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Autore: Ali_Nott    28/08/2012    2 recensioni
Dal primo capitolo:
"Un rumore secco e sonoro mi provocò quasi un infarto. Saltai indietro mentre avevo messo una mano sul petto, andando perfino a sbattere contro una ragazza che stava passando di lì. Posai gli occhi sulla mano appoggiata sul mio armadietto ormai chiuso, risalendo con lo sguardo fino ad incrociare due occhi chiari che, ormai, conoscevo fin troppo bene.
«Ehi, Moran, ben tornata a scuola» E il solito strafottente ghigno fece capolinea sul suo volto."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo II  

«Sei.Per.Caso.Impazzito?» Mi avvicinai a lui con un unico lungo passo, colpendolo con un forte pugno sul braccio sinistro tra una parola e l’altra che avevo pronunciato, mentre cercava invano di difendersi dal mio attacco omicida. Agli occhi degli altri, in quel momento, quella pazza sarei sembrata io, e non Adrian Carter, francesino arrivato a New York da quattro anni. Alto, magro con muscoli al punto giusto, occhi verdi e capelli scuri che gli ricadevano selvaggi sulla fronte. Se non fosse stato per il suo carattere forse lo avrei anche trovato attraente. Giocava nella squadra di basket da due anni, di cui in un baleno ne era diventato il capitano. Tutti stravedevano per lui – o meglio, tutte – eccetto me che, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare ogni volta che lo incrociavo, era a quante pizze in faccia sarebbero servite per toglierli quello stupido sorrisetto strafottente dalle labbra.
Lui è irritante, maleducato, strafottente, e doppio irritante, e anche triplo irritante! Era irritante alla cinquantesima, ecco cos’era!
Stavo giusto per rincominciare a riprenderlo a cazzotti dopo una piccola pausa, ma lui se ne accorse e riuscì a bloccarmi entrambi i polsi con un’unica mano, mentre teneva l’altra ancora poggiata sul mio armadietto. «Cara, piccola, Alinuccia… sospettavo di esserti mancato dopo il nostro ultimo incontro in piscina un mese fa, ma non immaginavo a livelli così alti, arrivare perfino ad assalirmi davanti a metà scuola» Per la prima volta, dopo circa tre settimane, i flashback del nostro ultimo incontro tornarono alla mente: avevo trovato un lavoro estivo alla piscina poco lontana da casa mia, tutto ciò che dovevo fare era insegnare - o almeno provarci - a nuotare a dei bambini. Facile no? Due piccioni con una fava: non solo avevo l’occasione di mettere qualche soldo da parte, ma anche quella di passare più tempo con dei marmocchietti e, cosa ancora migliore, in acqua. Adrian si era avvicinato alla piscina dei piccoli quando ormai mancava mezz’ora alla fine del corso e, dopo qualche solita frecciatina, era entrato in acqua e mi aveva aiutata con quei bambini, il tutto continuando a bisticciare davanti a loro che, tra l’altro, in quel momento sembravano molto più maturi di noi due ragazzi, di cui uno perfino maggiorenne.
Schioccò la lingua, come per disapprovazione, mentre io mi limitavo a lanciargli uno sguardo omicida attraverso le palpebre strette a fessura per il doppio senso celato dietro la sua frase.
Ho già detto di trovare quel ragazzo davvero tanto, troppo, irritante?
Cercai di strattonare le mani per liberarmi dalla sua presa ferrea, ma lui non accennava a lasciarmi, e la cosa non fece altro che far salire il mio nervosismo e quindi, di conseguenza, allargare il suo ghigno, ancora più soddisfatto e strafottente. Incredibile, qualunque cosa dicessi o facessi alla fine, la maggior parte delle volte, mi si ritorceva contro.
Non trovando altra soluzione più matura, sorrisi a mia volta, notando immediatamente il cambiamento di espressione del ragazzo: da sicuro di sé a dubbioso, e infine, curioso per quel cambiamento improvviso.
Mi abbassai leggermente ma con decisione verso le nostre mani, aprendo poi la bocca e mordendo la mano di Adrian che, come avevo sperato, ritrasse subito indietro il braccio per il dolore, lasciandomi finalmente libera. Lo vedevo dalla sua espressione: era rimasto sorpreso da quel gesto e io, per una volta, ero davvero soddisfatta di me stessa.
Mi posizionò con decisione la mano davanti al volto per farmi vedere i segni che avevo appena lasciato sulla sua pelle «E poi sarei io quello impazzito, eh?!»
«Te la sei cercata, avresti dovuto lasciarmi andare fin da subito» Gli rivolsi un finto sorriso innocente, mentre lui continuava ancora a guardarmi a bocca aperta per la sorpresa, mista a un po’ di irritazione. Sistemai meglio la tracolla sulla spalla, prima di dargli le spalle e allontanarmi nella direzione che poco prima anche James aveva preso, salutando Adrian con un cenno della mano.
«Uno a zero per te Moran, ma non finisce qui!» Nonostante fossi ormai a diversi metri di distanza da lui, sommato al forte brusio che ancora si sentiva in corridoio, ero comunque riuscita a capire perfettamente ciò che mi aveva praticamente urlato a squarcia gola. Avevo continuato a camminare senza nemmeno girarmi a rispondergli, incurante del sorriso idiota che avevo stampato in faccia, troppo contenta per come avevo ribaltato la situazione.
 
