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Autore: Meow_    30/09/2012    11 recensioni
Mi ricordo che quando avevo più o meno dieci anni, vennero ad abitare nell’appartamento sopra il mio delle strane persone. Non erano strane loro, ma più che altro il loro comportamento.
Mi dissero che la ragazza era sempre ubriaca.
La sorella stava legando e imbavagliando la ragazza, che cercava di liberarsi.
Il poliziotto disse a mamma che era stata trovata una ragazza morta.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 1

I nuovi inquilini



Mi ricordo che quando avevo più o meno dieci anni, vennero ad abitare nell’appartamento sopra il mio delle strane persone. Non erano strane loro, ma più che altro il loro comportamento. In teoria, la casa era abitata da una ragazza, sicuramente sotto i trent’anni, e da sua figlia, che aveva al massimo un anno.
    Da quando arrivarono, la pace abbandonò il nostro palazzo. C’era un tale via vai di gente, urla, rumore di oggetti che sbattevano, che riuscire a dormire qualche ora per notte era una conquista. Sentivamo spesso i rumori dei passi con delle terribili scarpe col tacco, era un tormento. C’era sempre quel tic-tic in sottofondo, che a lungo andare ti faceva impazzire. Poi, a volte, i passi si interrompevano e si sentiva un tonfo fortissimo.
     Mi dissero che la ragazza era sempre ubriaca, e probabilmente era lei la causa di quei rumori: non riusciva a reggersi in piedi e cadeva. Come madre doveva essere tremenda. Era sempre in uno stato pietoso, mancava da casa per ore. Era inaffidabile, insomma. Però, nei pochi momenti di lucidità, la vedevo uscire insieme alla bambina, andare al parco, farla giocare un po’ e poi tornare a casa. E poi si ubriacava e ricominciavano le stesse cose di sempre. Ma in fondo, credevo che ci tenesse davvero a sua figlia, come d’altronde ogni madre. Purtroppo non sapeva controllarsi, e si riduceva sempre in uno stato pietoso.
      La bambina era pressoché lasciata a se stessa; a volte andava da loro un uomo, non so dirvi se fosse il padre della figlia, il compagno della madre o altro. Dedicava un po’ di tempo alla piccola, sentivo le loro voci dalla mia camera, ma poi anche lui si dava all’alcol. La bambina piangeva a tutte le ore del giorno e della notte, era una cosa incredibile. Ogni giorno, pensavo che a momenti sarebbero arrivati gli assistenti sociali a portarla via. Ma questo non accadde. Gli inquilini della casa affianco, che sentivano come noi tutto quel rumore, erano riusciti a mettersi in contatto con una sorella della ragazza. Le avevano raccontato come andavano le cose e quella si era precipitata da noi.
       Salì le scale in un batter d’occhio e si attaccò al campanello, finché la ragazza non andò ad aprirle dopo dieci minuti buoni. Io e mia madre trattenevamo il fiato, senza fare nessun rumore, per sentire ciò che stava accadendo. Sentimmo delle grida, era la sorella che stava sgridando la ragazza. Poi dei colpi, fortissimi, non capivamo cosa stesse succedendo. La bambina continuava a piangere, poi, ad un certo punto, silenzio. Eravamo così abituati al chiasso che sembrava quasi inverosimile. La bambina aveva smesso di piangere, sembrava un miracolo. Il silenzio continuò per alcune ore, poi sentimmo la porta sbattere e capimmo che la zia se ne stava andando. Il giorno dopo, tutti i soliti rumori ripresero. Mia madre decise che dovevamo fare qualcosa, così salì a casa della ragazza per dirle che lei ogni tanto avrebbe potuto badare a sua figlia.
Ma quando mia madre entrò in quella casa, se ne pentì. Era tutto sottosopra, c’erano oggetti rotti sul pavimento, e poi il peggio del peggio: la ragazza era piena di lividi. Mia madre la guardò spaventata e la ragazza reagì malissimo. La cacciò di casa e le disse di non tornare mai più.
     Mia madre tornò, sconvolta, e mi proibì anche solo di avvicinarmi in quella casa. Capii che aveva avuto veramente paura. Nei giorni seguenti il chiassò diminuì, ma una sera tornò lo stesso di sempre. Quando vidi una macchina fermarsi davanti al nostro cancello, capii che avevano chiamato di nuovo la sorella della ragazza. Andò esattamente come la volta precedende: grida, rumori fortissimi e poi silenzio. Mia madre si tappò le orecchie e iniziò a piangere, non so nemmeno il perché, forse sapeva qualcosa di cui io non ero a conoscenza.
     Come l’altra volta, il silenzio regnò per qualche ora e poi la sorella se ne andò. Da quella volta, la sorella tornava molto spesso, senza il bisogno che qualcuno la chiamasse. Aveva sempre una grande borsa, e posso giurarvi che un giorno vidi una fune uscire da essa. Ero sola in casa, ed ero una bambina troppo curiosa per starmene seduta in disparte e fare finta di niente. Quando fui sicura che la sorella era entrata in casa, senza fare chiasso salii le scale. Con mia grande sorpresa, notai che la porta era socchiusa.
     Cercando di essere il più silenziosa possibile, andai a sbirciare. Vidi una scena terrificante. Per fortuna, la sorella della ragazza mi dava le spalle; mentre la ragazza avrebbe anche potuto vedermi, se non fosse stata ridotta troppo male per farlo. Infatti, capii che era stata pestata a sangue, e sapevo perfettamente chi era stato l’artefice di quel terribile spettacolo. La sorella stava legando e imbavagliando la ragazza, che cercava di liberarsi.
     «Sta’ ferma! Lo capisci come ci si deve comportare? No, no che non lo capisci! Ubriaca! Un’altra volta! Ma cosa devo fare io, eh? Stai gettando fango sulla nostra famiglia, lurida puttana. E quella povera bambina? Finirai per ucciderla, capito? Come hai ucciso la nostra povera madre di crepacuore. Egoista, ecco cosa sei! Ma te lo farò capire io come ci si comporta, ci puoi giurare»

