secondogenito da solo, a sognare. Se Loki fosse stato cosciente non avrebbe mai permesso niente di simile, ma il sonno aveva fatto cadere molte delle sue barriere, rivelandolo per quello che era: un principe cadetto mingherlino e bisognoso di coccole e vendetta. Non necessariamente in quest’ordine.
  Il pupazzetto Thor rimase lì, saldamente stretto nella sua mano, per tutto il tempo. Fu sbatacchiato, succhiato, morso e alla fine Loki iniziò a sbavarci un po’ sopra. La cosa di per sé avrebbe potuto considerarsi senza conseguenze, ma Loki aveva già dato il via ai poteri del voodoo, ed ognuna di questa azione finì per essere replicata sul povero Thor in carne ed ossa.
  Mentre passeggiava con Fandral, Hogun, Sif e Volstagg per i meandri del castello si ritrovò per terra più di una volta, si sentì stritolare e si ritrovò inspiegabilmente fradicio, come se qualcuno gli avesse tirato una secchiata d’acqua addosso, il tutto senza una valida ragione.
  “Amico” gli disse Hogun “Temo che Miðgarð non ti faccia bene, non fa che crearti problemi.”
  E mentre Thor sputacchiava qualcosa che sembrava un’acqua vagamente più vischiosa, Loki sorrideva nel suo sonno, accoccolato sotto le coperte come un bambino dopo una fantastica avventura.

  
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