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Autore: Kysa    16/03/2007    3 recensioni
Terza parte della saga, signori e signore. La battaglia fra Harry Potter e i Mangiamorte subisce nuove mutazioni con l'entrata in scena di personaggi ambigui che minacciano la nuova vita del bambino sopravvissuto, mentre il giovane Tom Riddle, ormai al suo ultimo anno a Hogwarts, rischia di rovinare la sua esistenza per colpa del suo passato. Ancora Harry Potter e i suoi compagni nell'ennesima guerra, in uno sfondo di amori e tragici avvenimenti. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Dilagavano.
Come una nube di veleno mortale, i Mangiamorte si rovesciarono sul dominio dei maghi senza pietà.
Travolgevano ogni cosa, spargendo fiamme e sangue.
Quella notte la Gran Bretagna venne messa a ferro e fuoco.
Quella notte, in pochi si salvarono.
E non ci furono bambini a portare un fulmine sulla fronte a liberare i maghi da un Marchio Nero.
Non ci fu nessuno quella notte che osò alzare il capo.
E com'era già accaduto in passato, la storia si ripeté.




A Cedar House regnava il suono tenue di un pianoforte.
Il timbro ovattato dei tasti calava e risaliva in picchi violenti.
Il pendolo vittoriano del grande salone batté le quattro di mattina e la nenia ridivenne malinconica e lenta, senza rabbia e strozzature straziate mentre fuori dalle grandi finestre a impero imperversava un gonfio temporale.
La pioggia batteva e rigava i vetri, scendendo in linee verticali che rassomigliavano le sbarre di una prigione.
La mani che suonavano l'antico pianoforte a coda erano sciolte ed eleganti, un tutt'uno con chi sedeva a quei tasti.
La mano sinistra portava un anello, il blasone della famiglia Mckay e una fede dorata all'anulare.
La destra un altro anello d'oro giallo, al pollice.
Quelle dita continuarono a suonare, prima piano, poi febbrili provocando un suono a volte stridulo e lontano.
Un lieve cambiamento e la malinconia diventava un'atroce disperazione.
Jess Mckay inclinò dolcemente il capo, terminando una scala di solfeggi.
Sul bel viso, l'espressione di chi sapeva. E non poteva fare niente.
Continuava a suonare da ore ormai, senza mai smettere.
Qualcuno gli posò una tazza di the sul braccio del pianoforte, poi sua sorella Sofia tornò a sedersi sul divano.
Adorava ascoltarlo. Anche in una notte simile, quando era stata svegliata ed aveva appreso la terribile notizia.
Si avvolse meglio nella vestaglia di seta, guardando fuori dalle tende.
Il cielo sembrava piangere.
- Dov'è Tristan?- chiese Jess all'improvviso, senza smettere di suonare.
- Nello studio. Sta parlando col signor Gillespie.- Sofia si portò la tazza di porcellana alle labbra - Ti senti bene?-
Il primogenito dei Mckay non rispose, premendo con forza su un do che risuonò a lungo fra quelle mura.
- Andrew?- replicò, chiedendole di suo marito.
- Arriva subito. È con i bambini in camera. Li sta cambiando.- Sofia girò il cucchiaino nella tazza, abbassando gli occhi verdi sul liquido dalla sfumatura d'ambra - Jess...Alex era spaventato. Forse dovresti parlarci.-
- Non ho detto io a Sarah di svegliarlo.-
- Jess...-
- Sofia, non ho voglia di parlarne.-
La strega sospirò, addolorata.
- E' tuo figlio.-
- Non parlo di Alexander. Parlo di Sarah.-
I due rimasero in silenzio, lasciando che il maggiore tornasse a concentrarsi sui tasti quando dalla porta laterale entrarono due persone. Un uomo sui trentacinque anni, proprio come Jess, dall'aspetto mite e dolce, capelli scuri e una leggera barba sul mento. Li raggiunse con in braccio due bambini.
Uno di cinque e uno di tre anni.
Il più piccolo, con una zazzera bionda e in pigiama, si fece mettere giù e corse al pianoforte.
- Papà!- tubò e allungò le braccine verso Jess che per un attimo smise di suonare. Senza mutare sguardo lo prese in braccio e lo fece sedere accanto a lui.
- Stai bene Alex?- gli chiese Sofia con un dolce sorriso.
Il bambino annuì computo, stringendosi a suo padre e poi con vocetta infantile chiese degli zii.
- Arriveranno presto.- gli rispose Andrew McCormac, il marito di Sofia - E tu Herik? Tutto bene?-
Il bambino sui cinque anni sembrava molto più risoluto e forse, per farsi vedere più coraggioso, si mise seduto a una certa distanza dalla madre, ottenendo solo l'effetto di farla ridere.
- Sarah arriva subito.- disse Andrew, informando Jess - E' nell'anticamera a parlare con Rose.-
L'altro evitò accuratamente di rispondere, senza staccare gli occhi verdi dal pianoforte e dagli spartiti, anche se non aveva alcun bisogno di leggere la composizione.
