Io sono il salvatore dei maghi.
Io sono
speranza.
Io sono Harry Potter.
Ma sono anche…solo
Harry.
Ricordatelo.
Sono bene, ma anche male. Capitelo, perché in ognuno
di noi c’è un eroe.
Un eroe a cui facciamo appello.
Pensate a me come a
una saetta nel cielo, nelle notti buie di tempesta.
Pensate a me come quel
breve istante di luce, quando tutto sembra perduto.
E poi guardate in voi
stessi.
Io sarò lì.
Una saetta nel
cuore.
Un fiotto di sole filtrò dalle tende della stanza.
Dolce e
carezzevole sfiorò il viso di un grande mago.
Harry Potter mugolò nel sonno,
girandosi supino.
C’era pace, lenta e silenziosa, tenue e sinuosa.
Era
spuntata la luce, dopo la tempesta e insieme ad essa, un piccolo fascio di
colori, fra nubi di panna.
A qualcuno poteva sembrare un arcobaleno. Ad altri
un semplice scherzo degli occhi,
dell’immaginazione.
L’arcobaleno.
Elettra, incurante del sole che le
feriva la vista, guardò quello spettacolo poi seguì la scia luminosa, tornando
verso il letto. Sorrise debolmente, tornando a sedersi sulla sponda su cui aveva
passato la notte.
Si rannicchiò nella parte destra, accoccolandosi in modo da
non disturbare il sonno di Harry.
Su una larga poltrona accanto alla sponda
sinistra c’era Sirius.
In braccio a lui il piccolo Tom.
Il bambino
sembrava ansioso, preoccupato.
A niente era servito cercare di dormire. Nelle
vene, insieme al sangue, gli scorrevano tensione e paura.
Paura di non
vederlo più aprire gli occhi, paura di trovarlo cambiato, di non vedere in
quelle iridi verdi la speranza e il coraggio che un tempo vi avevano
regnato.
Paura di perderlo.
Edvige planò all’improvviso sulla finestra,
sbattendo delicatamente le ali. Entrò dal battente aperto, si accomodò con
eleganza sul suo piolo. Guardò i presenti col suo sguardo ambrato e
intelligente, poi gufò.
Tom tornò a puntare il letto senza smetterla di
agitarsi.
Le sue mani non stavano ferme, dondolava le gambe…e all’ennesimo
sorriso di Elettra, anche Sirius sbuffò.
- Calma, calma.- gli disse Black con
un sospiro e passandogli una mano sulla testa – Harry sta bene, non vedi?-
-
Ma ieri mattina…l’altra notte…insomma…- il bambino si morse le labbra – Bhè…è
morto e con Voldemort…-
- Tesoro, Harry si è scontrato con Lord Voldemort
migliaia di volte.- gli disse Elettra dolcemente – Non ti devi angustiare tanto.
E poi lui non è morto veramente. È sempre stato qui.-
- Ma
era…arrabbiatissimo.-
- Che pretendi.- Sirius cercò di non sogghignare ma le
sue labbra si piegarono comunque – La sua anima si è spaccata in quattro, a
momenti ti uccidevano e hanno marchiato il braccio a tuo cugino, senza contare
che avete tutti rischiato la vita. E’ facile perdere le staffe così, non
credi?-
- In passato ha sbraitato anche di peggio, credimi.- lo assicurò la
Baley, agitando la bacchetta e facendo comparire del caffè per tutti – Si è
comportato abbastanza civilmente, se si può usare questo termine.-
Riddle
non era della stessa opinione ma non replicò, portandosi una delle tazze alle
labbra.
Harry ora gli sembrava così fragile in quel letto.
Così
indifeso.
Un bambino…sopravvissuto.
Nonostante tutto sorrise. Che grande
mago, pensò. Era morto ed era tornato solo per loro.
Le lacrime gli
pizzicarono di nuovo gli occhi ma le trattenne.
Non voleva più piangere. Non
era più tempo di farlo.
Harry era stato coraggioso, Lucilla era stata
coraggiosa.
Draco lo aveva salvato, subendo la vendetta dei suoi
fratellastri.
Più nessuno avrebbe dovuto farsi male a causa sua.
Ora
toccava a lui proteggere Harry e Draco. Proteggere tutti
quanti.
Improvvisamente il moretto mugolò di nuovo e si agitò fra le
lenzuola.
Si stava svegliando.
Elettra e Sirius balzarono in piedi, vicino
alle sponde. Tom rimase un po’ distante, il cuore in gola.
- Ehi…- la strega
si piegò insieme a Black, sul viso di Harry – Ehi…amore, stai
bene?-
Lentamente, le sue palpebre si aprirono.
Sbatterono un paio di
volte, poi inchiodò le iridi su di loro.
- Elettra.-
La strega sorrise,
gli occhi velati e la gioia di colpo esplose.
Gli gettò le braccia al collo e
si schiacciò su di lui. La paura e il dolore della notte prima si sciolsero,
annegando in un mare di pura gioia. Di puro languore.
Harry le carezzò i
capelli, restando sdraiato.
Poi levò gli occhi su Sirius.
- Ciao papà.-
disse in un soffio.
Black tacque, restando immobile, in sospeso, con l’anima
in gola.
- Che c’è?- Harry sogghignò brevemente – Ti dà fastidio per
caso?-
- Canaglia.- gli soffiò allora Sirius, col suo stesso
ghigno.
