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Autore: Ciajka    27/09/2012    3 recensioni
John Watson non crede ai suoi occhi quando si ritrova davanti a sè Sherlock Holmes, creduto morto da ben tre anni. E comincia seriamente a dubitare della sua sanità mentale quando il suo migliore amico gli svela il suo incredibile segreto.
La mia personalissima (e altamente improbabile) versione post-Reichenbach fall.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Sherlock spalancò la porta del Tardis e con un cenno di capo fece capire a John che doveva uscire per primo.
Sospirando, il biondo mise un piede all’aperto, ma dovette immediatamente indietreggiare: infatti quattro individui lo avevano spinto indietro e si erano catapultati all’interno del Tardis.
«Cosa diavolo-?» fu l’immediato commento di John.
«Mi dispiace signore!» esclamò il più basso dei quattro «Non pensavamo che c’era già qualcun altro all’interno di questa cabina telefonica!»
«Chiudi la porta,presto!» esclamò il compagno di fianco a lui.
Il ragazzo più vicino all’uscita eseguì l’ordine senza fiatare.
Ci fu un coro di sospiri di sollievo, finché uno dei quattro non osservò meglio lo spazio che li circondava e realizzò che quella non era affatto una cabina telefonica.
«Aspetta.. ma qui è più grande rispetto all’esterno!»
«Esatto. Siete all’interno di un Tardis.» tuonò Sherlock «Il mio Tardis! E voi non siete stati autorizzati ad entrare!»
Mentre Sherlock diceva questo, John osservò meglio quei clandestini e si sentì mancare il fiato.
«Sherlock..» cominciò John.
«E quindi adesso uscite da qui!»
«Sherlock..»
«Altrimenti io… che cosa vuoi John?!»
«In che epoca siamo?»
«2015! Te lo avevo già detto prima!»
«Allora perché abbiamo davanti a noi i Beatles?»
Piombò immediatamente un silenzio piuttosto imbarazzato.
Sherlock osservò quei quattro, vestiti in modo pressoché identico.
«Non è possibile.» mormorò infine, fiondandosi ai comandi e pigiando qualche strano pulsante.
Il ragazzo che prima aveva ordinato di chiudere la porta, che il medico riconobbe come John Lennon per il viso affusolato, il naso aquilino e i piccoli occhiali tondi, disse: «Non so chi siete voi o che posto è mai questo.. ma è tutto così pazzesco!»
«Concordo pienamente!» esclamò il suo vicino, con un piccolo sorriso. Si trattava di Paul McCartney.
«L’indicatore temporale dice che siamo nel 1967!» disse con strana incertezza Sherlock.
«Certo che siamo nel 1967!» constatò John Lennon «21 Novembre 1967, per la precisione.»
«Strano..» meditò Sherlock «Il giorno, il mese e il luogo sono esatti.. è l’anno che è completamente sballato!»
«Forse il Tardis non è più in grado di essere puntuale?» ipotizzò John Watson «Alla fine anche quando sei apparso al 221 b non era la data che ti aspettavi..»
«No, no.. Quando siamo andati a Nuova Nuova New York ho controllato le coordinate spazio-temporali ed erano perfettamente come le avevo programmate.»
«Allora non so proprio cosa dirti.» alzò gli occhi al soffitto l’amico.
Poi guardò i Beatles, che nel frattempo stavano confabulando tra di loro sottovoce.
«E-hem..» si schiarì la voce per attirare la loro attenzione «Scusatemi, ma.. come mai siete entrati qui dentro con così tanta agitazione?»
Ringo Starr, il più basso dei quattro, rispose: «Stavamo scappando e abbiamo pensato di nasconderci qui.»
«Scappando? Da chi?» chiese preoccupato John Watson.
«Dagli esseri più pericolosi, infidi e terrificanti di sempre!» continuò Ringo «Le nostre fan!»
John Watson li guardò storto.
A quella vista, il ragazzo che prima aveva chiuso la porta, che si trattava di George Harrison, spiegò:«Le nostre fan sembrano assatanate quando ci vedono! Appena ci raggiungono sono capaci di strapparci i vestiti di dosso! È da avere paura!»
«All’inizio era anche divertente.» affermò Paul «Ma adesso stanno esagerando!»
«Non pensavo che le fan dei Beatles fossero così distruttive.» meditò il dottor Watson.
«Non dirlo a noi!» esclamò Ringo.
«Beh, in qualunque caso, ora uscite immediatamente da qui!» ordinò duramente Sherlock.
«Vi prego! Aspettate almeno che se ne vadano!» disse George.
« È fuori discussione!» Sherlock li superò a grandi passi e girò la maniglia del Tardis «Fuori di qui!»
Ma appena Sherlock aprì la porta, una dozzina di ragazze cominciò a gridare «Chiediamo a lui!» «Avrà sicuramente visto dove sono finiti!»
In pochi secondi il Tardis/cabina telefonica era circondato da ragazze irrequiete.
«Hai visto dove sono andati i Beatles?»
«Oh, Paul! Ti troverò!»
«Devo dir loro che li amo!»
«Hey, forse sono li dentro!»
«Mi sembra di scorgere George!»
«Venite fuori!»
Le ragazze avevano cominciato a fare forza in modo da entrare nel Tardis, ma per fortuna Sherlock riuscì a chiudere la porta a chiave appena in tempo.
«Grazia divina!» esclamò Sherlock «Mai vista una cosa simile!»
«L’avevamo detto che erano completamente fuori di testa!» commentò Ringo.
«Hey, comunque..» iniziò Paul McCartney, che nel frattempo aveva raggiunto i comandi centrali per osservarli da vicino «Che posto è mai questo?»
«Siete in una specie di navicell-» cominciò John, ma fu interrotto da Sherlock «Ha un nome, John!»
«Ok, Sherlock! Tardis!» urlò in direzione dell’amico, per poi continuare in modo pacato «Allora.. questo Tardis può viaggiare nello spazio e nel tempo. Noi volevamo tornare a casa nel 2015, invece-»
Ma la spiegazione non fu conclusa perché Paul, spinto dalla curiosità, si ritrovò a premere  completamente a caso un pulsante che fece vibrare sinistramente il Tardis.
«Cosa hai fatto!!!» gridò Sherlock.
Immediatamente il Tardis cominciò a vibrare sempre più forte, emettendo il suo tipico rumore, per poi ritornare normale. Sherlock e John notarono che il display mostrava un paesaggio esterno completamente diverso da quello di prima.
«Cosa hai fatto!!!» ripeté nuovamente Sherlock.
«Non pensavo che premendo quel bottone..» cercò di scusarsi Paul.
«Paul!!» iniziò a rimproverarlo anche Lennon «Gli unici tasti che dovresti pigiare sono quelli della tastiera!»
«Non l’ho fatto apposta!»
«Ah, si?» tuonò Sherlock, arrabbiatissimo.
«Non so.. è come se qualcuno mi avesse spinto a farlo contro la mia volontà.»
«Oh, come no!» alzò gli occhi Sherlock «Ma adesso torneremo immediatamente indietro!»
Il Signore del Tempo si riappropriò dei comandi e cominciò a premere pulsanti e a tirare leve, ma nulla accadde.
«Perché cavolo non parti..» mormorò Sherlock.
«Non è che il Tardis fa i capricci?» azzardò Watson «Forse ci ha condotti qui apposta.»
«Io sono curioso di sapere dove siamo finiti..» sussurrò George a Ringo.
Sherlock si arrese e disse: «Va bene, scendiamo!» poi aggiunse rivolto ai comandi «Non so perché ci hai portati qui, ma spero che hai avuto una buona ragione per farlo.»
 
