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Autore: Kysa    13/03/2007    28 recensioni
...E dopo quattro anni dall'aver lasciato il nido protettivo di Hogwarts, alla porta di Harry Potter si ripresenta un Riddle che sconvolgerà la vita a lui e a Draco, legati indissolubilmente da una maledizione che li porterà alle soglie di un'altra avventura e di una nuova crudele battaglia. Il seguito di "La Scommessa"...
Genere: Romantico, Malinconico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Io sono il salvatore dei maghi.
Io sono speranza.
Io sono Harry Potter.
Ma sono anche…solo Harry.
Ricordatelo.
Sono bene, ma anche male. Capitelo, perché in ognuno di noi c’è un eroe.
Un eroe a cui facciamo appello.
Pensate a me come a una saetta nel cielo, nelle notti buie di tempesta.
Pensate a me come quel breve istante di luce, quando tutto sembra perduto.
E poi guardate in voi stessi.
Io sarò lì.
Una saetta nel cuore.





 

 

 

 



Un fiotto di sole filtrò dalle tende della stanza.
Dolce e carezzevole sfiorò il viso di un grande mago.
Harry Potter mugolò nel sonno, girandosi supino.
C’era pace, lenta e silenziosa, tenue e sinuosa.
Era spuntata la luce, dopo la tempesta e insieme ad essa, un piccolo fascio di colori, fra nubi di panna.
A qualcuno poteva sembrare un arcobaleno. Ad altri un semplice scherzo degli occhi, dell’immaginazione.
L’arcobaleno.
Elettra, incurante del sole che le feriva la vista, guardò quello spettacolo poi seguì la scia luminosa, tornando verso il letto. Sorrise debolmente, tornando a sedersi sulla sponda su cui aveva passato la notte.
Si rannicchiò nella parte destra, accoccolandosi in modo da non disturbare il sonno di Harry.
Su una larga poltrona accanto alla sponda sinistra c’era Sirius.
In braccio a lui il piccolo Tom.
Il bambino sembrava ansioso, preoccupato.
A niente era servito cercare di dormire. Nelle vene, insieme al sangue, gli scorrevano tensione e paura.
Paura di non vederlo più aprire gli occhi, paura di trovarlo cambiato, di non vedere in quelle iridi verdi la speranza e il coraggio che un tempo vi avevano regnato.
Paura di perderlo.
Edvige planò all’improvviso sulla finestra, sbattendo delicatamente le ali. Entrò dal battente aperto, si accomodò con eleganza sul suo piolo. Guardò i presenti col suo sguardo ambrato e intelligente, poi gufò.
Tom tornò a puntare il letto senza smetterla di agitarsi.
Le sue mani non stavano ferme, dondolava le gambe…e all’ennesimo sorriso di Elettra, anche Sirius sbuffò.
- Calma, calma.- gli disse Black con un sospiro e passandogli una mano sulla testa – Harry sta bene, non vedi?-
- Ma ieri mattina…l’altra notte…insomma…- il bambino si morse le labbra – Bhè…è morto e con Voldemort…-
- Tesoro, Harry si è scontrato con Lord Voldemort migliaia di volte.- gli disse Elettra dolcemente – Non ti devi angustiare tanto. E poi lui non è morto veramente. È sempre stato qui.-
- Ma era…arrabbiatissimo.-
- Che pretendi.- Sirius cercò di non sogghignare ma le sue labbra si piegarono comunque – La sua anima si è spaccata in quattro, a momenti ti uccidevano e hanno marchiato il braccio a tuo cugino, senza contare che avete tutti rischiato la vita. E’ facile perdere le staffe così, non credi?-
- In passato ha sbraitato anche di peggio, credimi.- lo assicurò la Baley, agitando la bacchetta e facendo comparire del caffè per tutti – Si è comportato abbastanza civilmente, se si può usare questo termine.-
Riddle non era della stessa opinione ma non replicò, portandosi una delle tazze alle labbra.
Harry ora gli sembrava così fragile in quel letto.
Così indifeso.
Un bambino…sopravvissuto.
Nonostante tutto sorrise. Che grande mago, pensò. Era morto ed era tornato solo per loro.
Le lacrime gli pizzicarono di nuovo gli occhi ma le trattenne.
Non voleva più piangere. Non era più tempo di farlo.
Harry era stato coraggioso, Lucilla era stata coraggiosa.
Draco lo aveva salvato, subendo la vendetta dei suoi fratellastri.
Più nessuno avrebbe dovuto farsi male a causa sua.
Ora toccava a lui proteggere Harry e Draco. Proteggere tutti quanti.
Improvvisamente il moretto mugolò di nuovo e si agitò fra le lenzuola.
Si stava svegliando.
Elettra e Sirius balzarono in piedi, vicino alle sponde. Tom rimase un po’ distante, il cuore in gola.
- Ehi…- la strega si piegò insieme a Black, sul viso di Harry – Ehi…amore, stai bene?-
Lentamente, le sue palpebre si aprirono.
Sbatterono un paio di volte, poi inchiodò le iridi su di loro.
- Elettra.-
La strega sorrise, gli occhi velati e la gioia di colpo esplose.
Gli gettò le braccia al collo e si schiacciò su di lui. La paura e il dolore della notte prima si sciolsero, annegando in un mare di pura gioia. Di puro languore.
Harry le carezzò i capelli, restando sdraiato.
Poi levò gli occhi su Sirius.
- Ciao papà.- disse in un soffio.
Black tacque, restando immobile, in sospeso, con l’anima in gola.
- Che c’è?- Harry sogghignò brevemente – Ti dà fastidio per caso?-
- Canaglia.- gli soffiò allora Sirius, col suo stesso ghigno.
Maledetta canaglia.
Lo abbracciò stretto quando si mise a sedere, dolorante e con un’emicrania pazzesca.
