La guardo mettersi la camicia.
I capelli come covoni di paglia
arruffati dalla notte passata con me.
La sua faccia assonnata,
stravolta, con la matita della sera prima un po' sbafata e la riga del cuscino
ancora addosso.
Tenta di infilare il primo bottone
nell'asola, piegando la testa verso il basso e corrucciando le sopracciglia
dorate in maniera concentrata.
Non ce la fa.
S'imbroncia come una bambina, poi
sbuffa e si strofina gli occhioni azzurri ed un po' arrossati con le sue belle
dita curate, nel vano tentativo di svegliarsi almeno un
po'.
Sbadiglia coprendosi vagamente la
bocca con il dorso della mano ed inarca la schiena per stiracchiarsi come una
gatta.
È solo mia in questo
momento.
Non sa che sono sveglio e che
nascondo il mio sorriso innamorato appena sotto il
lenzuolo.
Ritenta di allacciare la camicia,
ma parte direttamente dal secondo bottone, sporgendo leggermente le labbra
rosee, come se quell'operazione l'annoiasse molto.
Arriva in fondo e la sento
imprecare a bassa voce, "Merde!": ne ha dimenticato uno e di
conseguenza anche tutti gli altri sono nell'asola
sbagliata.
Li slaccia e io cerco di non
ridere per non farmi scoprire.
È proprio lenta al mattino!,
sembra quasi che non abbia mai veramente voglia di vestirsi, di pettinarsi, di
iniziare la giornata.
Si alza sempre un po' prima di me
per fare le sue cose con calma, non si è mai accorta che la spio mentre la sua
parte pigra e disordinata combatte contro quell'apparenza splendida e perfetta
che tutti ben conoscono.
Quando è pronta e vestita di tutto
punto torna a letto, sdraiandosi sul fianco accanto a me e mi passa le dita tra
i capelli una volta o due, scorrendoli in tutta la loro
lunghezza.
Mi chiama piano per nome con la
sua voce dolce e flautata, sempre un po' musicale, e mi dice che è ora di
svegliarmi, che sono paresseux.
Finalmente è riuscita ad
allacciarsi la camicia, ora mancano i polsini: quelli tanto eleganti che hanno i
bottoni fino a metà avambraccio.
Nessuno sa quanto sia difficile
allacciarseli con una mano sola, ma il mio amore non si lamenta e non chiede mai
aiuto, sospira appena prima di cominciare l'impresa.
Mi sembra quasi di sentirla: "Si belle tu veut
paraître."
È faticoso per una rosa preparare
tutti i suoi petali con diligenza prima di sbocciare, li sceglie con cura, li
prepara con un accortezza infinita.
Ma la mia Fleur è diversa da tutti
gli altri fiori, c'è sempre tanta fragilità dietro la sua bellezza, tanta rabbia
nel cercare di dimostrare al mondo che lei non è solo un'oca bionda. A volte
penso che odi ogni singolo complimento che riceve.
Ha tutto quello che ogni ragazza
vorrebbe avere: è bella, è ricca, è ammirata.
Perché allora ha passato tutti i
giorni della sua carriera scolastica a Beaux Bâton a studiare come un'invasata?,
a partecipare ad ogni singolo club o attività extrascolastica?
Perché decidere di fare un lavoro
noioso alla Gringot, quando avrebbe potuto farsi tranquillamente mantenere da
suo padre o sposarsi con qualche damerino che l'avrebbe viziata come una
principessa?
Perché, tra tanti spasimanti
gentili ed educati che stravedono per lei, ha scelto me?
Un inglese squattrinato nonostante
lavori in banca, con la pelle lentigginosa bruciata dal sole dell'Egitto, con
una famiglia rumorosa ed invadente che fa di tutto per dimostrarle che è fuori
posto?
Si è innamorata di me, ha detto.
È entrata nel mio ufficio una
mattina, con una camiciola simile a quella che ora sta disperatamente tentando
di allacciare.
È entrata e mi ha guardato con i
suoi begli occhi azzurri, stringendo le labbra piene fino a sbiancarle, con
qualche pratica in mano.
Non eravamo mai usciti insieme,
non avevo mai neanche pensato di chiederglielo.
Avevamo parlato ogni tanto,
ricordando la prima volta che c'eravamo visti al torneo Tremaghi o
chiacchierando di cose banali, come si fa tra colleghi, ma non avevo mai
seriamente pensato a lei in quel modo.
Certo trovavo oggettivamente che
fosse bellissima ed intoccabile, forse troppo.