Sapere che sua madre era in casa era una notizia oltre modo spiacevole e che poi Sarah stesse parlando con lei era anche peggio. Con loro c'era certamente anche Elisabeth.
Jess però con tutto il cuore che Degona fosse riuscita a sfuggire alle sue grinfie e avesse fatto un rapido giro di controllo sui loro compagni e amici grazie alla sua empatia e proprio pensando quello, sentì dei passi leggeri sulla scalinata del piano superiore.
Alzò appena il viso e vide un'eterea ragazzina di appena dieci anni scendere a tutta velocità i gradini di marmo. Lunghi boccoli ben oltre la schiena e occhi verdissimi, come tutti i Mckay, la piccola Degona era cresciuta in sei anni tanto da rassomigliare sempre di più a sua madre.
In un semplice pigiama bianco ma molto raffinato, che Liz aveva scelto per uno dei suoi ultimi e costosi regali, Degona Lumia Mckay li raggiunse a piedi scalzi, incurante di ciò che avrebbe potuto pensare la sua governante e istitutrice.
Si chinò e baciò la guancia a sua zia Sofia, sedendosi al suo fianco e incrociando le gambe snelle.
- Siamo tutt'orecchi.- le disse suo zio Andrew.
I lineamenti da bambola di porcellana di Degona per un attimo si tesero.
Si sporse e guardò oltre la porta del salone. Sentiva le voci di sua nonna Rose, del nonno Tanatos e anche Liz e di sua zia Sarah. Era meglio essere cauti, sapeva che un solo accenno a un utilizzo improprio della sua empatia poteva scatenare discussioni a non finire e lei sapeva bene che quella non era la situazione adatta.
Tornando composta, intercettò per un attimo lo sguardo di Jess.
Anche lei, sentendo la sua melodia in cui erano intrinsechi i suoi stessi sentimenti, assunse un'espressione malinconica.
- Lo zio Clay sta bene.- mormorò con una voce dolce e calda - Lo zio Milo è alla Corte. Mentre Sphin è al Ministero. Con lui ci sono Ron e tutti i suoi fratelli. Fra poco andranno tutti alla sede dell'Ordine.-
- Questo l'hai sentito da loro?- le chiese Sofia.
- No ma tutti lo pensavano. È nell'aria, sopra di loro...su tutto il Ministero.- rispose la ragazzina, abbracciandosi le gambe e poggiando il mento sulle rotule con aria sconsolata - Sono tutti impazziti. È pieni di paura...-
- E come al solito nessuno fa niente.- sibilò Jess, tornando a pigiare violentemente i tasti.
- Papà cosa succede?- gli chiese il piccolo Alexander con la sua vocina sottile.
- Niente tesoro.-
Una donna alta, dal corpo sinuoso e avvolto in un vestito dai toni color pastello era arrivata sulla porta.
Pelle liscia, lunghi e serici capelli color del grano e mani curate dimostravano le sue origini, insieme al girocollo dorato con su lo stemma di famiglia che qualificava Sarah Haberhart come un'ottima moglie purosangue.
La donna, sulla trentina, raggiunse suo figlio e lo strinse forte, dimostrando ancora una volta quando Alexander fosse una delle due cose più importanti della sua vita.
- Mamma perché sono tutti svegli?- sbadigliò ancora il piccolino - E perché siamo venuti a casa dello zio Tristan?-
Sua madre sorrise, prendendoselo in braccio e sedendosi sullo sgabello del pianoforte, quasi per avvicinarsi timidamente a suo marito - Non è successo nulla, non ti preoccupare. Siamo venuti qui dallo zio per stare un po' tutti insieme. Sei contento?-
Il piccolo Alex sorrise, annuendo vigorosamente poi sbadigliò più di prima e si appoggiò alla madre.
Era veramente stanco. E anche il piccolo Herik, suo cugino, doveva esserlo perché aveva appoggiato la testa sulle gambe di suo padre e si era addormentato, stringendo persino la mano a Sofia.
- I bambini dovrebbero già essere a letto a quest'ora.- sentenziò Rose Mckay, entrando affiancata dalla fida Elisabeth e seguita poi da Tanatos Mckay, quello che aveva l'aria più irritata di tutti - Anche tu, Degona.-
- L'ho svegliata io.- la interruppe Jess bruscamente, senza neanche guardarla.
- E tu cosa fai qua?- sbottò sua madre, avvedendosi di lui - Non eri in Francia insieme a Leblanc?-
- Sono tornato stanotte.-
- Devo crederti?-
Jess a quel punto smise di suonare e richiuse seccamente il coperchio dei tasti, facendo sobbalzare più di un presente.
- Credi a quello che ti pare.- le disse e senza aggiungere altro prese la sua tazza di the, ormai freddo, poi anche Degona per mano e se la portò nello studio, lasciando un muto silenzio alle sue spalle.
Attraversando i corridoi illuminati da candelabri e piccole luci, Degona non poté fare a meno di sentirsi protetta accanto a suo zio. Nonostante...nonostante ciò che sentisse, sfiorandogli semplicemente l'epidermide.
- Zio?-
Jess finalmente rallentò un po' il passo, placando la sua ira.
