Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: Preussen Gloria    27/09/2012    6 recensioni
"Cresce. Assomiglia a te."
C'è ancora una storia che Odino non ha raccontato.
"A chi? Al principe delle illusioni o al re dei mostri?"
Riguarda il suo primogenito. Riguarda il figlio che ha adottato.
"Al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo"
Riguarda i due principi che sono venuti prima di loro.
"Non è mai esistita quella persona, Odino."
Riguarda leggende che non sono mai state scritte.
"Non puoi dirmi questo! Non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio"
E verità che sono sempre state taciute.
"Non è tuo figlio! Non lo è mai stato. È nato nell'inganno, vive nell'inganno, le bugie sono l'unica cosa che possiede..."
Thor e Loki hanno sempre saputo di essere nati sul finire di una guerra.
"... E un giorno, forse, ne diverrà il principe."
Ma nessuno ha mia raccontato loro l'inizio di quella storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Mpreg
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Prologo:
Neve, ghiaccio, freddo.

[Midgar, svariati secoli fa.]


Neve, ghiaccio, freddo.
Lo chiamavano inverno in quel mondo ma agli occhi del giovane assomigliava ad un giorno come tanti altri. Forse più caldo degli altri.
Calore. Era una sensazione che credeva di aver già sperimentato nella sua lunga vita, eppure gli sembrava  del tutto estranea ora, completamente nuova. Nuova, sì, come la piccola creatura davanti ai suoi occhi che gradualmente si abituava alla vita tra limiti sicuri della sua culla. In realtà, non vi era posto più pericoloso di quello nell’intero universo ma il bambino non lo sapeva. Innocente e inconsapevole com’era, non aveva altra preoccupazione al mondo se non quella d’imparare a sorridere sempre meglio tentativo dopo tentativo. Nessun neonato era in grado di farlo a poco tempo della nascita, alcune loro smorfie potevano assomigliare a dei sorrisi ma non lo erano mai realmente. Quel bambino però era diverso, sapeva esattamente quello che stava facendo mentre lo fissava dal basso, la boccuccia sdentata con gli angoli rivolti verso l’alto.
Calore. Il giovane dai capelli corvini non poté fare a meno di sorridere a sua volta. Un pesante rumore di passi seguito da una veloce quanto gelida brezza alle sue spalle, lo informò che non era più solo all’interno della tenda. Avvertì la tensione appesantire l’aria ancor prima che si voltasse per incontrare gli occhi blu del re, “sapevo che saresti venuto.”
Il giovane uomo scrollò le spalle rivolgendogli una smorfia, “sei padre da meno di due ore e hai già fallito miseramente nel compito di proteggere il tuo erede,” commentò sarcastico. “Ti ho visto arrivare,” replicò l’altro con sicurezza ma il moro non poté fare a meno di notare la cautela con cui esauriva la distanza tra loro, “non potresti mai difendere te stesso con questa sembianze.”
“Un pugnale per uccidere un neonato è in grado di usarlo chiunque,” fu la risposta sarcastica. “A che pro?” Domandò il re, “non puoi recuperare le tue sembianze senza lo scrigno e tutto l’esercito di Asgard ti sarebbe sopra in meno di mezzo minuto. Sei un re, combatti le guerre, non commetti infanticidi.”
Il giovane sbuffò, “la tua fiducia nel buon cuore del tuo peggior nemico è quasi commuovente, mio re. Cosa credi? Che il giorno in cui ti avrò alla portata della mia arma mi asterrò dall’ucciderti mosso da chissà quale pietà?”
“Quella che descrivi è una battaglia tra re,” rispose il monarca fissando il profilo dell’altro, “è una fine inevitabile, lo sappiamo entrambi. Non è biasimabile come l’omicidio di un bambino.”
Il giovane uomo piegò appena la testa osservando il neonato nella culla da un’altra angolazione, “volevo solo assicurarmi che fosse vero. Che non avessi ritirato i miei uomini per un tuo ben riuscito colpo di genio.”
Il re sorrise appena, “nel dubbio, però, hai deciso di non infierire.”
Gli occhi verdi dell’altro lo fissarono freddamente, “non ho alcun interesse nell’arrecare danno alla persona della tua regina,” ammise senza vergogna, “l’hai detto tu. Questa è una guerra tra re. È una guerra tra me e te. In ogni caso, solo tu puoi essere tanto stupido da far nascere il tuo primogenito nel bel mezzo dell’inferno.”
“Non conosci mia moglie…”
“La conosco eccome e so che sarebbe un re migliore di te.”
“Allora sai che, se decide di venirmene a dire quattro, deve farlo di persona! Guerra o non guerra! Gravidanza o non gravidanza!” Il re si concesse un secondo per osservare il neonato che si era ficcato un pugnetto in bocca, “non lo aspettavamo così presto. Ci ha colto di sorpresa.”
Il moro sospirò stancamente, “solo tuo figlio poteva essere tanto furbo da nascere nel bel mezzo di una battaglia in un mondo in cui i curatori fanno pratica sulle pecore!” Quando abbassò di nuovo lo sguardo, il piccolo aveva ripreso a ridere da solo, felice per il solo fatto di essere vivo, “non ha fatto altro che sorridermi.”
“Lo so,” il re annuì. “Sorride spesso. Beato lui.”
Gli occhi verdi lo guardarono di nuovo, “quindi?” Il re rispose con uno sguardo confuso, “lui è Thor o Loki?”
Il monarca si passò una mano tra i capelli biondi sorridendo al neonato, “secondo Frigga, assomiglia più ad un Thor.”
“Perché? Un Loki come dovrebbe essere?”
Il re smise di sorridere immediatamente, mentre una mano andava a posarsi protettiva sul corpicino del piccolo principe. “Non ci sarà mai un Loki,” confessò infine, “non ci sarà un altro erede. Questo bambino non è destinato ad avere un fratello, non importa quanto i sogni di mia moglie si ostinino ad illuderla del contrario.”
L’altro annuì gravemente, “capisco…”
Il re si lasciò andare ad una risata senza gioia, “non credo che tu possa capire il dolore di mia moglie,” si pentì immediatamente di quanto aveva appena detto. Erano in guerra, non c’erano regole, non c’erano codici d’onore da rispettare tra loro. Eppure, quando quegli occhi verdi si riempirono di lacrime incredule, il re sapeva di aver commesso un terribile errore. Fece appena in tempo ad afferrarlo per un braccio, “Nàl, aspetta…”
“Non chiamarmi così!” Urlò l’altro e il neonato scoppiò a piangere immediatamente, “non è il mio nome. Non lo è mai stato.”
“Io… Io ti chiedo perdono… Io…”
“È troppo tardi per chiedere perdono,” replicò il moro liberandosi dalla stretta del re, “sei in ritardo di anni!” Raggiunta l’entrata della tenda, si voltò un’ultima volta, “porta via tuo figlio e tua moglie finché sei in tempo. All’alba questa guerra ricomincerà!”