Era l’una passata e sapevo che di lì a poco tempo la campanella che annunciava la fine dell’ora di pranzo sarebbe suonata, sarebbe stata giusto una questione di minuti.
Spiluccavo ancora con la forchetta le foglie di insalata nel piatto non avendo il coraggio di mangiarle per l’aspetto poco rassicurante; e poi c’era Melanie  accanto a me. Da quando avevamo preso posto al nostro solito tavolo non aveva smesso un secondo di parlare, tanto che arrivai a sperare ci fosse un interruttore per spegnere quella parlantina continua. Sembrava peggio di una macchinetta, non faceva in tempo a concludere un discorso che già ne aveva iniziato un altro, e per di più senza nemmeno prendere fiato, mentre io mi limitavo semplicemente ad annuire qualche volta o mugugnare qualcosa come un “uhm”.
Nemmeno mezza giornata dal ritorno a scuola e già avevo il morale sotto i piedi. Non che fosse successo chissà che cosa, semplicemente avrei preferito fare qualunque altra cosa piuttosto che essere chiusa in quelle mura.
Fu una gomitata ben assestata sul braccio a riportarmi alla realtà.
Melanie, come era giusto che fosse, era passata dal far finta di non capire che in realtà non le stessi prestando la minima attenzione all’innervosirsi per aver parlato al vento tutto il tempo.
«Ahia» Quasi urlai al suo gesto, massaggiandomi con l’altra mano il punto colpito da lei. «Ma che diavolo fai?»
«No, tu che diavolo fai! Sto parlando da sola da quasi mezz’ora, si può sapere che hai?»
«Io? Niente, che dovrei avere scusa?»
«Te lo sto chiedendo apposta, zuccona» E aveva anche già alzato una mano per darmi una botta in testa, ma avevo già messo entrambe le braccia sopra il capo per evitare il colpo.
«Non ho niente, semplicemente non fai altro che fare apprezzamenti sui capelli di James, sugli occhi, le braccia, le mani, e… Il sedere, e soprattutto di cosa gli faresti! E’ mio fratello, non è che impazzisca di gioia ascoltandoti, anche se sei perdutamente cotta di lui» E mi interruppi appena in tempo: Melanie  non amava che le ricordassi i suoi sentimenti; non aveva ancora trovato il coraggio di dichiararsi e ogni volta che provassi anche solo ad incoraggiarla la sua espressione cambiava radicalmente, mostrando una parte di sé che in realtà non si addiceva affatto al suo carattere dolce e solare.
Cercai di rimediare alla situazione cambiando argomento e dedicandole la mia più totale attenzione, e la cosa parve anche funzionare. Bastava davvero poco per distrarla…
«Comunque… Com’è stato il ritorno a scuola?»
«Come tutti gli anni Ali, non è successo niente che potesse rendere il tutto più… Interessante» L’avevo vista indugiare per un paio di secondi, in cerca di un aggettivo particolare da usare, anche se alla fine dovette accontentarsi di un banale “interessante”.  «Tu invece?»
«Mah, niente di che… Solita routine» Alzai poi le spalle, accentuando la noiosità della cosa, spostando in avanti il mio vassoio contenente ancora gli avanzi, mentre osservavo i ragazzi che iniziavano a sparpagliarsi per la sala, diretti probabilmente in cortile per gli ultimi momenti di pausa.
Per la seconda volta in quella giornata, il mio sguardo si incrociò con quello di Adrian mentre camminava a passo deciso a pochi metri da loro. «Se si avvicina gli salto al collo e lo strozzo» Il tutto uscì come un sibilo, mentre io non mi ero nemmeno resa conto di aver dato voce ai miei pensieri, ritrovandomi con una Melanie  che mi osservava curiosa per la mia reazione. Seguì con gli occhi il punto dove fosse diretto il mio sguardo, capendo al volo la situazione. «Siete ancora nella fase fingo-di-non-sopportarti-perché-in-realtà-vorrei-strapparti-i-vestiti?»
Mi girai di scatto verso la mia amica, trapassandola con lo sguardo, irritata dalla sua frase. «Io non sopporto davvero quel ragazzo e non mi passerebbe mai, e ribadisco mai, nemmeno per l’anticamera del cervello di strappargli i vestiti di dosso, nemmeno fosse l’ultimo essere umano con l’uccello rimasto su questo pianeta» Man mano che completavo la frase avevo iniziato ad alzarmi dalla sedia in acciaio, e con me anche il tono di voce era salito di qualche ottava, con la conclusione che avevo fatto un’altra figura del cavolo davanti a tutti. Melanie era ancora fortemente convinta che prima o poi io e Adrian sarebbero finiti insieme – a letto compreso – se avessimo continuato con quell’atteggiamento, e la cosa mi dava un certo fastidio. Ero davvero sicura che mai sarebbe successa una cosa del genere, e non che continuassi a ripetermelo per auto  convincermi come invece pensava la mia amica.
Fu la campanella a salvarmi.
Mai come quella volta fui grata a quel suono e, l’unica cosa che feci, fu salutare con un cenno della mano Melanie prima di fuggire dalla mensa, diretta nuovamente verso la mia classe.
 