- Zio...credi che Tom stia bene?-
Un sospiro, poi il primogenito di Tanatos Mckay si chinò a guardarla. Le carezzò il viso e le spalle.
- Tua madre l'avrà trovato. Stai tranquilla. E poi lo sai che tuo fratello è in gamba, no?-
I grandi occhi della ragazzina brillarono in una sorta di orgoglioso e quasi possessivo legame che non era di sangue, ma spirituale, fra lei e il giovane Tom Riddle.
- Voi due!-
Jess e Degona si voltarono, trovandosi Tanatos alle costole.
- Se pensavate di lasciarmi solo in quel covo di aspidi vi sbagliate di grosso.- sentenziò il vecchio mago dall'aria ancora austera e regale, accendendosi un sigaro - Sofia me la farà pagare cara ma non ho intenzione di sorbirmi i discorsi di Elisabeth e di mia moglie sulla mia cara nipote!- e strizzò l'occhio a Degona - Scappa a nasconderti dietro alla gonna di tua madre diavoletta, o nei prossimi giorni subiremo un vero colpo di stato qua dentro!-
- Ho superato l'esame.- rispose Degona con aria mogia - Perché non mi credono all'altezza?-
- Non è questione di bravura.- le disse Jess - Ma di testa. Tua nonna Rose e Liz sono uguali, piccola. Ti vedranno sempre come una neonata e il pensiero che con un anno di anticipo tu abbia passato un esame che ti permetta di accedere prima a Hogwarts, le mette in agitazione.-
- Meglio a Hogwarts a questo punto.- scandì Tanatos, accendendosi un sigaro gigantesco - Che qua a Londra sola nelle mani di Elisabeth dopo tutto quello che accadrà stanotte e nei prossimi giorni.-
Degona stavolta sorrise, volgendosi alla sua sinistra dove nessuno vedeva altro che una parete.
Mai lei invece ci vide ben altro. Lei non era mai veramente sola.
Strizzò l'occhio a Nyssa, la sua custode e la donna a sua volta sorrise, veleggiandole attorno.
- Siamo sicuri che sia Lui?- sibilò intanto Tanatos - Non potrebbe essere un falso allarme?-
- Tom non sarebbe uscito per un falso allarme, lo sai.- rispose Jess cupamente, tornando ad incamminarsi verso lo studio di suo fratello minore - E tantomeno Lucilla. Spero che lei sia riuscito a trovarlo.-
- Al ragazzo serve una bella ripassata!- scandì il vecchio mago - Andare incontro a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato in questo modo!-
- Non sappiamo neanche dove si siano diretti i Mangiamorte. Per ora sono solo soffiate degli spioni papà.- gli disse Jess, fermandosi di fronte a una grande porta a due battenti di mogano scuro - Quando ci saremo riuniti tutti all'Ordine allora ne sapremo di più. Per il momento possiamo solo aspettare e chiudermi in casa...-
- ...come conigli!- concluse Tanatos oltraggiato.
- Già.-
Quando i battenti si aprirono, i tre maghi vennero investiti dal tepore delle fiamme di un caminetto già acceso.
Sembrava veramente che fosse pieno inverno.
Era calato un freddo che in Gran Bretagna non si era mai sentito ad agosto.
Fra le fiamme del caminetto, la testa di un tizio guardava con un misto di pena e apprensione il padrone di casa che camminava davanti e indietro davanti ai ciocchi ardenti.
Tristan Mckay sentendoli arrivare si fermò, imprecando fra i denti.
- Salve Duncan.- fece Tanatos, salutando il capo degli Auror - Come andiamo?-
Duncan Gillespie quella notte aveva già mandato giù un intero flacone di Demerol e sebbene lui non fosse mai stato portato per la medicina babbana, doveva ammettere che stava facendo miracoli sulla sua depressione.
Fece una smorfia al vecchio Mckay mentre Tristan si sedeva sulla scrivania, levando di torno tomi e oggetti magici che in quel momento non servivano a niente.
Un'occhiata e Jess capì di non essere l'unico ad aver bisogno di un goccio di whisky, così andò al bancone e preparò due bicchieri quando suo padre, sentendosi escluso, si prese poi il resto della bottiglia.
Il padrone di casa era stato buttato giù dal letto verso le due e mezza, quando qualcuno si era accorto della scomparsa di Tom e bhè, si, quando sua figlia aveva sentito un grido.
E il pianto di due bambini piccoli.
Un tuono fece traballare Cedar House ma nessuno se ne curò.
Degona per prima, dopo aver abbracciato forte il padre che adorava come un dio, andò verso la finestra e si strinse con delicatezza alla vita della donna più bella su cui avesse mai posato lo sguardo.
Sua madre.
Lucilla del casato dei Lancaster puntava gli occhi bianchi oltre il buio della notte, del temporale.
Degona si chiedeva spesso fin dove sua madre poteva vedere.
Fin dove...poteva arrivare.
Una donna così bella da sembrare irreale. I capelli bruni colmi di boccoli erano sempre più lunghi, la bocca sempre più rossa e la pelle sempre più fredda. Nessun cuore, nessuna emozione. Sempre meno umana.
