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Autore: Roxy_Herm_xyz    28/09/2012    4 recensioni
Le mancava la sua vita, le mancavano i suoi amici e le mancava il sogno di un futuro che si era sgretolato proprio davanti ai suoi occhi. In un attimo era cambiato tutto. Per sempre.
Quella casa in periferia, quei due – forse tre – figli, quel lavoro per il Ministero della Magia, tutto ciò che aveva pianificato si era frantumato tra le sue mani. Il futuro che aveva in mente nei minimi dettagli era finito ancora prima di poter iniziare davvero.
Quella notte doveva finire tutto. La guerra. Il male. Il dolore. Ma, invece, si era rivelata essere l'inizio della sua condanna.
[Scritta in collaborazione da roxy_xyz e Herm735.]
Genere: Angst, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fenrir Greyback, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Storia scritta da Roxy_xyz e Herm735, che vi augurano buona lettura!


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Il canto della luna



“Tutti abbiamo sia luce che oscurità, dentro di noi.
Quello che conta è da che parte scegliamo di agire. Questo è quello che siamo.” (Sirius Black)



Il sole doveva essere tramontato da poco; attorno a lei un viola cupo aveva spazzato la serenità di quei colori vivaci che le avevano fatto compagnia quella stessa mattina.
Non si era nemmeno accorta di essersi addormentata, improvvisamente era stata colta da una grande stanchezza e aveva deciso di stendersi sul prato. Amava quel posto perché riusciva sempre a calmarla e anche perché nessuno lo conosceva. Solo lì, aveva la possibilità di rimanere sola.
Tuttavia c’era qualcosa di strano nel paesaggio, come se qualcuno fosse nascosto dietro uno dei tanti cespugli. Una sensazione che l’aveva resa nervosa, spingendola ad alzarsi e allontanarsi in fretta. Aveva mosso solo pochi passi prima di sentire una vibrazione, una specie di scossa talmente violenta da farla cadere in ginocchio. Le sue dita strinsero convulsamente quei fili di erba.
“Hermione.” Un bisbiglio che le fece accapponare la pelle.
Il buio era ormai sceso, riempiendo con prepotenza ogni angolo di luce.
“Hermione.” Ancora, ancora quella voce.
No! Non poteva essere reale e lei doveva smetterla di tormentarsi. Doveva andare avanti, anche se non trovava la forza per farlo, anche se non c’era più un maledetto motivo per farlo.
Un rumore di passi le segnalò che presto avrebbe scoperto l’identità della persona nascosta. Sentì l’avanzare di qualcuno che non cercava di rimanere nel silenzio, di prenderla di sorpresa, anzi sembrava intenzionata a spaventarla.
Quando si girò le sue idee di reale e non reale vennero a cadere.
“Hermione.”
Non poteva essere che un incubo e Hermione sapeva che da quelli non poteva scappare, non da quando questi avevano cominciato a far parte della sua esistenza. Dalla sua bocca non sarebbe uscito alcun urlo, perché l’unica persona che avrebbe potuta salvarla era morta.
Come lei e come la persona che le era davanti.
“Credi di poter ricominciare a vivere? Di meritarlo dopo quello che hai fatto?”
Un boato e la terra tremò ancora sotto i suoi piedi.
Bugie e verità, e lei non sapeva più distinguere le une dalle altre.
“Guardami, Hermione. Oh, quanto sei patetica.” Cominciò a ridere sguaiatamente, senza mai smettere di guardarla in modo crudele. Poteva percepire l’odio che provava nei suoi confronti e sapeva che non l’avrebbe mai lasciata andare. Non prima di averle ricordato gli eventi di quella notte.
“L’hai ucciso, piccola mia. Come ti senti ora che hai ottenuto la tua vendetta?”
Il ghigno divenne feroce, e la sua bocca si aprì scoprendo lunghi e affilati denti che non avrebbero esitato a toglierle la vita. Un balzo e fu davanti a lei, in ginocchio, a imprigionarla sotto la sua morsa.
Hermione provò a gridare con tutte le sue forze, inutilmente perché quella bocca velenosa scese impietosamente su di lei, azzannandola al collo con una disumana violenza.
“Non chiedi aiuto a Harry? Sai, Hermione, dovresti invocare il perdono per quello che hai fatto. O forse non ricordi di essere un'assassina?”
Profondi tagli si aprirono sul petto di Hermione che cercò di divincolarsi in preda alla disperazione, ottenendo come risultato solo le risate della sua avversaria.
“Che fai? Vuoi scappare da…
me? Io e te siamo legate per l’eternità, lo sai. Siamo destinate a soffrire insieme per sempre, per quello che abbiamo fatto. Ricorda, ricorda chi sei e guardami!”
Calde lacrime solcarono il viso sporco di sangue di Hermione mentre obbediva al comando.
Le sue iridi si specchiarono in quelle gemelle della sua nemica.
Perché il suo avversario era lei.
Illusione o sogno?
Hermione sapeva che non poteva cercare rifugio da nessuna parte.
Aveva ucciso, aveva esultato nel farlo e continuava a pagare per le conseguenze del suo gesto.
Un ultimo urlo squarciò il cielo, dopodiché Hermione rimase sola.
E pianse pensando a
lui.

