Note
e dediche. Un
sentito grazie alla mia beta per un giorno, Shannara_810,
che ha uno stile molto più poetico del mio, e che mi ha fatto
presente che avevo toppato tutti i tempi verbali della parte finale
della storia.
Una dedica speciale a lei, quindi, e alle mie
sorelle di Facebook. Ogni volta che trovo le vostre notifiche mi fate
sentire a casa. Grazie.
Una dedica altrettanto speciale a Nahid:
mi manchi tantissimo, sorellina!
Il mio commento lo troverete in
fondo alla pagina, come sempre.
Disclaimer.
I personaggi non mi appartengono; in realtà appartengono a se
stessi.
A second chance
Non
sapeva come fosse potuto succedere, ma ormai amava Londra più di se
stessa. Non aveva mai progettato di andarci, aveva solo seguito le
amiche nel loro viaggio post diploma e, semplicemente, si era
innamorata di quella città , tanto da decidere, non senza esitazioni,
di trasferirvisi.
Sua madre si era dimostrata preoccupata per
quella scelta, terrorizzata dall'idea che potesse capitare qualcosa
alla sua bambina. Suo padre si era infuriato, aveva urlato, lei aveva
urlato di rimando, e sua madre era scoppiata in lacrime. Alla fine,
aveva impacchettato tutta la sua roba e se n'era andata di casa,
senza voltarsi indietro, rimanendo sorda alle suppliche della madre,
ma con un enorme senso di colpa a pesarle sul cuore.
Aveva
aspettato una settimana prima di chiamare a casa per dare proprie
notizie e parlare dello stato dell'appartamento che aveva affittato.
Sua madre era sembrata sollevata, suo padre pentito, e con qualche
incertezza e molto tempo i loro rapporti erano tornati quelli di
sempre, nonostante i suoi genitori continuassero a cercare in tutti i
modi di convincerla a tornare a casa.
Ma lei era testarda e,
imperterrita, continuava a svicolare le rimpatriate che loro le
proponevano, accampando le scuse più svariate, da impegni lavorativi
improvvisi, ad uscite con i colleghi, gli amici, un fidanzato
inesistente. Sentiva che niente e nessuno avrebbe più potuto
allontanarla da Londra. Era come se le scorresse nel sangue, come se
fosse da sempre parte di lei, come se avesse vissuto la sua vita solo
per arrivare a quel momento, quello in cui per la prima volta aveva
posato gli occhi sulla città.
Diversamente da quanto si fosse
aspettata, aveva trovato presto lavoro in un negozio di abbigliamento
in Oxford Street e se l'era tenuto stretto, sopportando le colleghe
più anziane sempre pronte a rifilare alle nuove assunte gli orari
più impossibili, respirando a fondo e sorridendo anche ai clienti
più insopportabili, recuperando i capi di abbigliamento nei posti
più impensabili - sotto gli scaffali, in altri reparti, dietro gli
estintori. Niente l'avrebbe tenuta lontana da Londra, nemmeno la
solitudine e la malinconia che a volte la coglievano e le stringevano
il cuore in una morsa, lasciandola senza fiato.
Amava passeggiare
per quella che ormai era diventata la sua città. Amava scendere in
una stazione della metropolitana, prendere il primo treno in arrivo e
vedere fin dove l'avrebbe portata. Amava lo Strand, i musical e le
persone che, uscendo dai teatri, sembravano un po' più felici, un
po' più in pace con se stesse.
Amava Baker Street e il Museo di
Sherlock Holmes. Amava il Giardino delle Rose a Regent Park e i suoi
colori. Amava i Kensington Gardens e i loro prati infiniti. Amava la
Torre di Londra, e il Tower Bridge. E il Monument, il Barth's, la St.
Paul's Cathedral, il Millennium Bridge, il London Eye, la Victoria
Station, Westminster, Trafalgar Square, Piccadilly. Amava perdersi a
Foyles, sfogliandone tutti i libri, e mangiare i dolcetti di
Minamoto. Cenare all'Hard Rock Café, dopo aver fatto compere in
Oxford Street, e rimpinzarsi di M&M's gironzolando da Cool
Britannia. Qualche volta andava a trovare Dippy e Darwin nel Museo di
Storia Naturale, e d'inverno contemplava la stele di Rosetta al
British Museum.
Ma più di qualsiasi altra cosa amava l'Albert
Memorial. Immenso, glorioso, un pelo esagerato per alcuni, ma per lei
la chiara e unica dimostrazione che Victoria aveva amato Albert con
tutta se stessa e che aveva continuato ad amarlo fino alla sua
morte.
Quando il DVD di "The Young Victoria" le era capitato
tra le mani non aveva esitato a comprarlo. Ne aveva amato ogni
secondo. E aveva pianto, fino ad addormentarsi.
Aveva pianto per
la prematura scomparsa di Albert, per Victoria che aveva perso
l'amore della sua vita, per quei vestiti preparati ogni giorno fino
alla morte della regina. E quando la sera dopo si era ritrovata
davanti all'Albert Memorial con un mazzo di fiori bianchi tra le
mani, aveva pianto ancora, quasi fosse stata lei a perdere la persona
più amata.
Aveva deposto i fiori davanti all'inferriata, ed era
rimasta a guardare il volto dell'uomo che la regina aveva voluto al
suo fianco, dell'uomo che l'aveva amata e si era fatto amare da lei,
e aveva pregato perché fosse concessa loro un'altra chance, ovunque
si trovassero.
Le lacrime, che prima si erano fermate, avevano
ripreso a scendere sulle sue guance e un piccolo singhiozzo le era
sfuggito mentre cercava frenetica un fazzoletto.
« Prendi il mio,
Victoria. »
Lei aveva alzato lo sguardo.
Albert.
E
c'è un momento in cui dici a te stesso:
"Oh, eccoti, ti sto
cercando da sempre."
Commento
dell'autrice.
Ok, questa è la cosa più assurda e, credo,
dannatamente triste e romantica che abbia mai scritto. Mi veniva da
piangere mentre battevo ogni singola lettera. Ho amato e amo "The
Young Victoria" e ho pianto quando l'ho visto per la seconda volta.
Sì, ho spento televisore e lettore DVD, sono andata in bagno e ho
pianto nel mio asciugamano.
La storia narrata in quel film ha un
finale così triste - Albert muore a poco più di quarant'anni, e
Victoria gli sopravvive per quasi il doppio del tempo che hanno
trascorso insieme - che non credo di averne lette o viste
interpretare altre di così commoventi. E' proprio il fatto di sapere
che tutto questo è accaduto che mi mette una grande, grandissima
tristezza addosso. Mi si stringe il cuore e gli occhi mi diventano
lucidi. Con ogni probabilità sono uno spettacolo pietoso.
So
perché ho scritto questa storia, per un mero, semplice e egoistico
desiderio di dare loro una seconda possibilità. L'ho scritta perché
spero davvero che, se vi è vita dopo la morte, loro siano insieme, e
stiano recuperando il tempo perduto.
Chiara.
20
agosto - 5 settembre 2012