Maledetta canaglia.
Lo abbracciò stretto quando si mise a sedere,
dolorante e con un’emicrania pazzesca.
Harry non oppose resistenza. Stretto
nelle braccia del padrino sembrava non stancarsi mai.
Era di nuovo al
mondo.
Era di nuovo al suo posto. Ora sapeva.
Non c’era un luogo diverso
adatto a lui. Per quanto duro, per quanto pieno di spine…quella era casa
sua.
L’unica casa che l’avrebbe protetto, nonostante tutto.
Ed era
tornato.
Elettra era lì. C’era Sirius. I suoi amici.
L’amore. L’affetto di
un genitore, dei suoi fratelli.
Inspirò a fondo quando Sirius lo lasciò e lo
aiutò a mettersi in piedi. Accidenti, ora le sue ossa le sentiva tutte, nessuna
esclusa. Ogni fibra, ogni tendine, ogni cellula. Erano tutti lì presenti e
strillavano per farsi sentire.
Era vivo.
- Oh, si è svegliato.-
La
porta sbatté con forza e Draco Malfoy apparve sulla soglia.
Harry non fece
neanche in tempo ad aprire bocca per salutarlo magari, che un pugno pesante come
un macigno lo prese sulla mascella e volò sul pavimento, con un tonfo.
Tempo
un altro istante e si stavano massacrando, Draco per la rabbia, Potter più che
altro per difendersi.
E Sirius li guardava rotolarsi per terra, l’espressione
di uno che ormai ha visto troppo per aprire bocca.
- Ma che cos’è questo
baccano accidenti?- sbraitò Ron mettendo la testa nella porta insieme a Jess, la
Mcgranitt e Tonks – Oh no! Non cominciate!- aggiunse, quando vide cosa stavano
facendo – Insomma ragazzi!-
- Black hai intenzione di guardare ancora a
lungo?- sbuffò anche Lucius Malfoy, entrando con suo passo sprezzante.
- In
questi anni ho imparato a non mettere bocca quando si pestano.- sentenziò Sirius
serafico, spostandosi leggermente quando gli caddero ai piedi e cominciando a
volare anche insulti – Ma se vuoi provarci tu…sarei curioso di vederti con un
occhi nero. È una buona occasione Malfoy.-
- Ma sta zitto.- si schifò Lucius,
dando un calcetto al gomito di suo figlio – Avanti…Draco…oh Draco…e
basta!-
- Hn, se fai così ti risponderanno subito.-
- Un giorno creperai
sul serio Black, fidati.- lo minacciò il biondo.
- Potrei dirti la stessa
cosa, capellone.-
- Cane da riporto.-
- Te la tiri troppo, idiota.-
-
Ma che cos’è, un asilo nido questo posto?- ululò Ron, mettendosi in mezzo e
andando a prendere Malfoy junior per la camicia – Avanti basta! E che cazzo
Malferret, s’è appena ripreso!-
- Pensa ai fatti tuoi Donnola!- tuonò Draco
furibondo, un livido sullo zigomo e tutto spettinato.
- Ma che cazzo t’è
preso, si può sapere?- urlò Harry di rimando, faticando a rimettersi in piedi –
Perché mi hai picchiato?-
- Perché sei un fottutissimo bastardo, ecco cosa!-
gridò Draco di rimando, gli occhi incendiati.
Tempo pochi minuti e tutta la
stanza si riempì di curiosi e mezzi addormentati, tipo Blaise che era pesto di
sonno e gli ex studenti che non capivano cosa fosse quel chiasso. Alla fine
riuscirono a separare sia Black e Malfoy che i due giovani Auror ma i litiganti
continuarono a fissarsi in maniera alquanto bellicosa.
Allontanati di
qualche metro l’uno dall’altro, la Mcgranitt riportò un po’ d’ordine e poi si
misero a tavola per la colazione anche se c’era un bel po’ di veleno sparso in
qualche tazza a caso.
Draco restò del suo umore più funereo per tutto il
tempo e a nulla valsero i tentativi di Potter di capire cos’avesse.
Niente,
una tomba. Allora che andasse al diavolo, quel fesso.
- Tutti vivi?-
s’informò, mentre aspettavano Silente.
- Si, tutti.- gli sorrise Elettra da
cui il moro non si staccava più.
- Ed Herm dove sta?-
Tutti tacquero. Già.
Dov’era Hermione?
- Porca di quella gran…- Draco buttò la forchetta nel
piatto con stizza, afferrando la mappa del Malandrino. Eccola lì, non era a
Hogwarts! Era andata da Crenshaw, ne era sicuro!
- Io quella maledetta
mezzosangue la uccido, giuro che lo faccio! Il Ministero dovrebbe abrogare una
legge che impedisce a lei e a quelli della sua pasta di andare in giro da
soli!-
- Certi purosangue invece dovrebbero essere chiusi ad Azkaban a vita,
sai?- gli rinfacciò Ron.
- Ma va’ al diavolo anche tu Weasley.-
- Hn, di
buon umore Dray.- insinuò Zabini, scolandosi il caffè – Hai dormito male?-
-
Il mostriciattolo mi ha ficcato troppe gomitate nella schiena.- sbuffò il
biondo, facendo arrossire il piccolo Riddle – A che ora ti sei alzato eh?
All’alba?-
Tom levò le spalle – Non avevo sonno.-
- Si, si nota dalle tue
occhiaie.-
Qualcuno ridacchiò, poi arrivò Piton e Sirius perse del tutto
l’appetito, mettendo una smorfia.
