Libri > Twilight
Ricorda la storia  |       
Autore: keska    14/09/2012    5 recensioni
Capitoli EXTRA della storia "CULLEN'S LOVE".
«Perché… anche la pioggia, sai» singhiozzai «anche la pioggia tocca il mio corpo,
e scivola via, non lascia traccia… non… non lascia nessuna traccia. L’unico a lasciare una traccia sei stato tu Edward…
sono tua, sono solo tua e lo sono sempre stata…».

E se Jacob, ricevuto l’invito di nozze non avesse avuto la stessa reazione? Se non fosse fuggito? Come si sarebbe comportato poi Edward?
Storia ambientata dopo Eclipse.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'CULLEN'S LOVE '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ciao a tutti!

Lasciatemi fare questa premessa, e leggetela, per favore (proverò ad essere breve), altrimenti non capirete quello che segue.

È passata un’infinità di tempo (quanto, uno? Due anni?), e in questo tempo non sono stata a sollazzarmi. Ho iniziato l’università, ho scritto, lo letto, ho visto e… ho anche vissuto. E ho trovato un posticino nel mio tempo per continuare a coltivare questa storia. Volevo che l’intera Cullen’s Love fosse corretta prima di iniziare a pubblicare gli extra. Non sono andata tanto lontano, ma almeno ho corretto i primi capitoli. Ho deciso di pubblicare comunque, perché non era giusto farvi aspettare ancora. Per chi sta leggendo la storia corretta vi assicuro che continuerò il lavoro.

Veniamo alla parte succulenta, gli extra. Ho deciso di pubblicarli in una “storia” a sé stante.

 

Il primo extra tratterà di quel periodo che va da quando Edward trova Bella a Goat Rocks, liberandola da Jacob, fino a quando lei non capirà di aspettare un bambino, tutto dal pov Edward. Non è un mero cambio di pov (anzi, quasi per niente), perché con gli occhi del bel vampiro vedremo quasi ed esclusivamente situazioni inedite.

 

Il secondo extra tratterà invece del periodo che va dalla nascita di Kate fino sostanzialmente all’epilogo attuale della storia, riempiendo il salto temporale. I pov saranno alternati fra quello di Edward e quello di Bella.

 

Preoccupate per il fatto che gli extra siano solo due? Non siatelo. Gli extra sono abbastanza lunghi da poterli considerare un piccolo seguito.

Ed ora, semplicemente, godeteveli.

Edward e Bella si trovano nella baita dove Jacob l’ha tenuta prigioniera. Il passo riportato è un Edwrad’s POV, appena dopo che Bella ha ucciso il suo carceriere. Si può trovare nel Bella’s POV nel capitolo originale (27 “Sopravvivere”).

 

Giorno 1: 1 Settembre.

 

Una scia di sangue mi separava dal suo corpo odoroso. Non era qualcosa di spaventoso, di inquietante, di disgustoso. Il pensiero che dovessi far vincere la mia parte razionale per sentirmi spaventato e preoccupato mi faceva sentire solo quello che ero: un mostro.

«Bella» la chiamai, sollevando una mano, tremante, verso il suo viso. I suoi occhi erano vitrei, lontani, persi. Aveva i polpastrelli incollati alle labbra, e le toccava, le sfregava, come faceva sempre quando si sentiva sola, quando si sentiva impaurita. «Bella amore, sono qui…» mormorai, più che flebile, nel tentativo vano di rassicurarla e contemporaneamente trovare un modo, un motivo, uno spazio qualsiasi per abbracciarla, dopo tutto quel tempo, troppo, per cui mi era stata strappata via.

Mi chinai vicino al suo corpo, accasciato contro la parete legnosa di quel muro che l’aveva tenuta prigioniera. Ogni boccata del suo profumo era tanto piacevole da essere dolorosa.

Allungai le braccia, continuando a pronunciare il suo nome, misto di confortanti parole che mi sgorgavano dalle labbra.

Sussultò, tremò. Farfugliò, con le labbra agitate. «Lasciami… l’ho ucciso…».