*


Non riusciva a vedere altro che morte.
Tutto intorno a lei, dai più ovvi cadaveri stesi a terra, all'erba calpestata, per finire con la morte meno ovvia di tutte. Quella di chi era ancora vivo, ma aveva il cuore a pezzi.
Camminando nel giardino di quello che un tempo era stato l'unico posto sicuro che avesse al mondo, ora non scorgeva altro che le macerie lasciate dalla guerra. Ecco tutto quello che restava di Hogwarts. Un campo di battaglia.
Si spinse fino ai margini del giardino, l'inizio della foresta, e guardò attraverso gli alberi come se da lì potesse riuscire a scorgere il punto esatto in cui, poche ore prima, Harry era morto.
Era strano il silenzio che si era sovrapposto, nella sua mente, al frastuono della guerra. In un certo senso c'era di nuovo pace in quel luogo. Da allora in poi, sarebbe tornato ad essere un posto sicuro.
Sentì un rumore alle sue spalle, come quello di un ramo spezzato dal passo pesante di un uomo, ma non ebbe occasione di voltarsi.
Prima che potesse rendersene conto, due mani grandi e forti avevano afferrato le sue braccia, premendole contro il suo busto. Un respiro inquieto le sfiorò la pelle della guancia.
“Ciao, ragazzina.”
Riconobbe la voce prima di quanto le sarebbe piaciuto ammettere. Non aveva dimenticato quel tono grave e un po' trascinato. Non c'era riuscita, per quanto avesse tentato. Le capitava, a volte, di percepire la sua presenza, la sua voce, anche se sapeva che lui non c'era. Aveva paura del mostro alle sue spalle, perché sapeva che la sua ferocia e la sua crudeltà erano incontenibili.
“Non è stata una mossa saggia, mettersi tra me e la brunetta.”
Sentì una delle sue mani afferrare la bacchetta nella tasca dei suoi pantaloni e gettarla a terra. Non poteva credere che il karma la punisse per aver salvato Lavanda. Casomai, avrebbe dovuto premiarla.
“Greyback” la sua voce uscì più tremante di quanto avesse programmato. Quasi non si riconobbe.
“Vieni, facciamo due passi, ragazzina” la spinse in avanti, verso la foresta, e non riuscì a capire perché non lo avesse ucciso quando ne aveva avuto l'occasione, o perché non stava ancora gridando.
Così lo fece, più forte che le riuscì, ma una mano le coprì la bocca. Con la forza la fece voltare, per guardarla in faccia, per vedere la sua paura. Non gli avrebbe dato quella soddisfazione.
“Non avere paura, ragazzina. Questo è quello che sei davvero, lo sai? Ti ho scelta, la prima notte che ti ho incontrata, ho capito subito che un giorno saresti stata come me. Sai, licantropi si nasce, se non fossi predisposta alla trasformazione, un mio morso ti ucciderebbe. Ma io lo so, c'è il lupo che risiede dentro di te, lo senti costantemente. Ma dopo, lo senti ancora di più. Ti cambia, ad un livello primordiale, istintivo, che non pensavi possibile. Cambia tutto di te, non solo quando ti trasformi, cambia la persona che sei più di quanto cambi l'animale che è in te. Proverai a combatterla, all'inizio, questa tua forma, ma non ci riuscirai. La vedrai nelle notti di luna piena che viene a prenderti. Ci combatterai, ragazzina, ma perderai. Ogni volta.”
La gettò bruscamente a terra, immobilizzandole le braccia e poi chinandosi su di lei, un sorriso beffardo sulle labbra, il più terribile che Hermione avesse mai visto. Lo colpì con un calcio, forte e ben piazzato, ma appena si fu ripreso dal dolore le immobilizzò anche le gambe con le sue. Era in trappola.
L'avrebbe voluta mordere sul collo, ma non gli piaceva molto. Faceva troppo vampiro. E poi, voleva darle modo di nascondersi, almeno all'inizio. Di lasciar guarire le ferite ed illudersi che il lupo non sarebbe mai arrivato, che avrebbe potuto vincere. Così, quando la trasformazione sarebbe giunta a compimento, la sua disperazione sarebbe stata ancora più profonda.
Sentì i passi, qualcuno urlare il suo nome. Stavano venendo a salvarla. Allungò la mano, finalmente libera, per afferrare una pietra. Ma l'attimo di distrazione del suo predatore non fu abbastanza.
Intercettò il suo braccio e le sorrise di nuovo, azzannandolo in fretta e con decisione.
Hermione urlò, scattando all'indietro. Ma di nuovo il lupo fu su di lei, gli occhi ed il volto ormai quasi irriconoscibili a causa della trasformazione. La morse su una gamba e poi la tirò verso di sé. Guardando la sua dolce preda un'ultima volta, le azzannò il fianco, per essere sicuro che il veleno circolasse in fretta.
Se ne andò il più velocemente possibile, portato via dalla sua corsa agile e molto più veloce di quella di un qualsiasi uomo, sicuro che quella notte non sarebbe stato catturato.
Hermione rimase a terra, immobile, il sangue nelle orecchie.
Sentiva tre punti del suo corpo pulsare. Il braccio sinistro, la gamba destra ed il fianco sinistro. Le facevano male, come se stessero andando a fuoco. Lentamente il bruciore si sparse, e dai morsi raggiunse il suo cuore. Un battito dopo, era ovunque dentro di lei.
Avrebbe voluto muoversi, raffreddare i propri muscoli, ma ne era del tutto incapace. Era immobilizzata a terra. Era come se il suo corpo fosse morto, mentre la sua mente andava a fuoco. E c'era qualcosa, qualcosa che ancora non capiva del tutto, era dentro di lei. Forse, solo forse, lo era in parte sempre stato. Ma adesso era più forte e pericoloso, istintivo, primitivo, la sua rinnovata insistenza premeva per uscire allo scoperto, ma lei non glielo avrebbe permesso. Non avrebbe lasciato il lupo prendere il sopravvento.
Non sapeva ancora che il lupo era più forte di lei.