[Jotunheim, diversi anni dopo.]


Neve, ghiaccio, freddo.
Per il re quello poteva sembrare il peggiore degli inverni, ma quel mondo non aveva mai conosciuto un tempo migliore. Il cielo era scuro, ma non sapeva dire se fosse notte o se le nuvole coprissero ogni possibile fonte di luce naturale. Aveva passato anni tra quelle distese di candido nulla, eppure non aveva mai imparato a calcolare il tempo in quell’inferno gelido. Il re sapeva che l’avevano visto arrivare, sapeva che lo stavano seguendo tutt’ora con cautela, mentre alcuni di loro erano andati ad avvisare chi di dovere della sua tanto improvvisa quanto sgradita visita.
Non gli avrebbero fatto di male, chi li comandava non si sarebbe mai sogna di dare un ordine del genere.
Se la sua vita doveva finire in quel luogo di morte, sarebbe stato per mano del re e del re soltanto.
Ma non sarebbe accaduto, non quel giorno.
Il palazzo di ghiaccio era un cumulo di rovine a stento abitabili per qualsiasi creatura e, ad occhio inesperto, sarebbe anche potuto apparire disabitato da tempo, tanto tempo. Ma il re sapeva e non indugiò nel salire le scale di ghiaccio che conducevano alla sala delle trono.
Buia, fredda, in rovina.
Quello che una volta era stato il podio del potere, ora era solo il simbolo di una lunga e interminabile decadenza senza vie di ritorno. Non vi era nessuno ad attenderlo seduto su quel seggio di ghiaccio, non vi erano giganti o mostri nelle vicinanze. C’era solo un giovane uomo dai capelli corvini di fronte a lui, gli occhi verdi erano più freddi del vento di quell’inverno perenne. Non c’erano più sguardi indiscreti intorno a loro, erano completamente soli.
“Qualunque cosa tu abbia da dire, dilla,” disse il moro con fare minaccioso, “e fallo in fretta, prima che decida che questa pace umiliante a cui ci hai legati non vale quanto il piacere di ucciderti con le mie mani.”
Il re scosse la testa, “sei un re troppo rispettato per mandare la tua gente a morire per un tuo capriccio.”
“E se la mia gente preferisse morire in una guerra già persa piuttosto che vivere un altro giorno di questa vita miserabile?”
“Sappiamo entrambi che sono minacce vuote,” replicò il re con gentilezza non richiesta, “è finita l’età in cui confondevamo le nostre ragioni personali con le ragioni di stato. Siamo degli adulti, ormai.”
Il moro sorrise sarcastico, “questo non è sufficiente per dimenticare.”
“Nulla sarà mai sufficiente per dimenticare…”
“Allora che cosa vuoi?” Suonava quasi come un'implorazione, “pensi che sia sopportabile, per me, vederti camminare sulle mie terre senza poter fare niente per non mettere a rischio ogni singola vita di questo regno?”
“Lo vedi?” C’era una nota nostalgica nella voce del re, “è passata l’era in cui potevamo permetterci di comportarci come ragazzini in preda all’impulsività e alle passioni. Ora possiamo solo essere re.”
“Ed è come re che sei qui?”
Un attimo di esitazione, “no, questa volta no.”
“Allora non hai motivo di restare…”
“Cresce,” sussurrò il monarca e fu abbastanza perché quegli occhi tanto verdi quanto gelidi incontrassero di nuovo i suoi. “Assomiglia a te.”
Odino accennò un sorriso, nulla di paragonabile alla smorfia sarcastica con cui l’altro gli rispose. “Al principe delle illusioni o al re dei mostri?” Il re ignorò il veleno dietro quelle parole deliberatamente, “al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo.”
“Non è mai esistita quella persona, Odino!”
“Non puoi dirmi questo, Laufey!” Replicò con forza il Padre degli Dei, “non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio!”
“Non è tuo figlio!” Sbottò il re di Jotunheim, “non lo è mai stato. È nato nell’inganno! Vive nell’inganno! Le bugie sono l’unica cosa che possiede,” Laufey spostò gli occhi sulla distesa di neve che circondava loro, il palazzo, ogni cosa. “E un giorno, forse, ne diverrà il principe…”