- Che hai Black? T’è andato di traverso
qualcosa?- sibilò il professore di pozioni.
- Si, la tua presenza.-
- Stai
diventando scontato, sai cane rognoso?- frecciò Lucius sarcastico – Non hai
quella bella casa da sistemare? Dovresti andare in giro con scopa e paletta e
dare una bella rassettata. Non hai nulla da spolverare? Eh?-
- La parte
sinistra del tuo letto forse.- fu la risposta pungente di Sirius che prese in
pieno il bersaglio.
Stavolta rise anche Remus sotto i baffi e stavano già
per saltarsi al collo quando tornò finalmente Hermione.
Era tutta sporca e
lacera e dalla sua espressione, Draco non ebbe veramente il coraggio di
parlare.
- Buon giorno.- si azzardò Neville, l’unico a volersi
suicidare.
Gli arrivò in risposta un ruggito e la videro correre a cambiarsi,
veloce come un treno.
Decisamente non aveva trovato Jeager.
- Buco
nell’acqua eh?- bofonchiò Trix, seduta fra Milo e Jess.
- Mi sa di si.- annuì
Morrigan – Allora? Quando arriva il preside?-
- Un attimo e sarà qua. Era
nell’ufficio a parlare con Orloff.- sibilò Piton, sedendosi a debita distanza da
Sirius e Remus – A quanto pare sono sorte rogne a causa dell’utilizzo di magie
proibite.- e dicendolo scoccò un’occhiataccia a Harry.
- Mi scusi professore
ma che doveva fare?- si azzardò Pansy – Orloff dovrebbe risolvere ben altri
problemi.-
- E’ quello che gli starà dicendo il professor Silente.- sospirò
la Mcgranitt – Severus e gli studenti?-
- Sani e salvi. Stanno già ricamando
nei corridoi.-
- E per la mia inchiesta?- s’informò Draco con aria
indifferente.
- Verrà insabbiata, tranquillo.- Piton agitò la mano – Il
professor Silente ha capito che a Orloff importa poco della morte dei
Mangiamorte. A lui interessa solo sapere che il signor Potter è ancora vivo e
che continuerà a fargli da alza bandiera.-
- Piano con le parole Mocciosus,
c’è rimasto secco l’altra notte.- l’avvisò Sirius con tono tetro.
- E adesso
è vivo, Black.- replicò Piton gelido – Quindi tieni a freno la lingua e
rilassati. James non si starà rivoltando nella tomba.-
- Lasciate fuori mio
padre dai vostri discorsi.- disse Harry pacatamente, zittendoli – Per il resto
state tutti bene?-
- Una favola.- sorrise Blaise – Edward ha fatto un po’ i
capricci ma sta riposando e si riprenderà presto.-
- Katrina?-
- Morta.-
l’informò Jess – Grazie a Degona.-
- E il corpo di May?-
- I genitori sono
venuti a prenderlo ieri.- sussurrò Ron – Ci avviseranno per i funerali.-
-
Perfetto.- disse Harry tristemente.
- Ma tu signor Potter…sei sicuro di stare
bene?- gli chiese la Mcgranitt – Quella magia deve averti stremato.-
-
Infatti mi sento a pezzi.-
- Sicuro che tutto sia al suo posto?- insinuò
Neville ridendo.
- Già, il cervello c’è ancora?- aggiunse Seamus – Oppure non
c’è mai stato?-
Potter non fece in tempo a sibilare un rispostaccia che la
porta della Torre si spalancò di nuovo di botto.
- Tom! Oddio, meno male stai
bene!-
In un attimo il piccolo Riddle venne sommerso da parenti
stretti.
Sua zia Andromeda gli si era catapultata addosso e aveva quasi
ucciso Lucius col braccio, cacciandogli il gomito in un occhio. Sulla porta
anche Narcissa, accompagnata da Tonks, Jane e Liam Hargrave.
- Zia!- il
bambino sorrise, facendosi quasi strozzare – Ma cosa ci fai qua?-
- Ninfadora
mi ha detto tutto!- alitò Andromeda, guardandolo ovunque nel caso fosse ferito –
Dio, stavo morendo di paura! E tu che cosa diavolo ci fai qua?!- sbraitò,
cambiando tono e avvedendosi di Lucius.
- Grazie, anche io sono contento di
vederti.- frecciò quello, schifato e riattaccandosi al caffè.
- Crepa.- gli
disse la strega senza tanti complimenti – E tu Draco? Tutto bene tesoro?-
-
Una meraviglia.- sibilò ironico – Ciao mamma.-
Narcissa gli sorrise
vagamente, abbracciando Tom a sua volta – State tutti bene vedo. Meno
male.-
- Ciao Jane!- cinguettarono gli altri, facendo a gara per farsi
abbracciare – Hermione arriva subito!-
- Come sempre vi trovo in forma
ragazzi.- rise lei – Non sembra neanche che abbiate rischiato la pelle.-
-
Siamo a prova di Mangiamorte, lo sai.- fece Ron soave – Avete sentito qualcosa
venendo qua?-
- La Gazzetta del Profeta non si è ancora inventata balle
decenti.- rognò Liam cupamente – Allora? Dove stanno i Lestrange?-
- Una muta
a farsi controllare la voce, l’altro forse a farsi riattaccare un braccio.-
disse Blaise tranquillissimo.