*


“È una ragazza forte.”
“Sono sicuro che presto aprirà gli occhi e ci rimprovererà perché siamo al suo capezzale, senza fare qualcosa di utile.”
“Non è detto che si trasformi! Guarda me, a parte amare la carne al sangue, sono come voi.”
Voci. Gente che parlava di lei.
Dove si trovava? Cosa era successo?
Cercò di aprire gli occhi, ma senza riuscirvi; sembrava che qualcuno avesse prosciugato le sue forze, impedendole di compiere anche i gesti più semplici.
Aveva sete. E fame. Tanta fame.
Quand’era stata l’ultima volta che aveva mangiato? Cercò di ricordare gli ultimi avvenimenti, di pensare a quello che era successo, ignorando le continue fitte e il bruciore che sentiva ovunque. Era come se il suo corpo stesse andando in fiamme.
Respirò a fondo in modo da rilassarsi: doveva trovare se stessa in mezzo a tutta quella confusione e ricomporre quel puzzle assurdo.
C’era stato l’attacco alla Gringott, poi la corsa verso Hogmeade. Avevano parlato con il fratello di Silente e si erano intrufolati a Hogwarts attraverso quel corridoio segreto. Ariana, sì, il quadro di Ariana era un passaggio... e poi, avevano cercato l’ultimo Horcrux. Aveva baciato… Ron? Sì, sì, l’aveva fatto! E infine la Battaglia.
Ricordò in un istante che Voldemort era morto. Morto! Doveva alzarsi da questo stupido letto e festeggiare insieme a Ron e a Harry.
Dove erano? Perché non sentiva le loro voci?
Mosse le labbra per emettere un suono il più lontanamente simile a un mugolio.
“Hermione?”
Una mano calda le aveva accarezzato i capelli con gentilezza.
“Hermione cara, sono Molly. Mi senti?”
La mamma di Ron! Sì, la sentiva. Perché non riusciva a vederla e a parlarle?
Niente, la sua bocca era arida, la lingua era attaccata al palato e non riusciva a chiedere aiuto.
“Harry! Ron! Presto, venite qua.”
Una porta che si apriva e passi rapidi che si avvicinavano sempre di più; sentì una corrente provenire da sinistra e un odore forte, pungente. Ferro. Era sangue. Ma chi era ferito? Forse lei, forse per questo non riusciva a muoversi e a pensare lucidamente. O magari si trovava in Infermeria insieme ad altri feriti.
“Hermione, siamo qui. Non temere, non sei sola.”
Sentì qualcosa di umido sulla fronte, due labbra calde, rassicuranti, si posarono su di lei, invitandola a dormire e a non lottare.
Improvvisamente, ebbe la certezza di essere al sicuro, e non era la consapevolezza che tutto era finito, che Voldemort era morto, quanto la sensazione di tranquillità che Harry le aveva trasmesso con un semplice bacio.
Tutto era finito.
Poteva dormire.

