Che dire. No,
non sono morta. Sì, aggiornerò anche "Gabrielle", abbiate fede. Ma
ora... Oggi (da poco più di qualche minuto) sono qui per consegnare un regalo
di compleanno. Forse un po' a distanza, che importa. L'importante è che sia
tutto per lui. Il mio Honey.♥
A Nicholas. Ai tuoi
primi, meravigliosi vent'anni.
(Sei diventato grande, piccolo mio.♥)
E a me, che dopodomani ti raggiungerò e avrò di nuovo sei anni
in più.
Buon Compleanno.♥
Hey Nick, don’t make it bad.
Take a sad song and make it better.
Remeber to let her into your heart,
then you can start to make it better.
Lasciò la matita sulla mensola sopra il lavandino ed
uno sguardo rassegnato nello specchio che aveva davanti. Non ne sarebbe stata
capace mai, probabilmente, ma c'era una qualche curiosa pulsione che la portava
puntualmente a qualche imbranato tentativo di stendersi quella riga nera sugli
occhi. D'improvviso un rumore familiare rimbalzò sui muri, tornò nella piccola
camera sottosopra per trovarsi il letto completamente occupato da una figura
troppo familiare.
- Ciao. - Un bacio leggero sulla fronte ed una carezza
veloce sui capelli a spazzola.
- Ho preso una multa. A Los Angeles. La città di Hollywood e degli stravizi. Ho preso una multa. Nemmeno Joe c'era mai riuscito...! -
Si sollevò sui gomiti, le spalle scosse da una risata rumorosa. Vedeva la
smorfia di Nicholas, sdraiato a pancia in su, attraverso gli occhi socchiusi ed
i riccioli biondi che le ricadevano ai lati del viso.
- Sopravvivrai, Honey. Sono
solo venticinque dollari. -
- Che giornata di merda. - Sentenziò lui col viso
affondato nel lenzuolo.
- Non ti sembra di drammatizzare? Era soltanto un parcheggio...
distratto. E poi, possiamo sempre scatenare le tue fan contro le forze di
polizia della California e radere al suolo l'intera istituzione! -
Era incredibilmente bello quando rideva, anche se la
sua non era una gioia squillante e plateale. Era per lo più fatta di piccoli
sorrisi e risate leggere, ma luminose. Come i suoi occhi. Però... Però quel
giorno c'era qualcosa che lo turbava, si vedeva negli angoli della bocca e
nelle dita nervose. Rotolò goffamente sul materasso e gli si accucciò a fianco,
mentre Nick allungava le braccia quasi senza pensarlo. Arricciò il naso e la
scrutò con quel suo sguardo riflessivo da sto-prendendo-una-decisione.
- Puoi dirmelo, se c'è qualcosa che non va. - Lo
anticipò.
- E' una sciocchezza. - Arrossiva raramente, ma questa
era una di quelle volte. Osservò le iridi azzurre di Mar farsi più attente.
Forse, dopotutto, lei avrebbe capito e non l'avrebbe mandato a quel paese. -
Io... hopauradinonpiacerle. -
- Per prima cosa, respira e articola le parole come un
essere umano. E secondo... Nicholas. E' la tua ragazza, come puoi non piacerle?
- Sospiro. Tanti sospiri.
- No. E' che, forse,
potrei non essere del tutto il suo tipo. -
- Che cazzo,
sapevo che sei paranoico, ma questo è assurdo anche per te...! Lei ti adora. - Fulminea, era di nuovo china
sul suo viso.
- Fine. -
- Fissato.
-
Hey Nick, don’t be afraid.
You were made to go out and get her.
The minute you let her under your skin,
then you begin to make it better.
Si morse leggermente il labbro, poi scoppiarono a ridere di nuovo.
Insieme. Il bello di Mar era che gli somigliava terribilmente in quella sua
strana, profonda e suscettibile sensibilità, perciò sapeva esattamente come e
quando scherzare o tornare ad essere seria con lui. Alcuni dicevano che
tendevano a prendersi troppo sul serio - e probabilmente era vero -, ma
riuscivano ad avere un equilibrio anche così. La osservò tirarsi a sedere e
suggerirgli di fare altrettanto, mentre incrociava le lunghe gambe sottili
davanti a sé.
- Ascoltami un po'. - Gli cercò le mani con le sue. - Non so da
dove tu abbia partorito questa folle idea, ma cancellala. Ora. -
- Siamo orribilmente diversi.