Già, se n’era scordato.
Tom si estraniò dai
presenti, guardando fuori dalla finestra.
I suoi fratellastri erano fuggiti.
Suo padre era vivo anche se ancora imprigionato.
Ora scattava una lotta
contro il tempo.
Una ricerca antica e difficile. Quella dei dodici Veli
rimasti.
Per quanto ancora sarebbe andata avanti quella guerra?, pensò
posando gli occhi bluastri su Harry.
Per quanto ancora il bambino
sopravvissuto sarebbe riuscito a opporsi, da solo?
Harry aveva bisogno di una
mano. Qualcuno doveva proteggerlo…
E Lord Voldemort…si, Lord Voldemort doveva
morire. A niente purtroppo sarebbe valso rinchiuderlo.
Finché ci fosse stata
anche solo una possibilità di riportarlo in vita, con l’incantesimo più corrotto
mai esistito, i suoi Mangiamorte sarebbero prolificati, rendendo ogni loro
sforzo vano.
Ma suo padre non era l’unico ad incarnare il suo ideale. Tom
l’aveva capito dai discorsi di Vanessa.
I Mangiamorte lo consideravano la
speranza, la loro speranza.
Lui, figlio del Signore Oscuro, era la speranza
che si perpetuava.
Ora anche era lui, come Harry, era un vessillo.
Ma
c’era un modo per fermare quell’ingranaggio, continuò a dirsi, mentre Potter si
metteva in piedi dicendo che aveva una cosa da fare. Si, pensò Tom con un mezzo
sorriso.
Anche lui, come gli Auror, per fermare i Mangiamorte aveva sei
anni.
E poi avrebbe spezzato la loro speranza.
Quell’ideale che
suo padre tanto perpetrava, doveva essere distrutto.
Per il bene di tutto ma
specialmente per quello del bambino sopravvissuto.
Wizards’
Graveyard, Cimitero dei Maghi.
Il sole stava tramontando e l’aria tiepida di
maggio stava accarezzando i fiori selvatici della campagna inglese, pettinando
ciuffi d’erba smeraldini e le lapidi mute e addormentate.
C’erano poche
persone, pochi maghi dall’aspetto anziano che vagavano nei cortili interni e il
piccolo Tom si guardava attorno, cercando di non farsi abbagliare dal sole
aranciato e vermiglio del tramonto.
C’erano tanti uccellini, specialmente
ghiandaie.
Erano allegre e non la smettevano di cinguettare anche a quelle
ore tarde, comunque misero un leggero sorriso sul volto del piccolo Riddle che
non era mai stato in un posto simile.
Naturalmente non era andato per
salutare i suoi parenti ma solo per accompagnare Harry.
A sorpresa, all’ora
di pranzo, Harry aveva espresso il desiderio di uscire da Hogwarts per qualche
ora per andare al Cimitero dei Maghi e così in parecchi si erano offerti di
accompagnarlo.
Sirius e Remus per primi, poi Hermione, Ron, Elettra e anche
Draco al cui braccio Potter si era attaccato dopo la rissa e non erano più
riusciti a separarsi.
Pansy invece era rimasta al castello per controllare le
condizioni di Edward e Blaise, così come Milo si sarebbe preso cura di Beatrix.
Era stato Silente stesso, oltre a Damon e Claire, ad invitarlo ad andare
tranquillamente con Harry e sebbene fosse stato molto teso all’idea di entrare
in quel posto dove naturalmente c’erano alcune persone morte per mano di suo
padre, i genitori di Harry compresi, ora il maghetto sentiva una sorta di …pace
mai provata prima.
Poteva sembrare macabro ma Tom si guardava attorno senza
paura, avvertendo un grande silenzio, un senso di completezza che solo con la
morte si può raggiungere.
Era buono il profumo dei fiori, pacata l’acqua che
cadeva dalle fontane incantate.
Le lapidi ora non gli sembravano prove di un
trapasso. Ma solo un luogo dove ricordare.
Dove potersi sentire vicini con la
persona che era mancata.
Perché la morte faceva così paura a quell’uomo?, si
chiese. Perché la temeva così tanto?
Di cosa aveva davvero terrore? Di essere
dimenticato?
O di perdere chi gli stava intorno?
Una mano carezzevole si
posò sulla sua spalla e poi Hermione s’inginocchiò accanto a lui.
- Sono dei
bei fiori.- sussurrò la strega, guardando il mazzo di piccoli fiori di campagna
gialli, bianchi e rosa che aveva raccolto prima con Elettra.
Tom arrossì
vagamente – Non sapevo che fiori piacevano alla mamma di Harry. Gliel’ho chiesto
ma…- arrossì di più – Lui non lo sapeva. Gli ho fatto proprio una domanda
stupida.-
La Grifoncina sorrise, carezzandogli la guancia – Sono sicura che a
Lily piaceranno.-
- Si, a lei piacevano tutti i fiori.- disse anche Remus,
passando loro a fianco.
- Visto?- ridisse Hermione – Stai tranquillo.-
Il
piccolo Riddle annuì, mentre gli altri li raggiungevano.