Io ero sotto shock. Avrei dovuto ascoltare mia madre, non mi sarei dovuta avvicinare in quella casa. Ma la mia curiosità era stata troppo grande e ora ne avrei pagato le conseguenze.
Quando la sorella finì di legare la ragazza, le diede un pugno in faccia talmente forte che la fece cadere all’indietro, facendole sbattere la testa. La ragazza ora era svenuta. Improvvisamente fui capace di spiegarmi il perché di quel silenzio miracoloso. Capii anche cosa aveva visto mia madre, la scorsa volta. Sicuramente aveva visto la ragazza tutta piena di lividi e si era spaventata.
     Troppo presa dai miei ragionamenti e dallo spavento, mi lasciai uscire un gemito dalla bocca. La sorella si accorse di me; andò verso la porta e la spalancò, guardandomi con occhi assassini. Io, che ero molto agile, feci dei passi all’indietro.
      «Ragazzina… La vedi quella?» disse, indicando sua sorella. Io annuii, «Se provi a parlarne con qualcuno, farai la stessa fine. Ora sparisci!»
Non me lo feci ripetere due volte. Feci le scale di corsa e mi chiusi in casa mia. Ero sconvolta, terrorizzata. Rimasi per qualche ora a fissare il soffitto, cercando di immaginare cosa stesse succedendo al piano di sopra. Avevo paura che la ragazza morisse, non lo nego. E avevo anche il terrore che la sorella entrasse a casa mia, per mettermi il silenzio per sempre.
      Fortunatamente tornò mia madre. Era allegra, lei. Fece qualche commento sul fatto che ci fosse silenzio, ma io non ci badai. Ero persa nei miei pensieri. Non ascoltai nemmeno una parola di ciò che mia madre stava dicendo, finché non mi chiese: «Si può sapere che cosa ti prende?»
Ero indecisa se raccontarglielo oppure no. Le avevo disobbedito, e questo l’avrebbe fatta adirare, e poi si sarebbe spaventata seriamente per ciò che avevo visto. Magari avrebbe chiamato la polizia. Decisi di non dirle niente, e mi scusai dicendo che ero semplicemente stanca.

La situazione peggiorava. La sorella veniva ogni giorno, anche più di una sola volta. Si sentivano sempre delle urla e dei colpi più forti del normale, e io ero sempre più terrorizzata. Ero convinta che prima o poi l’avrebbe uccisa. Ne ero certa. Un giorno vidi che la sorella portava delle valigie: si stava trasferendo. Adesso, avevo paura giorno e notte, ininterrottamente. Il pericolo era sempre sopra di me, poteva farmi fuori da un momento all’altro. Ma non accadde niente.
      Per giorni ci fu silenzio, come se improvvisamente fossimo tornati indietro nel tempo e la ragazza non vivesse ancora nel nostro palazzo. Dimenticai anche tutto ciò che avevo visto, decisa ad andare avanti. Tutto stava tornando normale. Ma, dopo due settimane, vidi la macchina della sorella sfrecciare via, e capii che qualcosa non andava. Se ne era andata da giorni, ma il silenzio continuava. Scoprii, grazie a qualche vicino di casa pettegolo, che la bambina era stata portata in una casa famiglia o in un posto simile. Ma la ragazza che fine aveva fatto?

La sorella se ne era andata da cinque giorni e nessuno l’aveva più rivista. Sentii una sirena suonare sempre più forte; si stavano avvicinando a casa mia. Poi suonarono il campanello.
      «Polizia, ci apra» dissero. Non capivo, ero spaventata. Perché la polizia voleva me?
Ma non era me che volevano, e nemmeno mia madre. Li sentii salire al piano di sopra e sfondare la porta. Avevo paura e avevo un brutto presentimento. Avevo il terrore che quel presentimento fosse reale. Anzi, ne avevo quasi la certezza.
     Mia madre tornò a casa e, quando vide le macchine della polizia ferme davanti al cancello, si precipitò a casa. Le dissi che erano a casa della ragazza. Quando salii per chiedere spiegazioni, non la fecero entrare.
Restammo in attesa per molto tempo, fino a quando un poliziotto venne a dirci qualcosa. Mia madre mi mandò in camera mia, non voleva che sentissi. Ma la mia curiosità mi portò ad origliare. Il poliziotto disse a mamma che era stata trovata una ragazza morta, ma non feci in tempo a sentire come era stata uccisa, perché iniziai a piangere. Mi sentii in colpa, perché sapevo cosa succedeva e non l’avevo mai raccontato a nessuno. 




Questa fanfiction avrà al massimo 3 capitoli. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando, anche se fosse una recensione negativa.
Ringrazio chi ha letto questo primo capitolo. Il prossimo sarà al massimo tra una settimana. Ciao a tutti 
   
 
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