- Avvertì la stretta di lei farsi più decisa e le unghie lucide graffiargli leggermente
la pelle.
- Ti sto mandando a cagare, Nicholas Jerry...! A me, vieni a
parlare di diversità? - La guardò in
faccia e non seppe se odiarsi o seppellirsi sul momento.
- Prendiamo le cose in modo diverso, allora! - Sentiva il
nervosismo salire e impadronirsi di lui.
- Nick. Posso giurartelo sulla mia stessa vita, non c'è nessuno a
questo mondo che potrebbe essere più giusto
di te, per lei. Tu... - Si fermò, come
se fosse indecisa sul prendere fiato o meno. - Tu sei fatto apposta per quella
ragazza. Se una come me può permettersi di nominarlo, per una volta, allora
lasciami dire che Dio quando ti ha creato, stava pensando a lei. E quando
creava lei, stava pensando a te. -
- Io... Mar. - Borbottò, con gli occhi già lucidi. Lei sorrise ed inarco
appena le sopracciglia.
- Non dirmi che c'è stata una discussione. - Sapeva di avere
assunto d'improvviso un'aria colpevole. - Un qualsiasi futilissimo,
stupido motivo per cui vi siete trovati in disaccordo e che tu hai ingigantito,
fino a cavarne tutto questo...! -
- No...? -
- Honey.
- Decisa mente da lassù non dovevano
averlo programmato per mentire.
- Forse. - Si ritrovò ad arrossire.
- Forse stamattina mi ha detto che sarebbe uscita con degli amici... Amici del
college, in ogni caso. Forse hanno voluto portarla in discoteca e forse io non
ho voluto andarci con lei. - Mugugnò.
- Tutto qui? -
- Forse... Forse sono stato maledettamente geloso e le ho fatto capire fin troppo bene che non mi piaceva che
ci andasse da sola. Forse lei si è innervosita ed ora è chissà dove giù a Venice Beach con quei bellimbusti,
mentre io sono venuto qui. Forse sono maledettamente geloso anche in questo
preciso istante. -
- Non ci posso credere...! - Sentì le labbra di lei contro la
guancia bollente, la sua risata.
And
anytime you feel the pain, hey Nick,
refrain.
Don’t carry the world upon your shoulders.
For well you know that it’s a fool who plays it cool,
by making his world a little colder.
- Credevo che quello
ossessivamente geloso, in famiglia, fosse tuo fratello Joseph. - S'attorcigliò
un boccolo alle dita, un pensiero le addolcì improvvisamente lo sguardo. -
Allora in qualcosa gli somigli davvero. -
- Non sono sicuro di volerlo considerare un
complimento...! - Era un qualcosa di miracoloso, come riuscisse addirittura a
farlo scherzare.
- Allora pensaci.
Ogni volta che ti senti prendere da qualche sciocca paranoia, dalla gelosia e
capisci che finirai per soffrirne. Perché sei più bello quando ridi, Nicholas.
- Incrociò quel suo sguardo azzurro e fiducioso, soffocando un sospiro.
- E' che- Prova a metterti nei miei panni! - Cominciava
a sentirsi frustrato.
- Quali, quelli del fidanzato morboso e perennemente
depresso? - Ridacchiò, quando lei prese a picchiettargli con l'indice la punta
del naso. - O preferisci la variante immaturo e insicuro? Quei bellimbusti,
come li chiami tu, sono solo ragazzi con cui studia. Studia, Honey. Frequentano insieme il
corso di letteratura spagnola... Tu
frequenti la sua camera da letto!
-
- Non l'hai detto sul serio. - Doveva aver assunto la
peggior espressione da appeso della
storia. Sarebbe finito a piangere dalle risate. O dall'imbarazzo. Entrambi, probabilmente.
- Non vorrai fare il puritano, adesso. -
- No. Insomma, Mar, dovevi vederla. Lei... era così
incredibilmente bella. I suoi capelli
tirati su e quel vestito blu maledettamente sexy, che le sta così... alla perfezione. Mi fa perdere la testa
vederglielo addosso...! E i tacchi. - Si passò le mani sul viso accaldato, sui
capelli. - Aveva messo il rossetto. Rosso.
-
- Rosso. - Ripeté lei, con un sorriso. Come se quello
avesse dovuto spiegare ogni cosa.
- Io non sono come Joe, sai, insomma. Il tipo che si
abbandona così facilmente a... all'istinto.