- Sei sicuro?- la
Granger l’osservò a lungo, sempre tenendogli le mani sulle spalle – Sicuro che
non vuoi andare?-
- No.- scandì il maghetto duramente – Lei non è mia
madre.-
- Lo so.- rispose la strega – Ma forse ti farebbe stare meglio.-
-
L’unica cosa che può farmi stare meglio è sapere Harry al sicuro.- le disse Tom,
zittendosi quando gli altri li raggiunsero. S’incamminarono in silenzio oppure
parlando a bassa voce, con Sirius e Potter a capo gruppo mentre Hermione restava
in fondo, a guardare la schiena di quel ragazzino undicenne che gli ricordava
molto un piccolo eroe.
Quanto si assomigliavano, pensò con la mente rivolta
al passato.
- Non vuole andare da Bellatrix, vero?- mormorò Draco, al suo
fianco.
Lei annuì – No. E non penso che vorrà andare neanche sulla tomba dei
Riddle, nell’ala ovest del cimitero.-
- Lost Graveyard non è posto per i
bambini, mezzosangue.- Malfoy le scoccò una debole occhiata – Ma forse hai
ragione tu. Forse lo farebbe sentire meglio.-
- Abbiamo sei anni. Solo sei
anni.- Hermione si strinse al suo braccio, quasi poggiandogli la testa su una
spalla – E’ così poco tempo e quei Veli sono nascosti così bene. Ho paura che
uscirà da solo e verrà a portarceli via.-
- Tom?-
- E Harry.-
Il biondo
stavolta rimase in silenzio ma le passò un braccio attorno alle spalle,
ricordando la notte di pochi giorni prima.
Quando lo Sfregiato si era messo
in mezzo, quando si era preso una lama nel petto per salvare lui.
Quando gli
era morto fra le braccia e il suo corpo, spaccandosi in lucciole, gli era
scivolato via dalle dita.
Un qualcosa simile a un vuoto si era formato nel
suo petto, quella notte.
Una consapevolezza in cui però lui non voleva
addentrarsi.
Morire. Si, tutti prima o poi dovevano morire.
Ma quello non
era stato il momento giusto, per Harry Potter.
Ora Draco sapeva.
Sapeva
che sarebbero dovuti morire insieme.
In un modo o nell’altro, era quello ciò
che li aspettava.
La cappella dei Potter aveva un’aria antica e grazie al
custode era ben tenuta. Lily Evans Potter era sepolta in una tomba bianca, di
marmo, a fianco di quella James Potter.
C’erano tanti Potter, notò Tom, ben
sapendo che Harry era l’unico rimasto. Era stata una grande famiglia, piena di
grandi talenti e si assomigliavano quasi tutti. James e Harry poi sembravano
gocce d’acqua.
A ben pensarci, anche lui era l’ultimo dei Riddle…
Posarono
i fiori sulla tomba dei genitori di Harry, poi tutti si strinsero attorno a
lui.
I fiori vennero accarezzati dalla brezza del vento, i ricordi riportati
a galla.
Con loro, Harry aveva perso dei genitori, Sirius e Remus il loro
migliore amico.
Una tale perdita non era da augurare neanche al proprio
peggior nemico.
Passò del tempo, nessuno dei presenti parlò.
Secondi,
minuti…tutti i maghi stavano persi nel loro mondo, in preda a chissà quali
pensieri.
Poi lentamente Elettra sciolse la propria mano da quella del
bambino sopravvissuto.
Lui la guardò quasi smarrito ma lei gli sorrise.
-
Ti lascio un po’ da solo.- mormorò, baciandolo.
Dopo qualche attimo anche
Hermione e Ron, abbracciato il loro migliore amico, se ne andarono,
allontanandosi.
Remus e Sirius lo fecero per ultimi.
Black posò la mano
sulla lapide di James Potter, poi scoccò uno sguardo profondo a Harry.
- Fai
con comodo.- gli disse, andandosene via a capo chino con Lupin a
fianco.
Fecero per andarsene anche Tom e Draco quando di colpo i bracciali si
strinsero. Malfoy imprecò fra sé ma Harry non fece una piega e fermò anche il
piccolo Riddle.
Non importava se rimanevano.
Tom glielo lesse negli occhi
e così gli passò le braccia attorno alla vita, restandogli a fianco.
Draco
avrebbe sorriso se quelle lapidi non gli avessero dimostrato era realmente
precaria ora la loro condizione.
Fra tutte quelle lapidi dei Potter, un
giorno avrebbe potuto esserci anche quella dello Sfregiato.
I bracciali del
destino si strinsero di più, come per suggellare quel
pensiero.
Uniti.
Dovevano restare uniti.
Harry inspirò, posando il
palmo sulla testa di Tom e senza staccarsi da Draco.
Era morto. Ed era
tornato.
Aveva vissuto un po’ in Tom e un po’ in Draco.
Ora in lui c’era
un po’ di ognuno di loro.
Aveva visto i ricordi del suo figliastro, i ricordi
del suo nemico.
E ogni strada riconduceva a lui.
Come in una ragnatela.
Tutti i fili intessuti l’uno con l’altro riportavano a un unico filo della
matassa.
Lui.
Harry Potter.
- Mi piacciono questi fiori Tom.- mormorò.
Guardandolo, vide gli occhi bluastri del bambino illuminarsi.
Pregò che non
perdessero mai quella luce.
Il maghetto lo cinse di più e Harry lo abbracciò
stretto.
- Sfregiato.-
- Si?-
Si volse a guardare Draco, levando un
sopracciglio alla sua espressione vuota e triste.
Gli occhi argentei dell’ex
Principe di Serpeverde lo scrutarono a lungo, per poi abbassarsi su tutte quelle
tombe.