Harry non oppose resistenza. Stretto nelle braccia del padrino sembrava non stancarsi mai.
Era di nuovo al mondo.
Era di nuovo al suo posto. Ora sapeva.
Non c’era un luogo diverso adatto a lui. Per quanto duro, per quanto pieno di spine…quella era casa sua.
L’unica casa che l’avrebbe protetto, nonostante tutto.
Ed era tornato.
Elettra era lì. C’era Sirius. I suoi amici.
L’amore. L’affetto di un genitore, dei suoi fratelli.
Inspirò a fondo quando Sirius lo lasciò e lo aiutò a mettersi in piedi. Accidenti, ora le sue ossa le sentiva tutte, nessuna esclusa. Ogni fibra, ogni tendine, ogni cellula. Erano tutti lì presenti e strillavano per farsi sentire.
Era vivo.
- Oh, si è svegliato.-
La porta sbatté con forza e Draco Malfoy apparve sulla soglia.
Harry non fece neanche in tempo ad aprire bocca per salutarlo magari, che un pugno pesante come un macigno lo prese sulla mascella e volò sul pavimento, con un tonfo.
Tempo un altro istante e si stavano massacrando, Draco per la rabbia, Potter più che altro per difendersi.
E Sirius li guardava rotolarsi per terra, l’espressione di uno che ormai ha visto troppo per aprire bocca.
- Ma che cos’è questo baccano accidenti?- sbraitò Ron mettendo la testa nella porta insieme a Jess, la Mcgranitt e Tonks – Oh no! Non cominciate!- aggiunse, quando vide cosa stavano facendo – Insomma ragazzi!-
- Black hai intenzione di guardare ancora a lungo?- sbuffò anche Lucius Malfoy, entrando con suo passo sprezzante.
- In questi anni ho imparato a non mettere bocca quando si pestano.- sentenziò Sirius serafico, spostandosi leggermente quando gli caddero ai piedi e cominciando a volare anche insulti – Ma se vuoi provarci tu…sarei curioso di vederti con un occhi nero. È una buona occasione Malfoy.-
- Ma sta zitto.- si schifò Lucius, dando un calcetto al gomito di suo figlio – Avanti…Draco…oh Draco…e basta!-
- Hn, se fai così ti risponderanno subito.-
- Un giorno creperai sul serio Black, fidati.- lo minacciò il biondo.
- Potrei dirti la stessa cosa, capellone.-
- Cane da riporto.-
- Te la tiri troppo, idiota.-
- Ma che cos’è, un asilo nido questo posto?- ululò Ron, mettendosi in mezzo e andando a prendere Malfoy junior per la camicia – Avanti basta! E che cazzo Malferret, s’è appena ripreso!-
- Pensa ai fatti tuoi Donnola!- tuonò Draco furibondo, un livido sullo zigomo e tutto spettinato.
- Ma che cazzo t’è preso, si può sapere?- urlò Harry di rimando, faticando a rimettersi in piedi – Perché mi hai picchiato?-
- Perché sei un fottutissimo bastardo, ecco cosa!- gridò Draco di rimando, gli occhi incendiati.
Tempo pochi minuti e tutta la stanza si riempì di curiosi e mezzi addormentati, tipo Blaise che era pesto di sonno e gli ex studenti che non capivano cosa fosse quel chiasso. Alla fine riuscirono a separare sia Black e Malfoy che i due giovani Auror ma i litiganti continuarono a fissarsi in maniera alquanto bellicosa.
Allontanati di qualche metro l’uno dall’altro, la Mcgranitt riportò un po’ d’ordine e poi si misero a tavola per la colazione anche se c’era un bel po’ di veleno sparso in qualche tazza a caso.
Draco restò del suo umore più funereo per tutto il tempo e a nulla valsero i tentativi di Potter di capire cos’avesse.
Niente, una tomba. Allora che andasse al diavolo, quel fesso.
- Tutti vivi?- s’informò, mentre aspettavano Silente.
- Si, tutti.- gli sorrise Elettra da cui il moro non si staccava più.
- Ed Herm dove sta?-
Tutti tacquero. Già. Dov’era Hermione?
- Porca di quella gran…- Draco buttò la forchetta nel piatto con stizza, afferrando la mappa del Malandrino. Eccola lì, non era a Hogwarts! Era andata da Crenshaw, ne era sicuro!
- Io quella maledetta mezzosangue la uccido, giuro che lo faccio! Il Ministero dovrebbe abrogare una legge che impedisce a lei e a quelli della sua pasta di andare in giro da soli!-
- Certi purosangue invece dovrebbero essere chiusi ad Azkaban a vita, sai?- gli rinfacciò Ron.
- Ma va’ al diavolo anche tu Weasley.-
- Hn, di buon umore Dray.- insinuò Zabini, scolandosi il caffè – Hai dormito male?-
- Il mostriciattolo mi ha ficcato troppe gomitate nella schiena.- sbuffò il biondo, facendo arrossire il piccolo Riddle – A che ora ti sei alzato eh? All’alba?-
Tom levò le spalle – Non avevo sonno.-
- Si, si nota dalle tue occhiaie.-
Qualcuno ridacchiò, poi arrivò Piton e Sirius perse del tutto l’appetito, mettendo una smorfia.
- Che hai Black? T’è andato di traverso qualcosa?- sibilò il professore di pozioni.
- Si, la tua presenza.-
- Stai diventando scontato, sai cane rognoso?- frecciò Lucius sarcastico – Non hai quella bella casa da sistemare? Dovresti andare in giro con scopa e paletta e dare una bella rassettata. Non hai nulla da spolverare? Eh?-
- La parte sinistra del tuo letto forse.- fu la risposta pungente di Sirius che prese in pieno il bersaglio.
Stavolta rise anche Remus sotto i baffi e stavano già per saltarsi al collo quando tornò finalmente Hermione.
Era tutta sporca e lacera e dalla sua espressione, Draco non ebbe veramente il coraggio di parlare.
- Buon giorno.- si azzardò Neville, l’unico a volersi suicidare.
