Prologo
Frammenti
di passato
Era
il 16 agosto del 1995, avevo tre anni e il mondo mi sorrideva.
Come
ogni giorno caldo e afoso, dopo il breve riposino pomeridiano, mia madre mi
aveva portato al mare per farmi scatenare.
Ero
una bambina vivace, con più cicatrici sulla pelle che denti in bocca e dotata
di una bella parlantina che - a tratti - diventava
estenuante.
Fortunatamente
o sfortunatamente - dipende dai punti di vista - ,
sono cresciuta in un paesino di mare della bassa Italia, dove tutti sapevano
tutto, e se anche qualcosa sembrava sfuggire ai loro occhi o alle loro
orecchie, sicuramente avevano la giusta dose di fantasia per provare ad
indovinare o ad inventare una storia verosimile sulla famiglia di turno sotto
ai riflettori del gossip locale.
Nonostante
tutto, non avrei cambiato quel paesino per nulla al mondo. Era la mia casa, la
mia vita e io ero una bambina felice.
Nonostante
vivessi sola con mia madre, avevo imparato fin da subito a sentirmi fortunata e
appagata di ciò che possedevo.
Sapevo
che mio padre era morto, ma ero ben coscia che il paradiso l'aveva ripagato
delle fatiche degli ultimi anni della sua vita.
D'altronde, era morto di cancro alla tenera età di 25
anni, e dopo mesi d’inferno e sofferenze,
finalmente aveva trovato la pace e la tranquillità che
necessitava da tempo.
Mamma
non si era mai arresa, aveva terminato la gravidanza da sola e mi aveva
cresciuto contando solamente sulle sue due braccia.
Era
una grande lavoratrice e questo, ancora oggi, mi riempie
il cuore di gioia ed orgoglio.
Quel
pomeriggio è degno di remora, non solo per il grande divertimento e
spensieratezza tipica di quegli anni, ma perché conobbi una persona speciale.
Poco
dopo il nostro arrivo sulla spiaggia, si posizionò -
di fianco al nostro ombrellone arancione - una famiglia chiassosa che attirò
subito la mia curiosità.
Un
signore con il vocione temibile, una signora in carne dalla pelle lattea ed un bambino dagli occhi incredibilmente blu e i capelli
color caramello scuro sistemarono a turno sulla sabbia i rispettivi teli
colorati.
Ovviamente,
una bambina di tre anni non aveva notato
nemmeno tutti quei particolari, ma la sua attenzione era completamente
catturata dal bambino che rappresentava per lei un agognato compagno di giochi.
Così,
come se l'imbarazzo non fosse un elemento a me congegnato, mi avvicinai a lui
ancora intento a togliersi la sua canotta.
"Ciao! " Sorrisi
armata di paletta e secchiello.
Lui
si voltò verso di me, riservandomi un'occhiata triste e dura. Sembrava lo
sguardo di un adulto, non di un bambino di pochi anni.
"Che
vuoi?"
"Giochi con me?”
Imperterrita
e da sempre testarda, gli mostrai i miei alleati colorati che tenevo tra le
mani come trofei prestigiosi.
Lui
sembrò illuminarsi per una frazione di secondo, ma poi il suo viso si adombrò
di nuovo.
"Non
so se posso..."
Io
mi portai un dito sulle labbra, cercando di pensare ad
una soluzione.
Era
evidente che non mi era facile, d'altronde avevo tre anni e la mia unica
preoccupazione era divertirmi e scoprire nuovi giochi per trascorrere le
giornate più lunghe e noiose.
"Perché
non puoi?"
Lui
non mi rispose, prese solamente una rete piena di formine e si mise a giocare
sulla riva, dandomi le spalle.
Io
misi il broncio, tornando da mia madre a passo di marcia.
"Che
cos'hai, Cristina?"
Lei
mi prese subito tra le sue braccia, nonostante si stesse rilassando all'ombra
dopo una mattinata di lavoro.
"Voglio
giocare!!! Quel bambino non vuole, ma io sì!"
Mia
madre non capì e io ripresi a parlare, cercando di
comunicarle la mia rabbia. "Dice che non può! Ma i bambini
non possono giocare?"
Mia
madre mi accarezzò i capelli, sorridendo.
"Stai
cercando di dirmi che vuoi giocare con quel bambino, ma lui non può?"
La mamma è sempre la mamma.
Lei capiva sempre qualsiasi cosa seppur incomprensibile.
"Sì..."
Mi
baciò sulla fronte, senza smettere di sorridere.
"Magari
è in castigo e i genitori gli hanno impedito di giocare per un po'. Dai, fai la
brava e mettiti a giocare un pochino qui vicino a me."
La
vidi poi distendersi nuovamente sul suo telo e concedersi un po' di riposo.
Io
cercai di obbedirle, di stare tranquilla sotto l'ombrellone a giocare con la
sabbia fresca, ma sapevo che mi sarei divertita di più in compagnia di qualcun'altro.
Cercai
tra i vicini qualche bambina disposta a stare con me, ma ovunque guardassi
vedevo solo il viso dolce e triste di quel bambino.
Aspettai
il momento giusto - quando la mamma iniziò a sonnecchiare tranquilla - e mi
diressi velocemente verso la buffa coppia di adulti che si rilassava al sole.
"Signore?"
L'uomo
dal fisico asciutto e muscoloso, alzò gli occhi dalla
sua gazzetta sportiva.