Ma sempre più innamorata delle due persone che erano tutta la sua vita.
Lucilla però distolse subito la sua attenzione dalla tempesta, passando una mano fra i capelli della figlia.
Degona l'abbracciò allora più stretta, sapendo bene che quella fragilità era solo illusoria.
Affondò il viso nella spalla nuda di Lucilla, sentendo il suo profumo di gigli e il liscio tessuto della sua vestaglia di seta.
- Guarda.-
Degona fu felice quando sua madre, levando una mano aperta, le mostrò qualcosa.
Nelle lucide unghie quadrate laccate di uno scuro color vermiglio, la ragazzina vide qualcosa.
Un'immagine.
- Tom sta bene!- disse la streghetta, sorridendo - Chi c'è con lui?-
- La sola persona che poteva trovarlo.- le rispose Lucilla, con sguardo sereno - E' con Claire.-
Le due tacquero per un attimo, con Degona sempre fissa a osservare il fratello. Salvo, dalle mani dei Mangiamorte.
- Mamma...lui...Lord Voldemort è tornato vero?-
Lucilla annuì, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra.
- Si.-
- E vuole prendersi Tom?-
- E Harry.- rispose la Lancaster.
- E...vuole anche te?-
Sua madre sembrò pensarci.
- Si. Io l'ho ingannato.-
Degona cercò di leggerle dentro ma non ci riuscì. Sua madre era l'unica i cui pensieri per lei erano irraggiungibili.
Inafferrabili.
- Credi anche tu che faccia male ad andare a Hogwarts col papà?- sussurrò allora la piccola strega - Credi come Liz e la nonna che io voglia solo cacciarmi nei guai?-
Un debole sogghigno si piegò sulla bocca della demone.
- Ancora nutri il segreto desiderio che io sia come il resto della gente che ti circonda, tesoro?-
La gioia scoppiò nel cuore dell'empatica che le gettò le braccia al collo e la baciò con uno schiocco.
- No. Tanto lo so che sei senza speranza mamma!-
Madre e figlia risero insieme, poi finalmente il fuoco nel camino divenne più sottile. Duncan era sparito.
Quando Tristan si volse verso di loro, era tutto deciso.
- Domani l'Ordine della Fenice torna a riunirsi.- scandì, fissando attentamente Lucilla - E' guerra dichiarata.-
- E per Tom?- chiese Tanatos - Gli mandiamo un gufo per farsi trovare dai Black?-
- Non si preoccupi.- rispose la Lancaster, tornando a guardare fuori dalla finestra - E' al sicuro. In ottime mani.-


Chiunque fosse uscito sotto quel tempo infame, con la pioggia che batteva a raffica su tutta Londra, sul Surrey, sul Sussex, nel Kent, sul Linkolnshire e sullo Yorkshire, sarebbe sicuramente andato incontro a qualche guaio.
Ma nessun babbano osò uscire di casa quella notte. L'aria era infausta. Anche loro sembravano percepirlo.
Però qualcuno dai grandi poteri era comunque sotto quel cielo piangente.
Qualcuno salvato da un padre dalle mani macchiate di sangue.
Qualcuno che stava fradicio, sotto quel diluvio...senza sentire freddo. Senza sentire altro che dolore in un parco del centro di Londra, accanto a un laghetto...vicino a una panchina.
Il giovane Tom Riddle era zuppo dalla punta dei capelli fino alla punta delle scarpe da ginnastica. I jeans si erano fatti pesanti, ma mai come il peso che ora gravava sulle sue spalle.
Sul viso bagnato, una lacrima si confuse con le gocce di pioggia.
Le sue mani continuavano a stringere il piccolo coniglio di pezza che era appartenuto ai suoi due protetti.
Tremò. Era venuto meno a due patti quella notte.
Al suo giuramento di padrino...e al giuramento di protezione verso Harry.
Un gemito gli uscì di gola mentre si portava quel coniglietto al viso. Lo schiacciò con forza ma lo lasciò andare quasi subito quando due esili braccia lo strinsero forte per la vita e le spalle.
Tom fece lo stesso, stringendo convulsamente a sé la sua salvatrice.
Il suo potere si Sensistrega e la sua capacità di trovarlo ovunque l'avevano salvato ancora una volta.
Affondò la mano nei lunghi ricci bagnati di Angelica Claire King e serrò le labbra, sentendo il cuore andare in pezzi.
- Shhh...- Cloe gli carezzava la schiena e il collo, senza lasciarlo mai - Shhh, tranquillo...adesso siamo lontani da lui.-
Lontani da lui. Da Lui.
Il giovane Riddle si staccò lentamente, puntando gli occhi blu in quelli della sua regina.
- L'ho visto.- sussurrò la biondina e gli posò la mano su una guancia - Ti ha fatto del male?-
Tom scosse il capo e le porse il coniglietto che la ragazza afferrò con i lineamenti impietriti.
- E' di Glory.- mormorò.
- Si. E ora tutta Godric's Hollow sta bruciando.-
Cloe sollevò lo sguardo. Si fissarono senza parlare, sotto quella pioggia incessante.