Gli arrivò in risposta un ruggito e la videro correre a cambiarsi, veloce come un treno.
Decisamente non aveva trovato Jeager.
- Buco nell’acqua eh?- bofonchiò Trix, seduta fra Milo e Jess.
- Mi sa di si.- annuì Morrigan – Allora? Quando arriva il preside?-
- Un attimo e sarà qua. Era nell’ufficio a parlare con Orloff.- sibilò Piton, sedendosi a debita distanza da Sirius e Remus – A quanto pare sono sorte rogne a causa dell’utilizzo di magie proibite.- e dicendolo scoccò un’occhiataccia a Harry.
- Mi scusi professore ma che doveva fare?- si azzardò Pansy – Orloff dovrebbe risolvere ben altri problemi.-
- E’ quello che gli starà dicendo il professor Silente.- sospirò la Mcgranitt – Severus e gli studenti?-
- Sani e salvi. Stanno già ricamando nei corridoi.-
- E per la mia inchiesta?- s’informò Draco con aria indifferente.
- Verrà insabbiata, tranquillo.- Piton agitò la mano – Il professor Silente ha capito che a Orloff importa poco della morte dei Mangiamorte. A lui interessa solo sapere che il signor Potter è ancora vivo e che continuerà a fargli da alza bandiera.-
- Piano con le parole Mocciosus, c’è rimasto secco l’altra notte.- l’avvisò Sirius con tono tetro.
- E adesso è vivo, Black.- replicò Piton gelido – Quindi tieni a freno la lingua e rilassati. James non si starà rivoltando nella tomba.-
- Lasciate fuori mio padre dai vostri discorsi.- disse Harry pacatamente, zittendoli – Per il resto state tutti bene?-
- Una favola.- sorrise Blaise – Edward ha fatto un po’ i capricci ma sta riposando e si riprenderà presto.-
- Katrina?-
- Morta.- l’informò Jess – Grazie a Degona.-
- E il corpo di May?-
- I genitori sono venuti a prenderlo ieri.- sussurrò Ron – Ci avviseranno per i funerali.-
- Perfetto.- disse Harry tristemente.
- Ma tu signor Potter…sei sicuro di stare bene?- gli chiese la Mcgranitt – Quella magia deve averti stremato.-
- Infatti mi sento a pezzi.-
- Sicuro che tutto sia al suo posto?- insinuò Neville ridendo.
- Già, il cervello c’è ancora?- aggiunse Seamus – Oppure non c’è mai stato?-
Potter non fece in tempo a sibilare un rispostaccia che la porta della Torre si spalancò di nuovo di botto.
- Tom! Oddio, meno male stai bene!-
In un attimo il piccolo Riddle venne sommerso da parenti stretti.
Sua zia Andromeda gli si era catapultata addosso e aveva quasi ucciso Lucius col braccio, cacciandogli il gomito in un occhio. Sulla porta anche Narcissa, accompagnata da Tonks, Jane e Liam Hargrave.
- Zia!- il bambino sorrise, facendosi quasi strozzare – Ma cosa ci fai qua?-
- Ninfadora mi ha detto tutto!- alitò Andromeda, guardandolo ovunque nel caso fosse ferito – Dio, stavo morendo di paura! E tu che cosa diavolo ci fai qua?!- sbraitò, cambiando tono e avvedendosi di Lucius.
- Grazie, anche io sono contento di vederti.- frecciò quello, schifato e riattaccandosi al caffè.
- Crepa.- gli disse la strega senza tanti complimenti – E tu Draco? Tutto bene tesoro?-
- Una meraviglia.- sibilò ironico – Ciao mamma.-
Narcissa gli sorrise vagamente, abbracciando Tom a sua volta – State tutti bene vedo. Meno male.-
- Ciao Jane!- cinguettarono gli altri, facendo a gara per farsi abbracciare – Hermione arriva subito!-
- Come sempre vi trovo in forma ragazzi.- rise lei – Non sembra neanche che abbiate rischiato la pelle.-
- Siamo a prova di Mangiamorte, lo sai.- fece Ron soave – Avete sentito qualcosa venendo qua?-
- La Gazzetta del Profeta non si è ancora inventata balle decenti.- rognò Liam cupamente – Allora? Dove stanno i Lestrange?-
- Una muta a farsi controllare la voce, l’altro forse a farsi riattaccare un braccio.- disse Blaise tranquillissimo.
Già, se n’era scordato.
Tom si estraniò dai presenti, guardando fuori dalla finestra.
I suoi fratellastri erano fuggiti. Suo padre era vivo anche se ancora imprigionato.
Ora scattava una lotta contro il tempo.
Una ricerca antica e difficile. Quella dei dodici Veli rimasti.
Per quanto ancora sarebbe andata avanti quella guerra?, pensò posando gli occhi bluastri su Harry.
Per quanto ancora il bambino sopravvissuto sarebbe riuscito a opporsi, da solo?
Harry aveva bisogno di una mano. Qualcuno doveva proteggerlo…
E Lord Voldemort…si, Lord Voldemort doveva morire. A niente purtroppo sarebbe valso rinchiuderlo.
Finché ci fosse stata anche solo una possibilità di riportarlo in vita, con l’incantesimo più corrotto mai esistito, i suoi Mangiamorte sarebbero prolificati, rendendo ogni loro sforzo vano.
Ma suo padre non era l’unico ad incarnare il suo ideale. Tom l’aveva capito dai discorsi di Vanessa.
I Mangiamorte lo consideravano la speranza, la loro speranza.
Lui, figlio del Signore Oscuro, era la speranza che si perpetuava.
Ora anche era lui, come Harry, era un vessillo.
Ma c’era un modo per fermare quell’ingranaggio, continuò a dirsi, mentre Potter si metteva in piedi dicendo che aveva una cosa da fare. Si, pensò Tom con un mezzo sorriso.
Anche lui, come gli Auror, per fermare i Mangiamorte aveva sei anni.
E poi avrebbe spezzato la loro speranza.
Quell’ideale che suo padre tanto perpetrava, doveva essere distrutto.
Per il bene di tutto ma specialmente per quello del bambino sopravvissuto.


