Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
Ricorda la storia  |      
Autore: ButterflySeven    08/10/2012    4 recensioni
Maya ed il suo tormento di fronte alle scioccanti verità del volume 49.
I pensieri della giovane sono ora messi a nudo ed uno scenario in stile gotico, la porterà a trovare uno spiraglio di luce, o semplicemente qualcosa a cui aggrapparsi in questo mare in tempesta che sembra spazzar via ogni sua certezza.
ATTENZIONE: contiene spoiler volume 49!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maya Kitajima
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa ff nasce dopo aver letto le anticipazioni del volume 49. Sono rimasta talmente tanto ingarbugliata nella trama, che ho iniziato a chiedermi quale fosse il preciso stato d'animo di Maya in quegli istanti.

Eccomi dunque a presentarvi questo mix di introspezione, ispirato alla canzone dei Linkin Park "Castle of Glass" (castello di vetro).

Spero vi piaccia, fatemi sapere che ne pensate... Grazie a chi leggerà!
 

Come una Crepa in un Castello di Vetro


Corro con una certa urgenza per tutta la città, urtando il petto, le spalle e le braccia contro i passanti, colpevoli di intralciarmi la via. Sento le ginocchia tremare con forza, quasi fossero fili di ferro sostenenti un carico eccessivo per la propria portata. Il fiato è ormai corto, il fianco comincia a farmi male, ma imperterrita continuo la mia corsa.Ed è con il cuore in gola che finalmente giungo a destinazione, non ho quasi il tempo di voltarmi ed immagazzinare un po’ di ossigeno che lo vedo. E’ bello come sempre, fasciato in un bellissimo completo da lavoro, con la giacca blu che mette in risalto le spalle possenti e forti. La tiene elegantemente abbottonata sul davanti e la camicia azzurra si intravede appena sotto di essa. Il primo bottone della camicia è tenuto aperto, ed invita i più maliziosi a scoprire le meraviglie che nasconde poco più sotto. Io so bene che quel petto è capace di emanare un calore immenso, così come posso affermare che le spalle sono forti e perfette come appaiono ad un osservatore esterno. I fili di grano ondeggiano leggeri al ritmo dettato dal vento e l’istinto invita ad infilzare una mano e dondolare le dita tra di essi, come ad accertarne la morbidezza e l’intenso aroma di grano.Mi fermo ad osservare ogni dettaglio di lui, poi ricordo il motivo per cui ho attraversato l’intera città e lo osservo nuovamente con una nota di preoccupazione.

Masumi sta uscendo dall’edificio della Daito, gli corro incontro, piena di speranza, ma lui sembra quasi non accorgersi della mia presenza. Questo mi fa male, ma la forza di volontà ed il bisogno di una verità, ha la meglio su tutto, così lo blocco afferrandolo per un braccio e finalmente è costretto a voltarsi ed osservarmi.
Per un attimo mi perdo nel suo sguardo, ma non trovo né conforto né calore in esso. Mi basta entrargli dentro per un istante ed all’improvviso tutto in me si raggela. E come sotto una gettata d’acqua fredda, il mio cuore inizia a percepire i segnali di ciò che accadrà tra pochi istanti. Ho paura di sentire le sue risposte, ho paura di cadere nel baratro ancora una volta, ho paura, ma inizio in ogni caso a vomitare nell’aria parole ricche di terrore, quello stesso terrore rinchiuse in me. Senza rendermene conto, gli chiedo se è vero che sta per sposare Shiori.
Vorrei leggere un segnale rassicurante tra i suoi gesti, ma nonostante la mia mano è ancora ferma sul suo braccio, lo sento distante da me, distante dal mio sguardo, distante dal mio cuore.
- Ma certamente, c’eri anche tu al mio fidanzamento, quindi dovresti saperlo- mi risponde inasprito. Dovrei voltarmi e scappare via piangendo, ma decido di giocarmi un’ultima carta. La mia ultima possibilità.
- E quello che è successo sulla nave?- chiedo con un tono di voce un po’ più alto del normale, o forse più basso del normale… Non ne sono certa, non riesco a mantenere un buon controllo su di me. Ho paura che la voce mi tremi, sento gli occhi pizzicare, ma cerco di resistere.
Fa un passo indietro ed affoga il viso tra le mani, come a cercare di soffocare la risata che malefica fuoriesce dalle sue splendide labbra, quelle labbra che ho baciato sul divano di questo stesso edificio, quelle labbra che desidero saggiare tutt’ora, che desidero saggiare soprattutto quando lui potrà rispondermi.
- Ahhahaha quello. Grazie a te non mi sono annoiato, ti ringrazio chibi-chan-
Sbarro gli occhi inorridita. Non ci posso credere, non voglio crederci… Non può essere questa la verità…
-Ora non ho tempo di starti a sentire- bada bene di aggiungere per rafforzare il messaggio.
Quelle parole spezzano in un istante tutte le mie certezze, tutte le mie sicurezze. Lo vedo voltarsi con indifferenza, apre lo sportello della macchina e corre via. Corre via da me.
Smetto di riflettere per un istante, quello che serve per lasciarmi abbandonare sul cemento freddo sotto di me. Mi dimeno e mi dispero, come fossi un criminale a cui hanno appena messo le manette, vedo Mizuki cercare di calmarmi, ma sono un toro impazzito, non riesco a smettere… Sussurro i miei pensieri, o forse sto gridando, non riesco a percepire il mio tono di voce, proprio come qualche attimo fa.
- Mi ha detto di credere in lui, eppure… Mi ha promesso di aspettarmi… Perché, Hayami-san?-
Continuo a piangere ed un attimo dopo mi ritrovo catapultata in sala prove, non capisco chi mi abbia condotto lì, non riesco nemmeno a percepire lo stato di Akoya. Tutto diventa buio e tetro. Non mi do pace, non avrò mai più pace… Ed in queste promesse infrante, giù nel profondo, ogni parola si perde nell’eco.