- Cosa c’è?- lo incalzò, addolcendo il tono.
- Vedi solo di non
finirci anche tu qua, prima del tempo.- mormorò il biondo, continuando a
sfuggire al suo sguardo.
L’altro avvertì quasi un colpo dentro al petto, un
qualcosa che si allargava a macchia d’olio.
Era una sicurezza. Una intima,
cupa e pesante sicurezza.
Ora ricordava gli ultimi istanti, prima che la sua
anima di spaccasse in pezzi.
L’immagine velata di Draco gli sfrecciò nella
mente. Le sue grida, la sua presa forte e disperata.
L’aveva chiamato a
lungo, un richiamo sofferto e testardo quanto un’eco.
Draco era
così.
Un’eco. Un’eco nella testa, nel cuore.
Un’eco che gli ricordava
che non era Lord Voldemort ad avere il diritto di ucciderlo per primo.
Ma
qualcun altro.
- Andiamo.- sussurrò, scoccandogli un breve sorriso – Tom, dai
vieni.-
- Posso…- il bambino li bloccò, intimidito – Harry posso restare qui
ancora un attimo?-
I due padrini lo guardarono stupiti ma si limitarono ad
annuire, scoccandogli un ultimo sguardo dolce e comprensivo.
- Ti aspettiamo
davanti alla fontana.- e se ne andarono, lasciando il bambino davanti alle tombe
dei Potter.
Tom si morse le labbra, ora solo di fronte ai genitori di
Harry.
Era il figlio dell’uomo che aveva ucciso quelle due persone…e forse
non avrebbe dovuto essere lì.
No, di questo era sicuro ma c’era una cosa che
poteva almeno fare, per riscattare tutte quelle morti.
Un tempo aveva creduto
di essere finito sulla strada di Harry perché lui si vendicasse.
Per morire,
per mano sua.
Ora invece sapeva di avere anche un lui un potere.
Forse
piccolo, forse insignificante. Ma tempo sei anni e sarebbe diventato forte anche
lui.
Lily e James l’avevano difeso da bambino, ora toccava a lui.
- Lo
difenderò io Harry adesso.- sussurrò e fu qualcosa di così flebile che per un
attimo Tom non credette di averlo detto ad alta voce. Il vento si portò via
quella promessa e il ragazzino chiuse gli occhi.
Si, poteva fare
qualcosa.
Lo doveva a Harry e Draco, a Hermione e Ron. A tutti quelli che
alcune notti prima gli avevano salvato la vita.
Si, avrebbe difeso Harry
Potter.
Senza aggiungere altro se ne andò, tornando verso gli altri.
Vide
che gli occhi verdi del bambino sopravvissuto erano volti a ovest, verso l’ala
dei maghi maledetti.
Lì dove riposavano i Riddle e Bellatrix
Lestrange.
Harry ci pensava sempre, capì Tom. Pensava a suo padre molto più
di quanto avesse potuto immaginare.
Colpito da una sorta di incomprensibile
gelosia, gli prese la mano e il suo padrino, staccando lo sguardo da ovest,
riuscì a sorridergli veramente. Come da tanto non faceva.
Ora Voldemort
doveva stare lontano da loro.
Sei anni non erano molti ma ce l’avrebbero
messa tutta.
E lui sarebbe cresciuto, sarebbe diventato forte, un grande
mago.
E avrebbe lottato contro suo padre per difenderlo.
Anche a costo di
rimetterci la vita.
Scese la notte e poi arrivò l’alba di un nuovo
giorno a Hogwarts.
Hermione Granger fu una dei primi a svegliarsi, gli occhi
dorati tesi ad accarezzare dolcemente ciò che ora non l’avrebbe più fatta andare
via. Incredibile.
Draco Malfoy alla fine aveva vinto la scommessa.
L’aveva
ai suoi piedi, completamente.
Era lui il suo padrone.
Si chinò e lo baciò,
svegliandolo.
Ma forse era tempo di mettere in tavola un’altra
scommessa.
Un’altra eterna sfida fra loro due, una mano a dadi col
fato.
La sfida più bella. Sulla loro vita insieme.
Tanti, come loro due,
si svegliarono all’alba di quel caldo sole con la strana consapevolezza che per
anni la pace avrebbe regnato su di loro. Anche Harry poteva avvertirlo, seduto
sulla mensola della finestra, abbracciato ad Elettra.
Si, agli Auror
aspettava una lunga gara contro il tempo, per la ricerca dei Veli.
A lui
sarebbe mancata la guida di Lucilla, a Tristan il suo amore, a Degona una
madre…ma lei sarebbe tornata.
Perché Lucilla dei Lancaster tornava sempre,
anche dall’inferno.
E sebbene in quell’inferno Lord Voldemort fosse vivo,
Harry si scoprì tranquillo come mai lo era stato.
L’alba sfiorò il verde dei
suoi occhi, illuminandoli.
Speranza.
No, non se ne sarebbe mai
andata.
Sarebbe rimasta lì con loro, per sempre.
Baciò la tempia ad
Elettra, abbracciandola stretta stretta ma quando lo fece sentì uno strano
gorgoglio.
Dei bambini. Dei bambini molto piccoli stavano ridendo…
Anche
Elettra sollevò il capo verso l’alto.
Sembrava che quei gorgoglii arrivassero
dal cielo.