Poi lei gli prese la mano, intrecciando le dita con le sue.
- Sono vivi. Tutti quanti. Lo sai vero?-
Tom si morse le labbra, trattenendo un altro gemito strozzato - Quando sono arrivato era pieno di sangue ovunque. I licantropi di Greyback hanno attaccato la casa. Ho parlato con suo figlio.-
- E...c'erano i tuoi fratellastri?-
Il mago stavolta piegò la bocca in una smorfia di disprezzo.
- Si, c'erano anche loro. Sempre in prima fila.-
Cloe tirò un sospiro. Poteva capire la sua rabbia...ma ora lei ringraziava solo di essere arrivata in tempo.
Solo di quello. Solo che Tom fosse vivo.
- Chi ti ha detto dov'ero?- le chiese, lasciandosi andare seduto sulla panchina alle loro spalle.
- Ti ho trovato io.- gli sorrise finalmente, sedendosi al suo fianco - Mi sono svegliata quando a casa mia sono arrivati degli Auror da parte di Gillespie. Stavano avvisando mio padre di qualcosa...io mi sono improvvisamente ricordata della profezia e...- deglutì, dimostrandogli finalmente quando fosse stata in ansia -...mi sono messa a cercarti.-
- Claire.- Tom le passò un braccio attorno alle spalle, schiacciandosela addosso - Scusami. Non continuiamo a stare qua sotto al diluvio o ti prenderai qualcosa. Andiamo via.-
- Tanto ormai non fa più differenza.- gli disse, del tutto incurante della pioggia che le incollava i capelli al viso - Devi dirmi tutto. Ogni cosa.-
- Si ma ripariamoci.- le disse risoluto, prendendola per mano e facendola alzare. Si guardarono attorno e uscirono dal parco di corsa, attenti a qualsiasi movimento sospetto. Si ritrovarono per una strada trafficata, il traffico era ridotto ma c'erano ancora dei locali aperti, anche alle quattro di mattina.
Non potevano muoversi subito, era necessario che stessero nascosti per qualche tempo.
E poi sarebbero andati dove Tom era sicuro che tutti si stessero già riunendo.
Alla sede dell'Ordine della Fenice.
Claire lo bloccò, tirandolo per mano di fronte a un pub. Era poco affollato e quando misero il naso dentro videro che mancava mezz'ora alla chiusura. Perfetto, il tempo necessario.
Cloe chiese qualcosa di caldo al barista e lui gentilmente le passò due asciugamani.
Si diressero dietro un paravento e seduti sui divanetti, i due maghi iniziarono ad asciugarsi come potevano, senza usare la magia visto dove si trovavano.
Quando il barista arrivò con due alte tazze di thè e del cognac a parte, nel caso avessero voluto correggerlo, Tom riuscì finalmente a tirare il fiato.
Dio. Gli sembrava tutto così impossibile.
Fino al giorno prima aveva vissuto sereno. Studiando, uscendo di casa per andare a fare gli acquisti a Diagon Alley, aveva sopportato con Tristan e Lucilla le terribili feste che Rose Mckay si ostinava a dare...
E ora tutto era svanito. Tutto di nuovo ricominciava.
Era guerra.
E suo padre era tornato.
Per uccidere Harry.
A quel pensiero serrò la mano sulla tazza, rischiando di spezzare la ceramica.
- Tom,- Cloe mise la mano sulla sua - calmati e dimmi cos'è successo.-
- Non lo so bene neanche io.- mormorò a bassa voce, come in trans - Ero nel letto quando un incubo mi ha svegliato. Un serpente mi ha detto che lui era tornato, che mi aspettava. Nessuno può entrare nei miei sogni e collegarsi in quel modo con me. Solo Harry...e...lui.- sibilò gelido, odiando il solo pensiero di chiamarlo padre.
- E sei andato a Godric's Hollow senza dire niente a nessuno?- La King ora lo fissava seria - Hai fatto un colossale cretinata, te ne rendi conto? Da solo? Quella era una trappola!-
- Chissene frega. Harry, Hermione, Draco ed Elettra sono spariti! E anche i bambini Claire!- urlò quasi, senza che lei si scomponesse - Era pieno di mannari e se...- gli morì la voce in gola - e...se avessero fatto qualcosa a Lucas e Glory?-
- Sono ben protetti, lo sai.-
- Quando si tratta di lui...nessuno è ben protetto.- ringhiò fra i denti - Era attorniato come se fosse stato un re da tutti i suoi Mangiamorte. Perché? Perché?- sbottò - Perché lo seguono?! Dio, se penso che può aver fatto qualcosa ai ragazzi e ai bambini mi viene voglia di tornare laggiù e ucciderlo all'istante! Non m'importa di morire subito dopo per mano dei suoi leccapiedi!-
- Tom...- ora gli occhi nocciola della Sensistrega si fecero tristi - Tom è tuo padre.-
- Non è mio padre!- sibilò, tenendosi la testa fra le mani e fissando la tazza - Un padre non si misura col sangue. Quello è un assassino! Un mostro!-
- Si, lo è. Ma non spetta a te ucciderlo.-
- Tanto nessuno oserà mai contrastarlo! Solo gli Auror ormai ascoltano Harry ma ora che è libero di nuovo e tornerà a vagare fra i maghi, nessuno più alzerà la testa! Sono tutti dei vigliacchi!-
Il rombo di un tuono in quel momento fece lampeggiare le luci del pub.