La sua presenza mi faceva sentire
come se fossi tornato a scuola, io il solito Weasley con la divisa di seconda
mano e lei la reginetta del ballo, quella per cui tutti sbavano: troppo bella e
popolare per non sapere chi è, ma non abbastanza falsa o pretenziosa per
odiarla.
L'unica soluzione è prendere atto
della sua esistenza e trattarla come si farebbe con un qualsiasi essere umano.
Niente di più, niente di meno.
Credo di averla fatta sentire
insicura con il mio modo di fare, mi chiese addirittura se la trovassi
antipatica.
In realtà voleva sapere perché non
le morivo dietro: chi è abituato ad ottenere sempre tutto senza il minimo
sforzo, finisce per desiderare proprio ciò che non può
avere.
È strano come va a volte il mondo,
più lei cercava di farsi notare e più io sorridevo pensando ad altro, più io non
la notavo e più lei si sforzava di piacermi.
Non lo facevo apposta, ma proprio
non mi accorgevo del suo interessamento.
Avevo altro per la testa in quel
periodo e non avevo una ragazza fissa, ma Fleur una sera mi aveva visto uscire
dal lavoro con Carmen, un'altra praticante. Ridevamo.
E quel mattino alzai gli occhi
dalla mia scrivania e me la trovai davanti che mi fissava, senza dire una
parola.
Non aveva mai dovuto fare niente
di speciale per attirare l'attenzione, era abituata allo sguardo degli uomini,
riteneva naturale che la guardassero, così ora non sapeva bene come
comportarsi.
< Hai bisogno di qualcosa,
Fleur? > le chiesi dopo qualche secondo di silenzio.
Lei spalancò un po' di più gli
occhi, come se fosse stata colta a fare qualcosa di sbagliato, poi li abbassò e
disse con quel suo accento francese < Non. Volevo solamonte dirti che Carmén
è una ragassa molto fortunata. >.
Non arrossì, alzò di nuovo lo
sguardo ed fece un piccolo sorriso stringendo al petto le sue pratiche, per poi
voltarsi ed uscire, lasciandomi interdetto.
Ci misi un po' ad interpretare la
sua frase criptica talmente era lontana da me l'idea che io potessi piacerle e
anche quando la invitai a prendere un caffè, stupendola, fu più per assicurarmi
di non essermi immaginato tutto.
Non ero innamorato di lei.
Certo era bella, era intelligente,
era dolce, spiritosa e tutto. con lei mi divertivo, ma.
Avevo sempre la sgradevole
sensazione di non meritarmela.
Sembrava tutto uno strano sogno,
di quelli in cui sai che stai sognando.
Come ho potuto essere così cieco,
amore mio?
Lo penso ancora mentre continua la
sua opera di vestizione, un bottone dopo l'altro, un'asola dopo
l'altra.
Cosa deve fare la più bella
ragazza che io abbia mai visto per farmi capire che mi
ama?
< Bill.? > aveva le chiavi
di casa in mano, stavamo sul pianerottolo, davanti alla sua porta verniciata di
rosa.
< Mh? > risposi
sbadatamente, dando un invidiabile sfoggio della mia eloquenza. Fortuna che
allora non mi importava granché di fare bella figura con
lei.
Sorrise appena. Erano sorrisi
appena accennati quelli che faceva guardando me, meno vistosi di quelli che
rivolgeva agli altri, ma in un certo senso più dolci.
Lo fa ancora
adesso.
< Mi sono inamorata di te. >
lo disse con una semplicità disarmante, studiando il mio volto stupito per avere
una possibile risposta.
Non era imbarazzata, arrossii io
al posto suo, colorandomi fino alle orecchie come non mi succedeva da anni.
Se vi è mai capitato di ricevere
una dichiarazione di questo genere da qualcuno, potete capire come mi sentii.
Non è importante che voi ricambiate o no, all'inizio è sempre un pugno nello
stomaco, senso di nausea e vertigini correlate.
Poi potete decidere cosa provate
voi per questa persona e qui si comincia a sentirsi male sul
serio.
Insomma, era il nostro primo
appuntamento!
< F-Fleur io. >
balbettai.
Poteva avere qualsiasi uomo.
Chiunque al posto mio avrebbe fatto i salti di gioia.
Lei annui leggermente, con un
sorrisino un po' triste ma ancora dolce, come se se lo fosse
aspettata.
< Sci vediamo domani, alora. -
mi salutò infilando la chiave nella serratura - Bonne nuit, Bill.
>
La porta si chiuse poco dopo,
senza che io avessi risposto.
Mi aveva colpito, dovevo
ammetterlo.
Ogni suo gesto, ogni sua parola,
ogni sua inflessione.