Mi
sorrise accondiscendente, posando il giornale sulle sue ginocchia. "Mi dica, signorina."
Io
mi avvicinai al suo orecchio, per paura di svegliare la mamma. "Posso giocare con tuo figlio?
Lui ha detto di no, ma se glielo dici tu, lui dice di sì."
Ricordo
ancora il suo sguardo dolce e divertito, quando ancora Mario sapeva reggere i
bicchieri di troppo che si concedeva sempre più spesso.
Ma, in quegli anni così felici, tutto risplendeva.
"Solo
perché sei stata molto carina e gentile: va bene. Vai e dire a mio figlio che
la sua punizione è terminata."
Il
sorriso mi spuntò sul viso, nonostante la voce di quell'uomo mi
intimorisse molto. Sul momento, però, la gioia prese il sopravvento e mi
precipitai di corsa da quel bambino con un volto bellissimo, senza ancora un
nome.
"Hey, hey!" Lo raggiunsi
saltellando, cercando di catturare la sua attenzione.
Ci
riuscii, perché abbandonò all'istante le sue formine, per guardarmi
incuriosito. "Ancora tu?"
Mi inginocchiai di fronte ai suoi occhi,
sorridendo felice.
"Il tuo papà ha detto che puoi giocare con me. Il
castigo non c'è più."
Lui
prima mi guardò con diffidenza e poi mi sorrise soddisfatto. Solo
ora posso affermare che quel sorriso mi colpì
più dei suoi occhi. Non perché fosse pieno di buchi neri e denti di diverse
misure, ma perché aveva il sorriso più sincero che avessi mai visto.
"Evviva!!! Così posso andare in
acqua!" Si alzò raggiante e si avvicinò al mio viso in pochi secondi.
"Grazie
mille, bambina. Come ti chiami?"
"Cristina.
Tu?"
"Roberto.
Di solito non gioco con le femmine, perché sono noiose. Però
tu sei stata brava e allora possiamo giocare un po'. Andiamo?"
Mi
alzai in piedi anch'io, irritata dalle sue parole.
"Le
bambine non sono noiose!!!"
Lui
sbuffò, iniziando ad entrare in acqua senza di me.
"Vieni
o no?"
Lo
guardai in silenzio, decidendo sul da farsi. Del resto avevo creato tutto quel
pandemonio, perché volevo un compagno di giochi e non sarebbe stato giusto rinunciare
al divertimento per così poco.
"Sì."
Mi
avvicinai all'acqua, ma mi accorsi che era molto fredda.
"E
adesso che hai? Vieni!"
Misi
il broncio, intristendomi.
"È
tanto fredda..."
Roberto
sbuffò e ritornò sui suoi passi, prendendomi per mano.
Solo
la mamma e i miei parenti solevano farlo ed era strano vedere la mia manina
custodita da un'altra mano altrettanto piccola.
"Ora
entriamo insieme, così non avrai freddo. Se non ce la
fai, non mi interessa proprio."
I
maschi erano proprio antipatici, pensai all'epoca, ma nonostante tutto Roberto
si comportò magnificamente con me.
Giocammo
moltissimo in acqua, tanto che mia madre mi costrinse ad
uscire perché tremavo e avevo le labbra blu.
Roberto
mi segui, come se in quell'ora passata a farci i
dispetti, avessimo instaurato un legame segreto.
Si
presentò a mia madre e, mentre ero ricoperta da due asciugamani per
riscaldarmi, si mise a disegnare in silenzio.
"Che
cos'è?" Chiesi curiosa quando lui mi porse il disegno piegato a quattro.
Roberto
fece spallucce ed aspettò il mio parere.
Aprii
il foglio e trovai il disegno di un bambino con un sorriso sdentato,
ma felice.
Era
lui.
"Che
bello!! Ma
io so disegnare meglio."
Lui
mi fece la linguaccia che ricambiai subito.
"Con
questo disegno, puoi ricordarti di me
domani."
Sicuramente
non me lo sarei dimenticato per nulla al mondo, ma se quel gesto allora mi
sembrava da stupidi, ora mi fa riscaldare il cuore.
Nonostante
siano passati troppi anni da quel ritratto, Roberto - ai miei occhi -
continuerà ad avere cinque anni, profondi occhi blu e un sorriso giocoso pieno
di finestrelle nere e denti di diverse misure.
Anche
se la vita ha cercato di cambiarlo e distruggerlo, lui rimarrà per sempre il
mio migliore amico. La persona più importante della mia vita.
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Buonaseeeera! (cit.)
Dopo una piccola pausa,
sono tornata con una storia nuova nuova!
Per chi mi segue da tanto, probabilmente non ne potrà più dei
miei deliri… Ma! Eh sì, c’è un ma!
Questa volta scriverò una storia un po’ diversa dal solito.
Parlerò di migliori amici, di distanza, di sofferenza e dolore.
Ma non mancherà lo zucchero, il romanticismo e tanto diabete come
piace a me.
Essendo all’inizio, non voglio rivelarvi molto, ma vi garantisco
che questi due personaggi sono particolarmente amati dalla sottoscritta :)
Questo capitolo è stato facile da scrivere. Cristina è nel
presente e ricorda questo episodio della sua infanzia.
Nei prossimi capitoli scopriremo cosa è successo a Roberto e
come mai Cristina lo ricorda con tanta amarezza.
Per curiosità e altro, sono sempre qui nel mio gruppo.
Ora vi saluto e vi aspetto al prossimo aggiornamento!
Un bacione enorme <3