Dopo un attimo ci fu un black out e i due maghi decisero che era ora di andare.
Era il momento di andare a Grimmund Place.
Al numero 12.
Lo raggiunsero in un lampo, apparendo in un vicolo buio accanto alla palazzina.
La pioggia continuava a cadere più forte di prima ma non la sentiva più.
Troppo intorpiditi, con l'anima altrove.
A occhio di babbano, non c'erano luci accese ma Tom vide ogni finestra illuminata.
Le tende erano tirate ma l'Ordine era lì. Al completo.
- C'è tua madre.- lo informò Cloe - La sento.-
- Bene.- si limitò a dire - Tu entri vero? Non voglio che te ne vai a casa da sola.-
Lei sorrise. Dolce Tom.
Tornò a stringergli la mano e insieme entrarono dalla porta principale, usando la parola d'ordine da poco adottata.
Quando furono dentro, li accolse un piacevole tepore mentre ovunque si sentivano voci concitate.
Almeno l'incantesimo di protezione non era scattato ma...
- VOI! MALEDETTI TRADITORI!! COME OSATE PROFANARE LA SACRA CASA DEI BLACK!!-
- Per l'amor di Dio, sta zitta!-
La voce furibonda del padrone di casa sovrastò quella della signora Black, ancora saldamente ancorata al suo muro.
Sirius Black apparve sullo scalone, tirando la tenda sul quadro con un gesto seccato della mano.
Il mago non era cambiato. Tanto tempo dietro al Velo l'aveva lasciato lo stesso di sempre. Affascinante con la sua aria selvaggia, i lunghi capelli e un lieve filo di barba, occhi grigi da ammaliatore.
- Al diavolo! Dung ti avevo detto di...- iniziò a sbraitare ma quando si accorse di loro due, Sirius tacque.
Osservò il viso di Tom poi scese dalle scale velocemente.
Il giovane Riddle lo abbracciò subito, sentendosi meglio.
- Ciao mostriciattolo.- borbottò Sirius - Era ora che arrivassi. Ti dovrei prendere a ceffoni sai?-
- Ti prego, scusami.- Tom era mortificato - Ma non ce l'ho fatta a resistere.-
- Già, non potevi resistere a cadere in trappola eh?- ringhiò Tristan Mckay, apparendo nel corridoio a fianco.
Tristan e Tom si guardarono per un lungo momento, gli occhi verdi dell'Auror che lampeggiavano. Poi lentamente la sua collera sbollì, scemando.
- L'importante è che stai bene.- disse, passandosi una mano fra i capelli biondi - Ciao Cloe.-
- Ciao Tristan.- sorrise blandamente la strega - L'ho portato via appena in tempo.-
- Ti ringraziamo tutti.- le disse Sirius - Forza, siete bagnati come pulcini. Venite a scaldarvi.-
- Ci sono tutti?- chiese Tom ansioso.
- Ron e gli altri non sono ancora tornati.- lo informò Black, trascinandolo in cucina dove c'era raccolto un gran numero di maghi. Kingsley, Remus Lupin, Ninfadora Tonks, Andromeda, Dedalus Lux, Deirdre Warfield, tutti i fratelli e i genitori di Ron, Pansy, Gary Smith e la sua squadra di Auror, Duncan Gillespie e i suoi amici veterani. All'appello mancavano Edward Dalton, Ron Weasley, Milos Morrigan e Clayton Harcourt. Sphin Eastpur era arrivato da poco dalla sua ronda.
Fra i nuovi aggiunti, Liam Hargrave seduto in poltrona con Tanatos Mckay a fumare come teiere e Lucius Malfoy, abbarbicato al tavolo della cucina con aria ben poco allegra, visto che era stato buttato giù dal letto nel pieno della fase REM da sua moglie, in piedi alle sue spalle a penare per suo figlio e sua nipote.
- Oh, eccoti.- Remus fu il primo a vedere Tom e gli sorrise con calore - Tutto bene?-
Il giovane Riddle, sentendosi addosso gli occhi di tutti, abbassò il capo.
- Tu l'hai visto vero?- gli chiese Kingsley Shacklebolt dopo un secondo di gelo totale - Tu hai visto Tu-Sai-Chi.-
L'aria si era fatta senza. Si tagliava col coltello.
E i cuori battevano in un'angoscia antica. Sembravano attendere il giudizio del boia.
- Si.- ammise Tom a quel punto.
Sentì gemiti, vide gente coprirsi occhi e viso. Sentì rabbia. Impotenza.
- E' libero.- imprecò Liam Hargrave fra i denti - Lo sapevo dannazione, lo sapevo!-
- E' inutile farsi prendere dal panico.- sindacò Duncan irritato - Lasciamo prendere fiato al ragazzo!-
- Parli bene tu, hai mandato giù una mezza chilata di sedativi.- sibilò Tanatos sarcastico.