Ma quando l'ho vista uscire dalla sua camera, credimi, avrei voluto ritrascinarla dentro in quello stesso istante e buttare via
la chiave. - Silenzio, giusto il tempo di inumidirsi le labbra e respirare. -
Se me li sono fatti io questi pensieri, perché altri ragazzi, altri uomini, non dovrebbero? La sola idea che
in questo momento stia in mezzo a loro, a ballare... a muoversi e che uno
qualunque di quegli idioti potrebbe allungare le mani...! Io impazzisco. -
- Ascoltami, di nuovo. - Il suo tono era più morbido
questa volta, si spostò appena dietro di lui e gli circondò le spalle con le
braccia esili. Stringendolo con dolcezza, come volesse cullarlo. - Nick, tu non
puoi distruggerti in questo modo per una cosa del genere... E' una sciocchezza.
Non fai altro che caricarti addosso tutti i pesi di questo mondo per nulla. E
soffri.- Gli accarezzò piano i capelli, la schiena. In cambio ebbe un sorriso,
uno di quelli più preziosi. - Placa
la tua sindrome del principe azzurro, perché non c'è nessuna fanciulla da salvare.
Non te la porteranno via, mai. E lo
sai per quale motivo? -
- Quale? - Un altro sorriso, un altro battito di cuore.
- Perché è lei che non vuole essere portata via da te.
Ti ama profondamente, in modo tutto suo e particolare, splendido. E' tua. - I capelli le si muovevano attorno al viso, mentre
annuiva delicatamente. - Siete come... Le due metà di un'unica cosa. Destino,
anime gemelle, per sempre. Tutte cose
a cui ho sempre creduto, ma che ho visto realizzarsi concretamente davanti ai
miei occhi, solo quando ho conosciuto voi due. -
- Mar. -
- Se il vero
amore ha un volto, è di certo il vostro. -
Hey Nick, don’t let me down.
You have found her, now go and get her.
Remember to let her into your heart,
then you can start to make it better.
- Sei decisamente la donna di mio fratello. - Le schioccò un bacio
sulla tempia. Ed era vero, c'era un'impronta di Joe in lei. Come se si fossero
fusi e avessero mescolato brandelli di anima.
- Cosa vorresti dire? - Arricciò il naso.
- Che capisco perché fate scintille...!
E con "scintille" intendo anche quella specie di rumori da film porno che arrivano dalla sua stanz- - Rimbalzò con la schiena sul materasso, le molle
mandarono un cigolio risentito e vibrarono rumorosamente per un bel pezzo. Gli
si era buttata addosso di peso e rideva, nascondendo le guancie che avvampavano
contro il suo petto.
- Dovrei ammazzarti, per questo...! - Borbottò.
- Lo sai che scherzo, vero? - Mormorò, quando anche l'ultima
interminabile risata le si spense sulle labbra. - Si vede che sei la sua donna,
perché sei appassionata come lui. Perché hai sempre il suo riflesso negli occhi.
Sempre. -
- Ti sei salvato in corner.
- Si spostò leggermente e gli permise di rialzarsi. - E rimane una delle cose
più belle che abbiano mai detto, su di noi. -
- Voi vi amate in modo perfetto. Totale. - Si scambiarono un sorriso.
- Perché sei ancora qui, allora? - Lei piegò appena il capo per
osservarlo e lasciò cadere da una parte quella sua cascata di ricci color
grano.
- Come...? -
- Amala totalmente anche tu. Va' da lei. - Allargò un braccio ad
indicare la porta socchiusa. - Vai in quella discoteca e dimostraglielo. -
- Cosa... - Si sentiva balbettare come un disco rotto.
- Che non sei il solito ragazzo schiavo della gelosia, che lo fai
per lei. Sai come si dice, no? Vai e
prenditela. - C'era così tanta energia nel suo sguardo, tanto entusiasmo
che nemmeno volendo, avrebbe potuto dirle di no.
- Ma è uscita nemmeno due ore fa, penserà che sono un cretino! -
Abbozzò, mentre si infilava una camicia pulita pescata nel mucchio che Mar
avrebbe dovuto spedire per un servizio fotografico. - E ha ragione. -
- Ti sei appena messo addosso la copertina del prossimo Vogue Uomo. Nessuno sembra un cretino con su un'Armani da copertina.
Nemmeno tu. - Gli slacciò i primi bottoni e sistemò la piega sulle spalle
ampie.
- Non ne sarei così sicuro. E non basterà un po' di stoffa firmata,
per non farmi odiare dalla donna della mia vita...! - Cercò lo specchio, contro
il muro dietro di lei.