Wizards’ Graveyard, Cimitero dei Maghi.
Il sole stava tramontando e l’aria tiepida di maggio stava accarezzando i fiori selvatici della campagna inglese, pettinando ciuffi d’erba smeraldini e le lapidi mute e addormentate.
C’erano poche persone, pochi maghi dall’aspetto anziano che vagavano nei cortili interni e il piccolo Tom si guardava attorno, cercando di non farsi abbagliare dal sole aranciato e vermiglio del tramonto.
C’erano tanti uccellini, specialmente ghiandaie.
Erano allegre e non la smettevano di cinguettare anche a quelle ore tarde, comunque misero un leggero sorriso sul volto del piccolo Riddle che non era mai stato in un posto simile.
Naturalmente non era andato per salutare i suoi parenti ma solo per accompagnare Harry.
A sorpresa, all’ora di pranzo, Harry aveva espresso il desiderio di uscire da Hogwarts per qualche ora per andare al Cimitero dei Maghi e così in parecchi si erano offerti di accompagnarlo.
Sirius e Remus per primi, poi Hermione, Ron, Elettra e anche Draco al cui braccio Potter si era attaccato dopo la rissa e non erano più riusciti a separarsi.
Pansy invece era rimasta al castello per controllare le condizioni di Edward e Blaise, così come Milo si sarebbe preso cura di Beatrix. Era stato Silente stesso, oltre a Damon e Claire, ad invitarlo ad andare tranquillamente con Harry e sebbene fosse stato molto teso all’idea di entrare in quel posto dove naturalmente c’erano alcune persone morte per mano di suo padre, i genitori di Harry compresi, ora il maghetto sentiva una sorta di …pace mai provata prima.
Poteva sembrare macabro ma Tom si guardava attorno senza paura, avvertendo un grande silenzio, un senso di completezza che solo con la morte si può raggiungere.
Era buono il profumo dei fiori, pacata l’acqua che cadeva dalle fontane incantate.
Le lapidi ora non gli sembravano prove di un trapasso. Ma solo un luogo dove ricordare.
Dove potersi sentire vicini con la persona che era mancata.
Perché la morte faceva così paura a quell’uomo?, si chiese. Perché la temeva così tanto?
Di cosa aveva davvero terrore? Di essere dimenticato?
O di perdere chi gli stava intorno?
Una mano carezzevole si posò sulla sua spalla e poi Hermione s’inginocchiò accanto a lui.
- Sono dei bei fiori.- sussurrò la strega, guardando il mazzo di piccoli fiori di campagna gialli, bianchi e rosa che aveva raccolto prima con Elettra.
Tom arrossì vagamente – Non sapevo che fiori piacevano alla mamma di Harry. Gliel’ho chiesto ma…- arrossì di più – Lui non lo sapeva. Gli ho fatto proprio una domanda stupida.-
La Grifoncina sorrise, carezzandogli la guancia – Sono sicura che a Lily piaceranno.-
- Si, a lei piacevano tutti i fiori.- disse anche Remus, passando loro a fianco.
- Visto?- ridisse Hermione – Stai tranquillo.-
Il piccolo Riddle annuì, mentre gli altri li raggiungevano.
- Sei sicuro?- la Granger l’osservò a lungo, sempre tenendogli le mani sulle spalle – Sicuro che non vuoi andare?-
- No.- scandì il maghetto duramente – Lei non è mia madre.-
- Lo so.- rispose la strega – Ma forse ti farebbe stare meglio.-
- L’unica cosa che può farmi stare meglio è sapere Harry al sicuro.- le disse Tom, zittendosi quando gli altri li raggiunsero. S’incamminarono in silenzio oppure parlando a bassa voce, con Sirius e Potter a capo gruppo mentre Hermione restava in fondo, a guardare la schiena di quel ragazzino undicenne che gli ricordava molto un piccolo eroe.
Quanto si assomigliavano, pensò con la mente rivolta al passato.
- Non vuole andare da Bellatrix, vero?- mormorò Draco, al suo fianco.
Lei annuì – No. E non penso che vorrà andare neanche sulla tomba dei Riddle, nell’ala ovest del cimitero.-
- Lost Graveyard non è posto per i bambini, mezzosangue.- Malfoy le scoccò una debole occhiata – Ma forse hai ragione tu. Forse lo farebbe sentire meglio.-
- Abbiamo sei anni. Solo sei anni.- Hermione si strinse al suo braccio, quasi poggiandogli la testa su una spalla – E’ così poco tempo e quei Veli sono nascosti così bene. Ho paura che uscirà da solo e verrà a portarceli via.-
- Tom?-
- E Harry.-
Il biondo stavolta rimase in silenzio ma le passò un braccio attorno alle spalle, ricordando la notte di pochi giorni prima.
Quando lo Sfregiato si era messo in mezzo, quando si era preso una lama nel petto per salvare lui.
Quando gli era morto fra le braccia e il suo corpo, spaccandosi in lucciole, gli era scivolato via dalle dita.
Un qualcosa simile a un vuoto si era formato nel suo petto, quella notte.
Una consapevolezza in cui però lui non voleva addentrarsi.
Morire. Si, tutti prima o poi dovevano morire.
Ma quello non era stato il momento giusto, per Harry Potter.
Ora Draco sapeva.
Sapeva che sarebbero dovuti morire insieme.
In un modo o nell’altro, era quello ciò che li aspettava.
La cappella dei Potter aveva un’aria antica e grazie al custode era ben tenuta. Lily Evans Potter era sepolta in una tomba bianca, di marmo, a fianco di quella James Potter.
C’erano tanti Potter, notò Tom, ben sapendo che Harry era l’unico rimasto. Era stata una grande famiglia, piena di grandi talenti e si assomigliavano quasi tutti. James e Harry poi sembravano gocce d’acqua.
A ben pensarci, anche lui era l’ultimo dei Riddle…