- Vediamo di non cominciare signori, grazie.- fece Molly Weasley, correndo da Tom e Cloe - Su ragazzi, sedetevi a tavola. Ora vi preparo qualcosa di caldo.- disse premurosa - Ne avete passate troppe per stanotte.-
I due fecero come venne ordinato e si misero a tavola.
Tom venne abbracciato da Andromeda e Narcissa che lo fissarono preoccupate.
Lui sapeva che tutti volevano chiedergli una sola cosa.
Di Harry. Di Godric's Hollow.
E col cuore a pezzi, li accontentò, lasciandoli muti.
- La casa di Harry e Draco è andata a fuoco.- mormorò a bassa voce, catalizzando l'attenzione dell'Ordine - Quando sono arrivato, era in fiamme. Il Marchio Nero era sul muro dell'ingresso. I ragazzi...non c'erano.- aggiunse, mentre Molly si portava le mani alla bocca, angosciata - Ho parlato con...Asher Greyback, il figlio di Fenrir.- proseguì - Lui mi ha detto che i licantropi di suo padre hanno attaccato la casa...-
- I mannari.- alitò Andromeda - E...non hai visto altro?-
- Come hanno fatto a rompere il sigillo sulla casa?- ringhiò Sirius furente - E' impossibile!-
- Non per Tu-Sai-Chi.- disse Lucius all'improvviso - Ti hanno detto altro Tom?-
Il giovane mago fissò suo zio, mordendosi le labbra.
- Ho...ho chiesto a ...Voldemort di dirmi cos'era successo a Harry.-
- Hai parlato con lui?- si sconvolse Tristan mentre i presenti impallidivano.
- Solo per un attimo. E mi ha detto di non aver trovato Harry. Né Draco. Ma i bambini...-
- I bambini solo al sicuro.- lo bloccò Sirius, facendogli sgranare gli occhi - Jane, la madre di Hermione, ha sospettato qualcosa dopo una visione sfocata ieri sera, prima di andare a letto e ci ha avvisato. Hagrid li ha portati via.-
- Quindi sapevate...- sbottò Claire.
- No, no.- scosse il capo Remus - E' stata una precauzione presa all'ultimo minuto. Hagrid è arrivato che si stava già scatenando quell'inferno. Ha preso i bambini e li ha portati da Silente. Fra poco sarà qui.-
- E dove li hanno messi i bambini?- si sconvolse Tom - Dovrebbero stare qua con noi!-
- Calmati.-
La voce rassicurante di Lucilla lo colse alle spalle.
Si girò e lei gli sorrise, carezzandolo con lo sguardo.
- Sono in un posto sicuro ora. Sotto la protezione della madre di Harry.-
Tom alzò le sopracciglia, senza capire subito...ma quando Lucius sbuffò, capì tutto.
- Li hanno portati...cioè, hanno portato Lucas e Glory da quei matti di babbani?- fece stralunato.
- Si. Lì saranno protetti.- gli confermò Sirius, anche se disgustato.
- E per quanto dovranno starci?!-
- Pochi giorni.-
- Va bene ma tutto questo non cambia le cose.- s'intromise Lord Hargrave, pragmatico come suo solito - Siamo nello sterco di cavallo fino al collo e presto raggiungerà il soffitto, non so se ve ne siete accorti! Mentre ce ne stiamo qua a chiacchierare il bambino sopravvissuto, sua moglie, quel lavativo di Malfoy e mia nipote sono dispersi da qualche parte con tutti i Mangiamorte della Gran Bretagna attaccati alle costole! Per non parlare di quello che farà ora quel maledetto spostato!-
- Già. Prevedo disastri a non finire nei prossimi giorni.- fece Duncan, infilandosi rapidamente il mantello - Smith, io torno al Ministero e cerco di capire se Orloff vuole fare qualcosa. Tu resta qua fino a domani all'alba. Riunione alle sette nel mio ufficio. Voglio tutti gli Auror da me. Batteremo l'Inghilterra palmo a palmo se sarà necessario, finché Potter e Malfoy non si faranno vivi.-
- E Hogwarts?- s'inalberò Molly Weasley - I ragazzi saranno protetti?-
- Giorno e notte.- li assicurò Tristan - Io e i ragazzi torneremo. Se Tom è a scuola, Voldemort non potrà catturarlo. E lo stesso vale per Harry. Tutti insieme chiusi a Hogwarts siamo sempre stati troppo forti da sconfiggere e lui questo lo sa bene. Mentre lui si preparerà ad attaccare, noi potremo capire che ha in mente.-
- Morirà un sacco di gente Tristan.- gli disse Tom con un'atroce angoscia nel petto.