Il quartetto, accompagnato da John Watson, uscì dal Tardis (il quale aveva preso forma di un enorme tronco mozzato), mentre Sherlock rimase ancora qualche minuto al suo interno.
Il paesaggio che avevano davanti era completamente incontaminato dalla presenza dell’uomo. Sembrava di essere in un isola deserta nel bel mezzo dell’oceano.
Le scarpe dei visitatori si ritrovarono immediatamente a sprofondare in una sottilissima sabbia bianca, mentre lo sfrigolio delle onde che si infrangevano calme nel bagnasciuga era l’unico rumore che riuscivano ad udire.
Non c’era nemmeno un soffio di vento.
Eppure, tutto sommato, non era affatto caldo, tenendo conto che ognuno di loro indossava pesanti vestiti invernali.
«Wow, ragazzi!» esclamò Paul «Siamo finiti in una spiaggia tropicale!»
«Devo dire che hai scelto una bella meta.» commentò John Lennon.
«Eh, lo sapevo che il mio intuito è strepitoso!»
«Credete che sia deserta?» domandò George.
«A occhio e croce direi di sì.» rispose meditabondo Ringo, seguito da un «Probabile» e un «Lo penso anch’io.» degli altri due.
A John Watson sembrava impossibile avere a fianco a sé i Beatles, ancora tutti insieme (e vivi), che conversavano normalmente. Aggiungendo poi che erano in un isola deserta ed erano arrivati li tramite una macchina che viaggia nel tempo e nello spazio, in questo momento a forma di tronco, in compagnia del suo migliore amico che credeva morto, si ritrovò ad avere le vertigini.
Nel frattempo Sherlock era uscito dal Tardis portando con sé una valigetta.
«Queste potrebbero rivelarvi utili.» disse poi, aprendola e consegnando ad ognuno una specie di pistola che sembrava ideata da qualche regista di film fantascientifici.
«A cosa ci potrebbero servire?» chiese Lennon, osservando l’arma di sbieco.
«A proteggervi da eventuali pericoli, per diamine!» rispose a malo modo Sherlock.
«Io non vedo nessuno qui!» continuò il ragazzo.
«Anche se adesso non c’è nessuno, potrebbe apparire qualcosa dopo!»
Sherlock era enormemente seccato e non faceva nulla per nasconderlo.
«Sherlock..» sussurrò John Watson all’amico «Calmati un po’. Siamo in presenza di uno dei gruppi che hanno fatto la storia della musica moderna!»
A questa giustificazione Sherlock sbuffò vistosamente «Come se me ne importasse qualcosa!»
«Sherlock!» lo sgridò il medico.
«Io non ho mai usato un’arma!» continuò a lamentarsi Lennon.
«E spera di non farlo mai!» rispose Sherlock, su di giri «Se non ve ne siete accorti non siamo sulla Terra, ma sul pianeta Shadesploxclach, a 20000 anni luce da..»
«Shade.. che?» chiese Ringo.
«Un pianeta alieno! Wow!» esultò Paul.
«Siamo i primi esseri umani che mettono piede su un pianeta al di fuori della Terra!» disse George.
Sherlock cercò di ingoiare le brutte parole che voleva ruggire a quei quattro.
Se, in quel momento, qualcuno avesse captato i pensieri di Sherlock sarebbero stati questi: “Perché non si rendono conto del pericolo che possono andare in contro? Come mai”, a parte John, il suo John, che con lui avrebbe avuto tutta la pazienza dell’universo, “gli altri esseri umani di intelligenza medio-bassa sono così idioti? Un branco di inutili zoticoni che prima di capire qualcosa ci mettono sempre troppo tempo. Come quella volta che sono andato da Ramses e ho cercato di far imparare ai suoi costruttori imperiali i segreti dell’edilizia levitazionale e loro non riuscivano a starmi dietro solo perché si erano fissati con la forma a piramide! Come se fosse una cosa così speciale! E adesso questi quattro sono felici come pasque di trovarsi in uno dei pianeti più pericolosi dell’universo!”
Poi guardò John Watson, il quale aveva corrucciato la fronte e serrato le labbra in una specie di adorabile broncio. Tutta la rabbia evaporò all’istante.
«Siamo atterrati su Shadesploxclach,» ripeté scandendo bene le parole «un pianeta che presenta degli abitanti piuttosto pericolosi. Alcuni ricercatori spaziali che si sono avventurati qui non hanno più fatto ritorno.»
«Però!» fischiò Paul «Eppure sembrerebbe un paradiso!»
«Sembra infatti! Ora io cercherò di far rifunzionare il Tardis, nel frattempo nessuno di voialtri deve allontanarsi da qui, per nessun motivo! Capito?»
 