Lasciami. Pulsò saettante nella mia mente. I vampiri sono creature incorruttibili, ma quando provano dolore, è come se fosse miliardi di volte amplificato. Presi un respiro, e lessi lo shock nei suoi occhi. Era terrorizzata.

Allungai una mano, e per un attimo pensai che stesse tremando. No. Non era la mia mano, era il corpo di Bella, a tremare. Erano le sue gambe, intrise di sangue, sfregate convulsamente l’una sull’altra.

Presi un altro fiato, facendomi passare il fiele nei polmoni. «Bella, amore, vieni qui» la supplicai. Non sapevo davvero se fossi io a lei ad avere più bisogno dell’altro. «Vieni da me, ti devo aiutare, stai male».

Si prese il capo fra le mani, scosse il capo. I miei occhi precipitarono ancora vero il basso, verso il sangue. Aveva appena ucciso. Chissà cosa le aveva fatto. Il sangue.

«Fa male…» singhiozzò, l’inizio di una cantilena «fa male, fa male…».

Annaspai, allungando entrambe le braccia nella sua direzione. L’unico modo per mettere a tacere quel dolore che non stavo provando era riaverla, lì, dove era solo il suo spazio. Dove il vuoto aveva invitato l’agonia. «Lo so amore, lo so».

Il suo corpo fu attraversato da uno spasmo. «Non ti avvicinare!».

«Amore, vieni con me, ti porto da Carlisle, starai meglio…».

Si ripiegò su sé stessa, riprendendo a farfugliare. I capelli erano arruffati, i vestiti laceri, la pelle bianca e pallida sotto lo strato di sangue e sporcizia. Cosa stavo osservando? La mia morte aveva forse deciso di rivelarsi? E se così non era, perché allora mi sentivo peggio che morto?

La richiamai, tendendo una mano verso il suo viso. Dolce, dovevo essere dolce, e lieve, perché lei era davvero troppo fragile. «Stai perdendo sangue».

Deglutì, come se per un attimo avesse ritrovato la sua ragione, e abbassò il viso sul suo corpo. Il capo ondeggiò verso la parete.

Automaticamente mi sporsi ad afferrarla, ma si ritrasse. Bruciava come il veleno di vampiro. «Se vuoi ti medico io, magari non c’è bisogno di Carlisle, ti prego Bella, fatti aiutare».

Sussultò, singhiozzò, e sollevò gli occhi su di me. Era pallore, morte, e sangue, come quello iniettato nei suoi occhi vuoti. Che ne era della donna che amavo? Che me ne aveva lasciato, se non brandelli di anima dopo averla lacerata? «No… non mi toccare…».

«Bella».

Se avessi saputo che, per molto tempo, quella sarebbe stata la sua ultima parola, e che non avrebbe più voluto vivere, probabilmente non sarei sopravvissuto al dolore. Ma fortunatamente, vampiri o no, spesso il futuro preferisce nascondersi.

«No».

Bruciava più che il veleno di vampiro.

 

Giorno 4: 4 Settembre. Quattro giorni dopo, non abbastanza perché le condizioni di Bella siano migliorate. Siamo ancora nelle prime fasi, le peggiori.

 

Mi accampai sotto un albero abbastanza grande perché potessi rimanere asciutto. Non che mi importasse qualcosa di bagnarmi o meno, ma non avrei voluto entrare in camera fradicio, rischiando - qualora avesse voluto anche solo toccarmi - di bagnarla.

Sospirai, facendo entrare e uscire l’aria umida nei polmoni. Mi sentivo davvero vuoto.

Avevo creduto di essere morto quando Jacob me l’aveva portata via, ma non avevo fatto i conti con quello che mi aspettava dopo. Come avrei potuto immaginare, d’altronde, che il mio amore, Bella, mia moglie, si riducesse in questo stato?

Strinsi le nocche di una mano, serrando contemporaneamente i muscoli della mascella e irrigidendo il corpo. Dovevo avere fede. Era salva, e questo importava. Si sarebbe ripresa. Presto.