Posarono i fiori sulla tomba dei genitori di Harry, poi tutti si strinsero attorno a lui.
I fiori vennero accarezzati dalla brezza del vento, i ricordi riportati a galla.
Con loro, Harry aveva perso dei genitori, Sirius e Remus il loro migliore amico.
Una tale perdita non era da augurare neanche al proprio peggior nemico.
Passò del tempo, nessuno dei presenti parlò.
Secondi, minuti…tutti i maghi stavano persi nel loro mondo, in preda a chissà quali pensieri.
Poi lentamente Elettra sciolse la propria mano da quella del bambino sopravvissuto.
Lui la guardò quasi smarrito ma lei gli sorrise.
- Ti lascio un po’ da solo.- mormorò, baciandolo.
Dopo qualche attimo anche Hermione e Ron, abbracciato il loro migliore amico, se ne andarono, allontanandosi.
Remus e Sirius lo fecero per ultimi.
Black posò la mano sulla lapide di James Potter, poi scoccò uno sguardo profondo a Harry.
- Fai con comodo.- gli disse, andandosene via a capo chino con Lupin a fianco.
Fecero per andarsene anche Tom e Draco quando di colpo i bracciali si strinsero. Malfoy imprecò fra sé ma Harry non fece una piega e fermò anche il piccolo Riddle.
Non importava se rimanevano.
Tom glielo lesse negli occhi e così gli passò le braccia attorno alla vita, restandogli a fianco.
Draco avrebbe sorriso se quelle lapidi non gli avessero dimostrato era realmente precaria ora la loro condizione.
Fra tutte quelle lapidi dei Potter, un giorno avrebbe potuto esserci anche quella dello Sfregiato.
I bracciali del destino si strinsero di più, come per suggellare quel pensiero.
Uniti.
Dovevano restare uniti.
Harry inspirò, posando il palmo sulla testa di Tom e senza staccarsi da Draco.
Era morto. Ed era tornato.
Aveva vissuto un po’ in Tom e un po’ in Draco.
Ora in lui c’era un po’ di ognuno di loro.
Aveva visto i ricordi del suo figliastro, i ricordi del suo nemico.
E ogni strada riconduceva a lui.
Come in una ragnatela. Tutti i fili intessuti l’uno con l’altro riportavano a un unico filo della matassa.
Lui.
Harry Potter.
- Mi piacciono questi fiori Tom.- mormorò. Guardandolo, vide gli occhi bluastri del bambino illuminarsi.
Pregò che non perdessero mai quella luce.
Il maghetto lo cinse di più e Harry lo abbracciò stretto.
- Sfregiato.-
- Si?-
Si volse a guardare Draco, levando un sopracciglio alla sua espressione vuota e triste.
Gli occhi argentei dell’ex Principe di Serpeverde lo scrutarono a lungo, per poi abbassarsi su tutte quelle tombe.
- Cosa c’è?- lo incalzò, addolcendo il tono.
- Vedi solo di non finirci anche tu qua, prima del tempo.- mormorò il biondo, continuando a sfuggire al suo sguardo.
L’altro avvertì quasi un colpo dentro al petto, un qualcosa che si allargava a macchia d’olio.
Era una sicurezza. Una intima, cupa e pesante sicurezza.
Ora ricordava gli ultimi istanti, prima che la sua anima di spaccasse in pezzi.
L’immagine velata di Draco gli sfrecciò nella mente. Le sue grida, la sua presa forte e disperata.
L’aveva chiamato a lungo, un richiamo sofferto e testardo quanto un’eco.
Draco era così.
Un’eco.
Un’eco nella testa, nel cuore.
Un’eco che gli ricordava che non era Lord Voldemort ad avere il diritto di ucciderlo per primo.
Ma qualcun altro.
- Andiamo.- sussurrò, scoccandogli un breve sorriso – Tom, dai vieni.-
- Posso…- il bambino li bloccò, intimidito – Harry posso restare qui ancora un attimo?-
I due padrini lo guardarono stupiti ma si limitarono ad annuire, scoccandogli un ultimo sguardo dolce e comprensivo.
- Ti aspettiamo davanti alla fontana.- e se ne andarono, lasciando il bambino davanti alle tombe dei Potter.
Tom si morse le labbra, ora solo di fronte ai genitori di Harry.
Era il figlio dell’uomo che aveva ucciso quelle due persone…e forse non avrebbe dovuto essere lì.
No, di questo era sicuro ma c’era una cosa che poteva almeno fare, per riscattare tutte quelle morti.
Un tempo aveva creduto di essere finito sulla strada di Harry perché lui si vendicasse.
Per morire, per mano sua.
Ora invece sapeva di avere anche un lui un potere.
Forse piccolo, forse insignificante. Ma tempo sei anni e sarebbe diventato forte anche lui.
Lily e James l’avevano difeso da bambino, ora toccava a lui.
- Lo difenderò io Harry adesso.- sussurrò e fu qualcosa di così flebile che per un attimo Tom non credette di averlo detto ad alta voce. Il vento si portò via quella promessa e il ragazzino chiuse gli occhi.
Si, poteva fare qualcosa.
Lo doveva a Harry e Draco, a Hermione e Ron. A tutti quelli che alcune notti prima gli avevano salvato la vita.
Si, avrebbe difeso Harry Potter.
Senza aggiungere altro se ne andò, tornando verso gli altri.
Vide che gli occhi verdi del bambino sopravvissuto erano volti a ovest, verso l’ala dei maghi maledetti.
Lì dove riposavano i Riddle e Bellatrix Lestrange.
Harry ci pensava sempre, capì Tom. Pensava a suo padre molto più di quanto avesse potuto immaginare.
Colpito da una sorta di incomprensibile gelosia, gli prese la mano e il suo padrino, staccando lo sguardo da ovest, riuscì a sorridergli veramente. Come da tanto non faceva.
Ora Voldemort doveva stare lontano da loro.
Sei anni non erano molti ma ce l’avrebbero messa tutta.
E lui sarebbe cresciuto, sarebbe diventato forte, un grande mago.
E avrebbe lottato contro suo padre per difenderlo.
Anche a costo di rimetterci la vita.