*


La prima cosa che vide quando aprì gli occhi furono i seni di Madama Chips. Era sopra di lei, mentre cercava di lavarla, ed era stata proprio quello a svegliarla. Aveva sentito qualcuno massaggiarla con qualcosa di fresco, di bagnato, e lei aveva sorriso beata.
Si era accorta improvvisamente di essere più forte, perché una volta tentato di aprire gli occhi, ci era riuscita tranquillamente. Quanto tempo era passato?
Madama Chips le aveva sollevato la veste e aveva cominciato a lavarle le gambe.
“Mmh.”
La donna si fermò subito, ed emise un gridolino di felicità quando vide gli occhi aperti e vigili della sua paziente, nonché ex alunna.
“Signorina Granger!”
Hermione cercò con lo sguardo di farle capire di cosa avesse bisogno. Acqua. Ne voleva tanta.
Anche quel semplice mugolio le era costato tanto.
La vide dirigersi verso una bacinella e immergervi un fazzoletto di tessuto. Le bagnò le labbra aride dandole un po’ di sollievo, per poi darle finalmente quello che agognava. Fu così ingorda che le andò di traverso, cominciando a tossire dopo qualche sorso, però si sentì come nuova, rigenerata.
“Come si sente?” le aveva chiesto.
“Meglio.” Ed era vero.
“Ci stavamo preoccupando, lo sa? Ha dormito per quattro giorni di fila” le aveva rivelato, sconvolgendola. Com’era possibile? Forse era stato per via di tutta la stanchezza accumulata, o il fatto di aver passato parecchi mesi senza riuscire a riposarsi davvero. E come poteva del resto? Guardava Harry e riusciva a percepire la sua angoscia, e lei aveva cercato in tutti i modi di essergli sempre vicina, di non lasciarlo mai solo. Perché era Harry e non era giusto che solo lui portasse tutto il peso della Guerra sulle spalle. In due ce la potevano fare, ne era certa.
“Harry?”
“Glielo chiamo subito, sarà contento di vederla sveglia. Non sa quanto è stato in pensiero per lei.”
Le aveva rivolto un ultimo sorriso, dopodiché era uscita dall’Infermeria, ansiosa di comunicare agli altri la buona notizia.
Con le mani Hermione aveva cercato di capire quanto le sue ferite fossero gravi; appena le sue dita sfiorarono il fianco non riuscì a trattenere però una smorfia di dolore. Si sentì bruciare. E sprofondare, quando per un eccesso di curiosità aveva scostato le bende, guardando per la prima volta la ferita: sembrava fresca e aveva una strana forma, insolita. Come se…
“Hermione!”
Alzò lo sguardo e vide un Harry trafelato correre verso di lei. Dio, quanto le era mancato!
Non volle trattenere lacrime di gioia quando l’abbracciò, perché quei giorni, quei momenti in cui non riusciva ad agire, a chiamarlo, e un qualcosa aveva cercato di trattenerla in quel dannato letto, lei si era sentita persa. In trappola. La sua unica consolazione era sapere che Harry era lì e che non l’avrebbe mai lasciata sola, perché era testardo e lei contava proprio su quello.
“Come ti senti?”
“Come se un camion mi avesse investita.”
“Ricordi quello che è successo, Hermione?”
“Oh sì, Harry! Ce l’hai fatta, l’hai sconfitto.” Era felice come non le succedeva da tanto tempo, per lei, per tutti quelli che avrebbero dovuto riprendere a vivere, ma soprattutto per Harry perché per la prima volta avrebbe cercato di vivere senza la paura di un mostro. Era libero. Lo erano tutti.
“E poi? Non ricordi come ti sei procurata quelle ferite?”
Hermione guardò il suo migliore amico e vide un’ombra di dubbio, come se avesse paura a rivelarle qualcosa. Guardò ancora una volta le bende, ma non riuscì a rammentare nulla.
Perché Harry la guardava come se avesse pietà di lei?
“È tutto così confuso… aiutami tu.”
Un attimo di incertezza e poi il suo migliore amico aveva cominciato a raccontarle tutto quello che era successo subito dopo la caduta di Voldemort. Erano tutti stremati e la maggior parte degli studenti aveva cercato di aiutare i feriti, rendendosi utili in qualche modo. Loro, il trio, si erano allontananti per recarsi nell’ufficio di Silente e avevano parlato con lui, o meglio con il suo quadro, dei Doni della Morte e Harry aveva preso la decisione più difficile, ma anche quella più saggia. Non aveva bisogno di una bacchetta più potente, perché tutto quello che desiderava era lì, al suo fianco. Aveva avuto fama quando non l’aveva chiesta, e ora non voleva neanche l’imbattibilità. No, lui voleva solo vivere con i suoi migliori amici. In pace. Per questo, aveva afferrato la bacchetta di Sambuco e l’aveva distrutta, spezzata in due, sotto lo sguardo pieno di stupore di Ron. E poi si erano separati, Ron era andato dai suoi familiari, ancora sconvolti per la morte di Fred, mentre Harry era andato ad aiutare Neville.
Hermione era uscita dal Castello e si era diretta verso i margini della Foresta, ed era successo qualcosa che nessuno si era aspettato. I Mangiamorte sopravvissuti erano scappati e lei, ingenuamente, si era sentita protetta. Era a Hogwarts, no?
E invece era stata attaccata da Greyback, il lupo mannaro che aveva trasformato Remus Lupin, l’essere spietato che godeva nell’infliggere dolore ai più deboli.
L’aveva morsa: il braccio sinistro, la gamba destra ed il fianco sinistro bruciavano; le ferite sembravano non essere guarite per nulla dopo quattro giorni e dopo l’uso della magia.
Sentiva la carne pulsare e strapparle gemiti di dolore.
“Hermione?”
Improvvisamente tutto divenne nero e la voce di Harry sempre più distante.
Era stata morsa da un lupo mannaro.
Cosa sarebbe diventata?
E poi cadde, sempre più giù, sempre più lontana dai suoi amici.