Temporeggiai sul ramo, aspettando prima di rientrare in casa. Mi era sembrato assurdo che dovessi uscire mentre mia sorella medicava mia moglie in bagno. E non solo perché ardevo fra il terrore e il desiderio di sapere cosa le avesse fatto quel mostro, ma anche perché era dannatamente ed egoisticamente arrabbiato dal fatto che Bella avesse scelto lei. Rosalie. Aveva scelto mia sorella Rosalie anziché me, per fidarsi.

E invece io avrei potuto curarla, vezzeggiarla, parlarle, accarezzarla…

Se solo me l’avesse permesso.

Rose diceva che era proprio il contrario. Era perché l’aveva sempre trattata freddamente, perché con lei non aveva nulla da perdere, che non si vergognava. Con me, invece…

Non è semplice vergogna, Edward. Fa così male da non riuscire a respirare. A vivere. Così aveva detto. Da ritenere di non meritare neppure di mangiare. Figurarsi il mio amore.

Ma l’avrei anche volentieri stretto in un minuscolo cassettino, questo mio amore, se avesse significato che poteva concedermi almeno di sfiorarla un attimo…

«Chiama qualcuno, chiama Esme!» gridò la voce agitata di Rose, oltre il bosco.

Mi drizzai immediatamente, balzando giù dal ramo. E cominciai a correre.

«Ma cosa…? Che succede?» domandò sorpreso mio padre.

«Non lo so, lei… Dobbiamo rimanere calmi, va bene? Calmi».

E correre, correre, e correre.

 

«Cosa diavolo è successo? Dimmi, cosa diavolo è successo!» sbraitai, urlando contro mia sorella.

Restò ferma nella sua posizione, senza farsi intimorire. «Te l’ho già detto, Edward. Smettila di minacciarmi. Ero solo andata a prenderle un po’ d’acqua e si è chiusa là dentro. Mi sono allontanata solo un secondo».

Ansimai di rabbia, la vista accecata di rosso. «E spiegami, perché, dannazione, è ancora lì dentro!» urlai, indicando con un dito la porta del bagno chiusa dentro cui si era barricata mia moglie.

Prese un respiro secco, come se così avrebbe calmato anche me. Illusa. «Non possiamo costringerla ad uscire. È contro ogni passo che ho cercato di fare con lei in questi giorni» sibilò, a voce bassa in modo che non potesse udire «le ho detto che era libera. Se ora la obbligassi, perderei ogni cosa».

Strinsi i denti, angosciato. «Non mi sembra che tu abbia fatto molti progressi, eh Rose?».

«Ragazzi, calmiamoci» intervenne Carlisle, mettendosi fra di noi. «Ora l’importante è convincerla ad uscire di lì. Non litigate».

Mi voltai nella sua direzione, infuriato. «Non è questo l’importante, no! L’importante è distruggere quella dannata porta e tirarla fuori di lì, perché io non so, davvero, cos’hai lì dentro, ma non credo che manchino lame e siringhe» ansimai, rabbioso.

Uno strano silenzio calò nella stanza. Due secondi. Stavo per distruggere la porta quando sentii dei suoni. Dei singhiozzi.

Presi un respiro, chiudendo gli occhi. Liberai tutta l’aria che avevo conservato nei polmoni e mi avvicinai alla porta del bagno. Mia sorella mi posò una mano su un braccio, ma me ne liberai con un movimento secco. 

Posai la mano sulla porta. E bussai. «Bella. Amore» la chiamai, alzando appena la voce. Ancora singhiozzi. «Amore, vorresti uscire di lì, per favore?». Per un attimo si fermò, per ricominciare. Sospirai, lasciandomi scivolare contro il legno. «Va tutto bene, è chiaro? Va tutto bene. Sono qui, sono qui per te. Va tutto bene».

La sentii respirare più forte, e poi il suono delle sue mani contro le piastrelle. Si stava spostando. Animato di speranza tesi l’orecchio ad aspettare che si avvicinasse ancora. Ma si bloccò, urtando contro qualcosa. Ansimai, terrorizzato, pronto a distruggere quella porta che ci separava e salvarla. Meglio una moglie muta che morta.

Due secondi dopo sentii l’inconfondibile suono dei conati filtrare dalla porta per giungere nitidamente a me, misti all’odore acre che si spandeva per la stanza.