- Sei così maledettamente bello,
Nicholas, che perfino Anna non ti farebbe una colpa d'averle rubato il servizio
di punta di ottobre...! - Lo richiamò, poggiò una mano sulla guancia
impercettibilmente ruvida per spingerlo a tornare con gli occhi nei suoi.
- ...Anna? - Mormorò.
- Wintour, Honey. Anna Wintour. Dovrebbe dirti qualcosa. - Ridacchiò. - Quanto a lei, è talmente persa per te, che impazzirebbe
anche se ti presentassi vestito da donna, suppongo. Così le toglierai
semplicemente il fiato. E le darai un po' più da fare, quando dovrà spogliarti...! -
- Fingerò di non aver sentito l'ultima frase. - Era arrossito di
botto, come una ragazzina inesperta alla sua prima cotta.
- Ed io fingerò che quella camicia non sia mai arrivata dalla
sartoria. - Annuì. - Un paio di telefonate e ne faranno arrivare un'altra in
poche ore. Tu, però, vai! -
- Non prima di averti ringraziata come si deve. - Si concesse tutto
il tempo che gli occorreva per stringerla e lasciarle un bacio sui capelli, poi
sulla fronte e ancora sulla guancia. - Non potrei farcela senza di te, mai. Sovraddose
di coccole e tono da maestrina compresi. - Sorrise, ancora sulla sua pelle e le
parlò piano. - Grazie, Mar. Ti voglio
bene. -
- Non ci provare. Non mi farai piangere, bestia...! - L'abbracciò un po' più stretto e quando sentì di
essersi impressa a sufficienza il suo calore addosso, s'allontanò e lo spinse
in corridoio. - Vai. Buona fortuna, anche se so che non ne avrai bisogno. E,
Nick, ti voglio bene anch'io. Tutto il
bene del mondo. - Il tempo di uno sfioramento di dita e già lo stava
guardando sparire giù per le scale e verso la notte viva della città in cui si fabbricano i sogni.
So let it out and let it in,
hey Nick, begin.
You’re waiting for someone to perform with
and don’t you know that it’s just you. Hey Nick, you’ll do.
The movement you need is on
your shoulder.
Tornò nella stanza, con ancora il rumore di passi sul legno liscio
delle scale che le rimbalzava nella testa. Aveva le ali ai piedi, Nicholas,
quando si trattava di lei.
Dell'amore, quello vero, di una vita. Sorrise silenziosamente del suo essere
così irrimediabilmente sentimentale e raccolse qualche vestito dallo scatolone
più vicino, sul pavimento. A quel punto, tanto valeva occuparsi con qualcosa
d'utile come riordinare la camera terremotata. C'era tempo.
- Non credo gli servirà correre a quel modo, non ha da andare
troppo lontano...! - Ci sono voci che non hanno bisogno di volto, per avere un
nome. Si limitano a vibrare all'altezza del cuore.
- Joseph. -
Un sorriso ed i suoi occhi d'ambra, per realizzare improvvisamente
che a correre di sopra era stato lui. Suoi i gradini saltati a due a due, suo
il fiato leggermente tirato, sue le dita che - non si sarebbe detto ad un primo
sguardo - tremavano impercettibilmente contro lo stipite della porta. Sua la
voglia di correre attraverso la stanza, inghiottire lo spazio che li separava e
prendersela. Anche lì, anche subito. Sul letto ingombro di vestiti o contro il
muro più vicino. Ma questo lei non poteva saperlo, nemmeno mentre si muoveva
nello spazio di un pensiero per ricomparirgli davanti e baciargli ogni centimetro di labbra, del viso.
- Vuoi per caso consumarmi? - Si ritrovò a ridere. Lasciò scivolare
una mano dietro il suo collo e la guidò di nuovo con la bocca sulla sua.
- Sono quattro settimane che non ti vedo... - Mormorò, senza
allontanarsi. - Ne ho bisogno. -
- Interessante. - Il suo
sguardo si colorò di malizia.
- Quattro settimane in cui non hai fatto che girare l'America,
conoscere persone e... Stare nelle loro case. Giorno e notte. Non so se mi piace poi molto, che stai registrando questa
cosa. - Si imbronciò leggermente. - Ti vedo così poco, che non riesco nemmeno a
star dietro ai tuoi cambiamenti...! -
- Forse ti piacerebbe di più, se non disdegnassi del tutto un certo
tipo di siti. Tutto internet sa che la fase finale di "questa cosa" si terrà proprio qui,
a Los Angeles. Chiunque, meno la mia disinformatissima
fidanzata. Eh, amore? -
- Comunque ti sono cresciuti i capelli come un cespuglio. - Arrossì
e lasciò scivolare le mani tra i ciuffi spettinati, fermandogliene una sulla
nuca.
