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Autore: kae    06/09/2012    3 recensioni
[Queen Victoria/Prince Albert]
Una ragazza, il suo amore per Londra e il suo dolore per una storia d'amore bella e triste.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico, Sovrannaturale
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Note e dediche. Un sentito grazie alla mia beta per un giorno, Shannara_810, che ha uno stile molto più poetico del mio, e che mi ha fatto presente che avevo toppato tutti i tempi verbali della parte finale della storia.
Una dedica speciale a lei, quindi, e alle mie sorelle di Facebook. Ogni volta che trovo le vostre notifiche mi fate sentire a casa. Grazie.
Una dedica altrettanto speciale a Nahid: mi manchi tantissimo, sorellina!
Il mio commento lo troverete in fondo alla pagina, come sempre.


Disclaimer.
I personaggi non mi appartengono; in realtà appartengono a se stessi.

A second chance




Non sapeva come fosse potuto succedere, ma ormai amava Londra più di se stessa. Non aveva mai progettato di andarci, aveva solo seguito le amiche nel loro viaggio post diploma e, semplicemente, si era innamorata di quella città , tanto da decidere, non senza esitazioni, di trasferirvisi.
Sua madre si era dimostrata preoccupata per quella scelta, terrorizzata dall'idea che potesse capitare qualcosa alla sua bambina. Suo padre si era infuriato, aveva urlato, lei aveva urlato di rimando, e sua madre era scoppiata in lacrime. Alla fine, aveva impacchettato tutta la sua roba e se n'era andata di casa, senza voltarsi indietro, rimanendo sorda alle suppliche della madre, ma con un enorme senso di colpa a pesarle sul cuore.
Aveva aspettato una settimana prima di chiamare a casa per dare proprie notizie e parlare dello stato dell'appartamento che aveva affittato. Sua madre era sembrata sollevata, suo padre pentito, e con qualche incertezza e molto tempo i loro rapporti erano tornati quelli di sempre, nonostante i suoi genitori continuassero a cercare in tutti i modi di convincerla a tornare a casa.
Ma lei era testarda e, imperterrita, continuava a svicolare le rimpatriate che loro le proponevano, accampando le scuse più svariate, da impegni lavorativi improvvisi, ad uscite con i colleghi, gli amici, un fidanzato inesistente. Sentiva che niente e nessuno avrebbe più potuto allontanarla da Londra. Era come se le scorresse nel sangue, come se fosse da sempre parte di lei, come se avesse vissuto la sua vita solo per arrivare a quel momento, quello in cui per la prima volta aveva posato gli occhi sulla città.
Diversamente da quanto si fosse aspettata, aveva trovato presto lavoro in un negozio di abbigliamento in Oxford Street e se l'era tenuto stretto, sopportando le colleghe più anziane sempre pronte a rifilare alle nuove assunte gli orari più impossibili, respirando a fondo e sorridendo anche ai clienti più insopportabili, recuperando i capi di abbigliamento nei posti più impensabili - sotto gli scaffali, in altri reparti, dietro gli estintori. Niente l'avrebbe tenuta lontana da Londra, nemmeno la solitudine e la malinconia che a volte la coglievano e le stringevano il cuore in una morsa, lasciandola senza fiato.
Amava passeggiare per quella che ormai era diventata la sua città. Amava scendere in una stazione della metropolitana, prendere il primo treno in arrivo e vedere fin dove l'avrebbe portata. Amava lo Strand, i musical e le persone che, uscendo dai teatri, sembravano un po' più felici, un po' più in pace con se stesse.
Amava Baker Street e il Museo di Sherlock Holmes. Amava il Giardino delle Rose a Regent Park e i suoi colori. Amava i Kensington Gardens e i loro prati infiniti. Amava la Torre di Londra, e il Tower Bridge. E il Monument, il Barth's, la St. Paul's Cathedral, il Millennium Bridge, il London Eye, la Victoria Station, Westminster, Trafalgar Square, Piccadilly. Amava perdersi a Foyles, sfogliandone tutti i libri, e mangiare i dolcetti di Minamoto. Cenare all'Hard Rock Café, dopo aver fatto compere in Oxford Street, e rimpinzarsi di M&M's gironzolando da Cool Britannia. Qualche volta andava a trovare Dippy e Darwin nel Museo di Storia Naturale, e d'inverno contemplava la stele di Rosetta al British Museum.
Ma più di qualsiasi altra cosa amava l'Albert Memorial. Immenso, glorioso, un pelo esagerato per alcuni, ma per lei la chiara e unica dimostrazione che Victoria aveva amato Albert con tutta se stessa e che aveva continuato ad amarlo fino alla sua morte.
Quando il DVD di "The Young Victoria" le era capitato tra le mani non aveva esitato a comprarlo. Ne aveva amato ogni secondo. E aveva pianto, fino ad addormentarsi.
Aveva pianto per la prematura scomparsa di Albert, per Victoria che aveva perso l'amore della sua vita, per quei vestiti preparati ogni giorno fino alla morte della regina. E quando la sera dopo si era ritrovata davanti all'Albert Memorial con un mazzo di fiori bianchi tra le mani, aveva pianto ancora, quasi fosse stata lei a perdere la persona più amata.
Aveva deposto i fiori davanti all'inferriata, ed era rimasta a guardare il volto dell'uomo che la regina aveva voluto al suo fianco, dell'uomo che l'aveva amata e si era fatto amare da lei, e aveva pregato perché fosse concessa loro un'altra chance, ovunque si trovassero.
Le lacrime, che prima si erano fermate, avevano ripreso a scendere sulle sue guance e un piccolo singhiozzo le era sfuggito mentre cercava frenetica un fazzoletto.
« Prendi il mio, Victoria. »
Lei aveva alzato lo sguardo.
Albert.



E c'è un momento in cui dici a te stesso:
"Oh, eccoti, ti sto cercando da sempre."





Commento dell'autrice.
Ok, questa è la cosa più assurda e, credo, dannatamente triste e romantica che abbia mai scritto. Mi veniva da piangere mentre battevo ogni singola lettera. Ho amato e amo "The Young Victoria" e ho pianto quando l'ho visto per la seconda volta. Sì, ho spento televisore e lettore DVD, sono andata in bagno e ho pianto nel mio asciugamano.
La storia narrata in quel film ha un finale così triste - Albert muore a poco più di quarant'anni, e Victoria gli sopravvive per quasi il doppio del tempo che hanno trascorso insieme - che non credo di averne lette o viste interpretare altre di così commoventi. E' proprio il fatto di sapere che tutto questo è accaduto che mi mette una grande, grandissima tristezza addosso. Mi si stringe il cuore e gli occhi mi diventano lucidi. Con ogni probabilità sono uno spettacolo pietoso.
So perché ho scritto questa storia, per un mero, semplice e egoistico desiderio di dare loro una seconda possibilità. L'ho scritta perché spero davvero che, se vi è vita dopo la morte, loro siano insieme, e stiano recuperando il tempo perduto.
Chiara.


20 agosto - 5 settembre 2012

   
 
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