Scese la notte e poi arrivò l’alba di un nuovo giorno a Hogwarts.
Hermione Granger fu una dei primi a svegliarsi, gli occhi dorati tesi ad accarezzare dolcemente ciò che ora non l’avrebbe più fatta andare via. Incredibile.
Draco Malfoy alla fine aveva vinto la scommessa.
L’aveva ai suoi piedi, completamente.
Era lui il suo padrone.
Si chinò e lo baciò, svegliandolo.
Ma forse era tempo di mettere in tavola un’altra scommessa.
Un’altra eterna sfida fra loro due, una mano a dadi col fato.
La sfida più bella. Sulla loro vita insieme.
Tanti, come loro due, si svegliarono all’alba di quel caldo sole con la strana consapevolezza che per anni la pace avrebbe regnato su di loro. Anche Harry poteva avvertirlo, seduto sulla mensola della finestra, abbracciato ad Elettra.
Si, agli Auror aspettava una lunga gara contro il tempo, per la ricerca dei Veli.
A lui sarebbe mancata la guida di Lucilla, a Tristan il suo amore, a Degona una madre…ma lei sarebbe tornata.
Perché Lucilla dei Lancaster tornava sempre, anche dall’inferno.
E sebbene in quell’inferno Lord Voldemort fosse vivo, Harry si scoprì tranquillo come mai lo era stato.
L’alba sfiorò il verde dei suoi occhi, illuminandoli.
Speranza.
No, non se ne sarebbe mai andata.
Sarebbe rimasta lì con loro, per sempre.
Baciò la tempia ad Elettra, abbracciandola stretta stretta ma quando lo fece sentì uno strano gorgoglio.
Dei bambini. Dei bambini molto piccoli stavano ridendo…
Anche Elettra sollevò il capo verso l’alto.
Sembrava che quei gorgoglii arrivassero dal cielo.
Anche Tom Riddle, Claire King, Damon Howthorne e Beatrix Vaughn li sentirono.
Nei loro sogni almeno.
Ciò che però nessuno sapeva, neanche Hermione che aveva richiamato gli Horcrux, era che le risate di quei bambini erano state fondamentali per il risveglio di Harry. E la stessa profezia di Damon avvallava quella tesi.
Solo le risate sarebbero venute loro in aiuto.
Perché per chi aveva dimenticato, per chi non sapeva più ascoltare, l’innocenza di un bambino sarebbe sempre stata troppo forte da sconfiggere.
Negli occhi di un bambino, il male avrebbe trovato la sua fine.
Quello stesso pomeriggio la riunione dell’anno di Harry Potter accademico ebbe termine.
Ma non prima di aver festeggiato in maniera piuttosto insolita.
Quando li trovarono, Tom e i suoi amici risero senza potersi fermare.
Harry e tutti gli ex studenti erano al campo da quidditch, alcuni sulle scope, gli altri in tribuna, tutti insieme.
Felici. Abituati a quei cambiamenti di programma e a quelle grane.
Ma in fondo tutti erano stati compagni del bambino sopravvissuto. A tale onore, si accodavano quegli imprevisti.
Avventurosi e sanguinosi imprevisti.
- Ehilà ragazzi!- urlò Ron dalla tribuna – Che fate lì sotto? Salite!-
- Là sopra?- bofonchiò Trix, facendosi tirare quasi a forza.
Si ritrovarono fra maghi ventiduenni e rimasero sorpresi nel vederli così tranquilli, dopo tutto quello che era successo.
Ma evidentemente ne avevano passate troppe per stupirsi ancora.
Vennero salutati da tutti, con Ron e l’intera squadra di quidditch di Grifondoro al completo attaccata al whisky incendiario, Burrobirre e certi soggetti che già non stavano più in piedi.
In quel clima di risate e gioia, Tom si avvicinò incredulo alla balconata.
Draco era lì appoggiato e guardava in alto.
Guardava Harry, seduto in scopa a ridere con Elettra, Justin Bigs di Tassorosso ed Edward.
