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Autore: Finnick_    10/10/2012    10 recensioni
Panem: i Giochi non esistono più. Capitol City è stata sconfitta.
E' la verità? Oppure l'attuale governo mantiene ancora fredde apparenze che facilitano la rinascita di una nuova generazione?
Mellark-Everdeen, Odair-Cresta. I ragazzi di una generazione che sfiderà la nuova Capitol 13.
Che gli Hunger Games risorgano, tributi.
Ambientazione: dopo "Il canto della rivolta".
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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EPILOGO
 
 
Distretto 12.
Non avrei mai creduto di doverlo lasciare un giorno. Ho pensato a casa mia e ai boschi per tutta la durata della battaglia contro Capitol 13 e sognavo di poterci tornare, anche se ero consapevole che non sarebbe mai successo. Adesso che invece potrei viverci serenamente con mio padre e mio fratello, mi sono trasferita. Al Distretto 4, con Finnick. Eppure c’ho provato. A tornare ad abitare a casa mia, tra la mia gente. Ma non ci sono riuscita.
La prima volta che ho messo piede a casa mia dopo l’uccisione della Coin e la fine degli Hunger Games è stata insieme a mio padre e mio fratello. La prima sensazione è stata quella di famiglia, ma è durata poco, perché la famiglia al completo io non ce l’ho più ormai da tanto tempo. E la mancanza di mia madre si sentiva, traspirava da ogni parete, ogni mobile. Quando provavo a dormire, mi sembrava di sentirla entrare in camera per controllare che le mia finestra fosse ben chiusa e che il freddo non entrasse a darmi noia, come faceva sempre. Non sono riuscita a toccare un arco per molto tempo.
Mi ricorda mia madre. Mi ricorda gli Hunger Games. Mi ricorda la Coin. Ed è terribile.
Non avrei mai pensato di piangere così tanto la morte di Katniss Everdeen. L’intero paese l’ha compianta come una martire, un’eroina che ha salvato Panem ancora una volta. Ed è così, indubbiamente, perché è riuscita a salvarci la vita e a far sì che si sciogliesse anche l’ultimo rimasuglio dell’alleanza tra Capitol City e il 13. Adesso quel distretto non esiste più.
I superstiti e coloro che adesso sono dalla nostra parte si sono smistati nei Distretti e la nostra economia è diventata assai più fiorente. Quel che è rimasto del Distretto 13 non è che una zona del tutto inattiva, memore di una generazione che sembrava sconfitta e che invece è rinata contro di noi.
Adesso mi sistemo il vestito.
Il vestito che mia madre avrebbe voluto indossassi in un giorno come questo. Il suo vestito da sposa, quello che non ha mai indossato davanti alle telecamere, quello che io indosso per Finnick. Ho cercato di ribellarmi a questa scelta, non potevo nemmeno guardarlo, questo vestito, senza sentire la mancanza di mia madre.
Adesso ci sto dentro, ne tasto le pieghe con le dita e mi guardo allo specchio.
Cinque anni.
Sembra che non siano affatto passati su di me. Le cicatrici sul braccio e sulla gamba ci sono sempre e mi ricordano quanto sia stato alto il prezzo della nostra libertà. E’ costato la vita di troppe persone:
Katniss Everdeen, Merope Mason, Jymith Windersee, Denton, Grun, Wenna, Liana, Klinger. Persone che si sono trovate immischiate in una faccenda che non le riguardava, persone che avevano la loro vita o che, come mia madre, semplicemente pensavano che il passato fosse stato sepolto. Adesso sono loro sepolte. Non sono del tutto convinta che quei ragazzi, nell’arena, volessero la gloria, la vittoria. La fama, la ricchezza. Volevano tornare a casa, si sarebbero anche uccisi tra loro pur di farlo.
Continuo a guardarmi allo specchio, desiderando che mia madre, oggi, sbuchi da quella porta e mi abbracci dicendomi che è il giorno più bello e importante della mia vita.
E in effetti la porta si apre, ma entra mio padre.
-ehi, sei stupenda, te l’avevo già detto?- chiede con un sorriso sincero e commosso.
-sì papà, almeno una decina di volte- rispondo sorridendo.
Ci abbracciamo un’ultima volta prima del più grande viaggio della mia vita. Mi porge il braccio, mi scorta fuori dalla stanza e mi conduce davanti all’entrata del Comune. Nessuno si sposa in chiesa, nel Distretto 4.
Usano il Comune e questo gli basta. Basta anche a me, voglio solo vivere, adesso. Con Finnick, qui nel suo Distretto. Ho scoperto che ci sono delle belle foreste anche qui. La vegetazione è un po’ diversa, ma non mi ci vorrà molto per adattarmi. Posso comunque continuare ad andare a caccia. Inoltre Finnick mi ha insegnato a pescare un po’, ma ha promesso che dopo il matrimonio ci impegneremo di più.
Mio padre mi da un bacio sulla guancia prima di entrare.
Lo guardo negli occhi e gli osservo una lacrima scorrere sulla guancia.
Gliel’asciugo dolcemente e lui sorride. Annuiamo entrambi.
Mio padre mi ci sta portando, dentro il Comune.
Mio fratello apre la porta e mi prende l’altro braccio. Loro sono i miei uomini, i primi ed unici uomini della mia vita. Sono la mia famiglia. Ma Finnick.. Finnick che fa capolino oltre tutte le teste che si sono voltate a guardarmi. Lui è l’amore della mia vita. Lui è il mio nuovo inizio.
Mentre passiamo riconosco i volti del mio passato: Aldous mi sorride ed alza la mano in segno riconoscente e ben augurante. Ricambio il sorriso. Haymitch muove il capo in segno affermativo e mi fa l’occhiolino. Io cedo ad una vaga risatina. Poi vedo una donna, alta, mora. Il volto spavaldo, forte, incredibilmente simile a Merope. È Johanna, sua sorella. Un tempo pensavamo che le avessero ucciso tutta la famiglia, invece sua sorella era riuscita a sopravvivere rifugiandosi nel Distretto 6. Adesso è morta anche lei.
Incredibilmente Johanna mi rivolge un pallido sorriso. Lo ricambio, sincero.
Infine Finnick.
E’ un momento: mio padre e Chays mi lasciano, Finnick mi prende per la mano e siamo davanti al sindaco.
Qualche parola veloce e quando il sindaco chiede se vogliamo unirci in matrimonio il primo a rispondere è Finnick.
-vuoi tu, Finnick Odair, prendere la mano di Rue Mellark come tua sposa?-
-Si, e tu?- mi chiede lui direttamente, senza attendere che sia il sindaco a formulare la domanda.
-no- rispondo, dandogli il tempo di sbiancare –io non mi sposo la tua mano- sussurro,
-io mi sposo te- e ci baciamo, mentre tutti tirano un sospiro di sollievo e applaudono.
Tutto romantico se non fosse per il sindaco che:
-ho bisogno di un sì, signorina Mellark-
Io lo fisso un attimo, poi scoppio a ridere e stringo forte le mani di Finnick nelle mie: -sì, come glielo devo dire? Sì, voglio Finnick Odair come mio marito-
E possa la buona sorte sempre essere a vostro favore.
 
  
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