- Potrei dire lo stesso. E
mi piace. - Sfiorò il fermaglio che le raccoglieva parte dei capelli, mentre il
resto cadeva sciolto oltre le spalle. - Mi piace da morire. -
- E hai iniziato a vestirti in modo pessimo...! - La voce le si
fece leggermente più incerta.
- Mh-hm. A questo puoi sempre rimediare. -
Indietreggiò e si mise seduto sul bordo del letto, non le staccò
gli occhi di dosso mentre lo raggiungeva e con un movimento non troppo veloce
ed apertamente pauroso di risultare goffo - ed invece era così terribilmente,
meravigliosamente da lei -, gli si
sedeva a cavalcioni e sfiorava involontariamente il suo corpo con il proprio.
Intrufolò le mani sotto la camicetta leggera che indossava e sorrise, mentre il
rossore sulle guancie le si intensificava vistosamente. Era in assoluto il suo
momento preferito, quello in cui lei
gli si irrigidiva leggermente fra le braccia, prima di sciogliersi
completamente sotto il suo tocco. Era sempre così. Mar sospirava timidamente
sulla sua pelle e subito il cuore prendeva
a battergli furiosamente nel petto.
- Ah...! Aspetta. - Lo fermò, mentre già era sceso a baciarle il
collo. - Cosa intendevi dire, quando sei arrivato? Parlavi di Nicholas? -
Scoppiò in una risata rumorosa.
- Lei mi ha telefonato mezz'ora fa. Mi ha pregato in tutte le
lingue, letteralmente... Così sono passato a prenderla lungo la strada
dall'aeroporto e l'ho portata qui, come tanto voleva. -
- Che...? - Lo guardò, senza capire.
- Sì, era qua sotto che si chiedeva se suonare o meno. Già da un
pezzo. Mio fratello le sarà piombato addosso e, beh...! - Inarcò eloquentemente
le sopracciglia.
- Wow. -
- Già. E siccome vorranno salire presto, suggerirei di non perdere
altro tempo! -
Rapido e deciso, le circondò i fianchi e la fece rotolare contro il
materasso, esattamente sotto di lui. Sorrise nel sentirla ridere e scese a
baciarle il collo - di nuovo, dove si era interrotto - le spalle, la pancia. Così. Mentre il respiro iniziava ad
accelerarle sulle labbra, le dita di lei si aggrappavano ai ricci scuri ed i
suoi occhi lo cercavano... in quel momento sentì inequivocabilmente che era sua. Sua la sensazione più incredibile
del mondo.
Correva, veloce e cieco come una furia. Tanto da non vedere, se non
con la coda dell'occhio, la sagoma familiare del fratello che scattava in
direzione opposta alla sua, con lo stesso desiderio bruciante in ogni singola
cellula del corpo. Si concesse un sorriso. Aveva nella mente tutto quello che
Mar gli aveva detto, i consigli, i rimproveri, le rivelazioni. E poi lei. L'espressione che aveva quando era
uscita di casa e non aveva voluto ascoltare da lui nessun singolo commento. Né
sul vestito, né su cosa andava a fare, né su null'altro. Il modo in cui si era
mordicchiata il labbro, per poi abbassare lo sguardo e sparire oltre la porta. No. Doveva parlarle. Subito.
- Nicholas. -
Inchiodò sul marciapiede e rischiò seriamente di inciampare sui
propri piedi. Era lì. Stretta nel suo vestito blu ed appoggiata al muro,
accanto all'ingresso. Bella
esattamente come quando se n'era andata. O probabilmente di più. Rimase in
piedi di fronte a lei e per un lungo momento non seppe assolutamente cosa
dirle, da dove cominciare. Poi la voce uscì da sola, come fosse stata di
qualcun altro. E sembrava sapere il fatto suo, o quasi.
- Io... Stavo venendo da te. - Un passo ampio in avanti, le piantò
gli occhi addosso.
- Mi sa che ti ho rovinato i piani, eh? - Prese a fissarsi le
scarpe. - Sempre inopportuna...! -
- No, quello sono io. E' proprio per questo... capisci? Cioè, io devo chiederti scusa. Correvo a
scusarmi. - Si stava ingarbugliando di nuovo. Prese un respiro profondo, poi le
cercò le mani con le sue.