Il piccolo Riddle si stupì. Non si era mai accorto fino in fondo del modo in cui Draco e Harry si guardavano, in certe occasioni. Non aveva mai capito fino in fondo cosa li univa…i perché…i come e i quando…
- Tutto a posto mostriciattolo?- gli chiese Malfoy, senza staccare gli occhi dal cielo.
- Si.- annuì il maghetto.
- Bene.- sussurrò il biondo, carezzandogli la testa corvina.
Il ragazzino sorrise, in cuor suo. Forse non era così importante capirli. Ma credere in loro…
- Draco, posso chiederti una cosa?-
- Dipende.- bofonchiò Malfoy.
Tom sogghignò appena, guardandolo con malizia.
- Perché hai picchiato Harry ieri mattina?-
Il suo padrino schioccò la lingua, fintamente irritato – Perché mi andava.-
- Ti mancava vero?-
- E a te mostriciattolo? È mancato?-
Il maghetto tacque, assumendo un’espressione malinconica e nello stesso tempo felice.
- Si.-
- Tanto quello non muore neanche se l’ammazzi.- gli disse l’Auror – Non aver paura. Ora siamo di nuovo tutti insieme.-
Non aver paura. Tutti insieme.
Tom inspirò a fondo, godendosi per la prima volta la pace dopo quella notte terribile.
Una folata di vento gli sfiorò il viso quando Harry si fermò davanti a loro.
- Ehi mummie!- frecciò, tenendo la scopa con una mano sola – Che fate? V’è morto il gatto?-
- Non farmi dire dove devi ficcarti il tuo sarcasmo, Sfregiato.- sibilò Draco ironico, mentre Hermione li raggiungeva.
- Herm, tu non sali?-
- Neanche per idea.- rispose stizzosa.
- Tom?- Harry sorrise, puntando il maghetto – Ti fai un giro? Ci andrò leggero, promesso!-
Il piccolo Riddle rise di cuore e balzando sul manico davanti a Harry si strinse forte a lui, tornando a librarsi in aria.
Vola, mormorò Draco fra sé chiudendo la mano in quella di Hermione.
Vola speranza.
Insieme, sul quel manico di scopa, sembravano sempre più veloci. Seguirli non sarebbe stato facile.
Erano saette. Saette nel cuore.
Draco passò un braccio attorno alla vita di Hermione, senza smettere di guardarli.
- Ehi mezzosangue.-
- Si?-
- Adesso che facciamo?-
- In che senso?- gli chiese, osservandolo di sottecchi – E attento a quello che proponi.-
Malfoy piegò le labbra in un ghigno, chinandosi a baciarla, a reclamare quelle labbra come sue.
Ma si, meglio stare zitti per il momento.
Tanto in quel bacio c’era già tutto quello che voleva dirle, quello che lei già sapeva.
- Ti amo.-
Gli occhi dorati di Hermione brillarono, come l’anello col serpente al suo anulare sinistro.
- Io devo pensarci.-
E Draco scoppiò a ridere, stringendola più forte.
Intanto in alto nel cielo, Harry Potter continuava a volare.
Il vento sulla faccia, la cicatrice scoperta dalle ciocche dei capelli scuri.
Il Bracciale del Destino stretto al polso, per ricordargli della sua anima incatenata ad un’altra. Per l’eternità.
Al suo fianco un ragazzino, il figlio del suo grande nemico.
Ma volavano insieme, attorniati da tanti altri maghi.
Era destino.
Erano stati messi sulla stessa strada e insieme l’avrebbero percorsa.
E volarono. Continuarono a volare.
Avevano le ali, ali invisibili da grifoni con cui cavalcavano il vento.
Ed Harry Potter a un certo punto guardò in basso.
Ron, Hermione, Draco, Elettra, Edward e Blaise invece sollevarono il viso.
E da quel giorno fu pace mentre la ruota del fato tornava a girare.
Silente dal suo studio li vide, contro il sole del tramonto.
Tanti angeli sorridenti…a cavallo di scope.
Angeli o maghi, non c’era differenza.
Perché fra loro volava la speranza dagli occhi verdi, una speranza morta e poi risorta.