Le prove vanno malissimo, non sono concentrata, ho mille pensieri che vorticano tra la mente, tutti rivolti a lui.
Decido di parlare con Hijiri, voglio vedere il mio ammiratore, ne ho bisogno.
Non capisco più nulla, avverto solo il vuoto e persino Isshin mi appare improvvisamente irraggiungibile.
Insisto di incontrarlo, gli dico che non m’importa chi sia l’ammiratore, perché io amo quell’uomo, lo amo fin nel profondo, lo imploro di farmelo incontrare. Ed alla fine ho la meglio su di lui. Fa uno scatto in avanti e mi abbraccia, la sua stretta è forte e decisa, si sofferma ad odorare il mio profumo tra i capelli, dovrei accorgermi che questa stretta è diversa da quella che darebbe un amico, ma in questo momento, ciò che conta è che ha accettato. Mi farà incontrare l’ammiratore.

Dovrei sentirmi meglio, adesso, eppure l’angoscia ed il vuoto continuano a pugnalarmi incessantemente… Tutti mi osservano, il mio aspetto dovrà apparire certamente non consono a quello che mantengo ogni dì, ma non importa, il dolore non mi permette di osservarmi allo specchio, continuerei a provare ribrezzo osservando il riflesso di tutte le volte in cui ho creduto in un ipotetico “noi”.
Il freddo pungente filtra tra la stoffa degli indumenti, strofino le mani tra le braccia, in cerca di un calore che credo di aver perso definitivamente.
Mi sento persa, ho bisogno di ritrovare Akoya, ho bisogno di capire cosa accade alle anime gemelle una volta che si sono perse. Ho bisogno di capire cosa sta accadendo a me stessa… E capisco che esiste una sola persona che può aiutarmi a sciogliere questa ingarbugliata matassa.
La strada che mi conduce a casa della Tsukikage sensei la conosco fin troppo bene, ma per un motivo che disconosco, decido di percorrere un sentiero più lungo, che non ricordo di aver mai attraversato. Dovrei aver paura a percorrere strade sconosciute sotto questa brezza gelida, invece mi conforta.
Ci sono molti alberi ed una piccola foresta si apre a pochi chilometri dalla via principale. Sento molti uccelli cantare felici, non credevo ci fossero così tanti uccelli in questo periodo dell’anno…
Camminando così, accarezzata dal pallido sole che filtra tra la rete di foglie, il dolore viene cullato in modo quasi dolce. Mi sento un po’ Biancaneve, quando scappa da tutto, si infiltra nella foresta e trova la pace in mezzo agli animali del bosco ed ai teneri sette nani.
Ad un tratto gli alberi aprono uno spiraglio, vedo una maggior quantità di luce provenire da quel punto, così mi avvicino curiosa e quando gli alberi mi conducono allo spiazzale naturale, rimango esterrefatta.
Davanti ai miei occhi si espande possente un’antica cattedrale gotica. La pietra nocciola è macchiata qua e là da spruzzi di colore, quelli che vengono definiti graffiti. Mi avvicino tentennante ed osservo gli alberi intrecciarsi sugli archi rampanti come fossero una seconda pelle. Le vetrate impolverate, lasciano intravedere tocchi di colore grazie ai riflessi del sole; molti pezzi di vetro giacciono in terra ormai ridotti in frantumi, così come buona parte della facciata ovest della cattedrale.
Percorro l’intero perimetro, sin ad arrivare al portone principale ed al bellissimo rosone che vi è posto in alto. La porta è semi aperta, mi avvicino con mano tremante, ed insicura apro uno spiraglio maggiore, quel tanto che mi occorre per entrare all’interno. Il legno prende a scricchiolare al mio tocco, ma non sono mai stata un tipo che si spaventa per così poco… Salgo l’ultimo gradino dell’ingresso e finalmente mi addentro in quel bellissimo monumento.