Feci per sollevarmi ed entrare e aprii la bocca per parlare, ma mia sorella Rose mi bloccò, mettendomi una mano sulla bocca. Si portò un dito alle labbra, intimandomi di tacere.

La fissai, irato. «Fai silenzio, ora. Aspetta che finisca. Se le parli adesso non otterrai nulla, tranne che farla stare male. È vulnerabile. Si sente in colpa. Aspetta…» m’intimò, sollevando lo sguardo verso la porta «…qualche secondo» pensò, e poi tolse la mano che aveva tenuto premuta sulle mie labbra.

Deglutii, non sentendo più i conati far vibrare l’aria. «Vuoi uscire per favore, Bella? Ti sto aspettando. Vorrei che venissi qui con me. Puoi uscire?» domandai speranzoso, la voce ora venata da un lieve tremito.

La sentii ancora muoversi nella mia direzione. Si era sollevata in piedi. Feci lo stesso, aspettando agitato appena dietro la porta. Girò la chiave nella serratura. La maniglia si abbassò, mentre i miei occhi erano diretti in quelli di mia moglie.

Era pallida, smunta. I capelli, che Rose aveva convinto a lavare, erano disordinati e avevano assunto la forma del cuscino sulla nuca. Risaltavano così scuri, gli occhi, sul volto pallido.

Sospirai, sollevato. Era viva. Per essere stato così tanto tempo a mettere in dubbio qualcosa di così basilare come la sua vita, ora non potevo non sorridere appena la vedevo. E così feci.

Due lacrime, una per occhio, scesero lungo le sue guance, il viso ancora nascosto in parte dalla porta che teneva semi-aperta.

Il sorriso vacillò per un attimo. Un attimo. L’attimo in cui mi ripetei che mia moglie era viva, e che tutto sarebbe comunque andato per il meglio. «Vuoi tornare a letto? Sei stanca?» domandai con dolcezza, non osando neppure toccarla, nonostante uno dei miei più grandi desideri fosse quello di sfiorarle una lacrima.

Piano, annuì, senza staccare gli occhi dai miei. Aprì un po’ di più la porta, quanto bastasse per lasciare scivolare il suo corpo esile. Osservò, fuggevole, mia sorella e mio padre, in piedi nella stanza, abbassando immediatamente lo sguardo. Camminavo accanto a lei, pronto, in ogni secondo, al momento in cui mi avrebbe concesso di toccarla. Di iniziare ad aiutarla.

Dopo tre passi si fermò. Impallidì e tremò, vacillando.

Mi feci avanti, ansioso. «Ce la fai? Se non riesci a camminare ti posso prendere io, ti posso portare a letto… solo un secondo, il tempo di…».

Scosse il capo, lasciando cadere altre lacrime, ferma sul posto e tremante.

«Ma solo per…» soffiai, senza staccare gli occhi dalla sua guancia bagnata.

Rose si avvicinò in un secondo, tenendole la mano. «Vieni qui, Bella. Ti porto io. Non ti stancare, potresti riaprire le ferite» disse, e con un movimento fluido la prese fra la braccia.

Non si mosse. Rimase ferma, composta, gli occhi bassi, senza lasciarsi andare contro il petto di mia sorella.

Oh… avrei così tanto voluto poter piangere anch’io.

Mi avvicinai al suo letto. Si era rannicchiata, al centro. Tirai un sospiro, sorrisi, e sollevai le coperte fino a coprirla completamente. Senza nemmeno sfiorarla, come mi aveva chiesto.

Feci per chinarmi e baciarle la fronte, ma mi bloccai, a soli pochi millimetri di distanza.

«Ti amo» sussurrai invece, e capii, dallo sguardo nei suoi occhi, che mi aveva sentito.

 

 

 

Eccoci qui!

Spero tanto che vi sia piaciuto, l’ho scritto col cuore.

Solo un’altra piccola cosa: io e tsukinoshippo stiamo scrivendo una specie di quattro mani.

The Woodmore Sisters”. Si tratta di un ff storica, piena di gonne vaporose e amore, che parla di due sorelle, delle loro vite da sposate e dei figli appena nati o in arrivo.

Un bacio a tutte, a presto,

Chicca.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: keska