Per molto tempo, dopo quel giorno, le risate dei bambini non si avvertirono per un bel pezzo.

Lucilla del casato dei Lancaster riapparve circa un anno dopo la sua scomparsa, a Cedar House.
Libera dalla sua prigionia.

Caesar Cameron invece tornò nel Golden Fields, dopo aver lasciato l’unico essere che fosse mai riuscito a sconfiggerlo nelle mani fedeli dell’unico vero amore di Lucilla.

Thomas Maximilian Riddle in seguito al suo primo anno a Hogwarts andò a vivere a Cedar House e venne adottato dai Mckay anche se continuò a mantenere il cognome di suo padre e dopo interminabili battaglie legali contro la famiglia Black, Tristan Mckay divenne legalmente il padre del ragazzino.

Tristan e Lucilla si sposarono un giorno di fine agosto e decisero di non avere altri figli mentre l’intera proprietà della famiglia Lancaster veniva lasciata in eredità a Degona Mckay e al piccolo Tom.

All’età di venticinque anni, Ronald Weasley ebbe il suo primo figlio e sua madre lo chiamò Jeremy.

A Lucius Malfoy venne concessa l’amnistia da Orloff in persona e non fu più costretto all’esilio. In cambio dovette fare ogni nome riguardo alla caccia ai Mangiamorte che il Ministero della Magia Britannico mise in atto in quegli anni.
Tornò a vivere a Malfoy Manor e dopo numerosi problemi riuscì a riallacciare una sorta di legame con la moglie e col figlio, anche se con estrema fatica da parte di quest’ultimo.

Per molto tempo invece dei due fratelli Lestrange non se ne seppe più nulla. Si mormorava fossero tornati in Germania, altri pensavano che fossero nascosti nel nord dell’Irlanda, aspettando, fremendo per tornare alla luce del giorno.

Nei sei anni della profezia dichiarata da Damon Howthorne, come predetto regnò la pace.
La ricerca dei dodici Veli fu estenuante, una vera corsa contro il tempo.
Ma gli Auror non mollarono mai.
Uniti, più nessuno perse la vita. Almeno in quei sei anni.

I portatori dei Bracciali del Destino non si separarono più e insieme ridivennero leggenda.

In seguito, dopo tre tentativi mandati in fumo da seccatori poco propizi, anche Harry James Potter si sposò all’età di venticinque anni col suo amore di sempre, Elettra Isadora Baley.
La cerimonia definitiva si tenne in un giorno qualunque, dopo le precedenti mandate a monte a causa di vecchi nemici, nello Yorkshire e alla presenza di pochi intimi.

Per quanto riguarda invece Draco Malfoy e la sua scommessa…bhè, questo ancora non ci è dato saperlo.
Ma come spesso fu detto nella cerchia del bambino sopravvissuto, la speranza è sempre l’ultima a morire.
E di fronte alla speranza, anche il Destino deve piegare il suo orgoglioso capo.









- Fine -
- "I Bracciali del Destino" -

 

 

 

 

 

 

 

 

Posso solo dire grazie a tutti quelli che hanno letto dal principio e mi hanno seguito, specialmente a quel gruppetto di matte che mi hanno scritto nell'ultimo capitolo, arrivando tutte in massa. Siete state davvero forti e spero vivamente che anche questa fine sia stata all'altezza delle vostre aspettative.
E ringrazio per avervi potuto portare nel mio mondo per qualche tempo.
Comincerò a postare appena possibile “I Figli della Speranza ” ma prima metterò in rete, al massimo fra un giorno, la one-shot “Io, il Figlio del Nemico ” dettata dalla voce narrante di Tom, ormai quasi diciassettenne che Axia ha curato personalmente e che vi consiglio di leggere molto attentamente perchè è piena di particolari che potranno darvi un'idea di come sarà la trama dei Figli della Speranza.
Non essendo questa una fine posso permettermi di sentirmi ancora felice.
Se c’è una cosa che condivido con Axia è la gioia nel poter dire che la parte più bella della favole non è il “…E vissero per sempre felici e contenti…” ma il “C’era una volta…” e di questo ne sono più che sicura.
Ringrazio ancora tutti i nuovi lettori e vi aspetto con la nuova fiction, terza parte della saga.
A presto.

 

Barbara.



 

 

 

 

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