- Non se finalmente qualcuno farà il suo dovere.- ringhiò Duncan - Orloff questa volta mi ascolterà. Nel frattempo Tristan manda Morrigan dai suoi parenti. Che sappia dirmi che hanno intenzione di fare quelle sanguisughe. Abbiamo già Greyback che ci sta addosso come un acaro a un materasso, non voglio avere fra le balle anche i Leoninus!-
- D'accordo.-
- E dà una raddrizzata a tuo fratello.- aggiunse Gillespie, prima di Smaterializzarsi - Continua a far esplodere le cose anche usando gl'incantesimi più semplici. Vi saluto. Ci rivediamo qua domani notte.-
- Perfetto.- annuì Sirius - E occhio a non farti ammazzare.-
- Pensa per te Black.- frecciò Duncan, sparendo in un puf.
Da quel momento ognuno iniziò a discutere per sé.
Era tanto il chiasso che Tom dovette andarsene, per non sentirsi male.
Raggiunse il salone e si lasciò andare seduto davanti al caminetto.
Non era possibile.
Tutto stava di nuovo andando in pezzi.
E lui fino a un minuto prima era stato al tavolo di una cucina a parlare di come ammazzare...suo padre.
Si chiuse una mano sugli occhi, sentendo una presenza accanto.
Cloe piegò la testa sulla sua spalla, senza fare altro.
- Mi dispiace tanto.- gli disse.
Lui tacque. Era come se la sua mente non fosse lì.
Come avrebbe voluto tornare al giorno prima...come avrebbe voluto non vedere quella casa in fiamme.
E rivoleva Lucas e Glory. Subito.
Sapere che erano vivi gli aveva risollevato il cuore ma...li rivoleva con lui.
Proprio come Harry, Elettra, Hermione e Draco.
Si girò lentamente e abbracciò stretta Cloe.
Aveva bisogno di un'ancora in quel momento. Doveva restare nella realtà o si sarebbe perso.
Lei sfregò la guancia contro la sua, poi si fece indietro. Era ora di andare per lei.
L'accompagnò fino alla porta, senza lasciarle la mano.
- Ti accompagno a casa.-
- Non se ne parla.- gli disse seria - Casa mia è un posto sicuro, lo sai benissimo.-
- Non me ne frega un accidenti, tu non vai da sola Claire.- scandì secco.
- Scordi sempre che fiuto il pericolo meglio di chiunque altro.- rispose soave - E ora sento che tutti da me stanno bene e che i Mangiamorte non potrebbero essere più lontani da King's Manor.-
- Si ma...-
- Ma niente.- la Sensistrega si alzò sulle punte e gli baciò la guancia, facendolo arrossire in maniera imbarazzante di cui però non si accorse - Avviserò la superoca domani mattina, sperando di non sbagliare di nuovo col fuso. Penserò anche a Damon. Tu stai qua e riposati. Pensa a Lucas e Glory e salutami anche Degona, intesi?-
- Claire...-
- Non fare lo sciovinista Tom.- lo zittì con aria da superdonna - So badare a me stessa. Non ci vedremo prima di quattro giorni, quindi ti prenderò direttamente in stazione.- ora il suo sguardo si addolcì - Mi raccomando. Non voglio avere brutte notizie. Promettimi che starai alla larga da Lui.-
Il giovane Riddle deviò gli occhi ma la strega gli prese il volto fra le mani, risoluta.
- Allora? Promettimelo. Un Grifondoro mantiene sempre.-
- D'accordo.- sospirò - Starò lontano dai guai.-
- Bravo.- Claire lo lasciò, senza smettere di sorridergli - Ci vediamo Tom. Mi raccomando.-
- Tranquilla.- l'assicurò ansioso - E se succede qualcosa...-
- Si, si. Tornerò subito qui. Ciao!- e si Smaterializzò prima che potesse aggiungere altro.
Accidenti alle donne.


Come spesso fu detto in passato, un eroe da solo non può sorreggere a lungo una battaglia contro in mondo.
E il mondo, ancora una volta, dimostrò solo codardia.
Ma dopo quel ventisei agosto, accadde qualcosa.
Qualcosa che nemmeno Lord Voldemort avrebbe potuto prevedere.
Qualcuno alzò il capo.
Qualcuno decise di combatterlo. Di distruggere lui e la speranza dei Mangiamorte.
Purtroppo per Voldemort e per Harry Potter però, questo qualcuno non scelse la strada della pace.
Era l'alba di un nuovo giorno quando un giovane Veggente e Lettore di Morte li vide.
Un giovane Legimors vide gli Illuminati.
E sentì la vita scivolare via veloce dai suoi sogni, senza poter fare nulla.
Incatenato al suo letto, Damon Michael Howthorne provò l'esatta sensazione del rimorso.
Pari a un tradimento.
Ma nessuno a quel sorgere del sole riuscì a sentire la sua voce. Le sue suppliche.
Nessuno lo udì.
E mentre l'eroe dei maghi era disperso e il suo nemico camminava nel mondo, di nuovo in vita, qualcuno avvolto in un lungo mantello color panna seguito da un esercito di maghi apparve in Scozia.
Damon li vide. Uno a uno.
E urlò. Urlò fino a rovinarsi la gola. Ma nessuno tese l'orecchio.
Perché tutti, senza il bambino sopravvissuto, avevano dimenticato come ascoltare.

 

 

 

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