Anche Tom Riddle, Claire King, Damon Howthorne e Beatrix Vaughn li
sentirono.
Nei loro sogni almeno.
Ciò che però nessuno sapeva, neanche
Hermione che aveva richiamato gli Horcrux, era che le risate di quei bambini
erano state fondamentali per il risveglio di Harry. E la stessa profezia di
Damon avvallava quella tesi.
Solo le risate sarebbero venute loro in
aiuto.
Perché per chi aveva dimenticato, per chi non sapeva più ascoltare,
l’innocenza di un bambino sarebbe sempre stata troppo forte da
sconfiggere.
Negli occhi di un bambino, il male avrebbe trovato la sua
fine.
Quello stesso pomeriggio la riunione dell’anno di Harry Potter
accademico ebbe termine.
Ma non prima di aver festeggiato in maniera
piuttosto insolita.
Quando li trovarono, Tom e i suoi amici risero senza
potersi fermare.
Harry e tutti gli ex studenti erano al campo da quidditch,
alcuni sulle scope, gli altri in tribuna, tutti insieme.
Felici. Abituati a
quei cambiamenti di programma e a quelle grane.
Ma in fondo tutti erano stati
compagni del bambino sopravvissuto. A tale onore, si accodavano quegli
imprevisti.
Avventurosi e sanguinosi imprevisti.
- Ehilà ragazzi!- urlò
Ron dalla tribuna – Che fate lì sotto? Salite!-
- Là sopra?- bofonchiò Trix,
facendosi tirare quasi a forza.
Si ritrovarono fra maghi ventiduenni e
rimasero sorpresi nel vederli così tranquilli, dopo tutto quello che era
successo.
Ma evidentemente ne avevano passate troppe per stupirsi
ancora.
Vennero salutati da tutti, con Ron e l’intera squadra di quidditch di
Grifondoro al completo attaccata al whisky incendiario, Burrobirre e certi
soggetti che già non stavano più in piedi.
In quel clima di risate e gioia,
Tom si avvicinò incredulo alla balconata.
Draco era lì appoggiato e guardava
in alto.
Guardava Harry, seduto in scopa a ridere con Elettra, Justin Bigs di
Tassorosso ed Edward.
Il piccolo Riddle si stupì. Non si era mai accorto
fino in fondo del modo in cui Draco e Harry si guardavano, in certe occasioni.
Non aveva mai capito fino in fondo cosa li univa…i perché…i come e i
quando…
- Tutto a posto mostriciattolo?- gli chiese Malfoy, senza staccare
gli occhi dal cielo.
- Si.- annuì il maghetto.
- Bene.- sussurrò il
biondo, carezzandogli la testa corvina.
Il ragazzino sorrise, in cuor suo.
Forse non era così importante capirli. Ma credere in loro…
- Draco, posso
chiederti una cosa?-
- Dipende.- bofonchiò Malfoy.
Tom sogghignò appena,
guardandolo con malizia.
- Perché hai picchiato Harry ieri mattina?-
Il
suo padrino schioccò la lingua, fintamente irritato – Perché mi andava.-
- Ti
mancava vero?-
- E a te mostriciattolo? È mancato?-
Il maghetto tacque,
assumendo un’espressione malinconica e nello stesso tempo felice.
- Si.-
-
Tanto quello non muore neanche se l’ammazzi.- gli disse l’Auror – Non aver
paura. Ora siamo di nuovo tutti insieme.-
Non aver paura. Tutti
insieme.
Tom inspirò a fondo, godendosi per la prima volta la pace dopo
quella notte terribile.
Una folata di vento gli sfiorò il viso quando Harry
si fermò davanti a loro.
- Ehi mummie!- frecciò, tenendo la scopa con una
mano sola – Che fate? V’è morto il gatto?-
- Non farmi dire dove devi
ficcarti il tuo sarcasmo, Sfregiato.- sibilò Draco ironico, mentre Hermione li
raggiungeva.
- Herm, tu non sali?-
- Neanche per idea.- rispose
stizzosa.
- Tom?- Harry sorrise, puntando il maghetto – Ti fai un giro? Ci
andrò leggero, promesso!-
Il piccolo Riddle rise di cuore e balzando sul
manico davanti a Harry si strinse forte a lui, tornando a librarsi in
aria.
Vola, mormorò Draco fra sé chiudendo la mano in quella di
Hermione.
Vola speranza.
Insieme, sul quel manico di scopa,
sembravano sempre più veloci. Seguirli non sarebbe stato facile.
Erano
saette. Saette nel cuore.
Draco passò un braccio attorno alla vita di
Hermione, senza smettere di guardarli.
- Ehi mezzosangue.-
- Si?-
-
Adesso che facciamo?-
- In che senso?- gli chiese, osservandolo di sottecchi
– E attento a quello che proponi.-
Malfoy piegò le labbra in un ghigno,
chinandosi a baciarla, a reclamare quelle labbra come sue.
Ma si, meglio
stare zitti per il momento.
Tanto in quel bacio c’era già tutto quello che
voleva dirle, quello che lei già sapeva.
- Ti amo.-
Gli occhi dorati di
Hermione brillarono, come l’anello col serpente al suo anulare sinistro.
- Io
devo pensarci.-
E Draco scoppiò a ridere, stringendola più forte.
Intanto
in alto nel cielo, Harry Potter continuava a volare.
Il vento sulla faccia,
la cicatrice scoperta dalle ciocche dei capelli scuri.