“Vuoi dire come te?” Era il turno di Odino di essere velenoso. L’altro rise in modo glaciale, “pensi che la tua illusione dorata sia meno viscida della mia solo perché non ha come fine lo scoppio di una guerra? Sei stato tu il primo ad usarlo come perno per ogni progetto politico che ti veniva pensato. Un’arma, uno strumento, una reliquia di guerra…. E adesso rivesti il ruolo del padre amorevole solo perché sei perfettamente consapevole che qualsiasi piano coinvolga quel piccolo bastardo ti si potrebbe rivoltare contro in modo tragico.”
“L’unica tragedia che temo è la verità e…”
“Già,” Laufey annuì, “la verità. Mi chiedo chi di noi due condannerà più amaramente quando la scoprirà. Ma non siamo qui per parlare di questo, vero?”
“Non posso credere che tu non sia nemmeno curioso di vederlo.”
“Chi?” Laufey si avvicinò di un passo, “quel fallimento a cui ho dato la vita?”
Odino scosse la testa, “non hai idea a che cosa hai voluto rinunciare.”
“Ah no?” Replicò il moro acido, “hai detto che assomiglia a me? Che significa? Che la tua regina guarda in faccia la peggiore vergogna della sua vita ogni giorno o che il piccolo Thor si sta dimostrando il degno erede di suo padre?”
“Lascia fuori Thor da tutto questo…”
“Ma non lo è!” Proruppe Laufey furibondo, “come fa ad esserne fuori quando quel che sente sono solo storie di come suo padre ha valorosamente sbaragliato i mostri, mentre ne ha uno per fratello che cresce proprio accanto a lui?”
“Loki è un principe di Asgard. È mio figlio e nemmeno tu possiedi più il potere di negare questo.”
Laufey annuì, “hai ragione,” ammise, “io non ho questo potere ma lui lo avrà. Quando si accorgerà di essere diverso, quando capirà che non appartiene al tuo mondo come a nessun altro di quelli conosciuti. Quando scoprirà la verità, perché la scoprirà, prega che non assomigli a me tanto come dici, perché in quel caso non credo che potremmo uscirne vivi.”
“Non gli hai dato nemmeno una possibilità, Laufey.”
Quanti ricordi c’erano nello sguardo malinconico che il suo eterno nemico gli rivolse? Quante volte Odino ne era stata la causa? Quante volte, invece, ne era stata la soluzione? C’erano tutti i suoi peggiori errori riflessi in quegli occhi verdi e la sua punizione era ritrovarli ogni giorno della sua vita sul viso di Loki.
Loki che era innocente, inconsapevole di ogni cosa e Odino pregava che lo sarebbe rimasto per sempre.
“Nemmeno tu gliela stai dando proteggendolo con le tue false verità, Odino,” replicò Laufey in modo che suonava più triste che velenoso. Si scambiarono uno sguardo che sarebbe potuto durare un minuto o tutta l’eternità, fino a che Laufey non si voltò.
“Nàl…” Odino ritornò alla realtà bruscamente, “aspetta!”
“Questa è l’ultima volta,” dichiarò il re di Jotunheim rivolgendo al Padre degli Dei un’occhiata che sarebbe dovuta essere distaccata, “se mai Loki ti chiederà del principe da cui ha ereditato gli occhi verdi e i capelli neri, digli che è morto la notte in cui è nato. E questa notte, morirà anche per te.”
“Nàl…”
“Vattene ora.” 

*****

Varie ed eventuali note di comprensione: Nàl è uno dei nomi con cui Laufey viene chiamato all'interno dei miti, qui avrà una funzione particolare che verrà svelata nel prossimo capitolo. In questo prologo sono stati lanciati dei messaggi confusi che, ovviamente, andranno via via a chiarirsi con l'evolversi della trama che partirà dagli eventi (parecchio!)  precedenti la guerra tra Odino e Laufey. Il rating e gli avvertimenti potrebbero cambiare nel corso della storia!

Commenti ed opinioni sono molto graditi (ma siamo sinceri e diciamo che sono attesi con particolare ansia, va')! 
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: Preussen Gloria