*


Stava percorrendo cauta il corridoio che l’avrebbe portata nella Sala Grande, sentiva l’esigenza di vedere i luoghi più cari della sua scuola, e a quell’ora di notte avrebbe potuto muoversi con più facilità. Era passata una settimana dal suo risveglio e, a parte una leggera zoppìa, si era ripresa perfettamente; persino le ferite dovute ai morsi erano quasi del tutto guarite.
Doveva essere molto tardi, perché non c’era nessuno in giro e l’ambiente sembrava essere in una specie di bolla. Come in un flashback, Hermione si rivide correre e raggiungere Ron e Harry, scherzare con loro e progettare nuovi modi per infrangere le regole.
Finì inghiottita in quei ricordi e, come una sonnambula, si sedette vicino alla piccola Hermione per ascoltare le loro conversazioni. Sorrise perché ricordava quei momenti come se fossero successi solo qualche ora prima, quando invece erano ricordi del primo anno insieme.
Quanto erano stati cocciuti nel ritenere il professore Piton colpevole di voler rubare la Pietra Filosofale!
Guardando se stessa si ritrovò a ridere perché, nonostante sgridasse i suoi migliori amici, era sempre a loro fianco. Era davvero buffa e anche un po’ troppo saputella a quei tempi. Certo, lo era ancora e non avrebbe mai smesso di esserlo, ma riusciva a malapena a sopportare la sua versione undicenne. All’ennesimo rimprovero nei confronti di Ron, Hermione si ritrovò a roteare gli occhi al culmine dell’esasperazione.
Poi, di colpo la scena cambiò: davanti a lei c’era una Hermione più adulta, china sui libri, intenta a rosicchiare una matita.
Fu quando questa alzò lo sguardo e le sorrise che percepì qualcosa di strano.
“Hai fame?”
Sbatté le ciglia incredula. Stava proprio parlando con lei.
“Mangia” le disse, facendo segno di approfittare del cibo apparso magicamente davanti a lei.
Incredula, Hermione vide che le lunghe tavolate erano tutte apparecchiate. Il suo stomaco cominciò a brontolare, suggerendole di riempire quell’enorme buco. Afferrò le posate e tagliò la carne, facendo uscire un po’ di sangue; era cruda, ma la cosa non sembrò turbarla minimamente. Assaporò quel sapore forte, delizioso, e si sentì più forte, come non le succedeva da tempo, e la fame anziché diminuire continuò ad aumentare.
Alzò lo sguardo e vide la sua versione più giovane rivolgerle un ghigno prima di afferrare il suo pasto. Con orrore, seguì i suoi movimenti, mentre questa afferrava una mano e strappava da essa un lembo di carne, aiutandosi con i denti affilati, non umani.
Disgustata, fece cadere le posate, e il tintinnio echeggiò nella Sala Comune.
“Non ti piace più?”
Fu allora che vide il suo piatto: identico a quello dell’altra Hermione, mentre una fila di cadaveri occupava il pavimento freddo della Sala.
Un fiotto di bile le salì in gola. Cosa aveva mangiato?
“Devi nutrirti, tra un po’ sarà il tuo momento. Guarda fuori dalla finestra.”
Si alzò di scatto per uscire dalla Sala, con il cuore il gola si ritrovò a fissare una luna piena. Rossa come il sangue che aveva gustato poco prima.
Sentì le ferite riaprirsi e vide con orrore le bende impregnarsi, macchiarsi.
E qualcuno ululò. Lei.
Si svegliò di soprassalto, la camicia da notte era diventata come una seconda pelle e un leggero tremore percorreva le sue braccia.
Era stato un sogno, un terribile incubo con fattezze così reali da lasciarla terrorizzata, perché era la dimostrazione di tutto quello che aveva pensato e temuto in quei giorni.
Non mancava molto alla luna piena e lei doveva andare via.
Perché i corpi che aveva visto e di cui si era cibata nel sogno erano quelli dei suoi migliori amici.