Il Bracciale del
Destino stretto al polso, per ricordargli della sua anima incatenata ad
un’altra. Per l’eternità.
Al suo fianco un ragazzino, il figlio del suo
grande nemico.
Ma volavano insieme, attorniati da tanti altri maghi.
Era
destino.
Erano stati messi sulla stessa strada e insieme l’avrebbero
percorsa.
E volarono. Continuarono a volare.
Avevano le ali, ali
invisibili da grifoni con cui cavalcavano il vento.
Ed Harry Potter a un
certo punto guardò in basso.
Ron, Hermione, Draco, Elettra, Edward e Blaise
invece sollevarono il viso.
E da quel giorno fu pace mentre la ruota del fato
tornava a girare.
Silente dal suo studio li vide, contro il sole del
tramonto.
Tanti angeli sorridenti…a cavallo di scope.
Angeli o maghi, non
c’era differenza.
Perché fra loro volava la speranza dagli occhi verdi, una
speranza morta e poi risorta.
Per molto tempo,
dopo quel giorno, le risate dei bambini non si avvertirono per un bel
pezzo.
Lucilla del casato dei Lancaster riapparve circa un anno dopo la
sua scomparsa, a Cedar House.
Libera dalla sua prigionia.
Caesar
Cameron invece tornò nel Golden Fields, dopo aver lasciato l’unico essere che
fosse mai riuscito a sconfiggerlo nelle mani fedeli dell’unico vero amore di
Lucilla.
Thomas Maximilian Riddle in seguito al suo primo anno a Hogwarts
andò a vivere a Cedar House e venne adottato dai Mckay anche se continuò a
mantenere il cognome di suo padre e dopo interminabili battaglie legali contro
la famiglia Black, Tristan Mckay divenne legalmente il padre del
ragazzino.
Tristan e Lucilla si sposarono un giorno di fine agosto e
decisero di non avere altri figli mentre l’intera proprietà della famiglia
Lancaster veniva lasciata in eredità a Degona Mckay e al piccolo
Tom.
All’età di venticinque anni, Ronald Weasley ebbe il suo primo figlio
e sua madre lo chiamò Jeremy.
A Lucius Malfoy venne concessa l’amnistia
da Orloff in persona e non fu più costretto all’esilio. In cambio dovette fare
ogni nome riguardo alla caccia ai Mangiamorte che il Ministero della Magia
Britannico mise in atto in quegli anni.
Tornò a vivere a Malfoy Manor e dopo
numerosi problemi riuscì a riallacciare una sorta di legame con la moglie e col
figlio, anche se con estrema fatica da parte di quest’ultimo.
Per molto
tempo invece dei due fratelli Lestrange non se ne seppe più nulla. Si mormorava
fossero tornati in Germania, altri pensavano che fossero nascosti nel nord
dell’Irlanda, aspettando, fremendo per tornare alla luce del giorno.
Nei
sei anni della profezia dichiarata da Damon Howthorne, come predetto regnò la
pace.
La ricerca dei dodici Veli fu estenuante, una vera corsa contro il
tempo.
Ma gli Auror non mollarono mai.
Uniti, più nessuno perse la vita.
Almeno in quei sei anni.
I portatori dei Bracciali del Destino non si
separarono più e insieme ridivennero leggenda.
In seguito, dopo tre
tentativi mandati in fumo da seccatori poco propizi, anche Harry James Potter si
sposò all’età di venticinque anni col suo amore di sempre, Elettra Isadora
Baley.
La cerimonia definitiva si tenne in un giorno qualunque, dopo le
precedenti mandate a monte a causa di vecchi nemici, nello Yorkshire e alla
presenza di pochi intimi.
Per quanto riguarda invece Draco Malfoy e
la sua scommessa…bhè, questo ancora non ci è dato saperlo.
Ma come spesso fu
detto nella cerchia del bambino sopravvissuto, la speranza è sempre l’ultima a
morire.
E di fronte alla speranza, anche il Destino deve piegare il suo
orgoglioso capo.
- Fine -
- "I
Bracciali del Destino" -
Posso solo dire grazie a tutti quelli che hanno
letto dal principio e mi hanno seguito, specialmente a quel gruppetto di matte
che mi hanno scritto nell'ultimo capitolo, arrivando tutte in massa. Siete state
davvero forti
e spero vivamente che anche questa fine sia stata all'altezza delle vostre aspettative.
E
ringrazio per avervi potuto portare nel mio mondo per qualche
tempo.
Comincerò a postare appena possibile “I Figli
della Speranza ”
ma prima metterò in rete, al massimo fra un giorno, la one-shot “Io, il Figlio del
Nemico
”
dettata dalla voce narrante di Tom, ormai quasi diciassettenne che Axia ha
curato personalmente e che vi consiglio di leggere molto attentamente perchè è
piena di particolari che potranno darvi un'idea di come sarà
la trama dei Figli della Speranza.
Non essendo questa una fine
posso permettermi di sentirmi ancora felice.
Se c’è una cosa che condivido
con Axia è la gioia nel poter dire che la parte più bella della favole non è il
“…E vissero per sempre felici e contenti…” ma il “C’era una
volta…” e di questo ne sono più che sicura.
Ringrazio ancora tutti i
nuovi lettori e vi aspetto con la nuova fiction, terza parte della saga.
A
presto.
Barbara.
This Web Page Created with PageBreeze Free HTML Editor