- Scusa...? - Sussurrò
lei, il respiro che inciampava sulle labbra laccate.
- Sì. Perché sono stato orribilmente geloso. Come il più immenso dei cretini! E invidiavo i tuoi amici.
Per ragioni stupide, probabilmente...! - Annuì, come a rafforzare il concetto.
- Loro possono portarti a ballare e farlo con te e avvicinarsi in un certo modo pericoloso. -
- Loro non... Nick. - La vide scuotere appena il capo.
- No. Tu... Dovresti vederti. Quell'abito e le scarpe. E il tuo
viso, i capelli. - Le porto un boccolo color mogano dietro l'orecchio e fece
scivolare entrambi i palmi sul suo viso. - Sei così bella che fai male. Male
che quella bocca vorrei disperatamente baciarla. Sempre. Male che il cuore batte tanto violentemente da scoppiare.
Male che farei l'amore con te qui, adesso e non accetterei di lasciarti andare
più. Male. Che mi sento morire al
solo pensiero che altri uomini possano guardarti in questo stesso modo. Io- -
- Tu sei maledettamente esagerato.
O forse ti ha solo dato di volta il cervello...! Sei impazzito? - Gli afferrò
il colletto della camicia e strinse sino a farsi illividire le nocche. - Tu..!
-
- Lo so. - Si rabbuiò.
- Oh, no. No che non lo
sai! -
Strizzò gli occhi umidi e si lanciò contro di lui, baciandolo con
così tanto impeto che, per un momento, si convinse che perfino i loro denti avrebbero
cozzato gli uni contro gli altri. Invece trovò le labbra di Nicholas, calde ed
irresistibilmente morbide. Soprattutto socchiuse e pronte per essere assaporate
fino all'ultimo. Lo baciò e ribaciò, mentre due lacrime perfettamente
simmetriche e nere di mascara rigavano le sue guancie pallide. Nick avvampò e
nonostante gli tremassero leggermente le gambe - come qualsiasi altra cosa - ,
trovò il modo d'avvicinarsi e bloccarla contro il muro. Aveva le mani fredde
nonostante l'umidità della notte, le sentiva sfiorarle le gambe sotto l'orlo
della gonna. Ogni singolo tocco dei polpastrelli, ogni carezza. E poi il modo
in cui risaliva, percorrendo millimetricamente la
forma del suo corpo. Quasi volesse contarle le ossa sulla schiena nuda e
trovare una fessura, arrivarle sottopelle. In realtà già lo aveva fatto. Ogni
centimetro del suo corpo bruciava di
lui.
- Perfetto. Ora vorrei fare l'amore con te qui, adesso e all'infinito. - Scherzò, come non si sarebbe
mai creduto capace di fare. Il respiro non voleva saperne di tornargli
regolare.
- Uhm... Io lo farei. Cioè, con
te. - Mormorò lei, leggermente in affanno. - Ma con nessun altro, è chiaro?
Tu e basta, Nicholas... Non c'è un
altro che possa farmi questo effetto, da cui mi lascerei avvicinare o... o toccare o... Non lo so. Non riesco nemmeno a
valutarne il pensiero. Sei l'unico. Solo tu. - Si strinse nelle braccia, quasi
impaurita dalle sue stesse parole.
- Io. -
- Solo tu. -
Quelle tre sillabe scivolarono piano, come una carezza sull'anima.
Più dello sguardo che lei gli rivolse subito dopo, più dell'abbraccio
soffocante. Più dei baci - altri baci
- che si rincorsero l'un l'altro sulle labbra, sulla pelle. Baciò ogni
centimetro di lei che gli riusciva di raggiungere, rubò tutti i suoi piccoli
sospiri veloci per mischiarli ai propri e poi soffiarli di nuovo, piano, al suo
orecchio strappandole un brivido dopo l'altro. Così. Si sentiva vivo. Non sapeva se quella fosse felicità,
ma - per lui - ci andava davvero molto vicino. Non sapeva se doveva essere in
quel modo, ma - sì - lui era certo di averlo appena fatto sul serio. In quel
preciso luogo - per strada e alla luce di un lampione -, in quell'esatto
momento - una manciata di minuti avanti la mezzanotte del suo ventesimo compleanno.
Cosa? Quello. L' amore.
Then you’ll begin to make it better.
(Hey Jude - The Beatles)