«E quindi dobbiamo rimanere qui.» constatò Ringo.
«Così ha detto lo spilungone con il cappotto e la sciarpa blu.» disse Paul.
«Secondo me non è così pericoloso come ha detto..» borbottò Lennon.
«Hey, ragazzi! Perché l’amico dello spilungone ci osserva da lontano come se fossimo noi gli extraterrestri?» domandò George al gruppo.
«Sarà timido.» fu la semplice risposta di Lennon.
Paul alzò il braccio in modo da catturare l’attenzione di John Watson «Hey ragazzo! Non essere timido!»
John si avvicinò titubante e si ritrovò a pensare a suo padre, che aveva collezionato tutti i loro CD, e a se stesso, che aveva passato tutta la sua adolescenza ascoltandoli e riascoltandoli fino ad imparare a memoria ogni singola canzone. Per lui erano un colosso della musica. Ed ora lo stavano invitando a conversare con loro.
«E-hm, salve.»
«Da quel che abbiamo capito, voi due siete alieni che hanno una macchina del tempo, ma che può andare anche dove gli pare nello spazio.» disse George.
«Beh, si, cioè, no..» si ingarbugliò John «Io non sono un alieno, Sherlock si, ma io no. Per il resto è come hai detto tu.»
«Capito.. E come mai sei assieme a quell’alieno? Sei un ostaggio?» domandò buio Lennon.
«No! No! Non sono un affatto ostaggio!»
Lennon lo guardò di sottecchi, poi disse «Ho capito, state.. insieme?»
John avvampò per poi dire «No! Siamo amici! Solo amici!»
Lennon continuò a guardarlo non molto convinto, mentre gli altri del gruppo cercarono di cambiare discorso chiedendogli se aveva mai sentito nominare la loro band.
«Eccome se vi conosco! So tutto il vostro repertorio! Siete fantastici!»
George sussurrò all’orecchio di Ringo «Sapevo che si trattava di un nostro fan.»
 
Ma ben presto la conversazione si spense, imbarazzata.
Sherlock ci stava mettendo una vita.
«Sentite, io mi vado a bagnare i polsi.» disse Ringo, avviandosi verso il mare.
«Quasi quasi vengo anch’io.» gli fece eco George.
Ringo raggiunse il bagnasciuga, si chinò per prendere una manciata di acqua fresca in modo da inumidirsi le mani, e…
Accadde tutto in modo molto rapido: appena Ringo toccò l’acqua, tre paia di tentacoli blu lo avvolsero o lo trascinarono con sé, immergendolo completamente.
No… no, no, no.”Fu l’immediato pensiero di John Watson “Questo proprio no!”
 
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Ha-ha! Colpo di scena!
E così ho fatto partecipare alla storia anche i Beatles… come non farlo, dopo che sono diventati la mia ossessione?
Da adesso in poi i capitoli non saranno più noiosi come quello precedente, lo giuro!
Un commentino però mi farebbe piacere.. Positivo o negativo che sia! 
  
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