La sua eleganza, la sua modestia,
la sua innocenza.
Mi resi conto solo in quel momento
di quanto fosse fragile ed indifesa, di quanto la sua felicità o la sua
tristezza dipendessero da me.
Non potei che ammirare la sua
classe, la sua fierezza, mentre me lo rivelava e si sentiva
respinta.
Un altro piccolo
bottone.
Hai pianto quella sera,
Fleur?
Non ebbi il coraggio di bussare,
non avrei saputo cosa dire.
Me ne andai con la testa confusa e
lo stomaco che mi faceva male.
La guardavo per ore in ufficio,
chiedendomi come era potuto succedere, e lei ogni tanto se ne accorgeva e mi
sorrideva in quel modo che sentivo già mio.
Non ci parlavamo quasi, non mi
rivolgeva mai la parola per prima, sembrava aspettasse il mio
permesso.
Fu di nuovo quella porta rosa la
testimone delle nostre dichiarazioni.
< Sciao, Bill! - disse un po'
sorpresa, sorridendo e portandosi i lunghi capelli dorati su una spalla sola con
un gesto della mano - Cosa sci fai da queste parti? >
Mi morsi un labbro, era
bellissima. Avrei voluto dirglielo.
Avrei voluto dirle che da quando
mi aveva detto quelle cose non riuscivo a pensare ad altro che a
lei.
Avrei voluto dirle che non volevo
sorridesse in quel modo a nessun altro, che adoravo quando lo
faceva.
Avrei voluto dirle che mi
dispiaceva di averla fatta aspettare così a lungo per una
risposta.
E invece me ne stavo lì, con le
mani nelle tasche dei jeans e la gola secca, sentendomi più stupido e colpevole
che mai.
Non le dissi mai che mi ero
innamorato anch'io, ma credo lo capì ugualmente.
Le appoggia una mano sul lato del
collo scoperto e le cinsi la vita con l'altro braccio, tirandola verso di me
mentre la baciavo.
Si lasciò
baciare.
Ero talmente perso in lei che mi
accorsi solo dopo un po' che stava rispondendo al bacio, che avevo le sue
braccia intorno al collo e che me la stringevo addosso stretta, per imprimermi
nella mente quella sensazione magnifica.
Sembrava quasi un
sogno.
Con Fleur ogni giorno sembra
sempre un sogno.
Ha finito di allacciare il
polsino.
La guardo come la guardai allora e
mi sembra ancora più bella, anche con il trucco sbafato ed i capelli
spettinati.
Mi sono innamorato di lei
guardandola mangiare il cibo ipercalorico della cucina di mia madre, mentre lei
e Ginny la trafiggevano con lo sguardo in una minaccia silenziosa e i miei
fratelli la guardavano allupati sbavando nel piatto.
Mi sono innamorato di lei quando
ha guardato quella misero anellino di fidanzamento come se nel mezzo ci fosse
stato un solitario, annuendo con le lacrime agli occhi alla mia proposta prima
di saltarmi al collo con il suo < Oui! Si! Oui! >.
Mi sono innamorato di lei
svegliandomi in un letto di ospedale con la faccia sfigurata e trovandola
addormentata sulla sedia, con le dita ancora intrecciate alle
mie.
Mi sono innamorato di lei quando
con gli occhi ancora gonfi di pianto l'ho vista litigare con la mamma per
prendersi cura di me durante la convalescenza.
Mi sono innamorati di lei un po'
di più ogni giorno, è questo il suo incantesimo, l'amore che non speravo di
trovare.
Mi sto innamorando di lei anche
adesso, mentre cerca di infilare il bottone nell'asola del secondo
polsino.
Il destro, si sa, è più
difficile.
Decido di aiutarla anche se questo
vuol dire non poterla più osservare in versione appena
sveglia.
Mi alzo piano e le prendo il
braccio con delicatezza cominciando ad allacciarle i bottoni.
Sono davvero minuscoli questi cosi
e lei mi guarda sorpresa, sorridendo come piace a me. Mi sento la gola secca e
non mi vengono le parole per dirle quanto la amo.
Mi bacia la guancia, proprio lì
dove corre la cicatrice che mi sfigura, e quando ho finito mi da un bacio
vero.
< Je t'aime. > sussurra a
fior di labbra e lo sa che vorrei fare lo stesso.
Dite che si arrabbia se le tolgo la camicia?
***
Piccola one-shot scritta a S. Valentino ^__^
Nata così, per una camicia che non ne voleva sapere di farsi allacciare...
Dedicata a te, Jesus, perché te lo meriti. Spero che ti piaccia.
Baci a tutti
*Lem*