E’ quasi buio, ma posso scorgere alcuni tratti del colonnato e dell’abside. Non vi sono particolari pezzi di arredamento, suppongo che quasi tutto sia stato rubato, ma una Madonna è posta in un angolo poco distante da dove mi trovo io. Mi avvicino e con stupore mi accorgo che il rosone, grazie al filtro del sole, crea sul suo volto infinite sfumature arcobaleno. Mi rallegro per un attimo ed anche se non sono di religione cristiana, decido di congiungere le mani e chiudere gli occhi, in segno di rispetto di fronte alla madre maggiore. Non le chiedo nulla, non dico niente, rimango semplicemente a questo modo, facendomi cullare dai raggi del sole e dall’intenso aroma di sacro che filtra dalle pareti.
Quando ritengo di aver finito, continuo il tour del luogo ed all’improvviso i ricordi degli eventi magici/terribili vissuti in questi lunghi anni in compagnia di Masumi, riaffiorano nella mia mente.
Io lo amo, ne sono certa, ma i miei sentimenti sono messi a dura prova dalle sue decisioni. Il senso di vuoto torna a farsi spazio e riprendo a piangere.
Mi sento così impotente, così debole… Così fragile. Sento il cuore sgretolarsi in mille pezzi, gli occhi sono ridotti a pozze d’acqua. La rugiada continua a scavare profonde crepe tra le guancie. Inizio a singhiozzare forte, liberandomi del dolore in quel luogo dove la mia voce rimbomba fortissimo, tanto che sento il bisogno di tapparmi le orecchie.
Cosa sono? Che ne sarà delle anime gemelle? Che ne sarà della mia Akoya?
Prendo a girare a zig zag tra le colonne, finchè mi imbatto accidentalmente in un mattone e cado in avanti. Ho a stento il tempo di poggiare le mani sul terreno, graffiandole leggermente e facendo arrivare un po’ di polvere in viso, sento il jeans strapparsi leggermente, ma non credo di essermi fatta molto male. Mi pulisco il viso con la manica del giubbotto e mi siedo nel terreno.
- Uff…- mi lascio scappare dopo un po’. Osservo tutto da quella nuova prospettiva, finchè il mio sguardo non si poggia sulla vetrata frontale a me. E’ più pulita delle altre ed ha delle bellissime sfumature rosse, azzurre e bluette. In confronto alle altre questa sembra in buono stato, mi avvicino e vi poggio la mano, la accarezzo dolcemente, come a cercare di assorbire l’energia positiva che emana. Le mani scorrono seguendo una volontà propria su tutta la superficie, ma ad un tratto sento un dito pizzicare, così ruoto il capo e vedo una piccola gocciolina di sangue fuoriuscire da quel punto.
- Ahi…- sussurro. Pulisco il dito con un tovagliolo che tenevo in borsa e torno ad osservare il vetro, cercando di individuare il punto dove mi sono procurata il taglio. Metto ben a fuoco ogni punto e dopo qualche minuto di ricerca, finalmente la trovo. E’ piccola, quasi invisibile allo sguardo, eppure c’è, è lì e dichiara il suo dolore in mezzo a quella perfezione. E’ una piccola crepa, semplicemente una crepa in quello splendido castello di vetro.
E finalmente trovo un posto dove poter sfogare il mio dolore. All’improvviso mi sento anch’io una piccola crepa, una crepa in un luminescente castello di vetro. Sono solo una crepa, qualcosa che è invisibile, ma c’è, è lì e dichiara al mondo intero il suo dolore. Il castello di Vetro è l’animo di Masumi, o i miei sentimenti verso di lui, o i sentimenti dell’ammiratore verso di me… Non so quale simbologia associare al castello di vetro, so solo che adesso mi sento una piccola crepa, invisibile alla vista.
Una crepa, è tutto ciò di cui ho bisogno di essere adesso, nulla più.

E’ con questa nuova consapevolezza e con nel cuore il bruciante dolore di una possibile sconfitta, che suono al campanello della Tsukikage sensei.
Spero tanto di trovare un conforto tra le sue parole, un consiglio prezioso dalla sua saggezza, una risposta ai quesiti che mi assillano.
E spero con tutta me stessa, che un giorno questa crepa possa essere colmata da una luce brillante, una luce che filtrando da essa abbaglierà il visitatore. Ed allora, egli si accorgerà che la crepa nel castello di vetro, è il vero tesoro, la vera ricchezza ed il segreto rinchiuso nel potere luminescente del castello di vetro.


FINE

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Il grande sogno di Maya / Vai alla pagina dell'autore: ButterflySeven