*


“Cosa stai facendo?”
Harry aveva visto il nome della sua amica nella Mappa del Malandrino, ma quando aveva notato che non si trovava in Infermeria, bensì nei Sotterranei, si era alzato di scatto dal letto.
Per giorni non aveva fatto altro che controllare le sue mosse, perché temeva che Hermione scappasse per la paura di quello che sarebbe potuta diventare. La conosceva troppo bene, e infatti non si stupì quando la vide frugare tra le dispense del loro ex Professore di Pozioni.
“Nulla che ti interessi.” Era stata la sua risposta fredda e ostile.
“Tutto ciò che ti riguarda mi interessa, vorrei che lo capissi.”
“Non devi preoccuparti per me.”
“Sai bene che lo farò sempre.” Si era avvicinato e le aveva afferrato le mani in una presa dolce e gentile. “Non farlo, non scappare dai tuoi amici.”
“Se resto qui sarete a voi scappare.”
“Hermione…”
“No, Harry, sai bene che ho ragione.” Aveva chiuso gli occhi, perché non voleva guardare il suo migliore amico, non voleva affrontare il suo sguardo.
“No, invece! Io ti conosco, e so che non mi farai mai del male.” Le aveva lasciato le mani, per accarezzarle il viso e Hermione non poté reprimere un brivido.
“Quando accadrà… quando io mi trasformerò non riconoscerò nessuno, lo sai bene anche tu. Il professor Lupin non esitò ad attaccarci quella notte di tanti anni fa e farò così anche io. Ti prego, Harry. Non voglio uccidervi.”
L’aveva detto, gli aveva confessato la sua più grande paura.
“Pochi giorni fa, proprio in questa scuola mi chiedesti di venire con me. Ora sono io a proportelo, Hermione. Lascia che io possa aiutarti.”
Si era allontanata di scatto e aveva preso gli ultimi ingredienti per la Pozione di cui aveva bisogno, dopodiché aveva abbracciato Harry, aggrappandosi a lui e alla sua amicizia.
“Stupeficium” pronunciò l’incantesimo, reprimendo i suoi sensi di colpa.
Lo faceva per lui.
Non sarebbe mai diventata un’assassina.





Un doveroso grazie va a Bea che ha betato la storia in tempo record! Grazie da entrambe, e W i congiuntivi!
Allora, questa era la prima parte...la seconda arriverà (pensiamo domenica) e terminerà la storia.

Nel frattempo aspettiamo di sapere cosa ne pensate, un saluto e a presto!

Roxy e Herm



   
 
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