Tutto mi sarei aspettata, tranne che essere convocata dal  preside il primo maledetto giorno di scuola. Durate tutto il tragitto verso il suo ufficio avevo pregato più volte mentalmente che non fosse a causa della mia microscopica e insignificante scenata in mensa di poco prima, non riuscendo però a trovare altre motivazioni per quel richiamo improvviso.
Incerta, bussai un paio di volte alla porta, prima di aprirla lentamente ed entrare.
Era tutto proprio come ricordavo. La grande scrivania in legno di quercia davanti all’unica grande finestra a parete della stanza che affacciava su tutto il cortile, un paio di sedie orrende e scomode dove riceveva i suoi “ospiti” e la grande poltrona in pelle dove invece stava lui, un uomo sulla cinquantina, dai capelli grigi e gli occhi chiari, nascosti perennemente da degli occhiali troppo piccoli. Alla sua sinistra una libreria nello stesso legno della scrivania e un fotocopiatrice – forse l’unica funzionante in tutta la scuola – e, alla destra invece, un divano blu a due posti su cui, ci avrei messo la mano sul fuoco, mai nessuno si era seduto.
Con un unico cenno del capo mi fece capire di sedermi e, senza farmelo ripetere due volte, obbedii, curiosa e in attesa di sapere cosa volesse dirmi. Improvvisamente tirò fuori un foglio da una cartellina gialla e me lo porse, in silenzio. Posai gli occhi su di esso, mentre una moltitudine di nomi iniziavano a infilarsi nella mia testa; alcuni conosciuti, altri nemmeno mai sentiti nominare. Alzai lo sguardo, confusa, sul viso del preside, in attesa di una spiegazione.
«Il coach Evans inizierà ad occuparsi anche della squadra di nuoto, Il professor McAdams è stato trasferito in un’altra scuola, sarai tu ad aiutare il nuovo professore con le selezioni e deciderete chi tra quelle ragazze potrà entrare nella squadra femminile di nuoto, e credo ti toccherà fare la stessa cosa anche con quella maschile.»
«Come scusi? Io? Ma… Non è possibile… Io… Non posso accettare questa responsabilità.»
«Ma io non le sto chiedendo di accettare o meno, lei farà come le ho appena detto signorina Moran, non si discute.» Una piccola pausa, dove estrasse un secondo foglio dalla medesima cartellina. «E la prego anche di dare questo foglio ad Adrian Carter: anche lui dovrà fare la stessa cosa con il coach a tutti questi ragazzi e concordare con chi è nella squadra di basket. Se avrà problemi potrà chiedere aiuto a lui, ho sentito che da quest’anno vorrebbe entrare a far parte anche della squadra di nuovo. Un ragazzo dalle mille risorse, non c’è che dire.»
A quelle parole non riuscii a trattenermi e i miei occhi volarono palesemente verso l’alto, prima di incrociarsi nuovamente con lo sguardo ammonitore del preside. Perché tutti lo trovavano così eccezionale? Perché ero l’unica a vedere come che realmente era, e cioè un enorme pallone gonfiato vanitoso che si divertiva a farmi perdere la pazienza?
«Mi aspetto grandi cose da voi due, vedete di non deludermi. Voglio entro due settimane i nomi, ora torni pure a lezione. »
L’unica cosa che riuscii a f are fu annuire alle sue parole, voltandomi poi con entrambi i fogli in mano verso la porta, prima di uscire dall’ufficio.
Un unico pensiero alleggiava nella mia mente: quell’uomo era sicuramente matto. 


Salve a tutti.
Eccomi con il secondo capitolo dove, per la prima volta, vediamo davvero Adrian e Alinee interagire tra loro.
E niente, non farò alcun spoiler sul prossimo capitolo perché so che a qualcuno non farebbe piacere.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

In più vorrei anche ringraziare le due persone che hanno messo la storia tra le seguite e le tre che invece l'hanno messa tra le preferite. :)
Ali_Nott

 

   
 
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